Table Of Content«Ripensando  alla  mia  infanzia,  mi  chiedo  come  sono  riuscito  a
sopravvivere. Naturalmente è stata un'infanzia infelice, sennò non ci
sarebbe  gusto.  Ma  un'infanzia  infelice  irlandese  è  peggio  di
un'infanzia  infelice  qualunque,  e  un'infanzia  infelice  irlandese  e
cattolica è peggio ancora»
"Questo  libro  è  dedicato  ai  miei  fratelli  Malachy,  Michael  e
Alphonsus. Da voi imparo e vi ammiro e vi voglio bene".
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RINGRAZIAMENTI
Quello che segue è un breve inno in lode della donna.
 
R'iene Dahlberg ha attizzato il fuoco.
Lisa Schwarzbaum ha letto le prime pagine e mi ha incoraggiato.
Mary Breasted Smyth, romanziera elegante, ha letto il primo terzo
e l'ha passato a Molly Friedrich, che è diventata la mia agente e ha
pensato  che  Nan  Graham,  capo  redattrice  della  Scribner,  sarebbe
stata proprio la persona giusta per assistere i primi passi del libro.
E Molly ha avuto ragione.
 
Mia  figlia,  Maggie,  mi  ha  dimostrato  che  la  vita  può  essere  una
magnifica  avventura,  mentre  gli  squisiti  momenti  con  mia  nipote
Chiara  mi  hanno  aiutato  a  ricordare  che  cos'è  lo  stupore  di  un
bambino  Mia  moglie  Ellen  ha  ascoltato  mentre  leggevo  e  mi  ha
tenuto alto il morale, fino all'ultima pagina.
 
Io sono un uomo fortunato.
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1
Era meglio se i miei restavano a New York dove si erano conosciuti
e sposati e dove sono nato io. Invece se ne tornarono in Irlanda che io
avevo  quattro  anni,  mio  fratello  Malachy  tre,  i  gemelli  Oliver  e
Eugene appena uno e mia sorella Margaret era già morta e sepolta.
Ripensando  alla  mia  infanzia,  mi  chiedo  come  sono  riuscito  a
sopravvivere. Naturalmente è stata un'infanzia infelice, sennò non ci
sarebbe  gusto.  Ma  un'infanzia  infelice  irlandese  è  peggio  di
un'infanzia  infelice  qualunque,  e  un'infanzia  infelice  irlandese  e
cattolica è peggio ancora.
Gente che si vanta o si lamenta delle tribolazioni patite nei primi
anni di vita se ne trova dappertutto, ma niente regge il confronto con
la versione irlandese: la povertà; il padre alcolizzato chiacchierone e
buono a nulla; la madre pia e derelitta che geme accanto al fuoco; i
preti boriosi; i maestri arroganti; gli inglesi e le cose tremende che ci
hanno fatto per ottocento lunghi anni...
E poi, tutta quell'umidità.
Sull'oceano  Atlantico  si  formavano  grandi  quinte  di  pioggia  che
risalivano  lentamente  il  fiume  Shannon  per  stabilirsi  a  Limerick  in
eterno. La pioggia bagnava la città dalla Circoncisione a Capodanno,
scatenando  uno  sgangherato  concerto  di  tossi  secche,  raspi
bronchiali, rantoli asmatici e gracchi tubercolotici. Trasformava i nasi
in fontanelle, i polmoni in spugne batteriche, e dava la stura a una
marea di rimedi: per sciogliere il catarro bisognava lessare una cipolla
nel  latte  nero  di  pepe;  per  le  congestioni  si  faceva  un  impiastro  di
farina  e  ortiche  bollite,  che  andava  messo  in  uno  straccio  e  poi
sbattuto, ancora sfrigolante, sul petto del malato.
Da ottobre ad aprile i muri di Limerick luccicavano di umidità. I
vestiti non si asciugavano mai; i cappotti di lana e tweed ospitavano
organismi viventi e a volte ci cresceva una vegetazione misteriosa. Al
pub,  il  vapore  che  saliva  dai  corpi  e  dagli  indumenti  bagnaticci
arrivava  alle  narici  mischiato  al  fumo  di  sigaretta  e  di  pipa  e  ai
miasmi del whiskey e della birra stantia corretti dall'odore di piscio
dei  cessi  all'aperto  dove  in  molti  finivano  a  vomitare  la  paga  della
settimana.
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La pioggia ci spingeva in chiesa, il solo rifugio, il solo conforto, il
solo posto asciutto che conoscevamo.
Durante  la  messa,  la  benedizione,  le  novene,  ci  stringevamo  in
crocchi folti e umidi e sonnecchiavamo con la litania del prete che ci
ronzava nelle orecchie, mentre il vapore si levava di nuovo dai nostri
abiti  per  mescolarsi  alla  dolcezza  dell'incenso,  dei  fiori  e  delle
candele.
Limerick aveva fama d'essere una città molto religiosa ma noi lo
sapevamo che era solo la pioggia.
 
Mio padre, Malachy McCourt, era nato in una fattoria di Toome,
nella  contea  di  Antrim.  Come  suo  padre  prima  di  lui,  finì  per
diventare uno scapestrato sempre nei guai con gli inglesi, o con gli
irlandesi, o con tutti e due. Aveva combattuto tra le fila dell'IRA di
allora  e  dopo  un'azione  disperata  si  era  dato  alla  macchia.  Così  gli
avevano messo una taglia sulla testa.
Da bambino guardavo mio padre, i suoi capelli sempre più radi, i
suoi denti traballanti, e mi domandavo perché mai qualcuno volesse
buttare  il  suo  denaro  per  una  testa  come  quella.  Quando  compii
tredici  anni,  sua  madre  mi  confidò  un  segreto:  da  piccino,  il  tuo
povero papà è caduto e ha picchiato la testa; dopo quell'incidente non
è  stato  più  lo  stesso.  Perciò  ricordati:  chi  picchia  la  testa  a  volte
diventa un po' strano.
Con una taglia che gli pendeva su quella sua testa picchiata, mio
padre dovette sparire dall'Irlanda e fu così che a Galway s'imbarcò su
un mercantile. Arrivato a New York, dove imperava il proibizionismo,
credette di essere sprofondato all'inferno per tutti i suoi peccati. Poi
scoprì gli spacci clandestini e si tirò su.
Dopo  aver  bevuto  e  vagabondato  per  l'America  e  l'Inghilterra,
negli  ultimi  anni  sentì  il  desiderio  di  fermarsi  e  starsene  in  pace.
Ritornò a Belfast; intorno a lui la città esplodeva. Che gli venisse un
colpo  a  tutti  quanti,  disse  allora,  e  si  mise  a  chiacchierare  con  le
signore di Andersontown. Quelle lo tentavano con leccornie prelibate,
ma lui rifiutava con un cenno della mano e beveva il suo tè: adesso
che non fumava e non toccava più neanche un goccio che gusto c'era?
Ormai era arrivato il momento di andarsene e infatti poco dopo morì
al Royal Victoria Hospital.
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Mia  madre,  che  da  ragazza  si  chiamava  Angela  Sheehan,  era
cresciuta invece in una catapecchia di Limerick con la mamma, i due
fratelli Thomas e Patrick e la sorella Agnes senza conoscere mai suo
padre,  scappato  in  Australia  qualche  settimana  prima  che  lei
nascesse.
Dopo una serata trascorsa a bere birra scura nei pub di Limerick,
Nonno  cammina  barcollando  per  la  via  e  canta  la  sua  canzone
preferita:
Chi ha tuffato il tuo tutino nel brodino di Miss Murphy?
Ma  nessuno  osò  parlare  e  così  dové  strillare:  è  uno  scherzo  da
irlandese mo lo mando a quel paese.
Chi ha tuffato il suo tutino nel brodino della Murphy?
 
Tutto sommato si sente in gran forma e allora quasi quasi gioca un
po' col piccolo Patrick, un anno compiuto. Che amore di bimbo. Adora
il suo papino. Ride sempre quando Papino lo fa volare in aria. E vola
vola  vola,  chicco  Paddy,  vola  vola  in  aria  al  buio,  e  quant'è  buio.
Oggesù, stavolta l'hai mancato e il povero piccolo Patrick picchia la
testa per terra, manda un gorgoglio, piagnucola, tace. Nonna si tira su
dal  letto,  appesantita  dalla  creatura  che  porta  nella  pancia,  mia
madre. Con gran fatica solleva il piccolo Patrick. Lo guarda, lancia un
lungo lamento e poi dice a nonno: Vattene via. Fuori. Se non te ne vai
subito,  ti  faccio  a  pezzi  con  l'ascia,  brutto  ubriacone  scervellato.
Q'uant'è vero Iddio, mi faccio pure impiccare. Fuori.
Nonno l'affronta  da  uomo.  Io,  dice,  c'ho  diritto  di  restare  a  casa
mia.
Lei gli si getta addosso e allora. davanti a quel derviscio rotante
con un bambino rotto in braccio e una bambina intera che le scalcia
dentro, lui crolla. Esce incespicando, risale di corsa il vicolo e non si
ferma più fino a Melbourne, Australia.
Da quel giorno il piccolo Pat, mio zio, non fu più lo stesso. Venne
su  con  qualche  rotella  di  meno  in  testa  e  la  gamba  sinistra  che
andava per i fatti suoi. Non imparò mai né a leggere, né a scrivere, ma
Dio l'aiutò in un'altra maniera: quando a otto anni si mise a vendere
giornali  risultò  che  a  contare  i  soldi  era  più  bravo  del  ministro  del
Tesoro.  Nessuno  sapeva  perché  l'avessero  soprannominato  l'Abate,
ma tutta Limerick gli voleva bene.
6
I guai di mia madre ebbero inizio la notte in cui venne al mondo.
Mia nonna è a letto con le doglie che ansima e boccheggia, e intanto
prega  san  Gerardo  Maiella,  patrono  delle  partorienti.  L'infermiera
O'Halloran, la levatrice, le sta accanto tutta in ghingheri. E' l'ultimo
dell'anno  e  l'infermiera  O'Halloran  non  vede  l'ora  che  la  creatura
nasca  per  correre  a  cenoni  e  feste  varie.  Dice  a  mia  nonna:  Spingi,
forza, spingi. Gesù, Giuseppe e Maria, se non ti sbrighi 'sta creatura
nasce l'anno prossimo, e se nasce l'anno prossimo dove me lo sbatto il
vestito nuovo? Lascialo perdere, a san Gerardo. Foss'anche un santo,
in un momento così che se ne fa una donna di un uomo? Ma mandalo
affanculo, a san Gerardo.
Allora  mia  nonna  si  mette  a  pregare  sant'Anna,  patrona  dei
travagli  difficili.  Ma  la  creatura  non  vuole  uscire.  E  l'infermiera
O'Halloran dice a mia nonna: allora meglio san Giuda, patrono dei
casi disperati.
San  Giuda  mio,  patrono  dei  casi  disperati,  aiutami  tu  che  sono
disperata. Nonna grugnisce e spinge e finalmente spunta la testa, ma
solo  la  testa:  mia  madre.  E  scocca  la  mezzanotte,  è  l'anno  nuovo.
Tutta Limerick è un tripudio di fischi, corni, sirene, bande d'ottoni,
gente che grida e canta Un giorno tu mi lascerai e più non tornerai! e
dappertutto le campane suonano l'angelus e l'infermiera O'Halloran
scoppia  in  singhiozzi  per  il  vestito  sprecato,  la  creatura  sta  ancora
nella pancia e io qui tutta in ghingheri. Ma vuoi uscire, creatura mia,
vuoi uscire? Nonna spinge forte forte e dà alla luce una bambina, una
bella femminuccia con i riccioli neri e due occhi azzurri e tristi.
Ah,  sant'Iddio,  dice  l'infermiera  O'Halloran,  com'è  che  'sta  pupa
mi va a cavallo del tempo, com'è che mi è nata con la testa nell'anno
nuovo e il culo in quello passato, o era la testa nell'anno passato e il
culo in quello nuovo? Signora mia, a te ti toccherà scrivere al papa per
sapere in che anno è nata 'sta pupa e a me mi toccherà mettere da
parte il vestito per l'anno venturo.
E alla bambina fu dato il nome di Angela per via dell'angelus che
annunciò  la  mezzanotte,  il  nuovo  anno,  l'ora  del  suo  arrivo,  e
comunque anche perché era un angioletto.
 
Non ti scordare la mamma adorata anche se è debole, vecchia e
ingrigita, che mai il suo amore ti mancherà finché sepolta non sarà.
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Alla  Scuola  Saint  Vincent  de  Paul  Angela  imparò  a  leggere,
scrivere e far di conto, e quando compì nove anni i suoi studi erano
già  bell'e  finiti.  Provò  il  mestiere  di  domestica,  di  servetta,  di
cameriera in crestina bianca incaricata di aprire la porta, ma siccome
non riusciva a fare il piccolo inchino richiesto alla fine sua madre le
disse: Non ci sei portata. Sei proprio inutile. Perché non te ne vai in
America, che là per le cose inutili c'è un sacco di posto? Il biglietto lo
offro io.
Arrivò a New York appena in tempo per celebrare il primo giorno
del Ringraziamento della Depressione. Conobbe Malachy alla festa di
Dan  MacAdorey  e  di  sua  moglie  Minnie  in  Classon  Avenue,  a
Brooklyn. Lei piacque a lui e lui piacque a lei. Malachy aveva un muso
lungo  così  perché  veniva  fresco  fresco  da  tre  mesi  di  galera  per  il
sequestro  di  un  camion.  Allo  spaccio  clandestino  di  liquori  gli
avevano  detto  che  il  camion  era  imbottito  di  maiale  e  fagioli  in
scatola;  lui  e  il  suo  amico  John  McErlaine  ci  avevano  creduto.
Nessuno  dei  due  sapeva  guidare  e  vedendo  il  camion  procedere  a
strappi  e  balzelloni  per  Myrtle  Avenue  la  polizia  li  aveva  fermati.
Mentre  perquisivano  il  camion,  gli  agenti  si  erano  chiesti  come  gli
potesse  essere  venuto  in  mente  di  sequestrare  un  camion  che
trasportava non maiale e fagioli, bensì casse di bottoni.
Siccome ad Angela quel muso lungo piaceva e Malachy si sentiva
solo  dopo  i  tre  mesi  di  galera,  non  poteva  che  finire  con  un
tremaginocchio.
Un  tremaginocchio  è  farlo  in  punta  di  piedi  contro  un  muro,
quando sei talmente incordato che le ginocchia ti tremano tutte.
Quel  tremaginocchio  lì  mise  Angela  in  uno  stato  interessante,  e
ovviamente cominciò a spargersi la voce. Angela aveva due cugine, le
sorelle  MacNamara,  della  l'una  e  Philomena  l'altra,  sposate
rispettivamente  con  Jimmy  Fortune  della  contea  di  Mayo  e  Tommy
Flynn di Brooklyn Brooklyn.
Delia  e  Philomena  erano  due  donnoni  pettoruti  e  implacabili.
Quando le vedevano incedere sui marciapiedi di Brooklyn, gli esseri
inferiori si facevano da parte in segno di rispetto. Le sorelle sapevano
cos'era  giusto  e  cos'era  sbagliato;  quanto  ai  casi  dubbi,  ci  pensava
l'unica e santa Chiesa cattolica apostolica romana. Fra le tante cose,
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della  e  Philomena  sapevano  che  Angela,  essendo  nubile,  non  era
autorizzata  a  trovarsi  in  stato  interessante  e  che  perciò  dovevano
prendere provvedimenti.
Come appunto fecero. Con Jimmy e Tommy a rimorchio, si misero
in  marcia  per  lo  spaccio  di  Atlantic  Avenue,  che  Malachy  bazzicava
quantomeno  il  venerdì,  giorno  di  paga  quando  aveva  un  lavoro.  Il
gestore, Joey Cacciamani, non voleva farle entrare, ma Philomena gli
disse che se voleva conservare al loro posto il suo bel naso e la porta
del locale, era meglio se apriva subito, perché a mandarle era Dio in
persona.  Joey  ribatté:  Vabbuo,  vabbuo,  però  con  voi  irlandesi...
Gesummaria! Rogne, sempre rogne.
Malachy, che stazionava in fondo al bancone, diventò bianco come
un cencio, lanciò un sorriso fiacco alle pettorute e offrì un bicchiere a
tutti. Le sorelle ignorarono il sorriso e sdegnarono l'offerta. della gli
disse: Ma tu, da che razza di tribù nordirlandese vieni?
Philomena aggiunse: Mi sa che in famiglia c'hai dei presbiteriani...
E allora si spiega quello che hai combinato alla cugina nostra.
Jimmy commentò: Ebbe, ebbe, se c'ha dei presbiteriani in famiglia
mica è colpa sua.
Delia ribatté: Zitto te.
Tommy  doveva  dire  la  sua:  Quello  che  hai  combinato  a  quella
povera disgraziata è un disonore per tutta la razza irlandese e tu te ne
dovresti vergognare.
Och, se mi vergogno, disse Malachy. Mi vergogno eccome.
Nessuno  t'ha  chiesto  di  parlare,  disse  Philomena.  Hai  già  fatto
abbastanza danno con le tue chiacchiere, perciò chiudi il becco.
E mentre tieni chiuso il becco, disse Delia, vedi di riparare al torto
che hai fatto alla povera cugina nostra Angela Sheehan.
Malachy disse: Och, senz'altro. Och, senz'altro. Quel che è giusto è
giusto, perciò già che ci siamo voglio offrire un bicchiere a tutti.
Prendi il bicchiere, intervenne Tommy, e ficcatelo in culo.
E  Philomena  aggiunse:  La  cuginetta  nostra  non  fa  nemmeno  in
tempo  a  scendere  dalla  nave  che  tu  le  zompi  addosso.  A  Limerick
c'abbiamo una morale, che ti credi? Una morale. Non siamo mica di
Antrim, dove ci si accoppia come conigli e c'è pieno di presbiteriani.
Però non sembra mica presbiteriano, disse Jimmy.
Zitto te, disse Delia.
E abbiamo notato un'altra cosa, disse Philomena. C'hai un modo
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di fare molto strano.
Malachy sorrise: Chi, io?
Sì, tu, risponde Delia. Mi sa tanto che è una delle prime cose che
abbiamo notato, quel modo di fare strano che c'hai, e ci fa uno strano
effetto.
E' quel sorrisetto infame da presbiteriano, disse Philomena.
Och, disse Malachy, è che c'ho dei guai con i denti.
Denti  o  no,  disse  Tommy,  e  modo  di  fare  strano  o  no,  tu  quella
ragazza te la sposi. Te la porti sull'altare.
Och,  disse  Malachy,  veramente  non  era  nei  miei  programmi.  Il
lavoro non si trova e non sarei proprio in grado di mantenere una...
Tu te la sposi, disse Delia.
Sull'altare, disse Jimmy.
Zitto te, disse Delia.
 
Mentre uscivano, Malachy le seguì con lo sguardo. Mi sono proprio
cacciato in un bel casino, disse poi a Joey Cacciamani.
Poco ma sicuro, gli rispose Joey. Se mi vedevo quelle due venirmi
addosso, io dentro allo Hudson mi buttavo.
Malachy  rifletté  sul  bel  casino  in  cui  s'era  cacciato.  Aveva  un
avanzo dell'ultimo salario in tasca e uno zio a San Francisco, o in un
altro  dei  tanti  Santi  californiani,  Non  sarebbe  stato  meglio  in
California, lontano dalle pettorute MacNamara e da quei beccamorti
dei loro mariti. Eccome, eccome, a pensarci bene ci voleva proprio un
goccetto di quello irlandese per festeggiare decisione e partenza. Joey
gli versò da bere e il liquore quasi gli strappò via la pelle dell'esofago.
Irlandese, un corno! Quello era un intruglio proibizionista fatto dal
diavolo  in  persona.  Joey  si  strinse  nelle  spalle.  Io  niente  so.  Io
riempio i bicchieri e basta. Comunque sempre meglio che un pugno in
un occhio e anzi, quasi quasi se ne prendeva un altro, e riempitene
uno pure tu, Joey, e chiedi pure a quei due bravi italiani laggiù che
prendono, ma che discorsi fai, certo che i soldi ce li ho.
Quando  si  svegliò  su  una  panchina  della  stazione  ferroviaria  di
Long  Island  perché  un  poliziotto  gli  stava  tamburellando  sugli
scarponi  col  manganello,  i  fondi  per  la  fuga  erano  bell'e  finiti  e  le
sorelle MacNamara lo aspettavano a Brooklyn, pronte a mangiarselo
vivo.
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