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Direttore responsabile
Antonio L. Palmisano
Comitato scientifico
Alberto Antoniotto, Ariane Catherine Baghaï, Marco Bassi, Brigitta Benzing, Gianluca
Bocchi, Patrick Boumard, Jan Mauritius Broekman, Mauro Ceruti, Margherita Chang Ting
Fa, Domenico Coccopalmerio, Antonino Colajanni, Luisa Faldini, Francesco Fistetti, Jorge
Freitas Branco, Vitantonio Gioia, Michel Kail, Raoul Kirchmayr, Luigi Lombardi Satriani,
Oscar Nicolaus, Cristina Papa, Leonardo Piasere, Ron Reminick, Gianluigi Rossi, Antonio
Russo, Maurizio Scaini, Siseraw Dinku, Bernhard Streck, Franco Trevisani, Giuseppe
Vercelli
Comitato di redazione
Antonio Aresta, Veronica Boldrin, Fabio Corigliano, Stefan Festini Cucco, Raffaella Sabra
Palmisano, Simona Pisanelli
Graphic designers
Domenico De Pascale, Eugenia Laghezza, Raffaella Sabra Palmisano
Web master
Gianluca Voglino
Direzione e redazione
Via della Geppa 4
34132 Trieste
[email protected]
Gli articoli pubblicati nella rivista sono sottoposti a una procedura di valutazione anonima.
Gli articoli da sottoporre alla rivista vanno spediti alla sede della redazione e saranno
consegnati in lettura ai referees dei relativi settori scientifico disciplinari.
Anno IV, Speciale n. 1
25 febbraio 2014 – Trieste
ISSN: 2240-0192
Autorizzazione del Tribunale civile di Trieste N. 1235 del 10 marzo 2011
Editor
Aia, Associazione Antropologi in Azione – Trieste-Lecce
Tutti i diritti riservati.
È consentita la riproduzione a fini didattici e non commerciali, a condizione che venga citata
la fonte.
La rivista è fruibile dal sito www.dadarivista.com gratuitamente.
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The Review
Dada. Rivista di Antropologia post-globale is a digital periodical review. The access
is free on www.dadarivista.com
The review intends to focus on the issues of anthropology and contemporary
philosophy in order to face the classical and modern questions in the social, political
and cultural context of our post-global era in which the grands récits are hidden but
all the more present and operating.
Since we are convinced that the meaning of life coincides with intensive
research intended as a joyful experimentation, even in those fields in which any kind
of change and actually any kind of experimentation seem to be out of the question,
and, being more than ever aware that the heritage connected to the grands récits
should be removed from our discourses, the review selected the term Dada to indicate
a position of structural opening toward the choice of research methods and the use of
language in order to avoid the dogmatic of protocols. This long way has already been
undertaken by many scholars such as Paul Feyerabend for instance, and we warmly
invite you to join us and proceed with resolution and irony.
In this context, the contributions can be published in one of the languages of
the European Union, according to the wish of the authors, after reviewing by native-
speaking colleagues. Multilingual reading seems to be spreading in the academic
circles of the Continent and this partially allows avoiding translations in lingua
franca and their inescapable limitations. The authors are free to adopt their own style
concerning footnotes and bibliographical references as far as they remain coherent
with their own criteria.
The review also has the scope to publish the contributions of young scholars
in order to introduce them to the national and international debate on the themes in
question.
The Editor
Antonio L. Palmisano
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Editoriale
Questo numero di Dada. Rivista di Antropologia post-globale è uno Speciale, il
primo dell’anno 2014 ma il terzo da quando è nata la rivista. È intitolato Visione,
possessione, estasi: per una antropologia della trance ed è interamente dedicato a
articolate considerazioni sulle nozioni di “visione, possessione, estasi”, in relazione ai
cosiddetti “stati di trance” e in relazione all’ipnosi.
Le tematiche correlate sono affrontate da antropologi, etnologi, filosofi,
psicologi, storici e artisti nelle specifiche prospettive disciplinari, e questo per
promuovere la riflessione sul concetto di “stato modificato di coscienza” e sulle
specifiche articolazioni nella nostra epoca.
In questa occasione comunico ai Colleghi interessati che per il prossimo anno
è prevista la pubblicazione di almeno altri due numeri Speciali.
Il secondo numero Speciale del 2014 avrà per titolo Antropologia e religione.
Il termine ultimo per la consegna dei contributi è fissato al 30 maggio 2014.
Il terzo numero Speciale del 2014 avrà per titolo Debito e dono. Il termine per
la consegna dei contributi è fissato al 30 settembre 2014.
Gli autori sono invitati a segnalare alla Redazione il loro interesse nel
partecipare alla realizzazione di queste nuove avventure di ricerca ed editoriali.
Il Direttore
Antonio L. Palmisano
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Alla grande bale zar
Amina,
insuperabile cavalcatrice di spiriti
e dolce madre dei sofferenti
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DADA
Rivista di Antropologia post-globale
Fondata e diretta da Antonio L. Palmisano
Numero 1 – Speciale 2014
Visione, possessione, estasi:
per una antropologia della trance
a cura di
Antonio L. Palmisano
Indice
ESSAYS
Introduzione
Della medicalizzazione della vita e del rituale
Antonio Luigi Palmisano p. 09
Itinerari sciamanici, ibridazioni e Banisteriopsis caapi
Breve saggio etnografico su di una comunità mistica post-moderna
Maurizio Alì p. 15
Antropologia dell’estasi
Simone Borile p. 41
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Scenes of the self, and trance
Annelies and Jan M. Broekman p. 47
Usi alternativi della transe: il caso del candomblé keto
Luisa Faldini p. 63
Die Struktur der Trance in afrobrasilianischen Kulten
Über die Ritualisierung veränderter Bewusstseinszustände anhand von
Therapie, Initiation, Liturgie und Divination
Stefan Festini Cucco p. 81
Power, slavery, and spirit possession in East Africa: A few reflections
Beatrice Nicolini p. 105
Doppio legame e ipnosi
Verso una teoria della trance come processo costruttivista
Antonio Luigi Palmisano p. 127
Ayahuasca-Induced Interiority Transformation in 3 Middle-Aged Educated
Women
Ron Reminick p. 169
Evidenze neuroscientifiche di trance ipnotica: evoluzione storica e applicazioni
Giuseppe Vercelli p. 201
ARTS
Las Conjuradoras y Nakawe
Ana Erra De Guevara Lynch p. 213
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Introduzione
Della medicalizzazione della vita e del rituale
Antonio L. Palmisano
Fra le molte istituzioni che interessano l’antropologia e gli antropologi la trance si
impone per la sua spettacolarità e per la sua “marginalità”, ovvero per essere
considerata un oggetto di studio senz’altro legittimo, ma comunque non del tutto
appropriato: ai margini della ricerca scientifica, a meno che non lo si contempli
all’interno del discorso medico, un discorso che istituisce un inossidabile ordine
sociale e politico, oltre che epistemologico.1
Così, all’interno dei processi di medicalizzazione della società o meglio
ancora di medicalizzazione della vita,2 ha trovato spazio la trance come terapia, e
l’istituzione è divenuta comprensibile – dunque accettabile, eticamente e
politicamente – agli occhi dell’Occidente e dei suoi ricercatori, ovvero è stata
recuperata: permette di continuare a ragionare in termini di deficit, “cioè
dell’impotenza che marca ogni individuo come debole e malato” e prosegue a nutrirsi
del “paradigma dell’individuo da curare”.3 Dove, evidentemente, per “curare...” non
si intende “prendersi cura di...”. E all’interno della logica del deficit, chi meglio
dell’Altro è in perenne deficit sociale, culturale, politico e ovviamente medico? Ecco
qui lo snocciolarsi di visioni riassumibili in frasi emblematiche del genere: “Praticano
[i famosi Altri!] culti di possessione, perché non dispongono di psichiatria e
psicoanalisi...”.4 Concezioni che risultano spesso interiorizzate e perfino condivise, in
funzione di discorso auto-legittimante, anche dai praticanti i culti di trance sui più
remoti palcoscenici della nostra globalità. Arduo risulta infatti agli occhi del
medicalizzato mondo post-globale avanzare l’ipotesi: “Non praticano [i famosi Altri!]
psichiatria e psicoanalisi, perché dispongono di istituzioni della trance...”, e poi forse
riflettere sulla eventualità che queste forme istituzionalizzate e ritualizzate dei
processi dissociativi possano essere espressione di una forma superiore di
costruttivismo, spinta decisamente “oltre la terapia”. Ovvero, “oltre la terapia” come
definita, quest’ultima, a partire dalla cristallizzazione della diade contrappositiva
soggetto/oggetto operata da Cartesio e resa religione dal tardo positivismo
1 Broekman, J.M. 1988, 1996.
2 Rovatti, P. A. 2008
3 Ibidem
4 Inutile citare alcuni dei fautori di tale pensiero, tanto è numeroso lo stuolo dei fautori di quello che
potrei definire “l’evoluzionismo compensativista”, ovvero del pensiero: “chi ancora non ha, si arrangia
come può...”, applicato all’analisi sociologica e antropologica.
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Ottocentesco. In questa visione, a tutti gli effetti cosmologica, il soggetto si dissocia
dall’oggetto, trasformando in oggetto tutto quanto non è il soggetto, compreso
l’Altro, se non a partire proprio dall’Altro. Mentre nel processo di trance, nello stato
alternativo di coscienza,5 il soggetto compie l’esperienza – travolgente e affascinante
e benefica – di dissociazione interna: l’Io si osserva e si contempla, interagendo con
se stesso e gli altri fino a riconfigurare la propria posizione nel mondo. Nulla a che
fare, dunque, con la terapia in quanto volgarizzazione e banalizzazione realizzata
dalla medicina post-ottocentesca. Piuttosto, se è lecito impiegare in questa analisi il
termine “terapia”, ci confrontiamo con quanto veicolato dal sostantivo therapeia,
derivato dal verbo greco therapeuo: “servire, onorare (gli Dei, i genitori e gli altri
esseri umani); dedicarsi a, avere cura di (Dei, genitori e altri esseri umani)”. Non si
tratta dunque di “cura” nel senso di esercitare un’azione di estirpazione della
“malattia” – attività in fondo esorcistica –, operando su un corpo decisamente
estraneizzato e infine oggettivato e perfino mercificato, quanto piuttosto di prendersi
“cura di” un uomo o una donna, giovane o meno che sia, in modo da promuovere
l’istituzione delle condizioni che permettono all’Altro ciò che consente proprio
all’Altro di realizzare il suo, proprio il suo, esser-ci. E questo non è altro che la
attuazione di una Anthropologie der Sorge – comprendendo Martin Heidegger –6 e
quindi di una Anthropologie der Liebe – riconsiderando Ludwig Binswanger –7 tutta
tesa de facto alla diminuzione della diversificazione fra soggetto e oggetto e alla
fondazione di una nuova epistemologia all’interno della quale trova spazio un nuovo
spazio e tempo un nuovo tempo.8
Considerando la trance rituale come un complesso processo 1. di
istituzionalizzazione delle forme della rappresentazione e dell’auto-rappresentazione,
2. di interpretazione e fissazione dell’esperienza individuale e di gruppo, in
particolare della “esperienza-limite”,9 3. di attuazione guidata dei processi di
dissociazione e 4. di costruzione e convalida critica degli impianti cosmologici di
riferimento,10 è possibile addentrarsi nel vasto e variegato mondo dell’attore sociale
praticante la trance di visione, possessione e estasi, almeno in alcuni dei molteplici
ruoli performabili.
E gli autori dei saggi qui raccolti offrono un esempio di analisi di alcune delle
molteplici forme e modulazioni assunte dalle trance di visione, possessione e estasi.
5 Rinunciando volentieri alla fallace locuzione “stato alterato di coscienza”, dopo aver adottato la più
prudente locuzione “stato modificato di coscienza” ha senso considerare con attenzione l’espressione
“stato alternativo di coscienza” proprio perché essa pone questo particolare stato sullo stesso piano
dello stato di sonno e dello stato di veglia.
6 Heidegger, M. (1927) 2006, 1929, 1930, 1954
7 Binswanger, L. 1942
8 Ibidem
9 Sul concetto di Grenzerfahrung e di Grenzsituation, cfr. Jaspers, K. Psychologie der
Weltanschauungen. Berlin: Springer Verlag, 1919
10 Per una più completa trattazione di queste componenti del processo di istituzionalizzazione delle
trance rituali, cfr. Palmisano, A. L. 1996, 2000, 2001a, 2001b, 2002, 2003, 2006, 2013
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Description:Scenes of the self, and trance. Annelies and Jan M. Broekman p. 47. Usi alternativi della transe: il caso del candomblé keto. Luisa Faldini p. 63.