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ALBERONI —
L'ALBERO.
DELLA nile.
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SAGGI BLU
Altri libri dello stesso autore:
L’élite senza potere
Vita e Pensiero, Milano, 1963.
Ripubblicato da Bompiani, Milano, 1973.
Consumi e società
Il Mulino, Bologna, 1964.
Seconda edizione accresciuta, 1967.
L’integrazione dell’immigrato nella società industriale
(in coll. con G. Baglioni)
Il Mulino, Bologna, 1966.
L’attivista di partito
(in coll. con A. Manoukian, F. Olivetti e A. Tosi)
Il Mulino, Bologna,1967.
Statu nascenti
Il Mulino, Bologna, 1968.
Classi e generazioni
Il Mulino, Bologna, 1970.
Italia in trasformazione
Il Mulino, Bologna 1976
Innamoramento e amore
Garzanti, Milano 1979
Movimento e istituzione
Il Mulino, Bologna, 1981
Le ragioni del bene e del male
Garzanti, Milano, 1981.
L'amicizia
Garzanti, Milano, 1984.
L’erotismo
Garzanti, Milano, 1986.
Pubblico e Privato
Garzanti, Milano, 1987.
L’altruismo e la morale
(in coll. con S. Veca)
Garzanti, Milano 1988.
FRANCESCO ALBERONI
L’albero della vita
GARZANTI
Prima edizione: febbraio 1982
Undicesima edizione: dicembre 1988
ISBN 88-11-59901-6
© Garzanti Editore s.p.a., 1982
Printed in Italy
INTRODUZIONE
Ho scritto questo libro mentre stava uscendo la seconda
edizione di Movimento e istituzione col sottotitolo teoria
generale (Il Mulino, Bologna 1981). Movimento e isti-
tuzione è un libro di sociologia, forse una delle ultime
opere di teoria sociologica, lungo quasi seicento pagine.
Verrà studiato in qualche università, ma saranno pochi
gli intellettuali, gli uomini di cultura ed i politici che lo
leggeranno veramente. Il mondo moderno ci rende fret-
tolosi, superficiali. Quale giornalista, quale critico ha
tanto tempo da dedicarvi? Ora, nei molti anni in cui ho
lavorato attorno al grande tema dello stato nascente,
dei movimenti, delle istituzioni e delle civilizzazioni cul-
turali — quasi vent'anni — io non sono stato spinto dal
desiderio di compiere un’opera erudita. Ho costruito una
teoria generale per avere e fornire uno strumento adatto
a comprendere e agire in questo mondo che, già alla metà
degli anni Sessanta, stava subendo uno sconvolgimento
radicale. Ciò che stiamo facendo avrà conseguenze incal-
colabili sul futuro. Come studioso non ho perciò cercato
soltanto una elegante sistemazione concettuale, ma ho
tentato di cogliere la struttura del processo autogene-
tico del sociale; le forze, razionali ed irrazionali, che
spingono individui e società, attraverso una distruzione
creatrice, verso qualcosa che essi intravvedono come una
meta ultima.
In Movimento e istituzione mi sono imposto la più
rigorosa disciplina scientifica: a) scrivere solo ciò che
D
appare dimostrato e b) farlo in modo tale da essere con-
futabile. In un libro di scienza non c’è spazio per la
speranza. Avrei addirittura potuto scrivere la dinamica
dello stato nascente in equazioni, come stavo per fare
con Ilya Prigogine e Giuseppe Lanzavecchia.'
Ma so che vi sono altre cose che la scienza non può,
almeno per ora, dimostrare; cose che ho pensato, cose
in cui credo, cose in cui spero. So che, per me, è questa
la parte più importante del mio lavoro, perché anch'io,
come tutti, ho bisogno di un orientamento sul mondo,
perché la vita non può scorrere se non ha un senso e
non ha un futuro. Ecco perché, proprio mentre rifinivo
con freddezza la teoria sociologica generale, ho sentito
il bisogno ed il dovere di dire anche ciò che ho intrav-
visto nei vent'anni durante i quali vi ho lavorato: il
pre-scientifico, in cui l’intuizione non è ancora diventata
ipotesi, teoria, corollario, verifica; l'illuminazione che ac-
compagna qualunque scoperta scientifica, e che è sempre
un vedere al di là, anche se poi quello che si riesce a trat-
tenere è pochissimo. A questo livello la scoperta scientifica
ha la stessa natura della poesia e della visione profetica,
è una breccia che lo slancio vitale fa nel muro delle appa-
renze, un vedere oltre, sia pure per un istante. Molti stu-
diosi hanno saputo comunicare queste intuizioni, queste
rapide accensioni, attraverso la poesia, il romanzo o il
teatro.
Io so di non avere alcuna vocazione letteraria; non
so scrivere un racconto e mi perdo nel leggere un roman-
zo. È per questo motivo che ho scelto di dare a questo
materiale poetico-scientifico la forma di un saggio breve,
così come avevo fatto per [Innamoramento e amore. Chi
1 La teoria della dinamica fondata sui tre principi è, effettivamente,
di tipo termodinamico. Prima della sua stesura definitiva mi ha molto
giovato un seminario tenuto a Milano da Ilya Prigogine. In seguito Lan-
zavecchia ha rivisto criticamente il mio testo. Sul pensiero di Prigogine
vedi La nuova alleanza, Longanesi, Milano 1979.
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conosce le mie opere si accorgerà che, in questo lavoro,
vi è una influenza di Ernst Bloch, di Teilhard de Char-
din e di Edgar Morin.
2 ERNST BLOCH. L'influenza di Bloch è avvenuta anche grazie alle con-
versazioni con Francesco Coppellotti con cui, in un seminario all’Istituto
di Sociologia dell’Università di Milano da me diretto, abbiamo a lungo
discusso dei rapporti fra il concetto di avvento di un avvento dello stato
nascente e quello di Vorschein di Bloch. Restando sul terreno puramente
sociologico lo stato nascente può essere ridotto a un sistema categoriale e,
quindi, questa esperienza viene spiegata come una diversa strutturazione
del tempo. Il Vorschein è, invece, una pre-apparizione e, quindi, una uto-
pia. Rispetto a Movimento e istituzione c’è stato quindi un mio avvici-
namento a Bloch, però io continuo ad essere dell’opinione che lo stato
nascente sia transitorio. L’esistenza di un sistema categoriale come quello
dello stato nascente comunque dimostra che nell’uomo vi è una struttura
che lo predispone a mutare e che la direzione della « mutazione umana »
è già predeterminata. La letteratura su Bloch in italiano incomincia ad
essere abbondante. A mio giudizio particolarmente importanti sono: Atei-
smo nel cristianesimo, Per la religione dell'esodo e del regno, trad. ital. e
introduzione di Francesco Coppellotti, Feltrinelli, Milano 1971; Religione
in eredità (antologia di scritti di filosofia della religione a cura di S. Molt-
mann e R. Stunk), trad. ital. e prefazione di F. Coppellotti, Morcellia-
na, Brescia 1979; Spirito dell’Utopia (seconda versione rielaborata 1923,
1964), nota critica, trad. ital. e note di F. Coppellotti e V. Bertolino,
La Nuova Italia, Firenze 1981. Sul concetto di tempo in Bloch vedi REMO
BopEI, Multiversum. Tempo e storia in Ernst Bloch, Bibliopolis, Napoli
1979. Sulle mie critiche ;a Bloch vedi, in Movimento e istituzione, le
Pp. 50-53 e, più in generale, il capitolo sulla democrazia, pp. 255-268.
TEILHARD DE CHARDIN. Il punto di contatto fra il pensiero di Teil-
hard de Chardin e il mio è rappresentato da alcuni suoi scritti del tempo
di guerra ed in particolare La nostalgia del fronte. Vedi Opere di Teil-
hard de Chardin, Il Saggiatore, Milano 1970, vol. v, pp. 229-291. Qui
Teilhard osserva che avvicinandosi al fronte «la corazza paralizzante e
assorbente delle preoccupazioni piccole e grandi di salute, di famiglia, di
successo, di avvenire ... scivola dall'anima senza fatica, come un abito
logoro (p. 240) ... Ah come è doloroso trovarsi così di rado in presenza di
un’opera da compiere: un’opera alla quale l’anima sente di donarsi tutt’in-
tiera ... per una volta almeno il compito umano si rivela superiore alle
nostre aspirazioni (p. 248) ... Con la guerra, una fessura si era prodotta
ne!la crosta delle banalità e delle convenzioni. Una «finestra» si era aper-
ta, svelante i meccanismi segreti e gli strati profondi del divenire umano »
(p. 248). In questo periodo Teilhard de Chardin vive uno stato nascente
che si riconosce nella solidarietà collettiva, nell’unio mistica della frater-
nità d’armi. Egli parla di una « realtà sovrumana che era apparsa ai com-
battenti » e osserva che «l’umanità nasce principalmente nelle ore di
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L’albero della vita, perciò, non è un libro sociologico.
Chi vuole, con serietà, criticare la teoria sociologica che
sta dietro queste pagine, deve sobbarcarsi la lettura
— arriverei a dire lo studio — di Movimento e istituzione.
Qui espongo una ipotesi sul mondo, do voce alla intui-
zione che ha alimentato i miei studi sulla trasformazione
sociale con le sue grandezze ed i suoi orrori. In questo
libro racconto la meraviglia che ho sempre provato di
fronte alla straordinaria creatività della vita, dalle forme
biologiche all’uomo, alle società complesse; lo stupore di
fronte alla sua patetica fragilità e alla sua stupefacente
intelligenza. Questo avvicinamento fra bios e società
viene per me naturale, per la mia biografia. Ho studiato
e mi sono laureato in medicina, per anni ho lavorato sul
crisi ». È stata, probabilmente, una sciagura che questo grande pensatore
abbia sperimentato lo stato nascente in corrispondenza di una guerra e
non di un movimento o di un amore. Egli, infatti, è perfino spaventato dai
suoi sentimenti. In seguito cercherà di trovare una finalità nella guerra in
quanto essa, comunque, stabilisce dei legami attraverso le frontiere e in tal
modo unifica, sia pur dolorosamente, il mondo. Io penso che la via mae-
stra dell’umanità sia quella di una elaborazione razionale della speranza
dello stato nascente e che la guerra oggi ne costituisca, invece, un prodotto
irrazionale. Un altro concetto cruciale di Teilhard de Chardin da me
utilizzato è quello di complessità, ma mi sembra che oggi tutti gli dob-
biamo questo riconoscimento.
EDGAR MORIN. Il mio debito con Morin risale al Journal de Californie,
Seuil, Paris 1970. Mi ha colpito in modo particolare un passaggio in cui,
parlando con Jonas Salk all’Harvard Club, Morin scrive: « Dico a Salk:
«Non può essere un caso che la rivoluzione biologica arrivi nel momento
in cui l’uomo ha bisogno di rivoluzionare se stesso.» Il suo viso si illumina.
Ho capito. Per lui è al di là di ogni dubbio che la rivoluzione biologica
viene dal bios stesso, che essa appare perché l’uomo è già in rivoluzione e
per portare a compimento questa rivoluzione ... in un certo senso il DNA
esce dal suo segreto, inizia il suo strip-tease sotto il microscopio dei bio-
logi che egli stesso ha attratto, perché ha bisogno dell’arma scientifico-
tecnica con cui raggiungere un nuovo livello di sviluppo » (p. 108). Morin
ritorna sul tema ne Le paradigme perdu: la nature humaine, Seuil, Paris
1973. Scrivendo la Vie de la Vie, Seuil, Paris 1980 e Pour sortir du
vingtième siècle, Fernand Nathan, Paris 1981, egli diventa più prudente,
come si addice a chi lavora col metodo scientifico. Anche nel caso di
Morin questa intuizione, comunque, deriva da uno stato nascente come
chiunque può accertare analizzando il Journal de Californie.
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