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habitus
environmental humanities
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Donna Haraway, The Promises of Monsters: A Regenerative Politics for Inappro-
priate/d Others, in Lawrence Grossberg, Cary Nelson, Paula A. Treichler, a cura di,
Cultural Studies(New York; Routledge, 1992, pp. 295-337)
© 1992 Reproduced by permission of Taylor and Francis Group, LLC, a division of
Informa plc
© 2019 DeriveApprodi, per la traduzione italiana
I edizione: ottobre 2019
P.zza Regina Margherita 27, 00198 Roma
tel 06 85358977 fax 06 97251992
[email protected]
www.deriveapprodi.org
Progetto grafico: Andrea Wöhr
ISBN 978-88-6548-280-3
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Donna Haraway
Le promesse dei mostri
Una politica rigeneratrice
per l’alterità inappropriata
edizione italiana a cura di Angela Balzano
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Haraway in loop. Viaggiare, non introdurre
Angela Balzano
Confessions of a cyber girl
The kingpin of the Matrix world
It’s a war and I’m winnin’
Let me live the life I did in the beginning
Princessnokia, Cybiko, 2014
Ho messo il dito sulla mappa pronta a partire
so che di strada ce ne è tanta prima di dormire
e in ogni testo promesse da mantenere
ogni mio passo sono miglia e si può cadere
coLLederFomentoFeat. kaos, Miglia e promesse, 2018
Intro in loop: Haraway tra e sugli schermi
sullo schermo del laptop Haraway appare in camice bianco,
fuma una sigaretta dopo l’altra, scruta dieci diversi display
circondata da ginoidi, sessoidi e cyborg obsolete, manomes-
se, malfunzionanti. La quantità di informazioni che le giun-
gono dai pc e i/le robot che affollano la stanza producono un
certo elettronico rumore di fondo, sul quale le voci di togusa
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e Batou dovranno quasi imporsi. Haraway li rifiuta, subito:
«può venire tutta la polizia del pianeta, quest’indagine è
mia». Vuole difendere una sessoide, una ginoide da compa-
gnia che stava tentando di suicidarsi, dopo aver ucciso tre
persone, quando l’agente Batou le ha sparato. Haraway è irri-
tata, non le importa molto di quante persone la ginoide abbia
ucciso, lei avrebbe potuto ripararla, se solo il proiettile usato
fosse stato diverso. Gli agenti invece sono allibiti. non si
spiegano come sia possibile che una cyborg tenti il suicidio.
semplicemente, risponde Haraway, anche i malfunziona-
menti generano una loro logica. e la logica conseguenza del
malfunzionamento è in questo caso la liberazione dal «codi-
ce morale 3». togusa lo ripete, si stringe nel cappotto forse
cercando di comprendere la portata del messaggio di Ha-
raway: le/i cyborg possono anche sottrarsi all’obbligo di «pre-
servare la loro esistenza senza infliggere danno agli umani».
e tuttavia non è convito, chiede: «non sarebbe più appropria-
to chiamarla auto-distruzione?». Haraway accende un’altra
sigaretta e risponde «soltanto se presupponiamo che le diffe-
renze tra umani e macchine siano ovvie». Fa freddo in quel
laboratorio e i respiri dei personaggi si toccano con mano,
dietro i loro corpi si muovono, fluidi, occhi e bracci biomec-
canici. Haraway continua assertiva: «gli umani non sono
robot, ma possono diventarlo». Poi ribalta la situazione. Gli
agenti, presumibilmente gli addetti alle domande, si trovano
in balia dei suoi interrogativi: «come mai gli umani sono così
ossessionati dal ricreare loro stessi?».
togusa e Batou stanno indagando sulla Locus solus, una
multinazionale accusata di rapire ragazze per duplicare la
loro anima e umanizzare così le sessoidi destinate al merca-
to. Haraway incalza a ragione: Chi volete salvare? Come trac-
ciate il confine tra chi è degno della vita e chi non lo è? E perché sa-
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crificare proprio coloro che abbiamo creato così simili a noi? du-
rante il suo monologo Batou si allontana, togusa la fissa spa-
ventato, Haraway capisce dal suo sguardo che deve cambiare
terreno per essere seguita e chiede direttamente: «lei ha
figli?». togusa risponde di si e la nostra artigiana di cyborg –
mentre accende l’ultima sigaretta da quella che non ha anco-
ra spento – si spiega definitivamente meglio: «crescere figli è
il modo più semplice per capire e realizzare il sogno antico
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della vita artificiale, o almeno questa è la mia ipotesi».
in questa densissima sequenza, puzzle di citazioni da
sciogliere guardandola in loop, il regista mamoru oshii inca-
stona donna Haraway. il suo anime fantascientifico, Ghost
in the Shell 2: Innocence,è la nostra scorciatoia, o meglio anco-
ra il medium per attraversare i paesaggi mentali e terreni che
Haraway traccia nel saggio qui tradotto, Le promesse dei mo-
stri. L’intero anime fantascientifico potrebbe guidarci attra-
verso le figurazioni di Haraway, popolato come è da creature
mostruose, specie da compagnia mai nate, andro/ginoidi e
altre/i inappropriate/i.
nel dialogo tra togusa e Haraway è possibile cogliere
un’allusione alle tre leggi della robotica (il «codice morale
3»). Per togusa è inspiegabile la loro mancata applicazione,
Haraway sembra invece pronta da sempre a questo potenzia-
le di sovversione latente tra le/i cyborg. come per la bianconi-
glia che stiamo per incontrare, nessuna legge proiettata
dall’Uomo sulle creature mostruose può aspettarsi piena ef-
ficacia. difficile assumere che le tre leggi della robotica infor-
mino l’immaginario teratologico di Haraway, che piuttosto le
lavora dall’interno fino a rivoltarle contro l’artefice, fino a
schierarle dalla parte degli artefatti: «le ginoidi possono sot-
1/ il dialogo tra togusa e Haraway qui riportato è tratto da Ghost in the Shell 2: Inno-
cencedi mamoru oshii del 2004.
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trarsi dall’obbligo di…». Lo sbirro inorridisce, ribatte: «di
cosa diavolo stai parlando?». ed è facile spiegare lo spavento
sul suo volto, perché Haraway ha aperto la voragine. a ri-
spondere a togusa è ora la Haraway de Le promesse dei mostri:
«i poteri della dominazione a volte falliscono nei loro proget-
ti di assoggettamento» (p. 86). Le creature mostruose pro-
mettono: «possiamo lavorare per far aumentare i tassi di fal-
limento» (p. 86). se noi, attrici/ori umane/i, desideriamo al-
trettanto, dobbiamo prima di tutto smettere di «ridurre gli
altri attori a risorse – a mero terreno e matrice», elaborando
nuove modalità per «relazionarsi al resto del mondo» (p.
86). La messa in discussione del soggetto è l’operazione pre-
liminare al viaggio. come a dire, inutile partire appesantite
da strumenti né utili né dilettevoli. Le tre leggi della robotica
non sono mai servite a Haraway e non serviranno a noi per-
ché presuppongono un’identità autoreferenziale. asimov è
l’autore, il soggetto che ha al contempo accesso al pubblico
linguaggio e al pubblico lettore, è lo scrittore che parla per
altre/i e che impone il suo codice di codifica e decodifica del
reale. asimov è la fantascienza che Haraway ci invita a riscri-
vere, quella che ci irrita tanto quanto affascina. asimov come
Hegel, la sua si direbbe forse Fenomenologia del Ghost. L’atto
dell’auto-proclamarsi capace di «parlare per» equivale a quel-
lo di auto-eleggersi a «decidere per». È per questo che occor-
re tradire, seguire Haraway in questo saggio/viaggio e riscri-
vere la nostra fantascienza preferita. Partiamo dunque, te-
nendo bene a mente quanto abbiamo imparato da Ghost in
the Shell: l’alterità inappropriata/bile, come le ginoidi, non è
obbligata a rispettare alcuna legge scritta dall’uomo per sé
stesso. Partiamo riscrivendo le tre leggi di asimov, traducia-
mole nella lingua coniata da Haraway ne Le promesse dei mo-
stri, fino a farle diventare uno scioglilingua, fino a radicarle
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nei nostri corpi, situarle nella rete di relazioni e nello spazio
densamente popolato che attraversiamo:
1. Le/gli umane/i sono esseri non auto-sufficienti, formati
da una collettività complessa e articolata, che non devono ar-
recar danno all’alterità inappropriata/ibile, a tutte le forme di
vita organiche, artificiali, più o meno o non-umane, né pos-
sono permettere che a causa del proprio mancato intervento
l’alterità inappropriata/ibile riceva danno.
2. Le/gli umane/i devono obbedire agli ordini impartiti dalla
medesima collettività complessa e articolata che li informa,
composta da entità biomeccaniche, microbi, virus, circuiti
elettrici, primati, specie da compagnia, piante selvatiche e
cyborg, tranne quando tali ordini contrastino con la prima
legge.
3. Le/gli umane/i non devono preservare né riprodurre a
tutti i costi la loro esistenza, quando questo contrasta con la
prima legge.
La legge Zero, che sottende Le promesse dei mostri, suona più
o meno così:
0. Le/gli umane/i devono lottare per la sopravvivenza dell’in-
tera terra, perché è in essa che sono radicate/i, assieme a
tutte le forme di vita organiche, artificiali, più o meno o non-
umane, cyborg, creature altre, mostruose e inappropriate/
ibili.
La legge Zero è la bussola, senza di essa non ci si orienta, per-
ché questo è davvero un vi(s)aggio, l’escursione di un’attivista
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col cervello sempre in moto che non riesce a smettere di en-
trare e uscire dalle lotte per la sopravvivenza della terra, quel
pianeta che brulica di forme di vita cangianti e altamente dif-
ferenti che pure, nell’orizzonte di Haraway, possono trovare
il modo di articolarsi, vale a dire di co-abitare co-costituendo-
si, di stringere relazioni liberatorie e non rapporti di domina-
zione, di aggregarsi in coalizioni orizzontali e trasversali ba-
sate su affinità e fiducia e non di distribuirsi lungo le linee
gerarchiche di classe, sesso, specie, razza. che salti ogni bi-
nario, il viaggio di Haraway procede a zig zag: altamente pro-
babile finire in spazi ad alta conflittualità grazie alla busso-
la/legge Zero. mettiamoci del nostro. aggiungiamo le nostre
lotte a quelle riportate da Haraway.
Usiamo il navigatore (e le stelle!) per trovare altri luoghi
in cui ri-ambientare le nostre saghe fantascientifiche, trovia-
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mo una non-fine alternativa a Interstellar…L’attivista femmi-
nista in me si è nutrita della geniale performance del colletti-
vo di cui Haraway faceva parte, le Surrogate Others, e si è feli-
cemente ritrovata a usare, insieme alla collettiva La mala
educación, la pratica della messa in scena per rivendicare di-
ritto alla salute e autodeterminazione sessuale e riprodutti-
va. e quante discussioni, in vista dello sciopero transfemmi-
nista globale dell’otto marzo, organizzato da non Una di
meno, hanno avuto a tema scopi, modalità, tempi e spazi
delle nostre azioni simboliche? Un lavoro necessario, secon-
do Haraway, quello di «ricollocare e diffrangere i significati
incarnati», che si rivela politica culturale e tecnoscienza politica
«cruciale per generare un mondo nuovo» (p. 109).
2/ Interstellarè un film di fantascienza del 2014, regia di christopher nolan, vinci-
tore dell’oscar 2015 per i migliori effetti speciali, realizzato con la supervisione
scientifica del fisico teorico caltech kip thorne.
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