Table Of ContentIl libro
Ogni anno vengono uccisi 60 miliardi di animali terrestri e 1.000 miliardi di animali
marini a scopo alimentare. Una strage senza precedenti nella storia del genere umano. Il
consumo galoppante di carne ha conseguenze devastanti: oltre a essere dannoso per la
nostra salute, aggrava il problema della fame nel mondo (per esempio, un ettaro di terra
può nutrire cinquanta vegetariani o due carnivori), causa squilibri ecologici e porta allo
sterminio, spesso gratuitamente crudele, di milioni di esseri viventi, dai pulcini ai delfini.
Ma l’industria alimentare non è l’unica responsabile dello zoo-cidio a cui assistiamo:
partecipano anche la sperimentazione e il traffico di specie selvatiche, il bracconaggio e
gli abusi nei circhi, nei parchi acquatici, nelle corride.
E se fosse arrivato il tempo di considerare gli animali non più come esseri inferiori, ma
come nostri «concittadini» planetari?
In questo libro eccezionalmente documentato anche dal punto di vista scientifico,
Matthieu Ricard mette a disposizione tutte le attuali conoscenze sugli animali e su come li
trattiamo. Il celebre monaco buddista dimostra come essi siano capaci di provare empatia,
compassione, altruismo, sofferenza fisica e psicologica; per questo, con un appello alla
ragione e alla bontà umana, esorta il lettore a prendere coscienza della situazione attuale
(per esempio, perché i mattatoi vietano di documentare ciò che succede all’interno? Perché
non usiamo le cellule staminali animali per la sperimentazione?) e a rispettare il diritto alla
vita di tutti gli esseri viventi.
L’autore
Matthieu Ricard, un dottorato in genetica cellulare, dal 1972 si è
consacrato definitivamente al buddismo, di cui è uno dei
massimi esperti mondiali, e da oltre quarant’anni vive nella
regione himalaiana. Studioso, scrittore e fotografo, è membro
attivo del Mind and Life Institute e promotore di iniziative
umanitarie in Asia. Nel 2000 ha creato in Nepal l’associazione
Karuna-Shechen che dispone interventi educativi, sanitari e
sociali a favore dei più poveri; a essa sono destinati tutti i
proventi dell’attività dell’autore. Dal 1989 è l’interprete ufficiale del Dalai Lama per la
lingua francese. I suoi libri sono tradotti in più di venti lingue. Per Sperling & Kupfer ha
già pubblicato I segreti della mente calma, Il gusto di essere felici, Il monaco e il filosofo
con Jean-François Revel e Il gusto di essere altruisti.
www.karuna-shechen.org
www.matthieuricard.org
Matthieu Ricard
SEI UN ANIMALE!
Traduzione di Sergio Orrao
A Pema Wangyal Rinpoche e a Jigmé Khyentsé Rinpoche, instancabili difensori della causa
animalista, che hanno già salvato la vita di vari milioni d’animali destinati al consumo
umano.
A Jane Goodall e a tutti quelli che, individualmente o in gruppo, s’impegnano con coraggio,
si fanno portavoce degli animali e li proteggono.
«Gli animali sono miei amici... E io non mangio i miei amici.»
GEORGE BERNARD SHAW
«Non abbiamo due cuori, uno per gli animali e l’altro per gli esseri umani. Ne abbiamo uno, o
non ne abbiamo alcuno.»
ALPHONSE DE LAMARTINE
Introduzione
CI sono persone che nascono con una predisposizione naturale alla compassione.
Fin dalla più tenera età dimostrano una benevolenza spontanea nei confronti di
coloro che li circondano, animali inclusi. Non è stato il mio caso. Di famiglia
bretone, sono andato a pesca fino all’età di quattordici anni. Mi ricordo inoltre
che, quand’ero più piccolo, mi divertivo con alcuni compagni di scuola ad
abbrustolire le formiche concentrando i raggi del sole con una lente
d’ingrandimento. A ripensarci provo vergogna, ma la cosa che più mi sconcerta
è che quel comportamento mi sia potuto sembrare normale. Quando avevo
cinque anni, in Messico, mio padre mi ha portato a vedere alcune corride.
L’atmosfera era di festa e la musica esaltante... Tutti sembravano entusiasti.
Perché io non ho lasciato il mio posto e non me ne sono andato in lacrime? Si
trattava forse di mancanza di compassione, di educazione o d’iniziativa? Non mi
era mai passato per la testa di provare a mettermi nei panni del pesce, della
formica o del toro di turno. Avevo semplicemente un cuore duro? O forse non
avevo riflettuto, e aperto gli occhi?
Mi ci è voluto del tempo per acquisire consapevolezza. Ho trascorso diversi
anni in compagnia di una delle mie nonne, che possedeva tutte le qualità del
caso. Come molte altre persone, peraltro ottimi genitori o bravi bambini,
praticava con gran passione la pesca alla lenza. Durante le vacanze, passava
spesso i pomeriggi a pescare in riva al lago o sulla passeggiata del Croisic,
assieme ad altre anziane bretoni, che portavano ancora la cuffia col pizzo bianco,
elemento irrinunciabile del folclore locale. Quelle brave persone avrebbero
davvero deliberatamente fatto del male a qualcuno? Attaccati all’amo, i pesci
ancora guizzanti, sgusciando fuori dall’acqua, scintillavano alla luce del sole.
Certo non era bello vederli soffocare nel paniere di vimini finché i loro occhi
diventavano vitrei, ma distoglievo rapidamente lo sguardo.
Qualche anno dopo, a quattordici anni, un’amica mi apostrofò con una battuta
a bruciapelo: «Ma come? Tu peschi?» Il tono della voce e lo sguardo, nel
contempo stupiti e sdegnati, erano piuttosto eloquenti.
«Tu peschi?» Improvvisamente lo scenario mi apparve in una luce diversa: il
pesce strappato dal suo ambiente vitale con un uncino di ferro che gli trafiggeva
la bocca, per poi soffocare nell’aria come noi anneghiamo nell’acqua. E come se
ciò non bastasse, per attrarre il pesce, avevo infilzato un verme con l’amo per
farne un’esca viva, sacrificando così una vita per distruggerne più facilmente
un’altra. Com’era possibile che per tutto quel tempo non ci avessi mai pensato,
non mi fossi mai reso conto della realtà, di tutte quelle sofferenze?
Profondamente dispiaciuto, rinunciai su due piedi alla pesca.
Certo, la mia preoccupazione per dei pesciolini, in confronto ai drammi che
devastano la vita di tanti esseri umani nel mondo, può sembrare ridicola. Ma per
me quello fu il primo barlume di compassione.
A vent’anni ebbi l’enorme fortuna di incontrare dei maestri spirituali tibetani
che, da allora in poi, avrebbero orientato ogni istante della mia esistenza. I loro
insegnamenti erano incentrati sulla strada maestra dell’amore e della
compassione universali.
Se per lungo tempo non ero mai stato capace di mettermi al posto degli altri,
gli insegnamenti di quei maestri mi portarono, a poco a poco, ad aprire la mente
e il cuore all’amore altruistico, e a preoccuparmi più che potevo della sorte
altrui. Mi sono impegnato nella pratica della compassione, riflettendo
profondamente sulla condizione umana e su quella degli animali. Di certo, il
cammino da percorrere è ancora lungo, e continuo a fare del mio meglio per
progredire nella comprensione degli insegnamenti che ho ricevuto.
Non è mia intenzione, è evidente, accusare le persone che, in un modo o
nell’altro, fanno soffrire gli animali, spesso inconsapevolmente, come del resto è
capitato anche a me. In realtà, è molto difficile, il più delle volte, associare gli
oggetti e i prodotti di consumo più diffusi (compresi il cibo e i farmaci che
qualche volta ci salvano la vita) alle sofferenze animali, che nella maggior parte
dei casi derivano dai processi di produzione. Inoltre, le tradizioni culturali hanno
spesso un ruolo preponderante nella percezione degli animali, i nostri compagni
su questo pianeta. Alcune società hanno sviluppato uno stile di pensiero
collettivo che le induce a ritenere che tutti gli animali siano su questa Terra per
servire gli umani, mentre altre tradizioni sostengono da tempo che ogni essere,
umano o meno, meriti rispetto.
Quest’opera rappresenta la continuazione logica e necessaria del mio Il gusto
di essere altruisti.1 Lo scopo è quello di sottolineare le ragioni e l’imperativo
morale che giustificano l’estensione dell’altruismo a tutti gli esseri senzienti,
senza limiti di carattere quantitativo o qualitativo. Non c’è dubbio che, rispetto
alla quantità enorme di sofferenze umane su scala mondiale, la dedizione di una
vita intera sarebbe sufficiente ad alleviarne appena una parte infinitesimale.
Malgrado ciò, preoccuparsi della sorte dei circa 1,6 milioni di altre specie che
popolano il pianeta non è né irrealistico né fuori luogo poiché, nella maggior
parte dei casi, la scelta non è tra il benessere dell’umanità e quello degli animali.
Viviamo in un mondo fondamentalmente interdipendente, in cui la sorte di ogni
essere, di qualsiasi natura, è intimamente legata a quella degli altri. Non si
sostiene, quindi, di prendersi cura soltanto degli animali, ma anche degli
animali.
E neppure di «umanizzare» gli animali o «animalizzare» l’uomo, bensì di
estendere la benevolenza a entrambe le categorie. Ampliare la portata della
nostra consapevolezza consiste nell’adozione d’un atteggiamento responsabile
nei confronti degli esseri che ci circondano, piuttosto che rappresentare un
problema d’assegnazione delle risorse limitate di cui disponiamo per intervenire
sul mondo.
Questo libro è un invito a una presa di coscienza: a dispetto della meraviglia
che il mondo animale suscita in noi, attualmente stiamo perpetrando un massacro
di animali senza precedenti nella storia. Ogni anno uccidiamo a scopo alimentare
60 miliardi di animali terrestri e 1.000 miliardi di animali marini.
Per di più, questa mattanza generalizzata e i relativi corollari – il consumo
esagerato di carne nei Paesi ricchi – sono, come vedremo, una follia globale:
contribuiscono alla fame nel mondo, aggravano gli squilibri ecologici e sono
nocivi alla nostra salute.
La produzione di carne su scala industriale e la pesca intensiva negli oceani
rappresentano indubbiamente il problema maggiore. Tuttavia anche la mancanza
di rispetto generalizzata nei confronti degli animali porta ugualmente a ucciderne
e a farne soffrire moltissimi, basti pensare alle varie sperimentazioni e ai test cui
sono sottoposti, al traffico illegale di specie esotiche e selvatiche, alla caccia e
alla pesca sportive, alla corrida, al circo e altre forme di sfruttamento. Occorre
inoltre tenere presente che l’impatto del nostro stile di vita sulla biosfera è
notevole: continuando al ritmo attuale, il 30% di tutte le specie animali
spariranno dalla Terra entro il 2050.2
Viviamo nell’ignoranza di ciò che infliggiamo agli animali (ben pochi di noi
avranno mai visitato un allevamento intensivo o un mattatoio) e siamo vittime di
una sorta di schizofrenia morale che c’induce a prenderci una gran cura dei
nostri animali da compagnia senza che ciò ci impedisca di affondare la forchetta
nella carne dei maiali, mandati al mattatoio a milioni, i quali sono altrettanto
Description:Ogni anno vengono uccisi 60 miliardi di animali terrestri e 1.000 miliardi di animali marini a scopo alimentare. Una strage senza precedenti nella storia del genere umano. Il consumo galoppante di carne ha conseguenze devastanti: oltre a essere dannoso per la nostra salute, aggrava il problema della