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JÜrgen HaBermas
questa europa è in crisi
traduzione di carlo mainoldi
Editori Laterza
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Titolo dell’edizione originale
Zur Verfassung Europas.
Ein Essay
Suhrkamp Verlag, Berlin 2011
La presente edizione italiana riproduce
il Vorwort e i capitoli Das Konzept der Menschenwürde
und die realistische Utopie der Menschenrechte e
Die Krise der Europäischen Union im Lichte einer
Konstitutionalisierung des Völkerrechts
© 2011, Suhrkamp Verlag
Prima edizione 2012
www.laterza.it
Questo libro è stampato su carta amica delle foreste,
certificata dal Forest Stewardship Council
Proprietà letteraria riservata
Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari
Finito di stampare nel marzo 2012
SEDIT - Bari (Italy)
per conto della
Gius. Laterza & Figli Spa
ISBN 978-88-420-9906-2
È vietata la riproduzione, anche
parziale, con qualsiasi mezzo effettuata,
compresa la fotocopia, anche
ad uso interno o didattico.
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IndIce del volume
prefazione vii
i. il concetto di dignità umana
e l’utopia realistica dei diritti dell’uomo 3
ii. la crisi dell’unione europea alla luce
di una costituzionalizzazione del diritto internazionale.
saggio sulla costituzione dell’europa 33
I. Perché oggi l’Europa è più che mai un progetto costituzionale,
p. 33
II. L’Unione Europea di fronte alla decisione fra democrazia
transnazionale e un federalismo esecutivo postdemocratico,
p. 43
1. Contro una reificazione della sovranità popolare, p. 45 - 2. La prima
innovazione: la preminenza del diritto sovranazionale sul diritto nazio-
nale dei monopolisti del potere, p. 51 - 3. La seconda innovazione: la
divisione del potere costituente tra cittadini dell’Unione e popoli europei,
p. 58 - 4. La sovranità divisa come metro delle esigenze di legittimazione
dell’Unione, p. 67 - 5. Dall’esitazione delle élites politiche sulla soglia,
alla democrazia transnazionale, p. 73
III. Dalla comunità internazionale alla comunità cosmopolitica,
p. 82
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PrefazIone
Dal 2008 stiamo osservando i faticosi processi di
apprendimento del governo federale tedesco che di mala-
voglia e a piccoli passi si muove verso l’Europa. Alla fine
– dopo due anni e mezzo di iniziale insistenza su solitari
percorsi nazionali, sul mercanteggiamento di paracadute,
ambigui segnali e cautissime concessioni – sembra affer-
marsi l’idea che il sogno improntato a un liberismo con-
trollato di criteri di stabilità volontariamente concordati, a
cui i bilanci dei paesi membri devono attenersi, è fallito. Il
sogno di «meccanismi», che dovrebbero rendere superfluo
il costituirsi di una volontà politica comune e dovrebbero
tenere sotto controllo la democrazia, finisce per infrangersi
non soltanto sugli scogli delle differenti culture economi-
che, ma soprattutto sulle costellazioni in rapido mutamento
di ambienti imprevedibili. Oggi tutti parlano di «errori di
costruzione» di una unione monetaria cui fanno difetto le
necessarie competenze politiche di comando. Si va diffon-
dendo nel frattempo l’idea che i Trattati europei debbano
essere cambiati; manca però una chiara prospettiva.
Secondo progetti che han preso a circolare recentemente, la
guida comune dei diciassette Stati dell’eurozona deve eser-
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VIII prefazione
citarsi nella cerchia dei capi di governo, e cioè il «nocciolo»
del Consiglio Europeo. Poiché quest’organo direttivo non
può prendere decisioni giuridicamente vincolanti, la rifles-
sione si concentra sul tipo di sanzioni da irrogare ai governi
«disubbidienti». Ma chi propriamente deve qui imporre a
chi decisioni di quale contenuto a cui obbedire? Dopo che
i rigidi criteri di stabilità sono stati allargati e resi più ela-
stici nel riconfermato «Patto per l’Europa», le decisioni del
Consiglio Europeo devono estendersi all’ampio spettro di
tutte le politiche che possono avere influenza sulla capacità
concorrenziale complessiva delle economie nazionali che se
ne vanno ognuna per conto suo. Le intese europee interver-
rebbero quindi nel cuore stesso delle questioni di pertinenza
dei parlamenti nazionali – dalla politica finanziaria ed econo-
mica ai settori fondamentali della politica sociale, alla politica
concernente le istituzioni educative e il mercato del lavoro.
E ci si immagina il funzionamento del meccanismo nel senso
che i capi di governo, sotto la minaccia di sanzioni, debba-
no nei loro parlamenti nazionali dar vita a maggioranze per
tutto ciò che hanno concordato con i loro colleghi a Bruxel-
les. Questa specie di federalismo esecutivo di un Consiglio
Europeo autoinvestitosi di autorità sarebbe il modello di un
esercizio postdemocratico del potere.
Com’era da aspettarsi, contro questo svuotamento intergo-
vernativo della democrazia si attiva una resistenza da due
versanti. I difensori dello Stato nazionale si vedono confer-
mati nei loro peggiori timori e si trincerano dietro le fac-
ciate di una sovranità statale ormai da lungo tempo minata.
Essi peraltro, nella crisi attuale, hanno perduto la copertura
di una lobby economica che era finora interessata a tene-
re quanto più possibile la valuta comunitaria e il mercato
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prefazione IX
liberi da interventi politici. Dall’altro lato, si rifanno vivi i
sostenitori degli «Stati Uniti d’Europa», rimasti per tanto
tempo muti, i quali con questa rappresentazione enfatica
della loro idea di promuovere l’integrazione in primo luogo
in un nucleo dell’Europa fanno un cattivo servizio. In que-
sto modo, infatti, la giustificata opposizione al difficoltoso
percorso verso il federalismo esecutivo di stampo burocra-
tico si impantana nell’alternativa priva di prospettive fra lo
Stato nazionale e lo Stato federale europeo. Né è meglio un
federalismo vago che neghi in modo indistinto questa falsa
alternativa.
Con il mio saggio sulla «Costituzione» – e cioè sulla situa-
zione attuale e la Costituzione politica – dell’Europa vorrei
mostrare, da un lato, che l’Unione Europea del Trattato di
Lisbona non è troppo lontana dalla forma di una democra-
zia transnazionale, come ritengono molti dei suoi critici.
Dall’altro lato, vorrei spiegare perché l’errore di costru-
zione dell’unione monetaria non può essere corretto senza
cambiare il Trattato. L’armonizzazione ora progettata delle
decisioni degli Stati dell’euro in importanti campi della po-
litica ha bisogno di una più ampia base di legittimazione.
Per una simile democrazia transnazionale, peraltro, quello
della Costituzione dello Stato federale è un modello sba-
gliato. Non appena consideriamo l’Unione Europea come
creata per buone ragioni da due soggetti costituenti con
pari diritti, cioè con uguale originaria giustificazione dai
cittadini (!) e dai popoli (!) degli Stati d’Europa, ricono-
sciamo l’architettura della comunità sovrastatale e insieme
democratica. Non abbiamo bisogno d’altro, quindi, che di
trarre le giuste conseguenze dallo sviluppo giuridico euro-
peo senza precedenti del mezzo secolo passato.
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