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della germanistica
1. INTERVENTI bozzare lo sviluppo sto-
Nell’introduzione al suo rico dei “cultural studies”
nuovo e utilissimo dizio- Culture a confronto: Cultural in area anglosassone, pri-
nario di studi culturali Studies nel contesto anglosasso- ma nella sua fase di for-
Michele Cometa evoca ne e italiano mazione in Inghilterra
la difficoltà di parlare di negli anni Sessanta, poi
un territorio “in continua nella seconda fase di di-
evoluzione”, come è quello dei “cultural vulgazione in America negli anni Ottanta e
studies”, e cita a ragione la parola di Novanta, soffermandomi su un tipo di stu-
Nietzsche sull’impossibilità di definire ciò dio, quello dei “German-Jewish studies”,
che ha una storia.1 Questa osservazione è particolarmente significativo. Concluderò
ancora più giusta se si considera lo affrontando la questione degli “studi cultu-
slittamento semantico di “studi culturali” rali” in Europa e soprattutto in Italia, dove
non solo nel tempo, ma anche nello spazio, la pubblicazione di un numero speciale
fra culture diverse. Fra i “cultural studies” dell’Osservatorio Critico della Gemanistica
nati in Inghilterra nei primi anni Sessanta e dedicato ai “cultural studies” e il già citato
quelli praticati nelle università americane lessico di Cometa ci permettono di interro-
degli anni Ottanta e Novanta, fra un conti- garci sul nuovo significato degli “studi cul-
nente d’immigrazione multietnica come turali” nel contesto italiano attuale.
l’America e i vari paesi europei ancora alla
ricerca di una nuova identità transeuropea, Il rapporto fra società e cultura: questo è
le differenze sono spesso più palesi delle sempre stato il tema fondamentale dei
somiglianze. Da qualche tempo ci si chie- “cultural studies” e ci obbliga a chiedere:
de in America se lo studio della letteratura quale società? Cultura per chi? Cultura di
non abbia perso il suo oggetto, orientando- chi? È significativo che il movimento dei
si sempre di più verso la cultura in genera- “cultural studies” non sia nato nelle univer-
le, mentre in Europa l’università è in fase sità d’élite di Cambridge o Oxford, bensì in
di trasformazione, riprendendo in parte il un’università di periferia, nella città indu-
modello americano. Che cosa ci può inse- strializzata di Birmingham, da studiosi pro-
gnare a questo proposito il campo di batta- venienti dalla classe operaia oltretutto d’ori-
glia costituito dai “cultural studies”? Qual gine africana, che avevano vissuto sulla pro-
è la sua storia, e quale può essere il suo pria pelle, per così dire, tutte le tensioni della
futuro? lotta fra classi sociali o della
decolonizzazione del Regno britannico.
Ciò che mi propongo di fare qui è di ab- Come fondamento intellettuale del movi-
Università degli Studi di Trento
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OOSSSSEERRVVAATTOORRIIOO CCRRIITTIICCOO
ddeellllaa ggeerrmmaanniissttiiccaa
mento vengono spesso citati tre studi im- Mosca era diventata politicamente insoste-
portantissimi: The Uses of Literacy (“Gli nibile, cosí come il marxismo volgare che
usi dell’alfabetizzazione”) di Richard poneva un rapporto determinista fra “base”
Hoggart del 1957, Culture and Society di e “sovrastruttura”. Proprio qui risaltano le
Raymond Williams, dell’anno seguente, e implicazioni polemiche della parola “cultu-
poi The Making of the English Working ra”, che per loro non doveva essere interpre-
Class di E. P. Thompson del 1963.2 Par- tata come mero riflesso di condizioni eco-
tendo dall’origine sociale nella classe ope- nomiche, ma con una sua particolare auto-
raia inglese, e lavorando in università di nomia. “La cultura”, scriveva Williams nel-
confine e di minor prestigio come Leeds o l’introduzione del suo saggio pionieristico,
Birmingham, questi autori si sono posti il “non era soltanto una reazione ai nuovi me-
problema marxista della coscienza di clas- todi di produzione, la nuova industria. Era
se nell’accesso alla cultura e soprattutto legata, al di là di questi, ai nuovi tipi di rap-
nell’uso del potere intellettuale e cultura- porti personali e sociali rappresentati dalla
le.3 È un movimento che parte dunque da democrazia”. Prima del tardo Settecento
due fenomeni ben distinti del contesto in- “culture” voleva dire in inglese “la cura del-
glese del ventesimo secolo: prima da una lo sviluppo naturale” e quindi “un progresso
stratificazione sociale ben rigida e partico- nella educazione dell’uomo”, ma era sem-
larmente evidente nelle strutture di educa- pre cultura di qualcosa. Durante il secolo
zione privata delle “élites”, e poi dal movi- venne a significare qualcosa di più vasto: “la
mento radical che contestava questi privi- condizione generale dello sviluppo intellet-
legi di classe in nome di un’ideologia de- tuale in una società nel suo complesso”, op-
mocratica e marxista. A questi fenomeni di pure “l’insieme generale delle arti”, oppure,
classe bisogna aggiungere l’apporto di più tardi, “un intero sistema di vita, materia-
Stuart Hall e Paul Gilroy, intellettuali in- le, intellettuale e spirituale” (19). Williams
glesi di origine africana, che hanno pubbli- voleva mostrare l’emergere della cultura
cato negli anni Settanta, Ottanta e Novanta “come astrazione e come assoluto” (20), non
numerosi interventi sui fenomeni di razza determinata dalla “base” delle condizioni
per contestare l’egemonia bianca coloniale economiche, costituendo anzi una “corte di
che dominava (e domina) ancora buona par- appello umana” al di sopra dei processi so-
te della cultura inglese. Sebbene non siano ciali (21). “Là dove cultura significava uno
mancati contributi provenienti in partico- stato o atteggiamento mentale”, riassumeva
lare dal femminismo e dalla decostruzione, Williams, “significa ora […] un intero siste-
fondamentali si sono rivelati gli impulsi del- ma di vita” (21).
la lotta di classe e del conflitto razziale
postcoloniale. Affermando l’autonomia della sfera cultura-
le, Williams ha quindi allargato la definizio-
Bisogna notare, come fece lo stesso Hall ne di cultura alla cosiddetta “popular cultu-
ad un convegno sul movimento nel 1990, re” e ha criticato l’uso spregiativo del termi-
che i fautori dei cultural studies vedevano ne “cultura di massa”. Quando si parla di
il marxismo “come problema, ostacolo, pe- “masse”, dice Williams, o del cosiddetto
ricolo, non come soluzione” (Hall, 279). La “uomo della strada”, si tratta sempre di “al-
Nuova Sinistra inglese, di cui faceva parte tra gente”, non di noi stessi, dei nostri pa-
Hall, è nata nel 1956 al momento del crollo renti, amici, o vicini. “Massa” era una paro-
dell’idea marxista legata all’Unione Sovie- la nuova per definire la plebaglia, legata al
tica, screditata dal suo intervento in Unghe- crescente addensamento delle popolazioni
ria. Se il marxismo come teoria poneva per urbane, ma che conservava le caratteristiche
Hall e Williams i problemi fondamentali tradizionali di questo termine: credulità, in-
dell’uomo sociale/culturale, l’egemonia di costanza, pregiudizi di gruppo, mediocrità di
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gusto e di costumi (352). Da questo punto o alle metodologie critico-letterarie di F. R.
di vista elitario la democrazia di massa sa- Leavis e I. A. Richards di allora, al “New
rebbe una minaccia per il pensiero e il sen- Criticism” e al “close reading”, cioè la let-
timento individuali; il suo opposto, impli- tura di testi letterari canonici praticata come
citamente, è “democrazia di classe” (354), una sorta di esercizio spirituale-morale,
dove democrazia vorrà semplicemente dire l’università inglese e americana di oggi mi
“il processo per mezzo del quale una clas- sembra davvero un mondo radicalmente
se al potere esplica il suo compito di go- cambiato.
vernare” – uno storpiamento dell’idea stes-
sa di democrazia che Williams giudica “in- 2.
tollerabile”. Fa notare che la “comunica- Per renderci conto di questa trasformazio-
zione di massa” non è nata con la radio o la ne, vediamo qualche titolo dell’importan-
televisione, bensí con il libro stampato e tissima antologia pubblicata a Londra e New
con la possibilità di ciò che chiama la “tra- York nel 1992, frutto del grande convegno
smissione multipla”, insistendo a lungo internazionale su “Cultural Studies Now and
sulla libertà di risposta e di ricezione in in the Future”, che dà un’idea precisa del
questo campo, che può svilupparsi non movimento all’apice del suo successo in
come strumento ideologico al servizio di America. Vi troviamo saggi su “i romanzi
una certa classe politica ma come fonte di gialli e la politica del Popolare”, sulle foto
comunicazione e di comunità. “Abbiamo pornografiche “sovversive” della rivista
bisogno di una cultura comune, non per “Hustler”, sulla rappresentazione fotografi-
un’astrazione, ma perché non soprav- ca di pazienti malati di AIDS, sui film
viveremmo senza di essa” (373). “Rambo” di Sylvester Stallone come sulla
tecnocultura new-age e la musica popolare.
Se ho segnalato questo aspetto dei cultural Più di un terzo degli interventi si rivolge
studies anglosassoni, è perché sia l’impe- esplicitamente alla “popular culture” di oggi.
gno politico e non-dogmatico per la demo- Altri saggi s’indirizzano verso l’analisi an-
crazia, sia l’interesse per la “popular cultu- tropologica, femminista o politico-filosofi-
re” sono state le caratteristiche più vistose ca della cultura, e se i riferimenti ai testi let-
del movimento nel suo sviluppo in Inghil- terari non mancano, salta agli occhi la quasi
terra e negli Stati Uniti che non sempre completa assenza dei “grandi” autori della
sono state recepite a dovere nel contesto ita- letteratura “universale” (solo un articolo –
liano. Se è diventata prassi comune nell’am- su quaranta! – su Shakespeare). In America
bito universitario americano studiare ro- cultural studies è venuto a significare
manzi gialli e film thriller come se fossero “popular culture” e non “high culture”, vuol
testi classici di letteratura, o trattare carto- dire la cultura di ora e non quella di ieri o
ni animati, “letteratura gay” e “rap music” dell’altro ieri, il che vuol dire la cultura di
come legittime forme di espressione cultu- gruppi emarginati, esclusi e diversi, del “Ter-
rale, è in parte perché la nostra società è zo Mondo” lontano della Metropoli occiden-
cambiata, ma anche perché i cultural studies tale, o meglio, dentro di essa. Cultura come
ci hanno indicato la strada. Quando penso campo di contestazione, di tensione, di con-
al contesto universitario inglese di quegli flitto, ma cultura anche come speranza di
anni, a quella cultura d’élite a Cambridge e una più completa realizzazione di comuni-
Oxford con i suoi riti di “high table” e “high tà, come “corte d’appello umana”, per dirla
culture”, dove l’idea stessa di contestazio- con Williams.
ne ideologica della borghesia veniva quasi
sempre da un gruppo d’insiders ipercolti Questo spiega perché i cultural studies in
del tipo Bloomsbury, quando penso alla America si siano stabiliti prima non in di-
“Idea of a Christian Society” di T. S. Eliot partimenti di letteratura bensì in quelli meno
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prestigiosi e tradizionali di tosto acceso di allora, con le tensioni sociali
“communication” o “media studies”, e fra gruppi etnici europei in America e lo spet-
spesso in università statali piuttosto che in tro del fascismo in Europa, questo corso dava
quelle private della Ivy League, ai margini un’idea della comune appartenenza a una
di discipline come sociologia, antropologia grande storia occidentale; dava agli studenti
e storia. Poi, quando vennero accettati da d’origine irlandese, italiana, francese, tede-
giovani docenti di letteratura, il movimen- sca, ebraica e altro, un lessico comune di cui
to ha spesso diviso il corpo insegnante fra i potevano andare fieri, e attraverso cui pote-
“tradizionalisti” e i “politicizzati”, fra i fau- vano assimilarsi nel “melting pot” di una so-
tori del canon della grande letteratura come cietà d’immigrazione basata sull’ideale del
moralmente “esemplare” o almeno storica- “E pluribus unum”. Ma questa diversità era
mente rappresentativo e, d’altra parte, par- completamente bianca e maschile: le donne
tigiani di una nuova e più ampia definizio- furono ammesse alla Columbia solo nel 1983,
ne di cultura come intervento etico-politi- le minoranze “di colore” (afro-americani, la-
co. Negli anni Ottanta è nato in America tino-americani, asiatico-americani) entraro-
un grande dibattito sul valore del canon let- no poco a poco dopo il movimento di rivolta
terario, cioè quella lista di “grandi” autori del ’68. Questo cambiamento demografico
classici importanti che costituiva la spina degli studenti, che man mano si estese al cor-
dorsale per lo studio di ogni letteratura. In po insegnante, ha finito per rendere sospetto
molte università c’erano corsi obbligatori il corso di “Literature Humanities”: non
che radunavano queste tradizioni naziona- rispecchiava più la diversità ma sembrava a
li, stabilendo una metanarrativa della sto- molti, al contrario, uno strumento d’esclusio-
ria occidentale attraverso la letteratura, co- ne. Dov’erano in questa lista i grandi autori
minciando con le poesie epiche di Omero e africani, asiatici, le donne? Dov’erano le loro
Virgilio, talvolta con uno sguardo alla Bib- storie?
bia come letteratura, passando per Dante,
Cervantes, Shakespeare, Voltaire e Goethe La svolta contro il canone e verso i cultural
per arrivare all’epoca moderna. Difeso da studies va vista insieme a questo cambiamen-
un lato come tradizione culturale morale to demografico degli studenti e del corpo in-
dell’Occidente, fu rifiutato dall’altro come segnante. Se in Inghilterra il movimento era
cultura d’élite maschile, bianca e legato al fenomeno della decolonizzazione e
“eurocentrista”. Ricordo ancora l’atteggia- della lotta delle classi sociali del dopoguer-
mento indignato di una collega della ra, in America fu il movimento dei “civil
Columbia University costretta ad insegna- rights” e il femminismo degli anni Sessanta
re il corso di “Great Books”. Lei ne parla- a preparare il terreno universitario per un
va come di “devil’s work”: non voleva cambiamento profondo, politicizzando l’in-
“contaminare” le giovani menti con questa segnamento in un modo mai constatato pri-
tradizione “diabolica”, che invece altri do- ma di allora. Ma come già notato, i diparti-
centi consideravano come la base fonda- menti di letteratura erano spesso lenti ad ac-
mentale dell’educazione umanistica univer- cogliere questa tendenza. Ben dopo il ’68,
sitaria. lo studio della letteratura era ancora nella scia
del “New Criticism”, una tecnica raffinata e
Soffermiamoci un attimo su questo esem- astorica che poneva il testo come oggetto
pio. Questo corso di “Great Books” della estetico autonomo, escludendo ogni tentati-
Columbia University, impartito ancora oggi vo di stabilire un rapporto fra esso e la socie-
e considerato un modello per tanti altri corsi tà circostante come una “illusione
simili in tutta l’America, era politicamente referenziale” riduttiva e volgare. Parlare del-
progressivo quando fu introdotto negli anni l’autore era “biografismo” naif e pettegolo,
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Trenta. Nel contesto etnico-politico piut- indagare il contesto storico e sociale disper-
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deva l’attenzione dal vero oggetto di stu- Hopkins a Baltimora all’inizio degli anni
dio, cioè l’essenza letteraria del singolo te- Ottanta, quando Derrida e Paul de Man do-
sto. Il critico doveva sempre rimanere nel- minavano ogni discussione di critica lette-
l’ambito linguistico/retorico/estetico; si leg- raria nelle maggiori università di ricerca,
geva di preferenza la poesia, quella lirica o fino a diventare una specie di ortodossia
ermetica, dai Romantici inglesi a Wallace generalmente riconosciuta. (Il deco-
Stevens, non si parlava delle condizioni sto- struzionista J. Hillis Miller, collega di de
riche reali da cui era sorto il testo. Man a Yale, diventò presidente della Modern
Language Association, cioè l’organizzazio-
Questa tecnica di lettura, assai fortunata ne professionale di tutti i professori univer-
nella sua divulgazione a vari livelli di sitari di letteratura nordamericani). Questo
scolarità, da Harvard fino alle “high contesto è ovviamente ben diverso da quel-
schools” pubbliche, si avvantaggiò senz’ lo europeo e italiano, dove il marxismo e la
altro della relativa astoricità della cultura lotta di classe, il terrorismo degli “anni di
americana come della mancanza di solide piombo” e la politicizzazione dell’univer-
conoscenze storiche da parte degli studen- sità hanno segnato profondamente gli anni
ti. Si potrebbe persino stabilire un rapporto Sessanta e Settanta. Tornerò sul contesto
fra Guerra Fredda ed estetismo apolitico nel italiano più avanti. Ora intendo aprire una
successo istituzionale del “New Criticism”, breve parentesi sui cultural studies in Ame-
che ebbe inizio infatti negli anni Cinquanta rica come li ho vissuti e praticati io stesso
e continuò fino ai tardi anni Settanta. Una nel campo della germanistica. Facevo una
svolta negli studi letterari americani è av- tesi su Kafka, un autore scoperto in Ameri-
venuta con l’arrivo della teoria strutturali- ca nel dopoguerra e i cui testi nella loro
sta e poi poststrutturalista negli anni Set- mancanza di riferimenti topografici precisi
tanta, che si stabilì come metodologia d’élite si prestavano benissimo alla tecnica di let-
in varie università di avanguardia – fra cui tura del “New Criticism”. Infatti nei primi
Johns Hopkins, Yale, Cornell, e Irvine in trent’anni di ricerca su Kafka, dopo la guer-
California. Ma questa “svolta” continuava ra molto più apprezzato in Inghilterra e
in un altro senso la tendenza depoliticizzata America che in Germania e Austria, gli ano-
del “New Criticism”, poiché anche con la nimi personaggi kafkiani , senz’età né iden-
semiotica di Barthes o la decostruzione di tità nazionale o religiosa, erano visti come
Derrida si rimaneva nel campo astorico della abitanti di un mondo a sé stante, per niente
testualità, delle “strutture elementari” del legato alla vita dell’autore, a Praga o al con-
significato linguistico, della “différence”. testo asburgico del primo Novecento. I la-
L’autore, di cui non volevano parlare i “New vori critici si limitavano quasi sempre a una
Critics”, era diventato il soggetto assente analisi tematica, come se il compito del cri-
dello strutturalismo antropologico (Levi- tico fosse di trovare la chiave di uno strano
Strauss) e linguistico (Saussure e Greimas), puzzle creato solo per il lettore.
“l’autore morto” di Foucault e di Barthes.
L’accento che mettevano i “New Critics” Non volendo continuare questa
sull’ambiguità, l’ironia, o la plurivalenza impostazione, curioso di scavare sotto la
semantica del testo letterario, s’accordava superficie dell’ anonimato kafkiano e stabi-
benissimo con la “différence” derridiana o lire un rapporto con il contesto storico e so-
l’allegoria di Paul de Man, il carismatico ciale, ho iniziato ad affrontare il soggetto
docente di Johns Hopkins e Yale che in- dei “vestiti di Kafka” per parlare della “stof-
fluenzò tanti studenti. fa” del mondo kafkiano. Questo argomen-
to mi permise di indagare fatti reali e di so-
Questa era la situazione quando incomin- lito ignorati della sua biografia -il negozio
ciai i miei studi di dottorato alla Johns di articoli di moda del padre, ad esempio, il
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dandysmo dello stesso Kafka, il suo inte- ed altri segni della cultura popolare per ri-
resse per la moda e la “Reformkleidung”, trarre un’immagine dell’ ebreo “malato” e
per il nudismo, per la ginnastica, per Otto “degenerato” di allora che avrebbe avuto un’
Weininger e Adolf Loos - quanto l’uso al- influenza importante su Kafka.
tamente simbolico dei vestiti nelle sue opere
letterarie. Cercavo in questo modo non sol- Ma le differenze fra i nostri lavori sono simi-
tanto di mettere in rilievo i discorsi esteti- li a quelle fra Cultural Studies e “New
ci, sociali e politici importanti per il suo Historicism”. Mentre io sostenevo l’idea del
mondo -la sua “energia” per dirla con un testo letterario come unità estetica, Gilman
termine chiave del New Historicism emer- badava assai poco a una lettura coerente del
gente- ma di aprire il testo linguistico ad singolo testo. Rifiutava la distinzione fra
altri registri come la pittura, l’architettura, “high” o “low” culture e l’idea del “canone”;
la musica. citava le frasi del Processo di pari passo con
stereotipi e luoghi comuni razzisti come te-
Questo libro fu percepito come una svolta stimonianza di una “stessa” cultura. I testi
nella critica kafkiana, e molti l’hanno pre- di Kafka non venivano letti dunque per
so come esempio di “cultural studies” an- l’aspetto originale, distintivo o “geniale”, ma
che se a mio avviso andrebbe classificato per i pregiudizi che avevano in comune con
dalla parte del Neostoricismo della scuola la cultura tedesca antisemita circostante.
di Berkeley di Stephen Greenblatt. Un Questa prospettiva va vista insieme a un al-
aspetto chiave del mio ritratto, che ne mo- tro aspetto dei cultural studies, cioè l’identi-
stra la differenza, riguardava l’ebraismo di tà “politica” e “performativa” dell’interpre-
Kafka, che non appare esplicitamente nei te, che si può constatare in varie figure intel-
suoi scritti letterari. Ma anche qua, nel di- lettuali dell’università americana. Gli studi
scorso dell’anonimato, nel desiderio stesso postcoloniali sono partiti dall’esempio del
di cancellare la propria identità, di distrug- palestinese Edward Said, il cui studio dell’
gere i suoi scritti o di suicidarsi, vedevo un “Orientalismo” andava di pari passo con il
segno storico: quello dell’intenso anti- suo ruolo nella Palestinian Authority. Altri
semitismo della sua società che spingeva esempi non mancano, dai “subaltern studies”
gli ebrei a mascherarsi come gli altri, a pre- propagati dall’indiana Gayatri Spivak, ai
ferire l’anonimità alla distinzione, in certi “queer studies” militanti di Judith Butler, Bell
casi a volersi negare, mutilare, sparire. In Hooks e altri critici apertamente omosessua-
questa interpretazione mi aiutarono molto li. Lo stesso vale per Gilman. Mentre io par-
gli studi di Sander Gilman sul “jüdischer lavo dell’identità ebraica di Kafka da storico
Selbsthass”, “l’odio di sé ebraico” nella più o meno imparziale (un po’ come Giulia-
cultura tedesca, che sono apparsi a partire no Baioni in Italia con il suo esemplare sag-
dal 1985 e che hanno avuto un ruolo deter- gio su Letteratura ed ebraismo), Gilman fa-
minante nei “cultural studies” americani, e ceva della sua identità ebraica la base stessa
soprattutto per il crescente filone di studi del suo lavoro nella germanistica americana
ebraico-tedeschi nella germanistica. e tedesca. Il suo interesse per la cultura tede-
(Gilman diventò presidente della Modern sca sorgeva, come egli stesso scrisse, “dai
Language Association dieci anni dopo il fuochi dell’Olocausto”, che devono bruciare
decostruzionista J. Hillis Miller, e qualche ancora nel suo lavoro critico “contro” una
anno prima del celebre postcolonialista cultura razzista e genocida.
Edward Said e del neostoricista Greenblatt.)
Gilman scrisse un libro su Kafka, il Paziente Certo, l’identità e la storia personale dell’in-
ebraico nel 1995, in cui citava documenti terprete hanno spesso a che fare con la scelta
di medicina, di antropologia “razziale”, di dell’argomento critico e lo spirito in cui si
diritto, oppure riviste satiriche, caricature discute. Ma non si può dire che l’identità
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ebraica di Greenblatt o di Derrida abbia nei ma spinge la discussione dei cultural studies
loro studi lo stesso ruolo che ha per Gilman, verso un orizzonte più vasto. Un’antologia
o che l’identità femminile ha per Spivak e che raccoglie ben 58 contributi da varie di-
Butler, la cui appartenenza ad un gruppo di scipline, questo Dizionario degli studi cul-
minoranza spiega e giustifica allo stesso turali offre precisi e utili riassunti dei la-
tempo l’impegno politico del lavoro criti- vori più significativi nei vari movimenti
co. Qui, nella cosidetta “identity politics” americani ed europei: dal decostruzionismo
dell’università americana, entriamo in un di Derrida al Nuovo Storicismo di Berkeley,
campo ancora contestatissimo e in continua dalle Kulturwissenschaften di Friedrich
evoluzione. Nella germanistica americana Kittler e Hartmut Böhme alle nuove teorie
il confronto con l’Olocausto e con la pre- sul corpo e la corporealità, dai “Subaltern
senza ebraica nella cultura tedesca moder- studies” agli studi postcoloniali, gay, queer,
na è stato a lungo e stranamente taciuto, Jewish e molti altri. Difficilmente si po-
vista la larga presenza, nelle facoltà ameri- trebbe trovare un manuale più utile o com-
cane di letteratura, di ebrei emigrati dalla prensivo, che si raccomanda sia per i do-
Germania nazista.5 È emerso solo negli centi sia per i loro allievi.
anni Ottanta e Novanta, insieme agli scritti
sempre più militanti di Gilman, che recen- Se il panorama delineato da Cometa oltre-
temente sembra aver rotto con la passa di gran lunga il fenomeno dei cultural
germanistica per lavorare in altri settori. Lo studies in senso stretto, la forma stessa del
sviluppo ulteriore di questa personaliz- “dizionario aperto”, che sa di essere su un
zazione del lavoro germanistico in funzio- terreno in continuo movimento, ne coglie
ne degli impulsi dei cultural studies -fra l’al- bene lo spirito. Non a caso Raymonds in-
tro assai problematico per la nuova genera- sisteva sulla definizione delle parole come
zione di docenti tedeschi - resta ancora tut- chiave interpretativa della cultura
to da verificare. (“Keywords” è infatti il titolo di uno dei suoi
scritti più noti). Per usare un termine da
3. cultural studies, “performs” indica le pre-
In Italia la discussione sui cultural studies messe ideologiche degli studi culturali: in-
è stata sostanzialmente arricchita da contri- terventi limitati piuttosto che teorie totaliz-
buti della germanistica, spinta dall’interes- zanti; un insieme di voci eterogenee piutto-
se recente in Germania per uno studio an- sto che un’autorità critica singolare; fram-
tropologico e culturale della letteratura. Il menti e piccole “storie” al posto di una
numero speciale dell’“Osservatorio Critico metanarrativa della cultura.
della germanistica”, curato nel 2000 da Luca
Crescenzi, riunisce vari articoli informativi Ma per certi versi questa introduzione sem-
sui cultural studies e soprattutto sul “New bra contraria alla particolare impostazione
Historicism”, che mettono a contatto con la dei cultural studies anglosassoni. L’analisi
grande riflessione tedesca sulla storiografia che compie Cometa di Schiller come pro-
da Nietzsche a Weber, Benjamin, Warburg, tagonista avant la lettre di questo movimen-
e altri. È proprio in Germania, scrive to ne fornisce un chiaro esempio. Friedrich
Crescenzi, che si discute più intensamente Schiller tenne il suo discorso inaugurale al-
dell’approccio dei cultural studies, “se non l’Università di Jena qualche mese prima
altro per la buona ragione che in esso si ri- della Rivoluzione francese; egli parlò di
conoscono matrici culturali e presupposti “globalizzazione” della cultura, di un “co-
metodologici sviluppati in larga misura dal- smopolitismo” conscio della propria relati-
la filosofia e dalla critica tedesche del No- vità culturale, dei “media” che trasformano
vecento”.6 Il libro già citato di Michele e “manipolano” il documento storico, che
Cometa parte da simili fonti intellettuali non si tramanda mai in uno stato puro.
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Cometa ne fa una lettura brillante, glosassoni miravano a cambiare non soltan-
filologicamente esatta e attenta alla teoria to oggetto e metodologia, bensì il rapporto
di oggi. Ma mai i difensori dei cultural di potere nelle aule stesse: gli studenti dove-
studies assumerebbero Schiller come por- vano prendere la parola, diventare protago-
tavoce del loro movimento. Schiller fa par- nisti della pedagogia, cambiare il mondo den-
te del canone tedesco dei classici di Weimar, tro e fuori dell’università, mentre i professo-
rappresenta il progetto totalizzante della ri dovevano tener conto della diversità degli
Aufklärung, invoca la “Storia Universale” allievi. Il rapporto fra docenti e studenti in
unificatrice e definisce l’arte in termini di Italia sembra più tradizionale, il professore è
libertà e gioco di “spirito puro”. Come può più un’autorità indiscussa, gli allievi più pas-
essere lui l’avvocato di un movimento che sivi, più una massa da “formare” ed educare,
intende la cultura come fatalmente incastrata almeno all’inizio degli studi.
in “una rete di pratiche materiali”,
“imbricata coi legami di potere”?7 Anche Nella erudizione teorica stessa di Cometa,
se oggi certi aspetti del discorso schilleriano mirabilmente aperto a tante correnti intellet-
hanno una rilevanza sorprendente, il conte- tuali internazionali, salta agli occhi la man-
sto istituzionale universitario in Inghilterra canza di riflessione sulla propria identità di
e America impedirebbe un tale paragone, critico, sul contesto istituzionale dell’univer-
che verrebbe visto come tentativo di recu- sità italiana, sul discorso politico delle mi-
perare il canone con la giustificazione tra- noranze, degli emarginati, degli immigrati
dizionale, cioè, che il canone è una fonte nelle aule. In che modo la popolazione degli
inesauribile di nuove verità, che i geni sono utenti dei cultural studies, cioè gli studenti,
geniali proprio perché sembrano sempre darà un indirizzo a questo nuovo approccio?
nuovi, ecc. Da noi germanisti “culturali” Sarà possibile democratizzare di più il modo
americani la scelta di un altro portavoce sa- in cui la cultura viene rappresentata, traman-
rebbe d’obbligo: ad esempio il filosofo data, e codificata dai docenti? Forse proprio
ebraico Salomon Maimon che nel Settecen- perché gli italiani hanno la storia delle loro
to ha lavorato fra ortodossia e Aufklärung; aule occupate alle spalle, con lo spettro degli
oppure le salonnières Rahel Levin e “anni di piombo” e dei docenti iperpoli-
Henriette Hertz che hanno facilitato il di- ticizzati, essi vorranno evitare la pratica di
scorso fra ebrei e tedeschi all’inizio dell’Ot- “identity politics” che ha segnato i cultural
tocento e i cui “scritti” più importanti non studies sia in Inghilterra, sia negli Stati Uni-
sono testi stampati ma le “tracce” vaganti ti. In ogni modo, il “Dizionario” rimane nel-
del suo spirito; oppure l’ebreo convertito e l’ambito intellettuale, non nella “rete di pra-
rivoluzionario manqué Heinrich Heine, che tiche materiali” e dei rapporti col potere, al-
si è confrontato con la Parigi dei “media” meno dalla prospettiva degli studi culturali
moderni. Per noi questi tre e altri sarebbe- anglosassoni.
ro più nella linea diretta dei cultural studies.
Una simile osservazione si potrebbe fare sull’
Quest’osservazione non vuole essere una intervento di Crescenzi, che situa la sua di-
critica, ma un tentativo di mettere in rilievo scussione nei problemi epistemologici ed
la differenza fra le culture e il loro modo di ermeneutici dell’interpretazione della cultu-
capire e rendere attivi gli studi culturali. ra, e lascia da parte i giochi di potere istitu-
Nelle facoltà di lettere italiane l’autorità del zionali e sociali. Significativo sotto questo
canone sembra ben più salda che da noi, aspetto è il suo concentrarsi sul “New
nonostante il movimento studentesco in Ita- Historicism” di Greenblatt, che, visto dagli
lia degli anni Sessanta e Settanta. Si può americani, non si potrebbe confondere con
fare un commento analogo sulla gerarchia la militanza e la voluta volgarità dei cultural
fra docenti e studenti. I cultural studies an- studies. La “scuola di Berkeley”, fondata da
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OSSERVATORIO CRITICO
della germanistica
Stephen Greenblatt e altri, non ha mai ri- dibattito futuro che deve tener conto delle
fiutato i grandi testi della letteratura ingle- differenze fra culture come fra momenti sto-
se di Shakespeare, Milton e altri autori “ca- rici. Bella in questo contesto proprio la pa-
nonici”. Se certi aspetti comuni fra studi rola di Montale citata da Cometa: “Non c’è
culturali e neostoricismo non mancano - un unico tempo: ci sono molti nastri / che
come ad esempio l’amore per il frammen- paralleli slittano / spesso in senso contrario
to, il montaggio, e lo smascheramento del e raramente / s’intersecano”.
potere nelle rappresentazioni culturali- il
“New Historicism” non è per questo meno Note
una metodologia d’élite, di grande raffina-
1
tezza intellettuale ed erudizione storica, che “Definibile è solo ciò che non ha storia”
è uscita da un’università di prestigio come (Zur Genealogie der Moral, 1882), cit. in
appunto Berkeley e da una istituzione tra- Michele Cometa, Dizionario degli studi cul-
dizionale come il Dipartimento d’Inglese. turali, a cura di Roberta Coglitore e Fede-
Anche se Greenblatt ammette che “there is rica Mazzara, Roma, Meltemi, 2004, p. 14.
no escape from contingency” (citato da 2 Come segnala Mauro Pala, tutti e tre “fu-
Crescenzi, op. cit., p. 21), l’autorità del suo rono impegnati pressoché nello stesso peri-
lavoro deriva in buona parte dalla sua odo in corsi di adult education”, impregna-
erudizione e astuzia personali, da una ti da uno spirito radical, e schierati contro
filologia lontana dalla “identity politics” la cultura d’élite cristiano-inglese rappresen-
degli studi culturali. “The proof is in the tata da Eliot, F. R. Leavis e I. A. Richards
pudding” si direbbe in inglese: il piatto (Dizionario, p. 427).
servito da Greenblatt convince come la 3 Vd. a questo proposito l’informativo sag-
“scienza” filologica e interpretativa richie- gio di Mauro Pala, che descrive il contesto
sta dall’antropologo Clifford Geertz già nel istituzionale delle origini dei cultural studies
1973 e che viene riproposta da Crescenzi inglesi. Secondo lui il declino del sistema
nel contesto italiano attuale. E in fin dei d’istruzione autonomo e autogestito diffu-
conti mira ben poco ad intervenire nella so nella classe operaia inglese (dove inse-
politica sociale attuale. gnava appunto Williams) avrebbe trasferito
queste energie politiche radicali nel siste-
Come detto, queste osservazioni sulla rela- ma universitario. Pala segnala anche l’ap-
tiva astrazione dei contributi di Cometa e porto di profughi ebrei tedeschi dal nazismo
Crescenzi non s’intendono come critica, né in Inghilterra già negli anni Trenta, come il
come presa di posizione contro il sociologo Karl Mannheim, nel preparare il
Neostoricismo, che mi sembra anzi una fon- terreno politico-intellettuale per questo cam-
te ancora ricca di riflessioni metodologiche. biamento. “Studi culturali”, in Dizionario,
Ma se la storia dei “cultural studies” an- pp. 425-27.
4
glosassoni ci insegna qualcosa, è che il nuo- Conosciuto oggi a Columbia come
vo approccio alla cultura non è mai stato il “Literature Humanities”, questo corso fu
frutto di un puro lavoro intellettuale, ma fa- lanciato dai celebri professori Mark van
ceva parte di una problematica sociale e isti- Doren e Lionel Trilling nei tardi anni Tren-
tuzionale. Chi parla e a nome di chi nel- ta, al momento in cui il fascismo in Europa
l’università italiana di oggi? Quali sono i destava grandi preoccupazioni e schiera-
gruppi sociali emarginati che non hanno una menti nella popolazione americana. Que-
vera rappresentazione? In che modo l’iden- sto corso sui grandi testi di filosofia e poli-
tità personale dell’interprete, il suo essere tica fu istituito alla fine della prima guerra
diverso o emarginato, può o dovrebbe in- mondiale, ed è tenuto ancora a Columbia
fluenzare il suo lavoro di mediazione cul- sotto il nome di “Contemporary
turale? Sono tutte domande, queste, per un Civilization”. A seguito del dibattito sul
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OSSERVATORIO CRITICO
della germanistica
canon, un altro corso obbligatorio su cultu- lingua tedesca curata da Joachim Dyck e Jutta
re non-occidentali è stato introdotto all’ini- Sandstede nel 1996, sono nati da queste sol-
zio degli anni Novanta. lecitazioni, accolte come occasione per
5 Vd. a questo proposito il mio articolo sul- l’apertura di affascinanti nuove prospettive.
la storia della germanistica alla Columbia Nonostante l’attivo interesse che ha portato
University, in “Germanic Review”, 2003. a far luce su molti aspetti importanti della
6 “Osservatorio Critico della Germanistica”, disciplina, Dietmar Till denunciava però nel
Università degli Studi di Trento, III-7 2003, nell’articolo Rhetorik del Reallexikon
(2000), p. 4. der deutschen Literaturwissenschaft, compo-
7 La prima citazione è di Aaram Veeser, cit. sto insieme a Georg Braungart, la mancanza
da Crescenzi, p. 4; la seconda è di Tony a tutt’oggi di una “storia affidabile della re-
Bennett, nell’articolo programmatico torica tedesca”. Il suo libro, ricavato l’anno
“Putting Policy into Cultural Studies”, in successivo dalla tesi di dottorato, si presenta
Cultural Studies, ed. Lawrence Grossberg, così fin dall’inizio come il luogo di un’attesa
Cary Nelson, Paula Treichler, New York, sistematizzazione e precisazione delle cono-
Routledge, 1992, p. 23. scenze acquisite e di un organico giudizio
critico sulle ricerche fin qui condotte.
Mark M. Anderson Il suo ambizioso progetto si articola in due
parti. Nelle prime cento pagine l’autore si
confronta in modo sistematico con le diverse
Dietmar Till, Transformationen der interpretazioni e con gli approcci critici che
Rhetorik. Untersuchungen zum Wandel der hanno caratterizzato gli studi degli ultimi
Rhetoriktheorie im 17. und 18. Jahrhundert, decenni; nella seconda parte passa quindi ad
Tübingen, Niemeyer, 2004, pp. 647, € 128 argomentare la propria tesi. Till riconduce le
analisi che nel tempo si sono susseguite alle
La ricerca sulla retorica ha conosciuto in due opposte categorie di un modello ‘antro-
Germania negli ultimi decenni un periodo pologico’ e di uno ‘strutturalistico’ di lettura
di intensa fioritura, entro la quale agli in- del fenomeno. L’opera di Dockhorn citata più
tenti di pura ricostruzione storica si sono sopra appartiene in modo esemplare alla pri-
affiancate anche forme di più ampia rifles- ma delle due. A essa, sostiene Till, è sotteso
sione problematica, come nel testo a cura un concetto di retorica quale costante
di Jürgen Fohrmann: Rhetorik. Figuration ineliminabile della vita umana perché legata
und Performanz pubblicato da Metzler nel costitutivamente a ogni esercizio della lin-
2004. Sul fronte della stretta ricostruzione gua e della comunicazione – e perciò stesso
storica, soprattutto gli studi dell’anglista priva di cesure, così come di un inizio e di
Klaus Dockhorn, raccolti in volume nel una fine. La tendenza di Dockhorn a trasfor-
1968 con il titolo Macht und Wirkung der mare l’oggetto del suo studio in una catego-
Rhetorik, hanno sollecitato la critica a con- ria sovrastorica, a equipararlo a un’antropo-
frontarsi con tale fenomeno: qui l’autore ri- logia irrazionalistica che la sua ottica di sto-
conosceva alla retorica un carattere presso- rico delle idee lo porta a verificare come sem-
ché ubiquitario e, non da ultimo per via della pre opposta alle istanze della filosofia, segna
sua storica contiguità con le questioni prin- fra gli altri, secondo Till, anche gli studi di
cipali dell’antropologia, della psicologia e Ueding: la scelta di quest’ultimo a favore di
della poetica, il valore di una nuova chiave una rigorosa ricostruzione storica non appa-
di accesso per la comprensione dei testi let- re univoca ma accompagnata sempre dal ri-
terari. Fra gli altri, il noto dizionario e gli corso a tale più ampia accezione del termine
studi specifici di Gert Ueding, nonché la (come peraltro Ueding stesso riconosce nel-
monumentale raccolta di fonti sulla retori- l’introduzione al dizionario).
ca, omiletica ed epistolografia del ’700 di L’alternativa a questa chiave di lettura con-
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Description:dedicato ai “cultural studies” e il già citato lessico di Cometa . ni animati, “letteratura gay” e “rap music” .. scipline, questo Dizionario degli studi cul-.