Table Of ContentGiuseppe Dematteis
-Le metafore della Terra
La geografia umana tra mito e scienza
~
Feltrinelli
© Giangiacomo Feltrinelli Editore
Prima edizione in "Campi del sapere" gennaio 1985
ISBN 88-07-10045-2
Prefazione
Credo che questo libro risponda essenzialmente a una do
manda, che in quasi trent'anni di pratica della ricerca geografi
ca mi sono posto più volte: perché la geografia piace, affascina,
appassiona? Ciò equivale a chiedersi se l'operazione apparente
mente banale di descrivere la Terra non abbia qualche importan
te significato nascosto, oppure cosl evidente da sfuggire ormai
alla nostra attenzione. La questione può allora porsi cosl: che co
sa facciamo realmente quando descriviamo la superficie terrestre?
Per rispondere a questa domanda mi sono avventurato in
diversi campi del sapere, anche fuori della mia preparazione spe
cifica. Di ciò mi scuso con gli specialisti. Ma poiché anch'io so
no, nel mio settore, uno "specialista", so bene che i fossati che
separano le diverse competenze disciplinari sono pieni di pro
blemi non risolti, eppure vitali per poter svolgere il proprio la
voro. Cosl quando capita di porsi certi quesiti come quelli a cui
cerca di rispondere questo libro, gli sconfinamenti sono inevi
tabili. Credo anzi che siano utili se ci obbligano ad adattare, sia
pur con qualche imprecisione, il nostro linguaggio disciplinare
a quello altrui, in modo da nominare e porre in discussione ciò
che altrimenti rimarrebbe fuori di ogni discorso. Cosl certamente
il capitolo secondo sarebbe stato più completo e rigoroso se a
scriverlo fosse stato uno specialista di storia del pensiero scien
tifico, e geografico in particolare. Lo stesso si può dire per certe
tematiche sociali ed economiche del capitolo terzo e per le ana
lisi epistemologiche del quarto e del quinto capitolo. Se tali par-
7
ti fossero state affidate a specialisti, questo libro avrebbe certa
mente un diverso valore, ma forse non risponderebbe alla do
manda iniziale e quel poco di verità che mi sono sforzato di ca
var fuori con esso avrebbe continuato ad essere sepolta sotto le
pratiche silenziose dei geografi. Anzi, se ho un rimpianto, è di
aver dovuto rinunciare a certe incursioni transdisciplinari parti
colarmente impegnative, limitandomi a indicare l'esistenza del
problema. Uno di questi è ad esempio la trattazione storicizzata
dei geo-ecosistemi.
Al contrario, chi specialista non è mi rimprovererà forse di
aver trattato in termini troppo specialistici problemi che in fon
4
do interessano tutti, dal momento che neppure gli analfabeti sfug
gono a quella "visione del mondo" elementare e popolare che va
sotto il nome di geografia. Dirò a mia parziale difesa che que
sto libro - come la maggior parte di quelli ehe oggi si scrivo
no - è inutile per chi ha raggiunto quafche forma superiore di
saggezza. Gli altri che, come me, cercano di avvicinarvisi credo
che non possano evitare di attraversare, nel loro itinerario, i cam
pi del sapere contemporaneo. Forse più che per le "verità" che
essi possono offrire, per il fatto che questi modi di conoscere
fanno parte della nostra condizione odierna. Per quanto riguar
da il settore qui trattato occorre osservare che in Italia, a diffe
renza di altri paesi europei, è ben poco diffusa la cultura geogra
fica e ciò rende particolarmente arduo il compito di avvicinare
le tematiche specialistiche ai problemi che interessano tutti. Per
raggiungere tale finalità, questo libro si propone dunque, co
me obiettivo intermedio, quello di offrire al lettore di media
cultura l'opportunità di avvicinarsi alla "scienza" geografica e ai
suoi problemi. Ciò spiega il taglio introduttivo del primo capi
tolo e la bibliografia in fondo, divisa per argomenti.
Nonostante la disponibilità dell'Editore, questo libro esce
con due anni di ritardo, essendo stato in precedenza coinvolto
nelle disavventure di un'altra nota casa editrice. Nel frattempo
ho avuto. modo di approfondire nella pratica della ricerca certi
aspetti metodologici e di maturare nuove riflessioni in relazione
anche alla più recente letteratura, ciò che ha reso necessaria una
revisione degli ultimi tre capitoli. In essa ho anche tenuto pre
senti le discussioni avute con alcuni colleghi, F. Farinelli in par
ticolare, durante il colloquio internazionale "Teoria e misura
dello spazio geografico" tenutosi a Trieste nel luglio 1982, do
ve ho esposto alcuni temi sviluppati poi in tali capitoli. Il ma-
8
noscritto è anche circolato tra i miei colleghi e amici del Labo
ratorio di Geografia economica dell'Università di Torino: F.
Adamo, E. Borlenghi, S. Conti, G. Di Meglio, C. Emanuel, G.
Lusso, R. Mazzuca, A. Segre e V. Vagaggini. Discutendolo con
essi, ho in certo modo ripercorso l'itinerario della nostra comu
ne formazione. Mentre li ringrazio per questa collaborazione,
non posso dimenticare l'origine di tale itinerario, sotto la guida
di Dino Gribaudi. Da lui ho imparato che la geografia può esse
re, ancor oggi, scoperta di nuovi mondi, al di là delle apparenze
più ovvie e banali.
Polonghera, settembre 1984
1. Ambiguità della geografia
1. Una "scienza" mnemonica e fantasiosa
La geografia fa parte di quel ristretto numero di conoscenze
che, dopo aver imparato a leggere, scrivere e contare, tutti de
vono apprendere, fin dai primi anni di scuola. Essa è perciò -
nel pensare comune, cosl come nella realtà sociale - anzitutto
una disciplina scolastica, un fatto pedagogico. Ma con ·una diffe.
renza rispetto alle altre discipline. La storia, la fisica, la lettera
tura, ecc. nell'esperienza adulta di ciascuno di noi tendono a li
berarsi dall'apparente inutilità con cui si presentano sui banchi
di scuola. Anche al di là della loro eventuale utilità professio
nale, ritroviamo le loro problematiche dibattute sui giornali,
nella saggistica. Della geografia invece, fuori della scuola, si par
la ben poco. Nessuno saprebbe dimostrare l'utilità di aver man
dato a memoria gli affluenti di destra del Po (perché questa è la
geografia che ognuno di noi ricorda di aver studiato). Quanto
alle province d'Italia, è vero che è utile conoscerle, ma si ha
l'impressione di averle -imparate piuttosto dalle targhe automo
bilistiche, dai campionati di calcio o dalla cronaca dei giornali.
E in ogni caso essendoci questa possibilità di apprendimento
spontaneo, perché studiarle a scuola? Se poi eccezionalmente ci
servono altre informazioni (u n viaggio a Nottingham per lavo
ro: dove sarà mai?) può darcele tutte un atlantino tascabile. Ep
pure i manuali di geografia si ostinano ad elencare le città del-
1' Australia col numero degli abitanti.
11
D'altra parte se togliamo ciò che è enumerativo, mnemoni
co, che cosa resta della geografia dei nostri ricordi scolastici?
Apparentemente nulla. Niente di problematico, nessuna inter
pretazione, nessuna possibilità di discussione (è o non è Lisbona
la capitale del Portogallo?). La latitanza della geografia nella sag
gistica e nel dibattito culturale fa dubitare che essa possa essere
oggetto di pensiero riflessivo.
Una disciplina anomala, dunque, che per la gran massa esi
ste - e in forma apparentemente inutile - solo a livello ba
nalmente descrittivo; che si limita nei migliori dei casi ad esten
dere, a raggio più vasto, quel processo di conoscenza elell}.entare
dello spazio che è proprio dell'infanzia; priva per il resto di svi
luppi culturali e pratici, che possono soddisfare, dopo l'adole
scenza, il parallelo sviluppo dell'intelligenza e dell'esperienza
umana. Ma anche nella scuola la geografia è <lcontestata. Secondo
un'indagine campionaria, il 9 3 % dei professori di geografia del
le scuole secondarie italiane ritiene che i programmi della loro
disciplina non rispecchiano gli interessi degli studenti.1
Che questa sia l'opinione comune lo sa bene chi come me fa
professione di geografo all'Università: lo vede nello sguardo in
terrogativo di coloro (gente pratica, commercianti, ingegneri...)
a cui rivela questa sua curiosa posizione. Un mio anziano colle
ga di Facoltà ogni tanto mi chiede se sono state scoperte nuove
isole nel Pacifico. Molti geografi accademici soffrono addirittu
ra di un complesso di inferiorità nei confronti dei colleghi di al
tre discipline e certuni, per superarlo, s'innamorano del calcola
tore. Anch'io mi stupisco quando un ente pubblico o un'azien
da vengono a chiedermi qualche lavoro di ricerca o di consulen
za. Mi stupisco che gli sia venuto in mente che la geografia serva
a risolvere qualche problema pratico.
Ma non è tutto qui. C'è anche un'altra immagine per così
dire popolare della geografia, che non è legata alla scuola, né al
l'uso della memoria, ma a un'altra facoltà anch'essa considerata
tipica dell'infanzia e dell'adolescenza: l'immaginazione. Questa
qualità, che non è dato trovare, se non in tracce, nella maggior
parte dei manuali scolastici (anche se ad essa fa appello talvolta
qualche insegnante intelligente) si prende la sua rivincita fuori
della scuola.
I viaggi, i racconti di viaggi, il "National Geographic" (tira
tura 11 milioni di copie) e i suoi analoghi come la "Vokrug Sve
ta" (URSS, 2,5 milioni di copie), i film di avventure esotiche e
12