Table Of ContentGli autori
Noam Chomsky (Filadelfia, 1928) è il maggior linguista vivente e uno dei punti
di riferimento del pensiero politico internazionale. È professore emerito di
linguistica al Massachusetts Institute of Technology. Ponte alle Grazie pubblica
da alcuni anni i suoi principali lavori politici: fra questi ricordiamo Ultima
fermata Gaza (con Ilan Pappé, 2010), Sistemi di potere (con David Barsamian,
2013), I padroni dell’umanità (2014), Anarchia (2015), Terrorismo occidentale
(con André Vltchek, 2015), Chi sono i padroni del mondo (2016), Tre lezioni
sull’uomo (2017), Le dieci leggi del potere (2017), Ottimismo (malgrado tutto)
(2018).
David Barsamian (New York, 1945) è un attivista, conduttore radiofonico e
giornalista indipendente. Le sue interviste a personaggi come Noam Chomsky,
Edward Said, Howard Zinn, Arundhati Roy sono state raccolte in diversi volumi.
Ponte alle Grazie ha pubblicato le sue precedenti interviste a Chomsky in Sistemi
di potere (2013).
www.ponteallegrazie.it
marapcana.blue sezione e-book
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www.illibraio.it
Titolo originale:
Global Discontents
© 2017 Noam Chomsky e David Barsamian
Pubblicato in accordo con Metropolitan Books,
marchio di Henry Holt and Company, New York,
e con The Italian Literary Agency
© 2018 Adriano Salani Editore S.u.r.l. - Milano ISBN 978-88-3331147-0
Traduzione: Valentina Nicolì
Redazione e impaginazione: Scribedit - Servizi per l’editoria In copertina: © Graeme
Robertson/eyevine/contrasto Progetto grafico: ushadesign
Ponte alle Grazie è un marchio
di Adriano Salani Editore s.u.r.l.
Gruppo editoriale Mauri Spagnol
Prima edizione digitale: ottobre 2018
Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non
autorizzata.
Indice
Venti di protesta
1. – Spionaggio di Stato e democrazia
2. – In viaggio nel Medio Oriente
3. – I sistemi di potere non regalano nulla
4. – L’ISIS, i curdi e la Turchia
5. – A memoria d’uomo
6. – La strategia della paura
7. – Alleanze e controllo
8. – La radice dei conflitti
9. – Verso una società migliore
10. – Il voto e le elezioni
11. – Crisi e mobilitazione
12. – La presidenza Trump
Note
Indice analitico
Venti di protesta
1.
Spionaggio di Stato e democrazia
Le rivelazioni di Edward Snowden sulla pervasiva sorveglianza di internet e
delle comunicazioni telefoniche da parte dello Stato hanno provocato sconcerto
qui negli Stati Uniti, come nel resto del mondo. Sei rimasto sorpreso dalla
ragnatela elettronica tessuta dal governo?
Insomma, non tanto. Possiamo dare per assodato, io credo, che i sistemi di
potere non esitino a utilizzare qualsiasi tecnologia o strumento di controllo e
dominio a disposizione. Si prendano ad esempio le recenti rivelazioni sui
rapporti tra la Silicon Valley e l’NSA (National Security Agency). Silicon
Valley è ormai sinonimo di sorveglianza a scopi commerciali; dunque l’NSA si
rivolge a lei perché le imprese private già compiono, e molto spesso, questo
genere di attività, e hanno i mezzi tecnologici per farlo. A quanto risulta, un alto
funzionario della sicurezza di un’azienda privata è stato ingaggiato dall’NSA per
sviluppare tecniche avanzate di sorveglianza e controllo.1
La tecnologia c’è; la si può usare per fare affari, oppure si può usarla per
controllare le abitudini e le opinioni delle persone, e per spingerle a fare ciò che
si vuole. E così accade.
Ma chi conosce un po’ la storia non se ne stupisce. Torniamo indietro di un
secolo, alla guerra americana nelle Filippine. Gli Stati Uniti invasero le
Filippine, ammazzarono centinaia di migliaia di persone e infine repressero ogni
forma di resistenza. Poi, però, dovettero pacificare la popolazione. Sono stati
fatti diversi studi autorevoli al riguardo, in particolare da Al McCoy, storico
delle Filippine. McCoy ha dimostrato che gli Stati Uniti riuscirono a pacificare
la popolazione usando le più sofisticate tecniche di raccolta informazioni e di
sorveglianza dell’epoca – certamente non la tecnologia moderna, ma quella
disponibile allora – per seminare sfiducia, disordine e divisioni: insomma gli
strumenti tipici della contro-insurrezione. Secondo quanto afferma McCoy, tutto
questo avvenne pochi anni prima che quelle tecniche fossero applicate anche in
patria. L’amministrazione di Woodrow Wilson le adoperò con la Paura rossa. È
così che funziona.2
Lo stesso coi droni. Un’altra recente rivelazione, anche questa poco
sorprendente, è che l’FBI utilizza i droni a scopo di sorveglianza. Utilizzata in
un primo momento contro i nemici designati, la stessa tecnologia può essere
velocemente adattata e adoperata anche in patria. E non è finita qui: da anni i
militari e l’apparato di sicurezza in generale provano a congegnare droni delle
dimensioni di una mosca che possono entrare nel soggiorno di casa e registrare
tutto. I laboratori di robotica sono quasi sul punto di rilasciare questa tecnologia.
Anche all’estero i droni sono stati usati dapprima a scopo di sorveglianza;
poi sono stati impiegati per compiere assassini. Dunque, possiamo aspettarci
un’evoluzione analoga in patria: se c’è un sospettato, una persona con le idee
sbagliate, magari qualcuno come Fred Hampton, invece di mandare la polizia di
Chicago ad ammazzarlo si può farlo usando un drone. C’è da aspettarselo.
Fred Hampton è l’attivista delle Pantere Nere di Chicago ucciso nel 1969
insieme a Mark Clark, un altro esponente del movimento.
Quello fu un assassinio in vero stile Gestapo, rimasto segreto per moltissimo
tempo.
Se una determinata tecnologia esiste, un sistema di potere la adopererà. C’è
la storia a dimostrarlo. Stupirsene equivale a fidarsi ciecamente dei sistemi di
potere e del fatto che non faranno uso di ciò che è a loro disposizione e che gli
consente di controllare, dominare e indottrinare il popolo. E invece, com’è
ovvio, lo faranno, che siano imprese private o Stati. Certo, le circostanze
specifiche possono cogliere di sorpresa. Io, per esempio, non sapevo
dell’esistenza del PRISM, un programma segreto che consentirebbe alla NSA di
raccogliere ricerche fatte su internet, e-mail e chat e altri dati direttamente da
società come Google e Facebook.3 Ma non ci si può meravigliare del fenomeno
generale.
Giusto per fare un altro esempio: in un articolo pubblicato di recente dalla
MIT Technology Review si legge che le multinazionali temono di usare computer
con componenti fabbricati in Cina perché pare sia possibile progettare hardware
in grado di controllare tutto ciò che fa un computer.4 Naturalmente non è
specificato il punto conseguente, e cioè che se possono farlo i cinesi, gli Stati
Uniti possono farlo anche meglio. Perché dovrebbe essere più sicuro utilizzare
computer con hardware di produzione americana? Non manca molto a che ogni
nostra singola digitazione sarà registrata dal centro di raccolta dati governativo
situato nello Utah.
Tu hai notato un divario generazionale nella reazione alle notizie sulla NSA.
Non ho consultato studi in proposito ma la mia percezione – quantomeno dal
dibattito e da ciò che ho letto – è che i giovani siano meno indignati rispetto alle
persone più grandi. Sospetto che questo faccia parte dell’orientamento, in
particolare tra i più giovani, verso una cultura esibizionistica. Su Facebook si
pubblica di tutto: cosa stai facendo, cosa indossi, cosa pensi. Tutto è esibito. E se
tutto è esibito, chi se ne importa se il governo lo vede?
Secondo te questa spinta verso uno Stato di sorveglianza può portare al
totalitarismo? O è un termine troppo forte?
È un passo in quella direzione. Ma c’è un abisso tra raccogliere dati e sapere
come usarli. Uno degli aspetti positivi, se vogliamo metterla in questi termini, è
che probabilmente le autorità non hanno le competenze per adoperare il
materiale raccolto. Possono usarlo per scopi specifici: se esiste questo
mastodontico database nello Utah in grado di raccogliere una mole
impressionante di informazioni su chiunque, nel momento in cui vogliono dare
la caccia a qualcuno – il prossimo Fred Hamtpon, diciamo – possono reperire
una grande quantità di dati su di lui, e questo consentirebbe loro di controllare o
addirittura ammazzare quella persona. A parte questo, però, non è detto che
riescano a fare molto altro.
Lo abbiamo già visto in passato. L’FBI, adoperando strumenti molto più
grossolani, aveva a disposizione miliardi di dati su chiunque. Fin dagli anni
Sessanta si sapeva che tutte le organizzazioni militanti erano con ogni
probabilità infiltrate da spie del governo. E infatti gli attivisti capirono che per
compiere le azioni più delicate dovevano muoversi con i gruppi di affinità,
nemmeno con i propri compagni, perché era probabile che uno di loro fosse un
informatore della polizia. Ma anche in quel caso, il governo non sapeva come
usare i dati che raccoglieva; poteva solo fare determinate cose, come colpire i
singoli individui. Pensiamo ai processi a carico dei movimenti che si
opponevano alla guerra in Vietnam, per esempio: è incredibile ciò che l’FBI non
riuscì a fare.
Io seguii da vicino quei processi.5 Il più importante fu quello noto come
processo Spock-Coffin.
Vi furono coinvolti il dottor Benjamin Spock e il reverendo William Sloane
Coffin, accusati di cospirazione per aver aiutato dei giovani a ribellarsi alla
coscrizione.
Io ero tra i cospiratori, ma non tra gli imputati, così assistei al processo. Quando
il pubblico ministero ebbe formulato i capi d’imputazione, la difesa si riunì per
decidere il da farsi. Inizialmente si era pensato che, trattandosi di una sentenza
già scritta, bisognasse semplicemente dichiararsi tutti colpevoli. Non si doveva
negarlo, ma al contrario proclamarlo con orgoglio, portare avanti una difesa