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IL LIBRO GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO. IL LIBRO DI CUI IL MONDO HA BISOGNO ADESSO.
Dieci anni dopo il bestseller I signori del clima, Tim Flannery, scienziato e
scrittore, fa il punto sui cambiamenti climatici e su cosa può fare l’uomo per
salvare se stesso e la Terra.
In tutte le parti del mondo la gente affronta le conseguenze di un clima
profondamente mutato, che comporta tempeste e uragani sempre più frequenti,
incendi, alluvioni e siccità. Per alcune popolazioni è già diventata una questione
di sopravvivenza. Basandosi sugli studi più recenti, Flannery fotografa con
lucidità la situazione attuale, analizza le cause del riscaldamento globale e
delinea un futuro in cui l’uomo non sarà più dipendente dall’energia fornita dai
combustibili fossili, ma svilupperà al meglio le tecnologie già esistenti per
produrre energie rinnovabili. Dalla possibilità di immagazzinare in modo sicuro
l’anidride carbonica in Antartide o sul fondo degli oceani alla produzione di
biocarburanti, Tim Flannery non parla di fantascienza, ma di un futuro possibile
e, soprattutto, dell’unico futuro in cui potremo sopravvivere su un pianeta in
armonia con tutte le forme viventi.
Tim Flannery, australiano, è uno dei massimi esperti mondiali sui cambiamenti
climatici. Scienziato ed esploratore, ha insegnato nell’University of Adelaide, è
stato direttore del South Australian Museum. Fra i suoi libri Corbaccio ha
pubblicato il bestseller I signori del clima, L’ultima tribù e Diario di un
esploratore. Nel 2007 è stato nominato «Australian of the Year». Attualmente è
responsabile del Climate Council.
www.corbaccio.it
facebook.com/Corbaccio
@LibriCorbaccio
www.illibraio.it
Titolo originale: Atmosphere of Hope:
Searching for Solutions to the Climate Crisis
Traduzione dall’originale inglese
di Michele Fusilli
Illustrazione e grafica di copertina:
elenaleoni.it
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Copyright © Tim Flannery, 2015
Published by arrangement with The Text Publishing Company Casa Editrice Corbaccio è un marchio di
Garzanti S.r.l.
Gruppo editoriale Mauri Spagnol
© 2015 Garzanti S.r.l., Milano
ISBN 978-88-6700085-2
Prima edizione digitale 2015
Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
Introduzione
«A cosa serve aver sviluppato una scienza capace di formulare previsioni se, alla
fine, tutto quello che siamo disposti a fare è perdere tempo e aspettare che quelle
previsioni si avverino?»
F. Sherwood Rowland, premio Nobel per la chimica per i suoi studi sul buco
dell’ozono
Chi leggerà questo libro scoprirà che quello che stiamo vivendo è già il clima del
futuro. Stiamo fin da ora affrontando scenari catastrofici: lo scioglimento dei
ghiacciai, la progressiva scomparsa della grande barriera corallina, lo
spopolamento delle città costiere dovuto alle estreme condizioni climatiche.
Eppure, sebbene abbia cercato di spiegare le conseguenze terribili che ci
attendono se non limitiamo le emissioni di anidride carbonica, ho voluto
comunque intitolare questo libro Una speranza nell’aria. Può sembrare un punto
di partenza bizzarro per esprimere un rinnovato ottimismo. Ma se vogliamo
avere speranze realistiche, dobbiamo per prima cosa accettare la realtà.
Dobbiamo cioè farci strada attraverso le spinose discussioni sul clima che fanno
sentire tanti di noi smarriti e paralizzati.
Questo testo descrive con un linguaggio semplice la nostra difficile situazione
climatica, ma contiene anche novità su moderni strumenti che potrebbero
aiutarci a evitare il disastro. Nel dicembre del 2015 tutte le nazioni del mondo si
riuniranno a Parigi per stilare un trattato che ci offra la possibilità di limitare il
riscaldamento globale a 2°C, universalmente considerato il limite massimo per
evitare la catastrofe. Se avremo successo a Parigi, dando origine a una nuova era
di cooperazione internazionale nella battaglia contro il riscaldamento globale, è
possibile che nei prossimi dieci anni vedranno la luce soluzioni che potranno
salvare il pianeta, per i nostri figli e i nostri nipoti. Potremo letteralmente
generare una speranza nell’aria.
Cerchiamo di comprendere meglio le proporzioni del problema. Alcune
proiezioni indicano che nel 2014 l’uomo ha rilasciato nell’atmosfera la quantità
record di 40 gigatonnellate di CO nell’atmosfera;1 di queste, 32,2 gigatonnellate
2
provengono dai combustibili fossili utilizzati per produrre energia (soprattutto
elettricità e trasporti).2 La CO è solamente uno, sebbene il più importante, degli
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oltre trenta gas serra conosciuti. Se sommiamo tutte le emissioni di gas serra
riconducibili all’attività umana e le esprimiamo in termini di riscaldamento
potenziale da CO , il risultato alla fine del 20093 è stato di 49,5 gigatonnellate di
2
CO equivalente. In altre parole, il riscaldamento potenziale di circa 50
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gigatonnellate di CO .4
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Una gigatonnellata corrisponde a un miliardo di tonnellate, un numero a nove
zeri. Una gigatonnellata di CO è una cifra enorme anche rispetto all’intero
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nostro pianeta. Pensiamo cosa servirebbe per catturare quattro gigatonnellate di
CO dall’atmosfera. Per farlo bisognerebbe trasformare in biochar tutta la
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produzione agricola del mondo, gli scarti della silvicoltura e la biomassa di
100.000 chilometri quadrati di canna da zucchero. E quattro gigatonnellate di
CO rappresentano solamente un decimo del nostro flusso di inquinamento
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annuale da CO . Oppure, se piantassimo alberi in un’area grande quanto
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l’Australia o quanto quella di tutti i 48 stati contigui degli Stati Uniti,
considerando di riuscire a piantumare ogni anno un’area pari allo stato di New
York, riusciremmo a ottenere lo stesso risultato nel giro di cinquant’anni.
Non importa quindi in che modo lo si misuri: il problema climatico ha ormai
assunto dimensioni ciclopiche, ed è cresciuto a velocità maggiori di quanto si
potesse immaginare appena dieci anni fa. Quanto ci vorrà per «risolvere il
problema»? Purtroppo gli obiettivi dei negoziati politici sono espressi in gradi
Celsius, e non in gigatonnellate di carbonio. Si prevede comunque che un
accordo a Parigi potrebbe dare al mondo il 50 per cento di possibilità di
mantenere una temperatura media che non superi di 2°C quella precedente alla
rivoluzione industriale. E rappresenterebbe un enorme passo avanti rispetto al
terribile scenario attuale. Se un accordo sarà raggiunto, è possibile che nel tempo
potrà essere suscettibile di miglioramenti, magari ipotizzando un aggiornamento
quinquennale degli obiettivi. È infatti importante capire che, sebbene l’accordo
sul limite di 2°C rappresenterebbe senza dubbio un cambiamento di portata
epocale, lascerebbe comunque il nostro futuro in balia dell’incertezza. In fondo,
non si dovrebbe nemmeno prendere in considerazione un futuro in cui si accetti
che ci siano ancora elevate probabilità di veder scomparire la grande barriera
corallina, che i livelli dei mari continuino ad alzarsi rapidamente, che si perda
una gran quantità di biodiversità: tutte cose che senza dubbio accadranno in un
mondo più caldo di 2°C rispetto all’era preindustriale. L’accordo internazionale
di Parigi è necessario, ma non è certamente sufficiente: in realtà abbiamo
bisogno di un programma ancora più ambizioso, con maggiori risorse a
disposizione rispetto a quelle attuali. Proviamo infatti a contestualizzare la
conferenza che si terrà nella capitale francese.
Innanzitutto l’accordo di Parigi non richiederà alcun tipo di intervento fino al
2020, ma forse un inizio così lento è una necessità. Quando dieci anni fa Al Gore
pubblicò Una scomoda verità e io I signori del clima, il cambiamento climatico
era ancora messo in dubbio da molti. Per comprenderlo a fondo bisognava
riuscire a interpretare grafici complessi e modelli matematici. Ma nel 2014 la
maggior parte di noi ha avuto esperienze di condizioni climatiche estreme e fuori
dal comune, e ha compreso che il cambiamento non solo è reale, ma mette a
rischio seriamente la nostra salute, le nostre condizioni di vita e la nostra
sicurezza. Negli Stati Uniti, per esempio, le temperature medie sono già
cresciute di 1°C, e gli americani sanno bene – per averlo tragicamente vissuto
sulla loro pelle – che ulteriori aumenti possono avere conseguenze drammatiche.
Nei prossimi decenni le temperature negli Stati Uniti aumenteranno
ulteriormente di mezzo grado centigrado anche se avessimo portato a zero le
missioni di gas serra già alla fine del 2014. Siamo in ritardo, molto in ritardo, nel
tentativo di mettere al sicuro il nostro futuro.
Eppure non sono mancati allarmi circa la serietà della situazione. Dieci anni fa
il mio libro I signori del clima è diventato un best seller. La mia era una voce tra
le tante che si erano levate dopo la pubblicazione di La fine della natura, il
saggio di Bill McKibben del 1989. Da allora gli allarmi sono stati numerosi, e i
più importanti sono provenuti dal mondo scientifico. È stato infatti messo a
punto un bilancio globale del carbonio che dimostra come un intervento
rimandato a dopo il 2030 può risultare inutile, poiché a quel punto non si
potranno più evitare le gravi conseguenze di un clima fuori controllo. Anche il
lavoro della International Energy Agency (IEA), l’organizzazione
intergovernativa con sede a Parigi che elabora statistiche sulle questioni
energetiche, non lascia spazio a dubbi: già nel 2012 aveva annunciato che – in
assenza di modifiche ai piani energetici – entro il 2017 la temperatura del
pianeta sarebbe cresciuta di 2°C rispetto alla media dell’età preindustriale.5
So per esperienza diretta che gli allarmi hanno ottenuto qualche effetto. I
signori del clima ha per esempio messo in guardia sui pericoli del cambiamento
climatico Sir Richard Branson, il quale ha consigliato il libro all’allora
governatore della California Arnold Schwarzenegger. Questi a sua volta ha
contribuito al successo delle energie pulite e all’affermazione del mercato del
carbonio nel suo stato. Richard Branson ha anche istituito il Virgin Earth
Challenge, un premio per la ricerca di possibili soluzioni per la riduzione su
larga scala della CO nell’atmosfera, e ha finanziato la Carbon War Room,
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un’organizzazione internazionale che incoraggia l’abbattimento della CO
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attraverso strategie di mercato.
La Carbon War Room è ora presieduta dall’ex presidente della Costa Rica
José María Figueres, e ha recentemente unito le forze con il Rocky Mountain
Institute. Gordon Campbell, allora premier della regione canadese della British
Columbia, mi ha confessato di aver introdotto la carbon tax nella sua provincia
dopo aver letto I signori del clima. E il professor Zhou Ji, presidente
dell’Accademia cinese d’ingegneria, mi ha confidato che il mio libro gli ha
aperto gli occhi sulla reale entità del problema. I signori del clima è stato
tradotto in ventitré lingue e letto da milioni di persone, e molti di loro hanno
intrapreso azioni individuali per ridurre le emissioni di anidride carbonica.
L’attività di alcuni leader politici ed economici ha poi contribuito a indirizzare
i mercati: negli ultimi anni la crescita delle energie eolica e solare è stata
enorme, e le automobili elettriche sembrano essere il futuro più probabile per il
nostro trasporto su strada. Questi sono tutti segnali incoraggianti, ma non molto
di più, perché le emissioni continuano ad aumentare. A metà 2013, per la prima
volta in milioni di anni, la concentrazione atmosferica di CO ha raggiunto le
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400 parti per milione (ppm). Poi, per variazioni stagionali, è nuovamente scesa,
ma nel giro di pochi anni si manterrà oltre quel valore.
Nell’intera storia del nostro pianeta, i geologi non sono riusciti a individuare
nessun altro periodo in cui la concentrazione di CO sia aumentata così
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rapidamente. E non c’è dubbio che la crescita sia dovuta all’uomo: siamo in
grado di misurare il combustibile fossile che bruciamo, e di conseguenza
sappiamo con precisione quanta CO produciamo. Ma sappiamo anche che la
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soluzione possibile è solamente una: entro il 2020 dobbiamo ridurre
drasticamente le emissioni annuali, e questo significa ridurre la quantità di
combustibile fossile che bruciamo. Sorprendentemente, ora abbiamo anche la
prima prova che tutto questo è possibile. Il 13 marzo 2015 l’AIE ha annunciato
che la crescita di emissioni di CO da energia prodotta da combustibili fossili si
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è «stabilizzata» a 32,3 gigatonnellate, la stessa cifra dell’anno precedente. È la
prima volta, ha aggiunto l’AIE, che in un periodo di crescita economica le
emissioni non sono aumentate.6
Anche se il 2014 ha registrato il picco di emissioni di CO nel settore
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Description:Dieci anni dopo "I signori del clima", Tim Flannery, scienziato e scrittore, fa il punto sui cambiamenti climatici e su cosa può fare l'uomo per salvare se stesso e la Terra. In tutte le parti del mondo la gente affronta le conseguenze di un clima profondamente mutato, che comporta tempeste e uraga