Table Of ContentA fronte del fermento che sta attraversando la (12) Biblioteconomia e scienza dell’informazione
catalogazione bibliotecaria anche nell’universo dei
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libri e dei documenti librari antichi e rari, questo O
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volume si propone di illustrare le pratiche attualmente E
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in uso, non dimenticando di ipotizzare gli scenari futuri.
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Naturalmente come definire un libro antico o raro è O
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questione che crea non poche difficoltà. Perciò si forniscono
A LORENZO BALDACCHINI
elementi utili a stabilire quali libri e documenti stampati L
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possono essere considerati antichi e/o rari e perché sia A LA DESCRIZIONE
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utile conoscere a fondo la loro natura per descriverli C
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adeguatamente. Per fare questo non può essere ignorata
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N DEL LIBRO ANTICO
la storia degli ultimi secoli della catalogazione di questi I
materiali, tenendo presente i numerosi contributi che al
tema “descrizione dei libri antichi” sono stati apportati di L
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volta in volta da ambienti diversi: biblioteche, antiquariato,
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filologia ecc. Vengono così passati in rassegna quegli E
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strumenti che hanno lasciato il segno in questo campo
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e che meritano di essere ricordati. R
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Lorenzo Baldacchini ha diretto la Malatestiana di Cesena L
e l’Istituzione Biblioteche di Roma e ha insegnato discipline L
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bibliografiche e biblioteconomiche presso vari atenei.
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Attualmente è docente all’Università di Bologna nel Campus O
di Ravenna. Ha al suo attivo un considerevole numero di A
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pubblicazioni, tra cui: Lineamenti di bibliologia (1992), Il libro
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antico (1982 e 2001), Cinquecentina (2003), Aspettando il I
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frontespizio. Pagine bianche, occhietti e titoli nel libro antico O
(2004) e Alle origini dell’editoria in volgare. Nicolò Zoppino da
Ferrara a Venezia (1503-1544). Annali (2011).
ISBN 978-88-7075-861-0
EURO 27,00
9 788870 758610
BIBLIOTECONOMIA
E SCIENZA DELL’INFORMAZIONE
12.
Lorenzo Baldacchini
La descrizione
del libro antico
EDITRICE BIBLIOGRAFICA
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ISBN: 978-88-7075-913-6
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Via F. De Sanctis, 33/35 - 20141 Milano
Proprietà letteraria riservata - Printed in Italy
INDICE
1. Il campo. QualI manufattI 7
1.1 Ma cos’è un libro antico? 8
1.2 Rarità 16
1.3 Come interrogare un libro antico?
Buone pratiche e cose da non dimenticare 18
1.3.1 Definizione di frontespizio 23
1.3.2 Segnatura 29
1.4 Se ben che non siam libri... 45
2. una breve storIa della descrIzIone 55
3. bIblIografIa analItIca e cataloghI 69
3.1 Linguaggi comuni: ISBD(A) e altro 82
3.1.1 Tra le aree 86
3.1.2 Un accesso particolarmente importante per il
libro antico. I responsabili della pubblicazione, stampa,
distribuzione ecc. 90
4. In ItalIa: censImento, sbn(a)e reIcat.
descrIzIone e accessI. oggI cataloghIamo così 99
4.1 Risorse monografiche antiche nell’edizione consolidata
ISBD. Traduzione italiana 2012 101
4.2 Indicazioni per l’applicazione delle REICAT alla
catalogazione del libro antico in SBN 138
4.3 Libro antico nel Web. ISTC, HPB, Opac e Metaopac 169
5. nuovI scenarI, nuovI approccI 173
5.1 Uno sguardo agli USA. Da DCRB a DCRM(B) 184
6. dal lIbro alla raccolta 191
6.1 Collection level cataloging: descrivere le collezioni 195
6.1.1 DCRM Appendix (WG4) 196
7. l’era dell’accesso e dell’IntegrazIone. la descrIzIone e
l’accesso alle rIsorse (rda) 209
conclusIone 211
bIblIografIa 221
IndIce analItIco 243
1. IL CAMPO. QUALI MANUFATTI
È noto che in Italia la disseminazione del patrimonio biblio-
grafico antico ha assunto caratteristiche che la fanno somigliare
ad una dispersione. Questo fenomeno ha determinato una si-
tuazione per la quale i libri dei secoli passati possono trovarsi in
biblioteche molto diverse tra loro: statali, comunali, universita-
rie, ecclesiastiche, di enti ed istituzioni varie.
Se si dovessero fornire dati precisi sulla ricchezza – giustamente
vantata – dei fondi storici delle nostre biblioteche, ci si troverebbe
a disagio. In concreto è quasi impossibile una stima definitiva di
quanti manoscritti e libri antichi ci siano nelle biblioteche italiane,
ma non è neppure facile stimare quanti siano in totale gli istituti
che ne risultano possessori. Qualche ipotesi è tuttavia formulabile,
anche se da prendere – come avvertono quasi sempre le stesse fon-
ti ufficiali – col beneficio dell’inventario. Il numero dei manoscritti
– ad esempio – potrebbe non essere lontano dai 5 milioni, come
testimoniano i sette volumi dell’Iter Italicum di Paul Oskar Kri-
steller (1965-1997). Meno vago è il numero ipotizzabile – grazie
all’IGI – di incunaboli (i libri a stampa del XV secolo), stimabili
nella misura di almeno 50.000 (intendendo il numero degli esem-
plari delle oltre 10.000 edizioni presenti nelle biblioteche italiane
censite da quel repertorio, che sono più di 800). Si segnala che
l’IGI (1943-1981) è una delle fonti sulle quali si è basato l’IISTC
(1998), cioè il più completo repertorio internazionale sulla stampa
del Quattrocento. Per le cinquecentine, dal Censimento nazionale
delle Edizioni del XVI secolo (del quale esiste anche una versione
cartacea che arriva alla lettera F) si può evincere una cifra che non
sarà troppo inferiore al milione di unità. A tale numero si può ar-
rivare stimando in non meno di 85.000 le edizioni (attualmente ne
sono presenti in edIt16 (1984-), la base dati dell’ICCU, l’Istituto
Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane, 67.800),
stabilendo una media di 10 esemplari sopravvissuti per ciascu-
na edizione. Ad essa partecipano attualmente 1.575 biblioteche.
edIt16 non considera le edizioni stampate fuori d’Italia (eccetto
quelle in lingua italiana), che sono quindi da aggiungere a questa
stima, ripetiamo assolutamente approssimativa. Purtroppo la valu-
tazione patrimoniale ha difficoltà ancora maggiori se ci inoltriamo
nei secoli successivi al Cinquecento. Se anche volessimo limitarci
alla semplice registrazione delle edizioni a stampa dal 1601 fino
al 1830, che è poi lo spartiacque che nell’Indice del Servizio Bi-
bliotecario Nazionale separa l’archivio antico dal moderno, non
saremmo in grado di azzardare nessuna cifra credibile. Nell’archi-
vio antico infatti a tutt’oggi i record assommano a 769.037, cifra
che non può essere anche solo minimamente rappresentativa di
un numero complessivo. E stiamo parlando in questo caso solo di
edizioni e non di esemplari!
Se ci si interroga sulle cause storiche di questo fenomeno, si
può arrivare molto lontano. Ci si può limitare a ricordare – ad
esempio – quello che ha rappresentato per molte nostre biblio-
teche, appartenenti ad istituzioni diverse (statali e di enti locali)
l’incameramento delle raccolte dei beni librari di enti ecclesiasti-
ci, con le cosiddette prime soppressioni, in epoca napoleonica, e
con le seconde, avvenute dopo l’Unità nazionale.Tale processo,
giustamente definito «una crescita equivoca» (Traniello, 1997,
p. 110), si è innestato su una realtà che nei secoli (Medioevo, Ri-
nascimento, Ancien Régime) aveva conosciuto una stratificzione
di preziose biblioteche, ricche di manoscritti prima e di libri a
stampa poi, spesso uniche al mondo. Questo sistema di libro an-
tico difuso ci fa avvertire la necessità che la conoscenza di questi
oggetti sia in qualche misura altrettanto diffusa, non solo parte
del bagaglio professionale di tutti i bibliotecari, anche di quelli
destinati ad operare in biblioteche o in servizi apparentemente
lontani dalle problematiche delle biblioteche storiche in senso
stretto, ma – potremmo dire – dell’intera società civile.
1.1 Ma cos’è un libro antico?
La definizione più efficace di libro antico è quella rappresen-
tata dalla pura e semplice traduzione della formulazione ingle-
se hand-printed book e cioè: “libro stampato con procedimenti
manuali”. Questa definizione identifica quindi una categoria di
manufatti, essenzialmente in base ad una tecnica produttiva,
quella messa a punto
in Europa alla metà
del XV secolo, dopo
numerosi e solo in
parte noti precedenti
verificatisi nell’Estre-
mo Oriente asiatico
(Cina e Corea). Infatti
non solo procedimen-
ti xilografici (stampa
da blocchi di legno)
furono utilizzati in
Figura 1 - Testo stampato in Corea nel 1377
Cina già almeno dal
con caratteri mobili di bronzo
IX secolo d. C., ed in
Corea dalla metà dell’VIII, per riprodurre sia immagini che te-
sti, ma anche tecniche analoghe alla tipografia, furono adottate
sempre in Cina, nell’XI secolo (con caratteri di ceramica, di le-
gno e di bronzo) ed in Corea (con caratteri mobili di metallo)
[Figura 1] già nel XIV e all’inizio del XV secolo, quindi prima
dell’invenzione europea. Negli ultimi anni l’interesse per le ori-
gini asiatiche dei procedimenti di stampa ha visto una ripresa
a livello internazionale (Brokaw 2007, ma si tengano presente
anche Twitchwitt 1983, Palmieri 1991, Chou 1995, Sohn 1998,
Park, 1998).
Tornando alla comparsa dei libri a stampa in Europa alla
metà del XV secolo, vale la pena di ricordare che si trattava di
manufatti prodotti anche qui mediante caratteri mobili di metallo
[Figura 2], piccoli parallelepipedi realizzati verosimilmente con
una lega metallica, recanti all’estremità l’immagine rovesciata in
rilievo di una lettera dell’alfabeto o altro segno grafico, prodotti
a loro volta dalla fusione in una matrice, precedentemente otte-
nuta incidendo con un punzone d’acciaio una tavoletta di rame
È doveroso ricordare che recentemente è stata avanzata l’ipotesi
che nel procedimento originario di Gutenberg le matrici [Figu-
ra 3] non fossero di metallo, ma di qualche altro materiale più
malleabile (Agüera y Arcas 2003, 1-12). La penuria di reperti,
causata dal riciclaggio dei caratteri quando questi erano talmen-
te usurati da non essere più utilizzabili, nonché l’assenza qua-
si totale di documenti coevi (del XV secolo) che ci illuminino,
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Figura 2 - Caratteri mobili
Figura 3 - Matrici Figura 4 - In alto: interno
dell’officina tipografica con torchio.
In basso: forma di stampa con
timpano e fraschetta
Figura 5 - Torchi del XVI secolo
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