Table Of ContentFurio Cerutti
Filosofia politica. Un'introduzione
DISPENSE DEL CORSO ISTITUZIONALE
TENUTO ALLA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
DELL'UNIVERSITÀ DI FIRENZE
Quarta edizione, marzo 2001
(con il programma d’esame aggiornato all’a.a. 2001-2002)
Ringraziamenti
Le presenti dispense si basano sulle lezioni di Filosofia politica tenute nell'a.a. 1994-95, da me
riviste ed integrate negli a.a. 1996-97 , 1997-98 e 2000-2001.
Ringrazio la Presidenza della Facoltà, retta al momento della prima edizione dalla compianta
amica e collega Lucia Cesarini Martinelli, per il finanziamento dato alla sbobinatura e alla
sistemazione informatica. La Dr. Anna Loretoni ha collaborato alla raccolta delle lezioni, mentre il Dr.
Francesco Vertova ha ultimato l'editing del testo e compiuto l'impaginazione informatica.
Sarò vivamente grato a colleghi e studenti che vorranno farmi pervenire critiche e suggerimenti in
vista di successive edizioni. Intanto ringrazio coloro che, con i loro commenti e critiche, mi hanno
aiutato a rivedere le prime edizioni: i colleghi del Seminario interuniversitario di Filosofia politica,
soprattutto Luca Baccelli e Brunella Casalini, che hanno introdotto la serrata discussione del testo nella
seduta ad esso dedicata; il prof. Mario Telò dell'Université libre de Bruxelles; Stefano Miniati, le cui
note al testo da lui usato per la preparazione all'esame mi sono state preziose.
Un grazie particolare va a Norberto Bobbio per la sua sollecitazione a proseguire nel
miglioramento di questo testo in vista della sua pubblicazione.
Furio Cerutti
© Furio Cerutti 2001
Indice
Premessa.............................................................................................................................................4
1. Le categorie della filosofia politica...............................................................................................5
2. Definizioni di `filosofia politica'....................................................................................................6
3. Una tipologia della filosofia politica.............................................................................................7
4. Che cos'è la politica?.....................................................................................................................9
5. Potere e potere politico................................................................................................................14
6. Il potere politico e gli altri: peculiarità e `neutralità'.................................................................16
7. Potere, forza, violenza, consenso, comandi/norme.....................................................................21
8. Due vedute diverse: Foucault e Schmitt......................................................................................24
9. I fini della politica.......................................................................................................................25
10. I concetti di ordine ed istituzione...............................................................................................26
11. Modelli di ordine politico...........................................................................................................30
12. Legittimità, identità, simbolismo e mito politico.......................................................................38
13. Legittimità e legalità..................................................................................................................41
14. L'obbligo politico........................................................................................................................45
15. Lo Stato.......................................................................................................................................51
16. Gli Stati.......................................................................................................................................54
17. L'era nucleare.............................................................................................................................60
18. Aspetti politici e filosofici della situazione nucleare................................................................65
19. Pace, pacifismo e governo mondiale.........................................................................................71
20. Modernizzazione, globalizzazione ed istituzioni politiche........................................................77
21. Etica e politica: una mappa delle etiche...................................................................................81
22. Idealismo e realismo politico.....................................................................................................84
23. I diritti.........................................................................................................................................86
24. Libertà ed eguaglianza...............................................................................................................89
25. Giustizia......................................................................................................................................91
26. Filosofie politiche normative di oggi.........................................................................................94
Avvertenza per gli studenti e programma d’esame.........................................................................98
Premessa
Il presente testo non ha la pretesa, nonostante il suo procedere sistematico, di essere un'introduzione
completa ed esaustiva alla filosofia politica. Di essa vengono qui elaborate, in chiave di terminologia
filosofica, le categorie più astratte, e viene poi particolarmente sviluppata la parte relativa ai problemi
posti dalle relazioni internazionali e dai problemi globali, nonché quella concernente i rapporti fra
politica ed etica.
Per tutta una serie di nozioni si rimanda via via all'elaborazione svolta da altri autori, soprattutto da
Norberto Bobbio. Anche nelle categorie qui sviluppate sono spesso evidenti e dichiarati i debiti. Ove il
riconoscimento non fosse abbastanza chiaro, l'autore se ne scusa fin d'ora con i colleghi dai quali è
andato a prestito.
Dev'esser chiaro agli studenti che queste dispense non sostituiscono per nulla lo studio dei testi
indicati nel programma d'esame, né la frequenza alle lezioni: un obbligo, non un optional, che - al di là di
qualsiasi controllo - deriva loro dall'essere fruitori di un servizio offerto a costi bassissimi dallo Stato,
cioè dai contribuenti di ogni classe e gruppo. Ed anche un'opportunità vantaggiosa: quella di apprendere
direttamente dal docente nessi ed accentuazioni in un modo che la parola scritta non può mai
rimpiazzare.
I testi ai quali si fa più spesso riferimento sono:
Bobbio, Norberto, Stato, governo, società, Einaudi, Torino 1985, e precedenti (Enciclopedia Einaudi) o
successive edizioni.
Bobbio, Norberto - Matteucci, Nicola - Pasquino, Gianfranco, Dizionario di politica, TEA, Torino 1990.
Assai utili ed aggiornati sono poi:
Scruton, Roger, A Dictionary of Political Thought, Macmillan, London 1996
Evans, Graham and Newnham, Jeffrey, The Penguin dictionary of international relations, Penguin,
London 1998.
Come lettura in parte propedeutica e in parte introduttiva alla riflessione filosofica sulle relazioni
internazionali si consiglia il volume:
Cerutti, Furio, a cura di, Gli occhi sul mondo. Le relazioni interdisciplinari in prospettiva
interdisciplinare, Carocci, Roma 2000.
Furio Cerutti Un'introduzione alla filosofia politica 5
1. Le categorie della filosofia politica
Per un approccio teoretico e non storiografico alla politica qual è quello proprio della filosofia
politica, il metodo più adeguato per introdurvisi appare quello di ricostruire la trama dei suoi concetti-
chiave, quelli che essa usa ai suoi massimi livelli d'astrazione ovvero non usa, ma sottintende, laddove
affronta questioni più concrete. Cerco insomma di disegnare la mappa delle categorie di questa
disciplina, ovvero di esporne - sullo spunto fornitomi dalle lezioni di Philosophische Terminologie
tenute trent'anni fa da Theodor Wiesengrund-Adorno all'Università di Frankfurt am Main, le quali io
ebbi l'occasione di seguire - la terminologia filosofica.
Ora, entrando nel lessico, ovvero nelle categorie della filosofia politica, io mi servo di una
distinzione che non è una distinzione strettamente scientifica, ma piuttosto una distinzione didascalica,
che vuole solo fornire un filo ordinativo per l'esposizione: quella tra concetti fondativi e concetti
sostantivi.
I concetti fondativi sono quelli che indicano la trama concettuale elementare della filosofia politica e
sono peraltro puri concetti, voglio dire che ad essi non corrispondono in generale entità politiche
riconoscibili. Alcuni di questi concetti hanno uno status prevalentemente analitico, sono neutrali dal
punto di vista del valore: per esempio potere (sebbene vi siano visioni peggiorative di esso), conflitto,
istituzione (esistono le istituzioni, ma non l'istituzione), sicurezza, paura, e ancora obbligo e legittimità,
nonché identità politica. Altri di questi concetti sono sì fondativi, avendo però inoltre una
caratterizzazione assiologica, cioè, detto in termini latini anziché greci, valutativa. Questi concetti non
indicano solo uno strumento per analizzare la materia che vogliamo comprendere, ma indicano anche un
valore che noi ad essi attribuiamo o che gli attori politici ad essi attribuiscono. Per esempio libertà,
giustizia, eguaglianza, solidarietà.
Sono tutti concetti di alta astrazione, sono concetti che in parte non appartengono esclusivamente
alla filosofia politica, giacché quelli assiologici appartengono insieme alla filosofia morale. Essi sono tali
che indicano le trame dei rapporti fondamentali che intercorrono tra gli uomini quando agiscono
politicamente, ma non indicano anche un contenuto, una materia determinata di queste relazioni.
Devo ora fare una digressione linguistica preliminare: il termine `sostantivo' usato come aggettivo
comincia solo adesso a far parte del linguaggio filosofico italiano; viene invero dal latino, ma a noi arriva
attraverso l'inglese `substantive'. Non vuol dire sostanziale, altrimenti non ci sarebbe nessuna buona
ragione per usare la nuova parola: è invece ciò che riguarda il contenuto, la materia di un rapporto, in
opposizione a ciò che riguarda solo la sua forma, le procedure che esso richiede oppure il metodo con cui
ad esso ci avviciniamo. Questa distinzione ha una cittadinanza precisa nella lingua italiana, ma fuori
della filosofia, e cioè nel diritto, dove esistono norme procedurali e norme sostantive: il codice penale
dice quali sono i reati e con quali pene vengono puniti e quindi è un codice sostantivo, mentre il codice
di procedura penale non ci dice quali sono i reati e quali pene meritano, ma ci dice come si deve
procedere quando si definiscono i reati e quando li si persegue o li si punisce. Sostantivo in genere si usa
in filosofia in opposizione a metodologico o epistemologico.
Concetti sostantivi sono Stato, governo, amministrazione, guerra e pace (in quanto riferibili ad
accadimenti) e poi le grandi classiche definizioni delle forme di Stato e/o di governo. Noi non le
discuteremo in questo testo, ma faremo puntuali riferimenti alla categoria che più attualmente ci
interessa, quella di democrazia. Si noti che il presente testo non è sempre ordinato secondo la partizione
di categorie fondative e sostantive, bensì alcune di quelle fondative (libertà, eguaglianza, giustizia)
vengono tematizzate solo nella parte finale, relativa ai nessi di etica e politica.
Furio Cerutti Un'introduzione alla filosofia politica 6
Non mi dilungo qui in riflessioni epistemologiche sullo statuto della filosofia politica rispetto ad
altre discipline. Supponendo che il lettore di un testo introduttivo non sappia nulla di ciò di cui si parla,
ed in cui vuole appunto introdursi, sarebbe come mettere il carro avanti ai buoi, o - detto più
elegantemente, alla Hegel - staccare il metodo dalla `cosa stessa' e mandare avanti quello.
Differenziazioni e comparazioni emergeranno via via, alcune già nel prossimo paragrafo. Per ora bastino
due rilievi: uno è il rinvio alla distinzione fra filosofia politica e scienza politica che Bobbio traccia nel §
1 del suo articolo Stato, potere, governo, sebbene quella distinzione richieda oggi qualche
riformulazione, essendo ormai meno compatto lo status epistemologico della scienza politica. Aggiungo
poi che qui si tratterà in modo ricorrente della questione dell'`ottima repubblica', ma che io non
condivido l'identificazione, che per me è riduttiva, della filosofia politica con una teoria tutta e solo
normativa di che cosa deve stare (la giustizia, la libertà, o quant'altro) alla base delle istituzioni politiche.
Certamente condivido altrettanto poco il realismo, spesso antiquato e/o rozzo, che esclude ogni risvolto
normativo dallo studio della politica. Ma resta per me futile il normativismo che si accontenti di se
stesso, senza cercare tematicamente di riconnettere il discorso su ciò che dev'essere al discorso su ciò che
è, che disegni costituzioni ideali, statuali o planetarie, senza fornire strumenti concettuali per esaminare i
rapporti di potere e per percepire in dimensione storiche le nuove sfide poste alla politica e alla società.
Ferme restando queste mie posizioni, che certo influiscono sull'impostazione complessiva del testo,
la presente terminologia filosofica è scritta in modo il più possibile neutrale fra ed informativo su i
diversi punti di vista.
2. Definizioni di `filosofia politica'
Cominciamo dal passo più banale e definiamo la filosofia politica, in base ai suoi oggetti, come
quella filosofia che si occupa della politica, cioè dello Stato, delle istituzioni e della società civile, e che
partendo da questo nucleo oggettuale suo proprio si irradia a parlare di qualsiasi cosa c'entri con la
politica, compresa la vita e la morte degli individui, dei gruppi e del genere umano. Questa definizione è
banale perché queste stesse materie sono - almeno in parte - oggetto di altre attività scientifiche, come la
scienza della politica, la sociologia politica, l'antropologia. Quindi, come spesso le definizioni oggettuali,
che non per questo però vanno buttate via del tutto, non è sufficientemente specifica.
(Dico oggettuali e non oggettive perché i due termini hanno una profonda differenza e non solo in
politica, ma anche in filosofia in genere: mentre oggettivo si definisce in linea di massima per la sua
contrapposizione a soggettivo, oggettuale invece è ciò che riguarda l'oggetto, proviene dall'oggetto, si
riferisce agli oggetti, differentemente dal riferirsi ai principi o al metodo. Non c'è il senso di una realtà
indipendente da, od opposta a quella del soggetto che c'è invece in oggettivo.)
Cerchiamo di restringere la prima definizione, modificandola nel senso di dire che nella filosofia
politica, se non di tutto, di molto si può parlare; ma di qualunque cosa si parli, cioè quando si parli di
problemi o di fini o di valori che non sono specifici della sfera politica (il senso della vita, la verità, il
bene, la felicità), questi sono sempre posti in rapporto con categorie propriamente politiche come la
libertà, la giustizia, la guerra e la pace, lo Stato e il potere. Questa sarebbe una definizione oggettuale più
raffinata, ma ancora non basta, pur essendo una buona base di definizione. È necessario aggiungere
qualcosa, è necessario spostare lo sguardo dall'oggetto al metodo di questa disciplina, ma è pure
necessario tenere assieme la definizione oggettuale modificata appena data con il riferimento al metodo
della filosofia politica. Questa si definisce meglio mettendola in rapporto ad altre discipline che si
Furio Cerutti Un'introduzione alla filosofia politica 7
occupano della politica, soprattutto la scienza della politica e la storia delle dottrine politiche. Se si
prende, come nel succitato scritto di Bobbio, la definizione corrente di scienza e in parte anche di
sociologia politica, si vede che queste discipline sono caratterizzate anzitutto da un'intenzione
prevalentemente descrittiva ed analitica di fenomeni e processi; e il loro piglio analitico è fondato su di
un riferimento sistematico all'empiria, all'insieme del mondo empirico (nel caso della scienza politica
esso si congiunge peraltro con l'intento di fornire interpretazioni basate su di una teoria generale, per
esempio - almeno a fino poco tempo fa - a quella intitolata al sistema politico). Laddove la filosofia
politica, quando è analitica, lo è nel senso che cerca di capire le strutture profonde, nascoste, non
immediatamente visibili allo sguardo fenomenico. Il taglio analitico di scienza e sociologia politica è
caratterizzato da un riferimento costante, programmatico e metodologicamente regolato ai dati empirici,
che possono essere di accesso più o meno vicino alla teoria: la sociologia politica maneggia dati empirici
molto più di quanto faccia la scienza politica, ma la stessa scienza della politica tale non sarebbe se non
avesse sempre dentro di sé la regola di indicare le regole attraverso cui una sua proposizione può essere
empiricamente illustrata, verificata, confermata o falsificata.
Questo riferimento costante e metodico all'empiria non c'è nella filosofia della politica, la quale parla
certo di cose che hanno una consistenza empirica, altrimenti parlerebbe dell'ippogrifo; ma può parlare
anche dell'ippogrifo, qualora si pensi che ciò possa servire a capire certi fenomeni, certi problemi, o certi
significati della vita associata. Naturalmente, ciò non scusa chi parla di ippogrifi in modo così astruso,
oscuro e pretenzioso che non se ne ricava alcuna illuminazione per capire la realtà o per dirigere il nostro
agire
Mentre è giusto dire che la filosofia politica è una disciplina concettualizzante, sarebbe sbagliato dire
che è l'unica disciplina concettualizzante nei confronti della politica, perché lo è anche la scienza
politica: solo che la formazione dei concetti in filosofia politica e in scienza politica segue- come si è
accennato - strade diverse.
Ricapitolando, possiamo dire che la filosofia politica è anzitutto filosofia. Una filosofia che si
rivolge alle cose della polis cercando di definirle ed interpretarle tramite concetti non empirici; che,
proprio in quanto filosofia, cerca sempre di problematizzare ciò che è o appare evidente, usuale e
pragmaticamente consigliabile; e che riconnette le sue interpretazioni, valutazioni e prescrizioni a
strutture, valori e scelte ultime, a processi e meccanismi non apparenti.
3. Una tipologia della filosofia politica
Possiamo individuare tre o quattro tipi di filosofia politica: uno è quello normativo, cioè si occupa
dell'`ottima repubblica', di quale sia la forma migliore da dare all'associazione politica (o società o
comunità politica, ma io preferisco, usando quel termine weberiano, evitare accenti comunitaristici) e
quali siano dunque i principi, le norme, le prescrizioni, i valori, i fini (si tratta di cose diverse, che
solamente per ora mettiamo insieme) a cui la politica e le sue forme debbano conformarsi.
Si può dire che tutti gli antichi siano filosofi politici normativi, che lo sia gran parte della tradizione
medievale e che questa tradizione si rompa con la filosofia politica moderna, dando spazio ad altri tipi di
filosofia politica. Dire che si rompe non vuol dire che muore, e nella filosofia politica moderna abbiamo
il ritorno di questo, che è uno dei grandi filoni della filosofia politica. Hume, uno dei filosofi meno
normativi che si possano immaginare, è un filosofo cui, nella filosofia pratica complessiva, interessa
come si forma e si realizza quel valore che si chiama giustizia. Inoltre, una parte consistente delle
Furio Cerutti Un'introduzione alla filosofia politica 8
filosofie politiche degli ultimi venticinque anni sono normative, sotto il nome di filosofie politiche dei
diritti o della giustizia: basta fare il nome illustre di John Rawls o quello meno illustre di Robert Nozick.
In questo tipo di filosofia politica metterei anche quella che dice quale sia il pessimo Stato, cioè quello
da evitare, o che dice addirittura che lo Stato, l'associazione politica in sé sono da evitare. Troviamo qui
gli anarchici, ma per un certo senso anche Marx, il quale spiega quale forma di associazione vada bene e
quale vada male, in base ad una sua esplicita filosofia della storia ed alla sua implicita teoria della
giustizia, che dice di non avere, ma in realtà ha. Marx sostiene che l'associazione politica come tale sia
da evitare, come pessimo stato della convivenza sociale umana. La società civile deve invece riuscire a
liberarsi della macchina burocratica che è lo Stato. Beninteso, la filosofia politica di Marx e di Engels
non va classificata soltanto come normativa, contenendo anche altri approcci.
Poi ci sono le filosofie politiche di tipo diverso, in cui almeno programmaticamente l'aspetto
assiologico e normativo non è presente. Parlerei di filosofie politiche `analitiche', ma il termine è da
mettere tra virgolette perché altrimenti sembra che ci possano essere filosofie politiche a base empirico-
analitica, e abbiamo già spiegato che la filosofia politica per definizione non è questo. Possiamo allora
usare un altro termine contemporaneo, parlando di filosofia politica ricostruttiva, il cui compito è di
ricostruire concettualmente le condizioni di nascita e morte delle associazioni politiche, nonché quelle di
legittimità del potere politico e di contrazione dell'obbligo politico. Non si dice programmaticamente
quale sia la forma politica che meglio conviene all'umanità o alla società tale o alla nazione talaltra. Si
dice semplicemente che, se si vuole amministrare la cosa pubblica, fondare e, come diceva Machiavelli,
“mantenere lo Stato”, oppure ancora trasformarlo, bisogna soddisfare queste e quelle altre condizioni: se
ne ricostruisce insomma la logica interna. Di questo tipo analitico o ricostruttivo di filosofia politica
fanno parte in primo luogo i contrattualisti discendenti da Hobbes, da Locke, da Rousseau, dal grande
filone, rotto in tanti sottofiloni, della filosofia politica moderna del Sei e Settecento. In fondo già
Machiavelli e in qualche misura i trattatisti del Cinquecento possono essere considerati appartenenti a
questo filone. Questo è un filone che è diventato prevalente nella filosofia politica moderna, proprio
perché le sue caratteristiche sono tutte moderne - si pensi al suo legame iniziale con la scienza della
natura e la sua moderna epistemologia. Oggi esso si divide il campo con il più classico filone normativo
rinato.
Esiste anche un terzo possibile tipo di filosofia politica che non si occupa tematicamente né delle
norme cui le associazioni politiche devono conformarsi, né delle condizioni di loro possibilità; si occupa
di ciò che sta intorno, sotto o sopra, avendo dunque un taglio obliquo rispetto all'approccio diretto dei
due primi filoni. È la filosofia politica che consiste nello svolgere riflessioni sul linguaggio politico, sulle
tradizioni politiche, sulle idee politiche e via discorrendo. Non si occupa in presa diretta delle forme
politiche e delle normazioni o delle condizioni di possibilità cui esse sottostanno, ma si occupa di ciò che
sta al di là di queste forme, di ciò in cui le forme politiche messe a fuoco nei due primi filoni sono
collocate dal punto di vista del contorno, dell'ambiente culturale, morale, linguistico, comunicativo. È
quel tipo di filosofia politica che si potrebbe quasi dire consista in un meta-discorso sulla politica. Meta -
dal greco, ciò che va al di là - è un termine prevalentemente epistemologico, e indica quegli approcci che
non si occupano direttamente di una cosa, ma se ne occupano investendo il suo contesto, i suoi aspetti di
contorno. Vedremo a questo proposito, fra le principali forme di etica contemporanea, che l'etica
generale si distingue in etica propriamente detta e metaetica, cioè un discorso al di là dell'etica. In
linguistica si parla non a caso di metalinguaggio.
Dopo aver fatto tante distinzioni bisogna attenuarne il peso per due ragioni: una ragione
fondamentale è che la buona e la grande filosofia politica contiene tutti e tre questi aspetti, tuttavia non
Furio Cerutti Un'introduzione alla filosofia politica 9
confusi, mescolati, indistinti. La buona o grande filosofia politica consiste di solito nella prevalenza di
uno di questi aspetti, che dà ordine e ispirazione a tutta la teoria; ma essa contiene, proprio perché si
tratta di buona filosofia, punti di vista, considerazioni, ed esigenze relative anche agli altri aspetti. Allora
non si può fare una filosofia politica normativa ignorando completamente il fatto che, quali che siano le
normazioni che noi cerchiamo di argomentare o di predicare, gli Stati poi devono funzionare, e quindi
occorre occuparsi delle condizioni di possibilità, e che comunque questi discorsi sulle normazioni non si
possono comprendere e valutare appieno senza vederne la collocazione storica, gli aspetti linguistici e
culturali. Fare una filosofia politica normativa cieca agli altri aspetti è di solito fare una cattiva filosofia
politica, poco informata, poco attenta e poco autorevole. L'autorevolezza nella scienza sta nel dire una
determinata cosa, ma tenendo gli occhi aperti su tutte le altre; e chi pretende di guadagnare attenzione
dicendo una cosa sola e chiudendo gli occhi alla complessità sia della realtà sia delle teorie, di solito fa
delle opere che possono avere un buon successo temporaneo, ma non lasciano grandi lezioni.
L'altra cosa da chiarire è una questione di uso linguistico. Talvolta uso in questo testo il termine di
teoria politica. È un termine generico e un po' confuso rispetto alla decisa distinzione tra filosofia
politica e scienza politica che ho delineato sopra. In realtà per un verso certe filosofie politiche si
avvicinano molto - per la loro attenzione ai processi effettivi e agli strumenti empirico-analitici che
aiutano a comprenderli - alla scienza politica; e certa scienza politica si allontana molto dalla sua base
empirico-analitica, acquistando sensibilità agli aspetti filosofici. Allora si determina una terra di nessuno,
ovvero di tutti, una zona franca tra filosofia e scienza politica intese nella loro rigida distinzione: quando
si dice teoria politica si indica proprio questa zona, ovvero il conglomerato degli interessi teorici rivolti
alla politica.
4. Che cos'è la politica?
Che cosa è la politica? Verso la fine del paragrafo ne daremo una prima definizione, ma dobbiamo
aprirci la strada verso di essa ricostruendone la genesi storica (nel far questo mi appoggio fortemente sul
relativo lemma di Bobbio nel Dizionario di politica e in qualche misura sull'articolo Politica di Salvatore
Veca nell'Enciclopedia Einaudi).
Politica anticamente in Grecia e ancora nella tradizione medievale scolastica voleva dire filosofia
della politica, scienza della politica, insomma studio della polis, delle sue leggi, delle sue regole, dei suoi
valori. Si può dire che abbia mantenuto quel significato fin che si è usato il latino, cioè fino al Sei-
Settecento. Con l'età moderna acquista il significato della cosa stessa, non dello studio di essa. Per questi
problemi semasiologici il riferimento più accreditato è il Dictionary of the History of the Ideas, oppure i
Geschichtliche Grundbegriffe (il grande lessico prodotto negli ultimi trent’anni dalla scuola tedesca
della Begriffsgeschichte, un esempio tipico di metadiscorso sulla politica ) ai rispettivi lemmi.
Più importante della storia della parola è ciò che è avvenuto della cosa stessa, cioè della polis. Mi
riferisco anzitutto al processo di differenziazione all'interno della polis intesa genericamente come vita
associata, non come città-Stato, come polis fisica, ma nemmeno come sfera propriamente e
restrittivamente politica, bensì come sfera insieme politica, sociale, economica, religiosa e culturale o
ideologica. Non è un processo che cominci oggi né ieri. Stiamo qui parlando di una grandiosa
schematizzazione, figlia dell'immagine della polis che la prima autocritica, settecentesca e rivoluzionaria,
della modernità politica (assolutistica) ha a lungo perseguito o vagheggiato, cioè l'immagine della polis
greca come una sfera nella quale la vita associata è pienamente integrata nei suoi vari aspetti e il
Furio Cerutti Un'introduzione alla filosofia politica 10
cittadino come decisore, come soggetto politico, è insieme sacerdote, guerriero, ovvero in termini
moderni soggetto e nodo di relazioni sociali. Quanto questa immagine sia deformata ed idealizzante mi è
difficile dirlo; gli studi sulla polis non si può dire che abbondino, e dopo quelli dei grandi filologi
tedeschi dell'età guglielmina e weimariana, soprattutto Werner Jaeger, le grandi sintesi sono state un po'
messe da parte. Certamente la polis reale non corrisponde ai vagheggiamenti di cui è essa stata fatta
oggetto dal Sette-Ottocento, nel periodo classico della filosofia e della letteratura tedesca, ovvero in
Rousseau e nella Rivoluzione francese, fino ad oggi, per esempio fino ad Hannah Arendt, filosofa
tedesca emigrata in America per la persecuzione antiebraica e morta nel 1975.
La prima sfera che si distacca da questa maggiore o minore unità integrata che si presume fosse la
vita pubblica nella polis greca, soprattutto ad Atene, è naturalmente la sfera religiosa. Ciò avviene con il
cristianesimo, con la creazione di una verità religiosa diversa e superiore alla vicenda mondana e alla vita
politica in terra. Certo, nel cristianesimo ci sono tanti atteggiamenti diversi, dall'agostinianesimo più
radicale, teso alla separazione radicale tra vita ecclesiale e vita politica, con la assoluta sovraordinazione
della vita ecclesiale, della civitas dei alla civitas hominis, fino al costantinismo, cioè alla fusione
reciprocamente strumentale di potere politico e vita ecclesiale che accetta dentro di sé la dinamica del
potere. Dovranno passare secoli perché, all'uscita dal Medioevo (dal 1100 al 1200 in Italia e a partire dal
1300 nei paesi del nord Europa) un'altra sfera si distingua dall'insieme della vita pubblica associata e si
costituisca sempre di più come un insieme di leggi, di procedure, di principi propri; sfera in cui gli attori
aspirano ad autoregolarsi senza essere subordinati, come invece lo saranno ancora per secoli, alle leggi
politiche o politico-religiose, del re, del signore o dell'imperatore. Si tratta ovviamente della sfera
economica, che nella modernità formerà con quella politica una bipolarità che ancor oggi anima teorie e
dibattiti: il mercato va subordinato allo Stato, venendo da esso regolato in quanto, se lasciato a se stesso
produce più squilibrio che ricchezza, oppure è il mercato il primo principio di sviluppo ed
autoregolazione delle relazioni sociali, restando allo Stato solo compiti residuali?
È solo con la costituzione dello Stato moderno che la segmentazione della presunta originaria unità
della polis raggiunge la sua forma definitiva, cioè la distinzione tra Stato e società civile. L'espressione
entra nel lessico politico europeo con l'opera dello scozzese Adam Ferguson, An Essay on the History of
Civil Society (1767), e si ritrova pochi decenni più tardi, in lingua tedesca, in uno dei concetti chiave
della filosofia hegeliana del diritto e dello Stato, quello di bürgerliche Gesellschaft, da cui poi il termine
trapassa in Marx. Mentre in Hegel è una forma autonoma, ma non perfetta di associazione degli uomini,
e quindi deve cedere il passo a quella struttura suprema che è in Hegel lo Stato, in cui si esprime la
sostanza etica del popolo, in Marx tutto è capovolto, e una delle chiavi di lettura della filosofia politica
marxiana è la liberazione della società civile o società tout court dalla imposizione su di essa esercitata
dallo Stato come struttura burocratica oppressiva. Si ricordi che quel termine vuol dire nella lingua
tedesca tanto società civile quanto società borghese. Cittadino in tedesco si dice Bürger, ma ciò vuol dire
anche borghese (i tedeschi importano per questo anche il termine francese bourgeois). L'anfibolia
(termine usato da Kant: uso equivoco) fra l'aspetto neutro, società civile, e l'aspetto classista del termine,
società borghese, crea un po' di problemi e confusioni nella filosofia politica e sociale tedesca, tanto è
vero che si è di recente introdotta l'espressione Zivilgesellschaft.
Della coppia Stato - società civile Bobbio dice che è una delle grandi dicotomie. Bobbio ha l'idea
che per capire certi pezzi della realtà il metodo migliore sia quello di articolare la nostra visione in
maniera dicotomica, o binomica. Non tutte le dicotomie sono grandi, ma alcune lo sono, e uno dei modi
di studiare la filosofia politica che Bobbio predilige è quello di vedere i collegamenti tra le grandi
dicotomie, ciò che evidentemente è un po' più complicato che non mettere tutte le grandi dicotomie su un