Table Of ContentPiero Camporesi
La carne impassibile
LA CULTURA 14
IL SAGGIATORE
Che cosa ha rappresentato il corpo in quel lungo medioevo
mentale, magico-religioso, che fu la cultura «carnevalesca»
delle società agrarie? Deformato da malattie, ferite, piaghe,
vecchiaia, partecipe dello sfacelo che travaglia un universo
inquinato, corrotto e immondo; oggetto di esorcismi,
purificazioni, cerimoniali terapeutici; centro ossessivo
dell'immaginario collettivo anche e soprattutto nel suo
sogno di purezza e di felicità edenica: La carne impassibile
ricostruisce questa millenaria esperienza del corpo,
attraverso le tracce e i documenti che ancora alle soglie
dell’età moderna ne testimoniano il vigore. Un viaggio
inquietante in un vero e proprio labirinto onirico, dove
cucina e chirurgia, occultismo alchemico e teologia parlano
lo stesso linguaggio, e l’abiezione si scambia le parti
con la santità. Forse era fatale che, una volta sommersa
e dimenticata questa esperienza, l’uomo dovesse scoprire
di avere un inconscio.
Piero Camporesi insegna letteratura italiana all’Università
di Bologna. Tra le sue opere si ricordano: La maschera di
Bertoldo, Il paese della fame, Il pane selvaggio e la cura de
Il libro dei vagabondi.
L. 25.000 (IVA inclusa) 22976-5
Piero Camporesi
La carne impassibile
il Saggiatore
© il Saggiatore, Milano 1983
Prima edizione: giugno 1983
Sommario
Parte prima
p. ii i. La « prodigiosa manna »
33 li. Il beato « impassibile »
45 in. Polve di morte
55 iv. « Vita sovrumana e celeste »
Parte seconda
75 v. Sfacelo e rinascita
97 vi. Entomata
113 vii. Hyperchatarsis
139 vili. L’« horologio della sanità». Mutazione de' cibi
morte di Bertoldo
Parte terza
155 ix. Il cibo degli eroi
169 x. « Stillato di gallo ». Il cuoco e l’esorcista
187 xi. « Profumiere perpetue »
217 xii. Giuochi proibiti
Parte quarta
233 xiii. La « carne di Dio »
253 xiv. Paradisus voluptatis
269 xv. Santuari alimentari
277 xvi. Le « pesti africane ». Il « tenebroso Egitto »
295 Indice dei nomi
La carne impassibile
Qua Dii vocant eundum
All’ombra cara di mia mamma, che preferiva
(secondo l’uso antico) pesare ad once e a libbre.
Parte prima
i. La « prodigiosa manna »
Si diceva che dai corpi delle morte vergini di Dio e dalle carni
sepolte dei beati sgorgassero liquori medicamentosi e balsami stra
bilianti. Un « soavissimo odore », un « maraviglioso odore » indica
inequivocabilmente la presenza taumaturgica del santo cadavere,
liberatore aromatico dalle « diverse infermitadi ». Il morto poteva
diventare un dispensatore di vita, una sorgente di salute. San
Nicola da Bari « poi che fu seppellito in una tomba di marmo, da
capo uscìa una fontana d’olio, da piede una fontana d’acqua. E
insino al dì d’oggi de le sue membra esce olio sagrato, il quale è
valevole a molte infermitadi »' Quando i turchi, devastatori bla
sfemi, s’impadronirono della città di Mirea, aperta la « tomba di
santo Niccolaio », trovarono che le sue ossa stavano « notando ne
l’olio ».2 Le vicende dei corpi santi, post mortem, aprono un lugu
bre, allucinante capitolo sulle tormentate peripezie delle loro ossa,
delle loro carni, del loro sangue. Un lungo iter senza pace, che, in
certi casi, si protraeva nei secoli. Si schiudono spiragli sulla vita
notturna dei conventi, su macabre, agghiaccianti operazioni di bas
sa macelleria, su rudimentali dissezioni eseguite, con coltelli e ra
soi, da mani devote ma tremanti ed inesperte.
Dopo aver stabilito che il corpo di suora Chiara da Moritefalco,
detta della Croce, spentasi in odore di santità e già dichiarata da
tutti beata, venisse aperto e imbalsamato, giudicando le monache
agostiniane delle quali la defunta era stata badessa, « non esser
decente che quelle carni virginali fussero toccate da uomo alcuno »,
né che quel « suo benedetto corpo » che era stato « vivo tempio
dello spirito santo » venisse contaminato dalla mano di un barbie
re-cerusico, nella immobile, calda notte d’un sabato, nell’agosto del
1 Jacopo da Varaginc, Leggenda aurea, Firenze, 1924, 1, p. 56.
2 Ibid., p. ^6.
La carne impassibile
1308, mentre il convento dormiva, quattro di quelle suore, rim
boccatesi le maniche, iniziarono una serie di incredibili (per noi)
interventi.
Andarono all oratorio e con ogni riverenza maggiore spogliato il santo
corpo, suor Francesca, inesperta com’era, l’aprì al meglio che potè con un
rasoio. Cominciarono poi a levar gl’interiori. Osservò che la borsa del fiele
era bianca e toccandola s’avvidde che dentro vi erano tre cose dure come
pietre, di figura rotonda, che unite insieme faceano forma triangolare [...]
e seguitando di levar l’interiori, mentre prese il cuore, viddero tutte che
era di grandezza non ordinaria, superando la testa d’un fanciullo [...] Giu
dicarono però bene le monache di metter il cuore da parte, come fecero, e
gli altri interiori tutti messi in una brocca di terra, li sepellirono nell’ora-
torio istesso dove la beata morì, da un lato dell’altare, dove si crede che
fino al giorno d’oggi si trovino. Ripigliato poi il cuore, disse suor Fran
cesca: « Ecco quel cuore, nel quale il Signore ha operato tanto ». E messolo
dentro una scudella di legno, lo chiusero a chiave dentr’una cassa, il che
fatto, rivestirono e accomodarono il corpo.3
Questo cuore di grandezza straordinaria non lasciava dormire
tranquille le monache del convento alle quali le quattro dissezio-
natrici avevano riferito i risultati delPautopsia. S’incominciò a so
spettare che ciò « non fusse senza mistero ». Alcune suore allora
si ricordarono che la beata Chiara era vissuta contemplando sempre
la Passione di Cristo e che, nelPultima sua infermità « più volte
avea replicato queste pàrole “Io tengo Giesù Cristo Crocifisso
dentro il cuor mio”. Tutte furono d’opinione che dentro a quel
cuore vi fusse la Croce di Cristo: “e tanto più” — soggiunse suor
Marina - “ciò m’induco a credere, quanto mi ricordo che sett’anni
sono la nostra santa madre mi disse che gli era apparso Giesù
Cristo in forma di Pellegrino con una croce in spalla, e le disse che
volea piantarla nel suo cuore”: conclusero in somma le monache
s’aprisse anco il cuor della beata, con disegno d’imbalsamarlo,
mentre non ve si fusse trovato cosa misteriosa ».4
La Domenica a sera dunque, per tal conto suor Lucia, suor Margarita,
suor Caterina e suor Francesca se n’andarono in una stanza ove stava in
una cassa chiuso il cuore; e avendolo preso s’inginocchiarono tutte e suor
Francesca, che dovea aprirlo, con umiltà grande disse queste parole: « Si
gnore, io credo che in questo cuore sia la vostra santa Croce, se ben tengo
che li miei peccati mi rendano indegna di poterla trovare ». Ciò detto, te
3 B. Piergilii, Vita della B. Chiara detta della Croce da Montefalco dell'ordine
di S. Agostino, Foligno, eredi d’Agostino Alterii 16632, pp. 193-94.
4 Ibid.y p. 196.