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per l’analisi dei testi classici
RIVISTA SEMESTRALE
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Materiali e discussioni
per l’analisi dei testi classici
49
2002
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ISSN -
Sommario
Mario Telò, Per una grammatica dei gesti nella tragedia
greca (II): la supplica 9
Carlo Pernigotti, Francesca Maltomini, Morfologie ed
impieghi delle raccolte simposiali: lineamenti di storia
di una tipologia libraria antica 53
Marco Fucecchi, In cerca di una forma: vicende dell’e-
pillio (e di alcuni suoi personaggi) in età augustea. Ap-
punti su Teseo e Orfeo nelle Metamorfosi 85
Luigi Galasso, Giove e il fato nel IX libro delle Meta-
morfosi di Ovidio 117
Paul Christesen, Zara Torlone, Ex omnibus in unum, nec
hoc nec illud: Genre in Petronius 135
CORPO MINORE
Carlo Martino Lucarini, Per l’interpretazione di Sisenna,
Miles. libri fr. 6 P. = 4 B.H. 175
Luca Morisi, Ifigenia e Polissena (Lucrezio in Catul-
lo) 177
R. Joy Littlewood, An Ovidian Diptych: Fasti 6.473-648.
Servius Tullius, Augustus and the cults of June 11th 191
Stefan Tilg, Die ‘Flucht’ als literarisches Prinzip in Pe-
trons Satyrica 213
Mario Telò
Per una grammatica dei gesti nella tragedia
greca (II): la supplica
Il testo dei drammi di Sofocle ed Euripide presenta un gran
numero di indicazioni gestuali riconducibili alla supplica; no-
nostante l’apparente chiarezza didascalica della maggioranza
di esse, almeno due ordini di problemi rendono tutt’altro che
immediata la loro trasformazione in note registiche di cui cor-
redare l’edizione di ogni singola tragedia:
– il rituale della supplica, come ha messo in luce da tempo
Gould1, conosceva nella pratica gestuale greca due modalità
di realizzazione: una che comportava instaurazione di con-
tatto fisico con la persona supplicata, un’altra che consisteva
più semplicemente in un movimento di avvicinamento verso il
supplicato accompagnato da alcuni gesti sostitutivi del con-
tatto (per esempio quello di protendere le mani)2. Il potere
coercitivo di quest’ultima3 era ovviamente inferiore rispetto
1. J.P. Gould, Hiketeia, «Journ. Hell. Stud.» 93, 1973, pp. 74-103.
2. Per una rassegna (non limitata al solo ambito tragico) delle posture e delle
forme gestuali che si possono accompagnare al rituale della supplica cf. C. Sittl,
Die Gebärden der Griechen und Römer, Leipzig 1890 (rist. Hildesheim-New
York 1970), pp. 163-199.
3. Essa viene definita da Gould, art. cit., p. 77 «figurative supplication». L’am-
bito della «figurative supplication» viene delimitato dallo studioso in questi ter-
mini: «where the situation requires no more than an intensification of the lan-
guage of diplomatic appeal or where circumstances rule out or make unwise the
completed ritual». Sotto questa qualifica vengono dunque annoverati da una
parte i casi in cui il testo non consente d’immaginare la messa in atto del rituale
in maniera completa, ma presuppone comunque un corrispettivo scenico, e dal-
l’altra quelli in cui elementi appartenenti al linguaggio formalizzato della sup-
plica vengono utilizzati in funzione esclusivamente retorica. Come esempio di
quest’ultimo gruppo si veda Eur. El. 332 a∫ll«, v® je´n«, ™iketey´v s«, a∫pa´ggeilon ta´de,
citato dallo stesso Gould, in cui non è pensabile che il poeta-regista attraverso
l’impiego delverbo™iketey´vintendesse introdurre nel testo, al di là dell’enfasi re-
torica, un qualche effetto scenico. Diventa chiaro allora che per un approccio
critico ditipo ricostruttivo le uniche indicazioni verbali rilevanti sono quelle che
si correlano a una qualche forma di visualizzazione gestuale, ovvero quelle defi-
nite dalla seconda parte della generalizzazione di Gould. Non sembra tener
conto di questa osservazione M. Kaimio, Physical Contact in Greek Tragedy. A
10 Mario Telò
alla prima. Ora, di fronte ad ogni stage direction di supplica il
critico si trova nella necessità di stabilire se essa appartenga al-
l’una o all’altra categoria, ovvero se nell’allestimento registico
curato dall’autore fosse previsto che l’attore supplicante toc-
casse o meno il suo interlocutore. Un tentativo di risoluzione
di questo problema è stato parzialmente intrapreso dallo stu-
dio della Kaimio4: cercheremo tuttavia di dimostrare come il
criterio utilizzato dalla studiosa per dirimere l’ambivalenza
didascalica del testo, ovvero la maggiore o minore ricchezza di
elementi riconducibili a un’azione di contatto, risulti spesso
fuorviante;
– mentre il momento in cui un personaggio si getta a terra
per dare realizzazione all’hikesia riceve costante segnalazione
testuale, il movimento scenico opposto, quello con cui lo
stesso personaggio si alza in piedi, rimane privo di menzione
verbale5.
Si può cercare di dare una spiegazione a quest’assenza. Se in-
fatti è abbastanza conforme alla natura delle indicazioni ge-
stuali tragiche6 che, quando un personaggio assume una con-
dizione scenica ‘anormale’, ne possa dare menzione verbale7,
lo è meno che lo faccia quando la ‘normalità’ viene recuperata.
Study of Stage Conventions, Helsinki 1988, pp. 55-56 quando presenta tra gli
esempi sicuridi «figurative supplication» Soph.El.1208 (mh` pro`w gene´ioy mh` «je´lW
ta` f´iltata) e Eur.Med.65 (mh´, pro`w gene´ioy, kry´pte sy´ndoylon se´&en), nei quali la
formula pro`w gene´ioy è chiaramente desemantizzata, e quindi è improprio dire,
come fa la studiosa, che «the supplication is in no way hindered, but the sup-
pliant doesnot attempt to complete the ritual». Per queste ragioni riteniamo più
opportuno restringere la qualifica di «figurative supplication» solo alla seconda
delle categorie di scene individuate dalla definizione di Gould.
4. Cf. Kaimio, Physical Contact cit., pp. 49-61.
5. L’unica eccezione da questo punto di vista è rappresentata da And. 717, in
cui Peleoesorta ad alzarsi in piedi Andromaca che si era prostrata di fronte a lui
a partire dal v. 572 (cf. Kaimio, Physical Contact cit., p. 54 n. 26). L’eccezione
conferma la regola, nel senso che il gesto che Peleo richiede ad Andromaca rap-
presenta lacondizione necessaria perché egli la possa liberare. Il nesso tra le due
azioni è esplicitato anche dalla proposizione causale che segue all’ordine: vv.
717-718 e¢paire sayth´n.v™w e∫gv` ka´iper tre´mvn / plekta`w ™ima´ntvn strof´idaw e∫janh´so-
mai.
6. Per considerazioni generali su questo problema rimando a Per una gram-
matica deigesti nella tragedia greca (I): cadere a terra, alzarsi; coprirsi, scoprirsi il
volto, «MD» 48, 2002, pp. 11-16.
7. Cf. per esempio Hcld. 602-3 ly´etai me´lh ly´pW e Hec. 438 o£i «gv´, prole´ipv,
Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca 11
D’altra parte, non ci si può attendere un segnale testuale come
l’ordine e¢paire sayto´n, che, come abbiamo notato altrove8, è
determinato dalla necessità di porre fine a una condizione sce-
nica incompatibile con il mantenimento del contatto dialo-
gico. In linea generale, sembra plausibile pensare che il sup-
plice abbandoni il contatto fisico instaurato e si alzi in piedi
una volta che abbia ricevuto dal suo interlocutore una chiara
dichiarazione di accoglienza o di rifiuto della richiesta formu-
lata9: tuttavia, la mancanza di un qualsiasi appiglio testuale
impedisce per lo più di fissare con sicurezza delle didascalie
per quest’azione10.
ly´etai de`moy me´lh, su cui cf.Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca(I)
cit., pp. 19-22.
8. Cf. Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca (I) cit., pp.
16-37.
9. Un indizio del fatto che, dopo la formulazione della richiesta sottesa alla
messa in atto del rituale, il contatto fisico viene generalmente mantenuto è for-
nito indirettamente da Hec. 812 o¢imoi ta´laina, po^i m« y™peja´geiw po´da;, su cui cf.
infra.
10. Propongo una rassegna delle scene che pongono delle difficoltà di questo
genere: per quanto concerne la supplica di Medea a Creonte in Med. 336 ss., si
potrebbe pensare che Medea si alzi in piedi in corrispondenza del v. 351a (oçmvw
de` tey´jW), quando Creonte annuncia il suo consenso, o alla fine del suo discorso
(v. 356). Nel caso della seconda, rivolta ad Egeo, le possibilità sono o il v. 720
(prima dichiarazionedi disponibilità di Egeo,pollv^n eçkati th´nde soi doy^nai xa´rin, /
gy´nai, pro´&ymo´w e∫imi,...), o il v. 724 (peira´soma´i soy projene^in d´ikaiow v¢n). La fine
della supplicache Ermione mette in atto inAndr.891 ss. può essere collocata tra
il v.984 (Oreste dichiara:a¢jv s« e∫w o¢ikoyw ka`ipatro`w dv´sv xer´i) e il v. 986 (conclu-
sione deldiscorso di Oreste). Il v. 989 (a∫ll« v™w ta´xista tv^nde´m« e¢kpemcon do´mvn) è
una conferma indiretta del fatto che Ermione sia già in piedi a questo punto. In
Hec. 303-305 Odisseo dichiara di dover procedere al sacrificio di Polissena, ciò
corrisponde a un rifiuto della supplica di Ecuba (vv. 276-278): Ecuba a questo
punto potrebbe recidere il contatto fisico instaurato e rimanere a terra (per al-
zarsi in corrispondenza del v. 331, conclusione dell’intervento di Odisseo), op-
pure alzarsi immediatamente. In corrispondenza del v. 168 delleSupplicidi Euri-
pide Adrasto inizia a supplicare Teseo (il fattore distanza non rappresenta, pace
Kaimio,Physical Contactcit., pp. 60-61, una difficoltà alla messa in atto del gesto
dal momento che dai vv. 271 ss. si ricava che il movimento di allontanamento
delle coreute dall’altare coincide con un avvicinamento a Teseo, che dunque si
troverà nella zona della skené, proprio vicino ad Adrasto), si sarà alzato tra il v.
247 e il v. 249. Oreste abbraccia le ginocchia di Menelao in Or. 382-384, il con-
tatto viene mantenuto sicuramente fino all’ingresso di Tindareo (durante la sti-
comitia non era giunto da Menelao nessun segnale decisivo, e infatti al v. 448
Oreste ribadiva: e∫w s« e∫lp`iw h™mh` katafyga`w e¢xei kakv^n); durante il dialogo tra Me-
nelao e Tindareo è verosimile che Oreste rimanga a terra, pur avendo già posto
fine algesto di supplica, e che si rialzi per prendere la parola al v. 544. Per quanto
12 Mario Telò
Cercheremo comunque di mostrare come in qualche caso
un’analisi del contesto e del livello d’integrazione dialogica
esistente tra i due personaggi consenta di recuperare con un
certo margine di verosimiglianza questo dato regisitico per-
duto.
1. Intensificazioni o rifocalizzazioni di un gesto?
In alcune scene di supplica11 le indicazioni verbali relative alla
messa in atto del gesto sono inserite in lunghe rheseis, nel
corso delle quali esse possono essere riformulate secondo di-
verse modalità. Il problema che si pone per ciascuno di questi
casi è di stabilire se a queste ripetizioni vada associata una va-
lenza didascalica effettiva (se segnalino per esempio il passag-
gio alla realizzazione completa del gesto12, oppure un suo ri-
pristino dopo una temporanea sospensione di contatto fisico),
oppure se esse svolgano una funzione meramente retorica di
enfatizzazione dei vincoli morali imposti all’interlocutore dal
rituale. Per privilegiare l’una o l’altra soluzione interpretativa
sarà determinante scovare in queste rheseis indizi delle rea-
zioni del supplicato all’atto scenico in corso, e verificare a
quale livello si situi di volta in volta la ricerca di contatto ver-
bale perseguita dal supplice.
1.1. Una ricostruzione di Eur. Hec. 752 ss.
L’assetto registico della seconda scena di supplica della trage-
dia, nella quale Ecuba cerca di ottenere la complicità di Aga-
concerne lasupplica di Clitemestra ai vv. 900 ss. dell’Ifigenia in Aulide(su cui cf.
infra), si presentano le alternative del v. 935 (Achille dichiara koy¢pote ko´rh sh`
pro`w patro`w sfagh´setai) o della rassicurazione finale (v. 973a∫ll« h™sy´xaze...). Ana-
logamente perla supplica di Ifigenia (su cui cf. infra) si può immaginare una fine
dell’azione gestuale già a partire del v. 1257 (deinv^w d« e¢xei moi tay^ta tolmh^sai,
gy´nai), oppure al v. 1272, o naturalmente in corrispondenza della fine del di-
scorso di Agamennone.
11. And. 891-953; Hec. 273-295; 752-845; Hel. 894-943; I. A. 1216-1252; Phil.
468-506.
12. In questo caso dunque il corrispettivo scenico della prima indicazione ver-
bale sarebbe una «figurative supplication».
Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca 13
mennone nella vendetta contro Polimestore, richiede di essere
riesaminato per almeno due aspetti: 1) determinazione della
valenza scenica dei vv. 752-753 in rapporto ai vv. 787-788 e
806-812; 2) fissazione del punto del testo in cui Ecuba mette
fine al gesto e si alza in piedi.
Presupposto di alcuni tentativi di ricostruzione di questa
scena è l’idea che quando Agamennone fa il suo ingresso al v.
726 Ecuba si trovi a terra vicino al corpo di Polidoro13. La
Mossman14 non esclude questa possibilità15, ma ritiene preferi-
bile pensare che Ecuba, appoggiatasi al suolo per dare realiz-
zazione al compianto sul corpo di Polidoro16, si rialzi in corri-
spondenza del v. 710. Credo che un dato negativo ricavabile
dal discorso d’ingresso di Agamennone porti a escludere con
sicurezza che dopo il v. 725 Ecuba sia ancora prostrata: infatti,
se lo fosse, il condottiero greco farebbe esplicito riferimento a
questa condizione scenica ‘anormale’ della donna17, che rap-
13. Cf. D. Bain, Actors and Audience. A Study of Asides and Related Conven-
tions inGreek Drama, Oxford 1977, p. 13: «The Trojan queen lies on the shore
in front of the Greek tents, before her the body of her son Polydorus lately
brought thereby her attendant»; Kaimio,Physical Contactcit., p. 52 n. 17: «He-
cuba issitting beside the body of her son, apparently quite a distance away from
Agamemnon...».
14. J. Mossman, Wild Justice. A Study of Euripides’ Hecuba, Oxford 1995, pp.
60-62.
15. «It isnot absolutely certain when she rises, but it must be before 736, when
she proposes falling down in supplication before Agamemnon».
16. La stessa situazione si riscontra in And. 1173 ss., dove Peleo piange sul ca-
davere di Neottolemo. Cf. Euripides Andromache, edited with Introduction and
Commentary by P.T. Stevens, Oxford 1971, pp. 237-238.
17. L’apostrofe a Ecuba (v. 726 »Eka´bh, t´ime´lleiw...), con cui si apre il discorso
d’ingresso diAgamennone, dimostra chiaramente che egli ha già instaurato pieno
contatto visivo con la donna (cf. per questo ed altri ingressi simili D.J. Mastro-
narde,Contact and Discontinuity. Some Conventions of Speech and Action on the
Greek Tragic Stage, Berkeley-Los Angeles-London, pp. 23-25); pertanto, se ella
fosse prostrataa terra, già a questo punto il condottiero greco sarebbe nelle con-
dizioni per vederlo e sottolinearlo verbalmente. Per la stessa ragione ritengo che
al momento dell’ingresso di Agamennone, per quanto annunciato dal Corifeo ai
vv. 724-725,Ecuba non gli abbia ancora voltato le spalle (cf. Bain,Actors and Au-
dience cit., pp. 14-15), ma che ciò avvenga nel mentre Agamennone prende vi-
sione delcorpo di Polidoro. Inoltre, il fatto che il cadavere venga notato da Aga-
mennone in un secondo tempo non implica, come pensa la Kaimio, Physical
Contactcit., p. 52 n. 17, che egli si trovi a una certa distanza da Ecuba: l’applica-
zione del meccanismo convenzionale della visione parziale (su cui cf. Mastro-