Table Of ContentPrima edizione 1976
INTRODUZIONE A
LEIBNIZ
DI
VITTORIO MATHIEU
EDITORI LATERZA
I. LA LOGICA E IL DIRITTO 1
L'interesse che Leibniz manifestò, fin da giova
nissimo, per il sapere non fu mai disgiunto dal pro
posito di migliorare, mediante il sapere, la vita del
l'uomo 2• Non fu neppure rivolto, d'altro canto, ad
un sapere meramente pragmatico e strumentale, ap
punto perché solo uno studio disinteressato avrebbe
potuto, per lui, condurre alla conoscenza di quelle
verità fondamentali da cui tutte le applicazioni teo
riche e pratiche discendono.
Per questo Leibniz si rivolse, anzitutto, a quelle
discipline che, nell'ambiente storico e familiare che
lo circondava, gli apparivano come le più concrete,
1 In nota rinvieremo alle principali edizioni in cui si
possono trovare i testi a cui facciamo riferimento, con ]e se
guenti abbreviazioni (per i dati completi vedi Bibliografia,
sez. II): Ace. = edizione dell'Accademia delle scienze di
Berlino; Gerh. = Gerhardt, Die phi/osophischm Schri/ten;
Saggi = Saggi filosofici e lettere, Laterza, Bari 1963: a
questa edizione italiana rinvia il numero della pagina dato
nelle citazioni, quando non vi siano indicazioni diverse.
2 « Il teorema è in vista del problema, la scienza in
vista dell'azione », aveva detto Leibniz, riecheggiando Bob
bes ( « Scientia propter potentiam, theorema propter proble
mata »: De corpore, Amsterdam 1668, p. 4), in uno scritto
sulla Defini:t.iol1e rmiversalc di giustizia, del periodo di Ma
gonza (Ace. VI, I: n. 12, 6).
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c anche le più atte ad aprirgli un'effettiva possibilità
d'influenzare il corso delle cose: le discipline giuri
diche. Da un altro lato, però, di questo studio egli
pretese sempre di risalire ai fondamenti primi logico
filosofici, in modo che il diritto divenisse una scienza,
capace di regolare i rapporti tra gli uomini secondo
prindpi assolutamente oggettivi.
Con un curriculum di studi accademici di filo
sofia c di diritto sono connessi, perciò, i primi scritti
di Leibniz, nonostante che il loro autore non pen
sasse all'Università come a un possibile punto di
irradiazione del proprio pensiero, ma pensasse a ben
altre posizioni, che gli permettessero di provocare più
direttamente il moto di perfezionamento della vita
umana a cui egli mirava. Il primo scritto di Lcibniz
è un saggio presentato per ottenere il baccellierato
in filosofia, Disputa/io metafisica de principio indi
vidui (Lipsia 1663 ), in cui Lcibniz si schiera con gli
aristotelici nel riconoscere come sostanze prime solo
gli individui. Fin da principio, perciò, gli individui
- che più tardi diverranno le monadi - erano il
soggetto a cui il lavoro di perfezionamento doveva
indirizzarsi; e l'irreducibilità dell'individuo - da
intendersi in un senso metafisico, e non mcramcnte
. empirico - resterà uno dci cardini del concetto leib
niziano di realtà. Gli individui, però, possono c de
vono evolversi secondo certe forme, che Leibniz con
cepisce come eterne e di carattere matematico: « Le
essenze delle cose - egli dice - sono come nu
meri ». Tali forme sono una struttura logica immu
tabile, e tuttavia ontologicamente sussistono solo sul
supporto dell'individualità divina: « Le essenze delle
cose non sono eterne se non in quanto sono in Dio » 3•
Codeste strutture logico-matematiche, che colle
gano unitariamente individui in sé irrcducibili, pote
vano interpretarsi come « complessioni » o combina
zioni di individui. Non meraviglia, quindi, che la
3 In Ace. VI, I, pp. 3-90.
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discussione che nel 1666 Leibniz sostiene per essere
·
accolto come docente· nella facoltà di Lipsia abbia
appunto il titolo: Disputatio aritbmetica de complexio
nibus (Lipsia 1666 ). Di qui uscl anche il nucleo della
Disserlatio de arte combinatoria (Lipsia 1666) \ in
cui si raccolgono tutti i motivi più importanti del
pensiero giovanile di Lcibniz. La trattazione mate
matica del materiale, in quest'opera, non è in sé
molto originale, e rivela per di più, qua e là, qualche
pecca: prima degli studi parigini Leibniz non era
particohtrmente ferrato nelle matematiche, pur es
sendo ad esse naturalmente portato. Nel 1663, a
J ena, era stato alla scuola di Erhard Weigel, e 11
aveva concepito il disegno di trattare le combina
zioni di concetti come combinazioni algebriche: ma
la sua algebra non si levava ancora, in quel mo
mento, al di sopra di quella corrente ai suoi tempi.
L'« arte combinatoria », tuttavia, è sviluppata da lui
in modo molto caratteristico, sotto forma di proble
ma/a, che insegnano dapprima, in modo del tutto
astratto, tutti i possibili modi di permutare e com
binare clementi, e poi tengono conto anche della
natura degli oggetti da combinare. Ciò non aveva,
per Leibniz, il carattere di un mero gioco; il tratta
mento puramente logico delle combinazioni doveva
portare automaticamente a risultati di natura btvelt
tiva, atti ad essere applicati anche praticamente. E
questo fa Io stesso Leibniz in quell'opera, indicando
i più svariati tlsus possibili delle sue regole.
L'Ars combina/oria doveva, cosl, fornire lo stru
mento universale per trovare tutte le possibili verità;
che si sarebbero rese disponibili, non solo per sco
prire i segreti della natura e risolvere problemi tecnici
del tipo che noi siamo abituati a considerare come
scienza applicata, ma anche, ad esempio, per risolvere
controversie giuridiche, o religiose: insomma, per pro
cedere con oculatezza ad ogni genere di decisioni.
4 II ed. Francoforte 1690. Ace. VI, I, pp. 163-230.
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Ridotta a un calcolo, la decisione poteva, per dir
cosl, essere meccanizzata. Del resto, alquanto più
tardi (1674), Leibniz si preoccuperà di far eseguire
anche di fatto, dal meccanico Olivier, un modello
(assai progredito rispetto a quello di Pasca!) di mac
china calcolatrice: ma, naturalmente, la vera appli
cazione di quei suoi pensieri non giunse a vederla:
egli la troverebbe oggi, nella costruzione e nell'uso
- sotto certi rispetti anche euristico - dei com
puters da parte della moderna tecnologia.
Anche gli studi di diritto - per i quali pubblicò
nel 1664 Io scritto di abilitazione Specimen quaestio
mmz philosophicarmn ex iure co!lectarmn, poi una
Disputa/io iuridica de cottditionibus ( 1665), condotta
con metodo euclideo, e ancora una trattazione De
casibus perplexis in iure (Norimberga 1666) per ot
tenere la laurea - non rappresentavano per lui se
non applicazioni particolari della sua logica calcola
toria. Impostato correttamente il problema, per sta
bilire chi avesse torto e chi ragione sarebbe bastato
sedersi a tavolino e dichiarare di comune accordo:
« Calcoliamo » 5•
Il punto debole, tuttavia, era un altro. Risolta
con la combinatoria la questione delle forme, occor
reva trovare e riconoscere con sicurezza gli individui
da combinare. In questi, infatti, abbiamo visto che
risiede per Leibniz l'ultima realtà. Senonché, come
individuare nella nostra esperienza elementi primi,
come pensarne il sussistere e come tradurli, poi, in
termini adoperabili nel linguaggio combinatorio della
s Sul calcolo logico: De scie111ia universali seu calct1lo
philosophico, in Gerh. VII, pp. 198-203, con vari altri scritti:
Frmdamenta ca/culi ratiocinatoris, ivi, pp. 204-7; Specimen
ca/culi rmiversalis, ivi, pp. 218-21. Integrazioni negli Opus
cu/es del Couturat (v. Bibliografia), pp. 239-43 e, inoltre:
Element.1 calcrlli, pp. 49-57; Calculi universalis elementa,
pp. 57-66 e Ca/culi rmiversalis investigationes, pp. 66-70,
nonché: Modus C.'a'( minatrdi consequentias per mmrcros, pp.
·
70-7; Calculus conscquentiarrmr, pp. 84-9, etc.
lO
logica? Sui primi due punti il Leibniz giovane bran
colava nel buio; sul terzo aveva, invece, un'idea ben
precisa, anche se, finché non avesse risolto i primi
due problemi, non poteva metterla in praticai i con
cetti primi, corrispondenti agli enti e alle essenze
prime, potevano opportunamente rappresentarsi come
numeri, in modo tale che la loro combinazione, e
quindi ogni ragionamento - che consiste, appunto,
in una combinazione di concetti - potesse ricon
dursi a una combinazione di numerir In tal modo il
ragionamento si sarebbe trasformato in un calcolo.
Di qui i progetti giovanili, mai abbandonati, ma
pur sempre rimasti allo stato di abbozzo, di una
characteristica tmiversalis, cioè di una traduzione in
caratteri numerici di tutti i concetti primitivi e,
quindi, dei loro derivati 6• L'impresa richiedeva, evi
dentemente, un'analisi accurata della realtà, per tro
varvi gli elementi primi, ma anche, poi, una sua sin
tetica ricostruzione enciclopedica, che raccogliesse a
poco a poco il sapere, non solo attuale, ma possibile.
Estremamente incerto rimaneva, tuttavia, il punto di
partenza, e cioè il catalogo dei concetti semplici pri
mi ti vi. Leibniz li ammise sempre, ma non li indivi
duò mai. Altro, infatti, è assumere convenzional
mente come primitivi certi concetti per determinati
scopi, altro trovare davvero entità primitive e sem
plici in sé, da registrare come dati, e da prendere
come punto di partenza di ogni possibile combina
zione. Fatta tale riserva, occorre riconoscere che gli
abbozzi leibniziani in materia rimangono un prece
dente ammirevole dei procedimenti di aritmetizza
zione usati, per scopi tutti teorici, dai logici del
nostro secolo (Godei in particolare). Essi non forni-
6 Si veda la Historia et commenda/io ling11ae characte
ricae tmiversalis, q11ae simul sii ars itweniendi et judicandi,
già edita dal Raspe (Oe11vres pbilosophiq11es latines et fran
çaiscs du feu .Mr. de Leibnilz, Amsterdam e Leipzig 1765),
poi in Gerh., pp. 184-9; nonché: Elementa cbarac/ericae uni
t•ersalis, negli Opuscules del Coutumt, pp. 42-9.
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scano alcuna indicazione soddisfacente per un pos
sibile elenco universale degli elementi primitivi asso
luti (il cui concetto rimaneva, a dir poco, problema
tico), ma rappresentano l'esempio di una possibile
riduzione di operazioni logiche ad operazioni arit
metiche.
Per avviare il lavoro di catalogazione enciclope
dica, per il quale, in ogni caso, non s:uebbero ba
state le forze di un uomo, Leibniz rivolse per tutta
la vita il proprio pensiero al potenziamcnto delle
Accademie, che dovevano cercare di raccogliere le
forze sparse dei dotti 7• Vediamo quindi, fin d'ora,
come la teoria e l'impegno pratico fossero, in Leibniz,
strettamente congiunti. E il relativo fallimento del
l'una, al termine della vita di Leibniz porterà con sé
il relativo fallimento anche dell'altro.
Dal punto di vista teorico, il vantaggio della
caratteristica universale è abbastanza evidente: gra
zie all'aritmetizzazione si potranno rappresentare su
uno stesso piano, in forma di numeri, sia gli ele
menti da combinare, sia il loro rapporto, che sad
ancora sempre rappresentato da numeri. Come ele
menti si possono adoperare, ad esempio, i numeri
primi (di cui non c'è pericolo che vi sia penuria,
perché sono infiniti); e ai numeri che si ottengono
dalla loro combinazione si potranno far corrispon
dere, ad una ad una, tutte le realtà complesse. Ora,
il rapporto tra due numeri è ancora un numero:
quindi si ottiene quella omogeneità tra gli enti indi
viduali e le forme che li connettono, che a Leibniz
appariva necessaria per riportare tutta la realtà sul
piano della logica c cosl renderla padroneggiabile
dalla nostra operazione. Il numero poteva rappre
sentare cioè, sullo stesso piano, gli individui e le
7 I documenti principali sono in Klopp, voll. I c X
e in Fouchcr de Carcil, vol. VII. Sull'argomento, v. l'Appen
dice IV a La logique de Leibniz del Couturat (Paris 1901):
Sur Leib11iz /o11dateur d'Académies, pp. 501-28.
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