Table Of ContentLE PAROLE E LE COSE
Collana diretta da Tonino Griffero
Helmuth Plessner
L’uomo: una
questione aperta
Introduzione di Hans-Peter Krüger
ARMANDO
EDITORE
PLESSNER, Helmuth ; a cura di M. Boccignone
L’uomo: una questione aperta; introd. di Hans-Peter Krüger
Roma : Armando, © 2007
112 p. ; 17 cm. (Le parole e le cose)
ISBN: 978-88-6081-187-5
1. Antropologia filosofica
2. Filosofia e valore dell’uomo
3. Storia del pensiero
CDD 184
Titoli originali:
Die Aufgabe der philosophischen Anthropologie, Über einige Motive der
philosophischen Anthropologie,Immer noch philosophische Anthropolo-
gie?,in Gesammelte Schriften VIII, Frankfurt am Main, Surkamp, 1983.
Traduzione e cura di Martino Boccignone
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Sommario
Introduzione 7
(Hans-Peter Krüger)
Nota al testo 33
L’uomo: una questione aperta 35
(Helmuth Plessner)
1. Il compito dell’Antropologia Filosofica (1937) 37
2. Circa alcuni motivi dell’Antropologia
Filosofica (1956) 63
3. Ancora dell’Antropologia Filosofica? (1963) 89
Nota biografica 105
Nota bibliografica 109
Introduzione
di
Hans-Peter Krüger
Nel 1931 Helmuth Plessner (1892-1985) esprime
la speranza che l’atteggiamento filosofico successivo
«non sia più soltanto affare per eruditi, ma oggetto
dell’intera vita spirituale e pubblica in Europa: colle-
gare la rinuncia alla supremazia del proprio sistema
di valori e di categorie con la salda convinzione che
esso possa avere un avvenire»1. La Germania nazio-
nalsocialista dal 1933 al 1945 prende proprio la dire-
zione opposta. La cortina di fumo della guerra calda
e della guerra fredda si è appena dileguata in Euro-
pa centrale e in Italia, quando, negli anni Novanta,
comincia per la prima volta una lettura completa de-
gli scritti di Plessner in ambito filosofico, sociologico
e storiografico2. Certamente, anche prima del bien-
nio 1989-1990 egli vale come il coniatore concettua-
le, divenuto anonimo, della locuzione “nazione in ri-
tardo” per i tedeschi rispetto agli europei occidenta-
li, e come una sorta di cenno per conoscitori, quan-
do si tratta di comprendere l’uomo come “doppio” o
“sosia” [Doppelgänger], come “eccentrico” e “homo
absconditus”, cioè come l’essere insondabile. Però la
prima edizione delle sue Gesammelte Schriften in
dieci volumi (1980-1985) viene esaurita solo alla fine
degli anni Novanta e, a partire dalla metà di questo
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Introduzione
decennio, è integrata da volumi contenenti scritti mi-
nori, lezioni universitarie scelte e carteggi contenuti-
sticamente significativi3, la cui pubblicazione richie-
derà in futuro ulteriori volumi4.
Lentamente viene alla luce un’opera filosofica
fondamentale che non si adatta a nessuno degli
usuali scompartimenti concettuali e che, all’ombra di
grandi nomi, non solo da Martin Heidegger sino a
Carl Schmitt, ma anche, tra gli emigranti, da Ernst
Cassirer a Theodor W. Adorno e, tra i francesi, da
Jean-Paul Sartre a Maurice Merleau-Ponty, non è sta-
ta riconosciuta nel suo valore. Forse qualcuno, tro-
vandosi tra tutte le possibili cattedre e tra i vari fron-
ti accademici, ha pensato qualcosa di diverso, maga-
ri qualcosa di meglio, qualcosa che può trovare una
più ampia risonanza solo tra i successori, liberatisi
ormai delle alternative troppo nette e bellicose. Tut-
ti questi grandi nomi volevano far valere l’Antropo-
logia Filosofica, nel migliore dei casi, come una sot-
todisciplina della filosofia. Dopo la morte improvvi-
sa di Max Scheler nel 1928, Plessner è l’unico pen-
satore di rilievo ad elaborare l’Antropologia Filosofi-
ca in modo interdisciplinare e al tempo stesso come
philosophia prima: «Perché il concetto dell’uomo non
è nient’altro che il “mezzo” mediante il quale, e nel
quale, viene compiuta quella equiparazione valorial-
mente democratica di tutte le culture nella loro re-
troazione su un creativo fondamento vitale»5.
Mentre l’Europa sembra essere improvvisamente
liberata e recidiva solo nei Balcani, essa deve anche
già affrettarsi nuovamente nella sua integrazione,
perché nella globalizzazione, a confronto con gli
USA, minaccia di diventare il continente “in ritardo”.
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Hans-Peter Krüger
Cosa può sensatamente rappresentare la nuova Eu-
ropa, un’Europa che non voglia ripetere i suoi vec-
chi errori, per se stessa e per gli altri nella futura sto-
ria mondiale? Intorno a questa domanda si collegano
come in una rete tanti piccoli circoli, che già prece-
dentemente si sono occupati di riflessioni plessneria-
ne, nel primo decennio dopo la caduta del muro di
Berlino, da Napoli, Firenze e Zagabria sino a Gro-
ningen e Amsterdam, Varsavia e Cracovia, da Fribur-
go, Würzburg e Gottinga nell’Ovest della Germania
sino a Potsdam, Berlino e Dresda nell’Est della Ger-
mania. I polacchi e gli italiani sono tra i primi in mol-
te discussioni e nelle traduzioni, e certo non per ca-
so, perché anche essi hanno conosciuto il ritardo
comparativo come problema e come opportunità per
sé in Europa e nel mondo. Con il volgere del mil-
lennio si aggiungono discussioni e traduzioni delle
opere plessneriane in America, Francia e Cina, e non
solo. Con la problematica di portata storica globale
circa il compito futuro dell’Europa cresce anche e so-
prattutto la sfida delle nuove scienze della vita di ca-
rattere biomedico, incluse le loro conseguenze negli
ambiti dell’autoconoscenza e dell’autocomprensione,
sui mercati economici e nelle pratiche degli esseri
viventi di carattere personale [personale Lebewesen].
Ora, forse, minaccia di presentarsi un nuovo biolo-
gismo, improntato alla libertà di mercato, che, come
compensazione, potrebbe provocare un nuovo ro-
manticismo della vita. Tornerebbero dunque, nella
nuova forma della globalizzazione, proprio i due fe-
nomeni contro i quali Plessner già tra le due Guerre
Mondiali aveva abbozzato una via d’uscita? Così si
moltiplicano le ricezioni di Plessner da parte di cor-
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Introduzione
renti sinora contrapposte, dalla filosofia a sfondo cat-
tolico sino alla filosofia della comunicazione lingui-
stica proveniente da un protestantesimo secolarizza-
to6. Con la fondazione plessneriana delle scienze
della natura e delle scienze della cultura, condotta
per mezzo di una filosofia della natura, forse, si può
trovare una risposta anche alla sfida delle life scien-
ces, incluse le loro conseguenze pratiche.
L’Antropologia Filosofica plessneriana, dunque,
potrebbe condurre fuori dal dualismo, e questo non
solo, sul piano politico, tra il radicalismo di destra e
il radicalismo di sinistra, come egli aveva richiesto sin
dalle sue Grenzen der Gemeinschaft. Zur Kritik des
sozialen Radikalismus(1924), rivolte sia contro il bol-
scevismo sia contro il fascismo, a favore del mondo
civile rappresentato dall’Europa occidentale7. Forse la
sua Antropologia Filosofica può condurre fuori anche
dall’altra falsa contraddizione, quella tra il dover spie-
gare e dominare tutto e il dover comprendere e per-
donare tutto. In tal caso, infatti, cosa rimarrebbe per
noi uomini di non arbitrario e indifferente, visto che
ci sarebbe un meccanismo a fare e decidere già tutto
per noi? Plessner, come nessun altro filosofo del XX
secolo, amplia sia le possibilità della spiegazione del-
l’uomo (anche nelle scienze della società e della cul-
tura) sia le possibilità della sua comprensione (pro-
prio nelle scienze della natura), considerando come
fondamentalmente errata l’intera scissione tra le
scienze naturali solo esplicative e le scienze dello spi-
rito solo comprendenti. Con questa doppia strategia
incrociata, consistente nello svelamento delle pre-
messe di carattere comprendente della spiegazione e
delle possibilità di carattere esplicativo della com-
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