Table Of ContentROSSO FIORENTINO
Carlo Falciani, Antonio Natali
SOMMARIO
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Terribilità e fierezza:
gli esordi del Rosso
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La Deposizione di Volterra,
nuove opere fiorentine
e la partenza per Roma
30
Peregrinaggi italiani
(1527-1530)
34
Il trasferimento
in Francia e il successo
48
Cronologia
50
Bibliografia
In copertina Qui sopra:
e nella pagina Il bagno di Pallade
a fianco: (già Venere frustrata)
Angiolino (1535-1539),
musicante particolare;
(1521), Fontainebleau,
particolare Galleria di Francesco I.
e intero;
Firenze,
Uffizi.
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TerribiliTà e fierezza:
gli esordi del rosso
Pietà che tutte l’altre sue buonissime qualità,
Il giudizio
(1537-1540); fu che egli del continuo nelle composi-
Parigi, zioni delle figure sue era molto poetico, e
che Giorgio Vasari
Louvre. nel disegno fiero e fondato, con leggiadra
maniera e terribilità di cose stravaganti, e
dà del Rosso Fiorentino
un bellissimo compositore di figure. Nella
architettura fu eccellentissimo e straordi-
è uno dei più elevati
nario, e sempre, per povero ch’egli fosse,
fu ricco d’animo e di grandezza» (Vasari,
fra quelli che
IV, pp. 473-474).
Con quello che le fonti e poi gli storici
si possono leggere
hanno tramandato riguardo alle stravaganze
Vite (per non dire stramberie) degli artisti di pri-
nelle sue .
Nella pagina mo Cinquecento e con quanto dello stesso
a fianco: Rosso – spregiudicato com’era – per solito si
La Vergine Non tanto perché il biografo sia alieno dal pensa, le parole di Vasari suonano financo
sul poggio pronunciare encomi (talora perfino sperti- inattese. Andrà però subito detto che sul
del santo cati, rispetto all’effettive virtù dell’interes- giudizio dell’aretino hanno un loro peso an-
sepolcro sato), quanto perché si tratta d’un elogio che le vicende occorse al Rosso nell’ultimo
(1513 circa); d’ampio spettro, il Rosso «era, oltra la pit- tratto della sua esistenza: quello che va dal
Marignolle tura, dotato di bellissima presenza; il modo 1530 al 1540, la stagione cioè che lui visse
(Firenze), del parlar suo era molto grazioso e grave; alla corte del re di Francia, Francesco I. Non
tabernacolo era bonissimo musico, et aveva ottimi ter- che prima di quei tempi – davvero fulgidi e
in via delle Campora. mini di filosofia, e quel che importava più d’altissimo prestigio – il Rosso fosse stato
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Andrea del Sarto digiuno di musica o di filosofia o di poesia consentanei che avevano lasciato non so-
e Rosso Fiorentino, e non fosse stato un gran pittore, certo è lo Firenze ma anche l’Italia per ragioni
Il viaggio però che a Parigi e a Fontainebleau (luoghi politiche. Qualcuno l’aveva conosciuto
dei magi dell’apoteosi di lui, divenuto artefice inter- prima di pervenire nelle stanze di France-
(1511); nazionale) la sua cultura s’affinò di molto sco I. Saranno, anzi, stati soprattutto gli
Firenze, nelle relazioni ch’ebbe modo d’allacciare uomini che avevano potuto apprezzare le
Santissima nella cerchia degl’intellettuali vicini al re. doti di lui avanti la trasferta francese, a
Annunziata, Fra i quali, molti peraltro erano toscani. dare referenze decise delle sue capacità.
Chiostrino dei voti. E Vasari non manca di serbarne memoria, Referenze che dovevano essere d’assoluta
quando scrive che al suo arrivo «fu con mol- attendibilità, altrimenti non si spieghereb-
Prime tracce te carezze dalla nazione fiorentina ricevuto» be la fiducia che il re gli dette subito dopo
dell’anticonformismo (Vasari, IV, p. 486). il suo arrivo. Scrive di nuovo Vasari – cui
artistico del Rosso Di sicuro il Rosso poté contare alla cor- non avranno fatto difetto le informazioni
si possono percepire te di Francia sul sostegno di tanti suoi che proprio dalla Francia venivano per
nel Viaggio
dei magi,
affrescato nel 1511
da Andrea del Sarto
alla Santissima
Annunziata,
al quale il giovane
probabilmente
collaborò.
Sembrerebbe frutto
della sua spregiudicata
invenzione la possente
figura rappresentata
di spalle in primo
piano a sinistra:
l’uomo dallo sguardo
fiero, ritratto
con il capo voltato
verso lo spettatore,
è adornato
da abbondanti vesti
colorate che sovente
si riconosceranno
nelle sue opere
successive.
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Assunzione
della Vergine
(1513-1514);
Firenze,
Santissima Annunziata,
Chiostrino dei voti.
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Ritratto
di giovane
in nero
(1512-1513);
Firenze,
Uffizi.
Gli alteri
ritratti maschili
di Rosso Fiorentino,
eseguiti
probabilmente
prima di allontanarsi
da Firenze intorno
alla fine
del secondo decennio
del Cinquecento,
sono contraddistinti
da un naturalismo
intenso
e da una vivace
adesione al naturale,
resa anche grazie
alla vibrante
stesura pittorica
che caratterizza
le vesti gonfie
e le peculiari
sembianze
anatomiche
proprie
dei suoi modi
espressivi.
bocca di coloro che rientravano in patria state affidate senza che lui fosse stato pre-
– che il re dette al Rosso, appena arrivato, ceduto da una fama indiscussa di pittore,
«una provisione di quattrocento scudi» e ma anche d’architetto (visti gl’incarichi
gli regalò una casa a Parigi; dove l’artista ardui che gli furono dati proprio nella
tuttavia visse poco perché il suo luogo progettazione d’edifici); soprattutto se si
obbligato era Fontainebleau. Era lì che pensa che davvero Francesco in pratica
Francesco I, dotandolo d’una residenza, gliele assegnò appena il fiorentino mise
l’aveva nominato «capo generale sopra il piede a Parigi. Davvero la «presenza, il
tutte le fabriche, pitture et altri ornamenti» parlare e la maniera del Rosso» avranno
(Vasari, IV, p. 486). sedotto il re; e del pari n’avrà sentito il fa-
Se Vasari dice il vero riguardo alle ca- scino per esser lui «in tutte le sue azzioni
riche così precocemente assegnate dal re grave, considerato e di molto giudizio»
al Rosso, è difficile pensare che gli fossero (Vasari, IV, p. 486).
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Al di là d’ogni considerazione, quel egli desiderasse la maniera gagliarda e di Ritratto virile
che balza evidente è che il Rosso godé in grandezza più degl’altri, leggiadra e ma- (1514 circa).
Francia di riconoscimenti regali, poten- ravigliosa» (Vasari, IV, p. 474). L’affresco,
do beneficiare d’una considerazione che creduto perso, è stato nel 1989 rinvenuto,
mai in patria aveva neppur lontanamente ancorché in una condizione, purtroppo,
conosciuta. I soggiorni in molti differenti larvale. Ma quanto è sopravvissuto alle
luoghi d’Italia non erano stati cagionati da intemperie basta a certificare la veridicità
commissioni pervenutegli numerose. Le del giudizio di Vasari, giacché l’impagi-
sue trasferte erano state, anzi, più che altro nazione non convenzionale del dramma
conseguenza della necessità di trovare me- – una Madonna col Bimbo seduta sul
cenati o della ricorrente insoddisfazione da medesimo poggiolo del sepolcro in cui
parte di chi gli aveva ordinato un’impresa il cadavere del Figlio, sorretto da un uo-
restandone poi deluso. Piombino, Napoli, mo barbuto, sta per esser tumulato, al
Volterra, Roma, Borgo San Sepolcro, Città cospetto d’un adunco san Girolamo – è
di Castello, Arezzo, Venezia: queste le città specchio fedele dell’anticonformismo
in cui il Rosso operò in una decina d’anni, e della fierezza evocati dal biografo. E
o poco più; dal 1519 al 1530. E vi lasciò parimenti lo sono, sia la cromia asprigna
opere di gran piglio; senza però un pari e rossiccia di panni e carni, sia taluni
riscontro nell’apprezzamento degli altri. brani di sembianze grifagne, com’è la
E in nessun luogo trovò posa. mano artigliata di Maria (caratteri che
Fu la sua lingua a incontrare le maggiori
difficoltà. Cultore appassionato della tra-
dizione fiorentina, ne prospettava una le-
zione spregiudicata e anticonformista, che
quasi sempre risultava di comprensione
disagevole. Né si può dire che in futuro egli
abbia potuto contare su letture benevole o
almeno chiarificatrici. Di tutte le lodi che
Vasari gli tributa è difficile trovar traccia
nell’esegesi della sua espressione, prefe-
rendo, i più, insistere su quei caratteri –
essi pure peraltro tramandati dal biografo
aretino – che finiscono per intrupparlo nel
novero degli artefici bizzarri, cui si ama
riferirsi in ossequio ai luoghi comuni del
cosiddetto “manierismo”.
In Francia, dove invece s’è visto fin da
subito apprezzato, il Rosso chiude la sua
vita (tragicamente, si narra) con un Cristo
morto “in pietà” di lirica altissima, ora
conservato al Louvre. Quello del Cristo
morto è un tema che costella tutta l’attività
del pittore. È, anzi, suggestivo rammen-
tare che proprio con un «Cristo morto»
principia la Vita vasariana di lui. Opera
importante per la comprensione del Rosso;
non solo perché iniziale, ma anche perché
Vasari ne fa l’emblema del suo eloquio d’e-
sordio: «Disegnò il Rosso nella sua giova-
nezza al cartone di Michele Agnolo, e con
pochi maestri volle stare all’arte, avendo
egli una certa sua opinione contraria alle
maniere di quegli; come si vede fuor del-
la Porta a S. Pier Gattolini di Fiorenza,
a Marignolle in un tabernacolo lavorato
a fresco per Piero Bartoli con un Cristo
morto, dove cominciò a mostrare quanto
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Ritratto di giovane
(1513-1514);
Berlino,
Staatliche Museen,
Gemäldegalerie.
fra poco ritroveremo nell’Assunzione del gno d’indurre all’ipotesi che lui di maestri
Chiostrino dei voti all’Annunziata di Fi- non n’avesse voluti (il che ovviamente dava
renze, di poco successiva alla pittura del fiato all’immagine vagheggiata d’un Rosso
tabernacolo di Marignolle). ribelle e un po’ bohémien). Però «pochi
Nella letteratura critica s’è tuttavia trop- maestri», non vuol dire nessun maestro.
po insistito sulle parole che Vasari spende Può semmai significare che il Rosso abbia
per esibire l’originalità del Rosso: «con po- frequentato in maniera anomala più d’una
chi maestri volle stare all’arte, avendo egli bottega. E la congettura sarebbe confortata
una certa sua opinione contraria alle ma- dall’evocazioni (che si scorgono nelle sue
niere di quegli». Parole forzate fino al se- prime prove) della “scuola di San Marco”
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