Table Of ContentMAXJOSEF METZGER
lA MIA VITA
PERlA PACE
Lettere dalle prigioni naziste
scritte con le mani legate
Traduzione e cura di Lubomir Zak
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SAN PAOLO
© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2008
Piazza Soncino, 5-20092 Cinisello Balsamo (Milano)
www.edizionisanpaolo.it
Distribuzione: Diffusione San Paòlo s.r.l.
Corso Regina Margherita, 2-10153 Torino
ISBN 978-88-215-6111Hl
PREFAZIONE
del Cardinale Walter Kasper
Il sacerdote Max Josef Metzger fa parte dei coraggiosi
testimoni della fede cristiana, vissuti nell'ultimo secolo, e
dei pionieri del movimento ecumenico, ai quali noi, oggi,
dobbiamo molto e i quali, perciò, meritano che custodiamo
di loro un vivo e nitido ricordo.
Max Josef Metzger ha vissuto il Vangelo e ha amato la
Chiesa in modo esemplare. Entrambe le cose hanno impre
gnato il suo appassionato impegno, facendo di lui un pre
cursore, in Germania, della lotta contro l'ingiustizia socia
le, un apostolo della pace e un pioniere del movimento Una
Sancta. Egli non si è risparmiato nel lavorare per la pace nel
mondo e per l'unità della Chiesa, ma si è offerto totalmen
te per seguire in questo modo il Signore.
Metzger sapeva molto bene che con il suo impegno per
la pace nel mondo, così come con l'avvicinamento dei cri
stiani delle altre confessioni, non si sarebbe fatto soltanto
degli amici. Tale suo atteggiamento, ispirato dalla fede cri
stiana, gli ha procurato, infatti, l'inimicizia di quelli che
allora stavano al potere, la persecuzione e, infine, la morte
sotto la ghigliottina. Egli ha accettato una simile sorte con
la consapevolezza che «Se il chicco di grano caduto in terra
non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto
frutto>> (Cv 12,24).
Nel frattempo la sua semente è germogliata e ha porta-
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to ricchi frutti. Molti sviluppi nella Chiesa cattolica, in atto
dopo la seconda guerra mondiale e a partire dal Concilio
Vaticano II, sono stati preparati e fondati dalla sua opera e
dal suo sacrificio.
Se negli anni passati la figura di Metzger era avvolta in
un certo silenzio, tanto più mi rallegra poter constatare che
con l'apertura del processo di beatificazione iniziano ad
essere riscoperti e riproposti, come ispirativi per noi oggi,
la sua persona, il suo pensiero e la sua opera.
Per questo auguro al presente volume che venga accolto
favorevolmente e che abbia un'ampia diffusione.
+ WALTER CARD. KAsPER
Presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione dell'Unità dei Cristiani
Roma, Avvento 2007
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RINGRAZIAMENTI
Un doveroso grazie va alla sig.ra Annemarie Baumler, su
periore generale del Christkonigs-Institut di Meitingen (Au
gusta), per la gentile concessione dei diritti d'autore per la
traduzione italiana delle Gefiingnisbriefe di MJ. Metzger.
Un fraterno grazie a tutte le consorelle dell'Istituto, in par
ticolare alle sig.re Pia Masa, Annemarie Weill e Gertraud Ross
mann. Senza la loro disponibilità, il loro lavoro preparatorio,
i preziosi consigli bibliografici e l'aiuto concreto nel con
sultare e contestualizzare i manoscritti, non sarebbe stato pos
sibile portare a compimento la presente pubblicazione.
Un sincero e cordiale grazie anche ad Ane:lka Zakova per
il suo indispensabile e generoso aiuto nella battitura e nel
paziente controllo del testo, all'amico prof. Nico De Mico
per la puntuale revisione del testo definitivo e alla prof.ssa
Maria Rosaria Del Genio per la correzione delle bozze.
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INTRODUZIONE
«Scomodo profeta di un mondo migliore>>
Max:JosefMetzger e una nuova visione
della Chiesa e dell'Europa
<<Dio ha bisogno di tanto in tanto di persone
che anticipano il nuovo giorno,
per poterlo annunciare!
Prima, però, che esso incominci,
loro stessi devono morire.»
P. Lippert
<<È chiaro che il mondo è fatto in modo
che non gli si possa donare nulla se non pagandolo
con sofferenza e persecuzione.>>
P.A. Florenskij
l. Il mistero del trentesimo nome
I pesanti colpi della ghigliottina si facevano sentire nella
prigione di Brandenburg-Gòrden, nei pressi di Berlino, alme
no una volta a settimana, riempiendo con il loro malaugura
to e minaccioso suono i cortili deserti e le celle silenziose,
nelle vicinanze dello stabile n. l, nel cui garage avvenivano
le esecuzioni capitalP. E ritornavano puntualmente, anche
quando nella primavera del 1944 gli strateghi di guerra
erano ormai certi dell'inevitabile caduta del Terzo Reich di
Hitler. Anzi, quanto più frequenti e terrificanti diventavano
i bombardamenti della vicina capitale da parte degli allea
ti, tanto più ostinato era il loro ricomparire. Se le decapita-
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zioni dovevano essere eseguite di mattina, la ghigliottina
iniziava a "tuonare" già verso le 6.00, con un ritmo di ogni
tre minuti circa. A quell'ora veniva distribuita ad altri con
dannati a morte la prima colazione, povera e poco nutrien
te: un po' di pane con una tazza di caffè. Di solito nessuno
riusciva a mangiare, fin quando non si concludeva, almeno
per quella volta, il macabro rituale. Tanto, tutti lo sapevano,
esso sarebbe stato nuovamente celebrato la settimana suc
cessiva, richiedendo nuove vittime. I loro nomi si conosce
vano soltanto a qualche giorno, o addirittura a poche ore,
dall'inizio delle esecuzioni. I detenuti, terrorizzati, sapeva
no soltanto una cosa: le prossime vittime della disumana
carneficina nazista, tra le venti o le trenta persone, si trova
vano tra di loro. E ognuno sapeva anche -infatti, le voci sui
particolari passavano da una cella all'altra- come si sareb
be svolta la celebrazione del temuto rituale.
I condannati a morte, che dovevano essere decapitati, ve
nivano prelevati dalle loro celle dopo aver avuto la possibili
tà di ricevere la breve visita del cappellano e di scrivere le let
tere di commiato. Prima di lasciare le celle andava ancora
eseguito l'ultimo ordine: «Vestire solo i pantaloni, senza bre
telle! Calze, mutande e camicia devono essere piegate con
molta cura e poste sullo sgabello! La giacca non va indossa
ta, ma solo poggiata sulle spalle!>>. Appena compariva l'ulti
mo detenuto condotto dalla guardia e appena il capo delle
guardie aveva terminato il controllo dei presenti, poteva ini
ziare la triste processione verso il patibolo. I condannati a
morte avanzavano uno dietro l'altro, e con le mani legate
dovevano tenersi i pantaloni. Quando attraversavano un cor
ridoio particolarmente stretto, sapevano di essere ormai arri
vati. Infatti, il corridoio portava fino alla porta del garage,
davanti alla quale occorreva aspettare. Dentro venivano por-
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tati solo uno per volta. Chi entrava non avrebbe potuto più
raccontare a nessuno cosa vi avrebbe trovato. Non poteva
dire ai compagni di sventura che là li aspettava una commis
sione presieduta dal direttore dell'esecuzione. Questi, accer
tatosi dell'identità del condannato, leggeva la sentenza della
condanna e, subito dopo, comandava alla guardia di condur
re il candidato a morte dietro una grande tenda di colore
scuro. Là si trovava la ghigliottina, assieme al boia, i suoi aiu
tanti e il medico.
Gli aiutanti del boia sapevano bene cosa occorreva fare del
condannato: togliergli velocemente la giacca, legargli le mani
dietro la schiena e costringerlo a sdraiarsi sulla pancia in
modo da poggiare la testa in una apertura a semicerchio. Il
resto riguardava il boia, che con un rapido movimento della
mano metteva in funzione la ghigliottina. Il pesante coltello
staccava subito la testa dal corpo, annunciando l'accaduto
con quel tremendo colpo che faceva rabbrividire i compagni
in attesa della stessa sorte. La testa cadeva in un apposito con
tenitore di metallo, mentre il sangue veniva raccolto dal
medico del vicino ospedale della città, già pronto con la bat
teria delle apposite bottiglie. Il corpo esanime, svestito dei
pantaloni, veniva quindi rinchiuso in una semplice cassa di
legno grezzo, con la testa posta tra i piedi. In pochi minuti si
poteva procedere con un'altra esecuzione. Eseguita l'ultima
decapitazione, i cadaveri venivano trasportati nel crematorio
di Brandenburg. Là venivano scaricati dalle casse e inceneri
ti, mentre le casse, soprannominate dai detenuti "Nasenquets
chd' ("frangi naso"), venivano riportate nella prigione per
essere riutilizzate per le successive esecuzioni.
Nella primavera del1944le decapitazioni furono esegui
te tutti i lunedì pomeriggio. Venivano giustiziati trenta con
dannati a settimana. Quando si avvicinò il lunedì dell7 apri-
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