Table Of ContentS. TOMMASO D'AQUINO
LA SOMMA
TEOLOGICA
TRADUZIONE E COMMENTO
A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI
TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA
IV
LA CREAZIONE .. GLI ANGELI
(I, qq. 44-64)
Edizioni Studio Domenicano
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Stampa Marzo 1988
LA CREAZIONE
(I, qq. 44 49)
LA CREAZIONE
(I, qq. 44-49)
TRADUZIONE E NOTE dcl P. Tito S. Centi O. P.
INTRODUZIONE
I
Le Fonti.
1 - I problemi affrontati dal Dottore Angelico nelle sei que
stioni, che vengono considerate come il trattato De Creatione,
sono tra i più vitali del pensiero umano. Come si spiega
l'origine delle cose? C'è stato un cominciamento del mondo?
E possibile pensare all'ipotesi di un mondo eterno? Come dob
biamo concepire la creazione? Da che deriva la diversità delle
cose, e soprattutto la diversità tra il bene e il male, ammessa
l'universale causalità divina?
Questi problemi si riallacciano alla questione dell'esistenza
di Dio (I, q. 2). Il mondo per la sua problematicità ci ha co
stretti a riconoscere l'esistenza di un primo motore, di una
prima causa, di una realtà necessaria in modo assoluto, di
una perfezione assoluta e di una suprema intelligenza or
dinatrice (I, q. 2, a. 3). Ora si tratta di vedere in quale ma
niera l'essere contingente e non mai perfettamente in atto possa
dipendere dall'essere per essenza, dall'atto puro. - Il primo
influsso della causa suprema sarà la partecipazione stessa del
l'essere, che Dio solo possiedé in forza di se medesimo, essendo
egli solo l'essere per essenza. Avremo quindi la creazione.
S. Tommaso vedeva questa dipendenza causale con tanta
chiarezza da non sospettare neppure che una simile idea fosse
divenuta patrimonio della cultura umana soltanto attraverso
i libri della rivelazione divina. Secondo lui " filosofi, come
Platone, Aristotele e i loro seguaci, erano giunti alla consi
derazione dell'essere nella sua universalità; perciò essi erano
giunti ad ammettere una causa universale delle cose, dalla
quale tutti gli esseri sono venuti all'esistenza, .come appari
sce dalla testimonianza di S. Agostino [8 De Civit. Dei, c. 4).
E questa sentenza trova il consenso della fede cattolica » (De
Pot., q. 3, a. 5).
Detti filosofi avrebbero invece negato la creazione nel tempo ;
e in questo soltanto il loro pensiero sarebbe in contrasto con
8 LA CREAZIONE
la rivelazione. Per questo Aristotele e Platone figurano an
ch'essi tra le fonti del trattato tomistico della creazione, pur
facendo delle riserve nei riguardi di Platone (cfr. 2 Sent., d. 1,
q. 1, a. 1). E noto invece che il pensiero greco non si sollevò
mai a tanta altezza.
Nonostante questo svantaggio iniziale S. Tommaso ha sa
puto affrontare, con una profondità di intuizione senza con
fronti nella storia del pensiero, i problemi proposti; e risol
verli in perfetta coerenza con i principii fondamentali del suo
sistema.
2 - Accanto ad Aristotele il Dottore Angelico trovava i filo
sofi arabi. Anch'essi "si erano sollevati alla considerazione
del! 'ente in quanto ente n ; non si erano però mai sbarazzati
della materia coeterna al primo principio, e dell'emanazioni
smo ereditato dai greci. Anche Avicenna, che qui espressa
mente viene citato dall'Aquinate, è rimasto impaniato in certi
motivi del neoplatonismo (cfr. A. M. Go1cHoM, La distinction
de l'essence et de l'existence d'après lbn Sina (Avicenne), Pa
ris, 1937, pp. 224-244).
Si era invece accostata maggiormente al pensiero cristiano
la speculazione filosofica dei figli d'Israele. S. Tommaso ri
corda in particolare Mosè Maimonide (2 Sent., d. 1, q. 1, a. 5).
Ma le vere fonti del nostro trattato sono la Scrittura e le
opere dei santi Padri. Tra questi ultimi sono particolarmente
utilizzati i testi di S. Agostino e dello Pseudo-Dionigi. L'Aqui
nate ha saputo apprezzare lincalcolabile ricchezza della
speculazione agostiniana relativa ai problemi affrontati nelle
qq. 44-49 della I Parte. Basta ricordare i motivi fondamentali di
quella speculazione, per vederli riaffiorare tutti nelle soluzioni
tomistiche. Contro i Manichei Agostino aveva difeso la radi
cale bontà di tutto l'universo, emanazione della bontà di Dio;
aveva rettificato l'esemplarismo platonico; e, dopo aver di
stinto nettamente la creazione da ogni altra operazione, aveva
riservato a Dio solo l'atto creativo. Inoltre, riscontrando in
ogni creatura un vestigio della Trinità, e risolvendo magi
stralmente il problema del male, aveva spianato la via alla
sintesi tomistica su questi argomenti. Con Dionigi e con Boe
zio egli forniva ali' Aquinate una interpretazione cristiana si
cura del concetto di partecipazione, così essenziale per il trat
tato che abbiamo preso a esaminare (cfr. FABRO C., La nozione
meta'{isica di partecipazione secondo S. Tommaso d'Aquino,
Milano, 1939, pp. 73-103).
3 - La dipendenza da queste fonti non toglie alla specula
zione tomistica la sua impronta di originalità anche in que
sto trattato. Infatti l'Aquinate mirava a un approfondimento
scientifico della dottrina cristiana elaborata dai santi Padri ;
perciò troviamo il suo spirito costantemente rivolto ai prin-
INTRODUZIONE 9
cipii filosofici del suo sistema. Egli cerca le basi razionali di
tutti gli elementi non essenzialmente soprannaturali del pen
siero cristiano. Con una libertà di giudizio, che a qualcuno
è sembrata una profanazione, egli stabilisce i confini tra ra
gione e fede, consigliando moderazione ai maestri cristiani,
che qualche volta si lasciano prendere dalla tentazione di di
mostrare l'indimostrabile.
L'indagine tomistica ha avuto il suo frutto più maturo nella
determinazione esatta del concetto di creazione. In definitiva
la cn~azione non è che una relazione reale esistente nella crea
tura stessa, mentre l'atto creativo di Dio si identifica con la
divina essenza. Perciò è legittima quella paradossale conclu
sione: "la creatura precede la creazione stessa" (I, q. 45, a. 3,
ad 3).
Se i filosofi posteriori avessero meglio compreso questa dot
trina, ci aHcbbero risparmiato non poche divagazioni di va
lore discutibile intorno al concetto di creazione. La filosofia di
Vincenzo Gioberti, p. es., è impostata in gran parte su una di
queste falsific.azioni. Il filosofo del risorgimento italiano è ca
duto nel trabocchetto di quello schema semplir,ista: Dio =
creazione = creatura. Soltanto in questo schema la creazione
è un "nesso>>, un "legame'" un "anello intermedio"• come
vuole Gioberti; mentre in realtà tra Dio e il mondo esiste
solo una relazione, non già un'impresa creativa. Purtroppo il
filosofo piemontese non teneva conto di queste precisazioni,
quando considerava quelle tre cose come termini reali (V. GIO
BERTI, Introduzione allo studio della Filosofia, Capolago 1845,
voi. 2, p. i93).
Non parliamo poi del tentativo fatto dal Gioberti, di con
vertire la creazione nel deus ex machina per risolvere l'anti
nomia tra Ente ed esistente nel problema della conoscenza.
Contemporaneo del Rosrnini, fu anch'egli costantemente
preoccupato di dare alla facoltà intellettiva dell'uomo un
oggetto, che la rendesse attuale senza dipendere dai sensi e
da tutti i processi psicologici. La creazione, concepita come
una proiezione cinematografica continuata, parve la soluzione
ideale (op. cit., voi. 2, p. 405).
Per lo stesso motivo anche Rosmini si avvicinò a questo
falso concetto di creazione, e considerò gli esseri contingenti
come termini, sia pure improprii, dell'essere iniziale (Teoso
fia, Ed. Roma, i938, vol. i, pp. 210, 224).
I due filosofi ebbero il torto di confondere l'atto creativo con
l'att.o esistenziale delle cose, e di pensare a quest'ultimo come
a una proiezione fisica della realtà divina. Così essi compro
mettevano la trascendenza di Dio, senza afferrare il concetto
esatto di creazione come. semplice relazione. L'essere, che è
dato, è qualche cosa soltanto di analogico all'essere divino.
10 LA CREAZIONE
Ma purtroppo il concetto di analogia non era valorizzato dai
filosofi del secolo scorso, mentre esso soltanto può guidare chi
vuol risolvere il problema delle origini dell'universo, senza
cadere nel panteismo e nell'emanatismo.
II
Il cominciamento del mondo e la possibilità
della creazione ab aetemo.
4 - L'indole propria dell'indagine razionale dell'Aquinate
si manifesta, in tutto il suo rigore, nella spassionata disamina
degli argomenti addotti a favore di un cominciamento tem
porale dell'universo. La questione era tra le più appassionanti
per gli studiosi del secolo XIII. Il pensiero cristiano e quello
aristotelico, che in quel tempo era considerato senz'altro la
scienza, parevano irriducibili su di un punto così delicato.
Non esisteva infatti il minimo dubbio che nella Bibbia si
parlasse di un cominciamento del mondo all'inizio del tempo;
mentre Aristotele dal canto suo si era ingegnato di dimostrare
inconcludenti le prove portate a favore di un cominciamento
dell'universo (f De Caelo et Mundo, c. 12). Alcuni perciò con
cludevano che la fede era compromessa dalla ragione; altri
condannavano come assurde le dimostrazioni aristoteliche; e
finalmente c'erano i difensori delle due verità, cioè gli aver
roisti, i quali dicevano di non scandalizzarsi di questo contra
sto, anzi vi trovavano la conferma della loro tesi. Secondo
costoro poteva darsi benissimo che una cosa fosse vera se
condo la fede e assurda secondo la scienza.
S. Tommaso fin dai primi anni del suo insegnamento as
sunse una posizione personalissima in questa polemica. Di
mostrò che gli argomenti di Aristotele non erano cogenti, e
che le prove dei maestri cristiani a favore del cominciamento
erano anch'esse prive di quel rigore scientifico che si preten
deva. Cosicchè la tesi difesa da questi ultimi rimaneva la
vera, ma soltanto come dogma di fede. - Questo atteggia
mento indipendente destò lo sdegno, per non dire lo scan
dalo, di non pochi maestri; e il Dottore Angelico dovette di
fendersi dalle accuse nell'opuscolo De aeternitate mundi con
tra murmurantes (1271).
Nonostante tutto egli continuò ad insegnare questa dottrina
negli anni della perfetta maturità, quasi con lo stesso ardore
degli anni giovanili. Nella Somma troviamo delle espressioni
così forti, che ai contemporanei dovevano parere addirittura
sconcertanti : " Che il mondo non sia sempre esistito si tiene
soltanto per fede, e non si può provare con argomenti con-