Table Of ContentL'idea della metamorfosi è un dono che viene dall'alto,
molto solenne, ma al tempo stesso molto pericoloso.
(J.W. Goethe, La metamo,fosi delle piante)
Per l'esistenza è meglio l'onda.
Alle acque eterne ti porterà
Proteo-Del.6no.
(J.'vV. Goethe, Faust, 8315-8317)
Tutto muta, nulla perisce.
Lo spirito è errabondo [ ... )
E dagli animali
Passa al corpo umano
E il nostro negli animali.
E non si consuma nel tempo
E come la duttile cera
Si plasma in nuove figure.
(Ovidio, Metamorfosi, XV. 165)
Ciò che dispone il corpo umano cosl che possa essere
affetto in pili modi, o che lo rende atto a modificare
in più modi i corpi esterni, è utile all'uomo [ ... ) e al
contrario è nocivo ciò che rende il corpo meno atto a
queste cose.
(B. Spinoza, Etica, IV, 38)
Non c'è nessuno tra tutti noi che non potrebbe anche
essere un altro. A un cespuglio basta anzitutto essere
un cespuglio. Ma un uomo può diventare per cosl dire
tutto, incompleto com'è. Oscuro e indefinito come è in
sé, nelle sue pieghe.
(E. Bloch, Il principio speranza, V)
11
Introduzione
Nella prefazione al secondo volume della sua opera fonda
mentale, Uuomo è antiquato, edito nel 19801 Giinther An
,
ders definisce la sua ricerca un'antropologia filosofica nell'era
della tecnocrazia, intendendo per tecnocrazia non già il domi
nio dei tecnocrati, ma il fatto che il mondo in cui viviamo è,
ormai, un mondo completamente tecnico. Che la tecnica sia
«omiai diventata il soggetto della storia con la quale noi siamo
soltanto "costorici"»2 ha conseguenze non soltanto sul futtu·o
degli individui e dell'intera umanità, ma sullo stesso statuto
ontologico ed etico dell'umano: come mostra in modo sempre
più evidente e inquietante lo straordinario sviluppo delle bio
tecnologie e dell'ingegneria genetica, l'uomo è tecnicamente
modificabile, anzi noi siamo già mutati e «questo esser mutati
è cosi fondamentale, che chi parla oggi del suo "essere" [ ... ] è
una figura dell'altroieri,,3 La presente ricerca parte da questo
•
1. G. Anders, L'uomo è a11tiquato. II. Sulla distn1zio11e della oita nell'epoca
della terna riooluzio11e industriale (1980), tr. it. di M.A. Mori, Bollati Bo
ringhieri, Torino 2007.
2. lvi, p. 3. Tale assunzione della tecnica a ruolo di unico soggetto storico
viene, però, costantemente dissimulata.
3. Ibidem.
12
presupposto che già i teorici primonovecenteschi del caratte
re rivoluzionario della tecnica avevano intuito\ per estenderlo
fino a delineare una sorta di ontologia metamorfica della tecni
ca, con lo scopo di rintracciare nel concetto di metamorfosi il
nucleo fondamentale del fenomeno della tecnica e del mondo
da essa improntato. La tecnica è, infatti, la forma più efficace
mai sperimentata di dominio sul divenire e la più potente forza
di mutazione antropologica: facendo eco alle celebri afferma
zioni dell'Oratio de hominis dignitate di Pico della Mirandola,
l'uomo è ora percepito come l'essere proteiforme per eccel
lenza, interiormente disposto alla metamorfosi: come afferma
ancora Anders, «la capacità di cambiare il nostro mondo (anzi,
non soltanto il nostro, ma il mondo in generale) e noi stessi,
appartiene paradossalmente alla nostra "natura"»5
•
La variante introdotta da Anders del dislivello prometeico co
me squilibrio tra ciò che possiamo produrre e la nostra capa
cità di adattamento fisico, etico e morale al cambiamento si
potrebbe riformulare nel senso di uno squilibrio tragico tra
la capacità di trasformazione del reale e dell'uomo e l'assen
za di ogni finalità che possa orientare tale trasformazione. La
strabiliante parabola del progresso tecnico-scientifico sembre
rebbe ricondurci alla definizione fondamentale del nichilismo
formulata da Nietzsche: «Nichilismo: manca il fine; manca la
risposta al "perché?"»6 I.:intera società dei consumi e dell'in-
•
4. Mi riferisco qui soprattutto a Oswald Spengler e al suo Der Mensch ,mcl
die Teclmik del 1931 (L'uomo e la tecnico. Contributo a una filowfia della
vita, tr. it. di G. Gurisatti, Guanda, Parma 1992) e a Emst Junger che, nel
suo profetico testo De,· Arbeiter del 1932, sviluppa una vera e propria fe
nomenologia del mondo tecnicamente modifìcato a partire dall'intuizione
della Gestalt del lavoro totale: cfr. E. Jtinger, I.:operalo. Dominio e fon1111
(1932), tr. it. di Q. Principe, Guanda, Parma 1991.
5. G. Anders, L'uomo è antiquato. Il, cit., p. 4.
6. F. Niet:z.sche, Frammenti postumi 1885-1887, in Opere ,/1. Frlellrlch Nletz.
scl1e, a cura di G. Colli e M. Montinari, voi. VIII/1, tr. it. di S. Giametta,
13
formazione mass-mediatica potrebbe, forse, interpretarsi co
me una colossale rimozione di tale tragica affermazione di
impotenza teorica, attanagliati come siamo, nelle nostre opu
lente società occidentali, nella morsa di una collettiva "man
canza di bisogno". In modo sempre più ineluttabile, se pure
per lo più inappariscente, le nostre esistenze vengono integra
te nell'apparato tecnico-mediatico che sovrasta ogni volontà
individuale e segue esclusivamente le proprie ferree leggi di
autopotenziamento.
Nel presente studio la figura mitica del dio Proteo e la sua
ampia costellazione simbolica verranno utilizzate come rife
rimento per pensare non soltanto il radicale cambiamento an
tropologico e assiologico deterrrùnato dalla rivoluzione tecnica
moderna, ma anche per indagare l'ambiguità insita nella tec
nica stessa per cui essa è, secondo la celebre espressione di
Oswald Spengler, tattica della vita escogitata dall'uomo per
emanciparsi dai limiti biologici e migliorare le condizioni di
vita e, al contempo, causa di una tragica opposizione con la
natura che da decenni, ormai, si manifesta nelle forme dram
matiche del degrado an1bientale e dei connessi rischi per la
stessa salute umana. Come già all'inizio degli anni Trenta del
secolo scorso affermava Ernst }tinger, la tecnica è determinata
dalla Gestalt dinamica e intrinsecamente aggressiva del lavo
ro; essa esercita la sua potenza metamorfica in quanto princi
pio di sovrabbondanza e di perenne transizione morfologica,
che soltanto il nuovo Tipo umano dell'Arbeiter descritto da
Jtinger riesce a gestire. Soltanto il lavoro come forma di vita
integrale è, infatti, in grado di padroneggiare e legittimare il
dominio sul divenire, cosl che la vulcanica produzione tec
nica e il magmatico caleidoscopio di forme, di cui le nostre
metropoli sono perenni scenari espositivi, si coniugano con
Adelphi, Milano 1975, fr. 5 (71], Il nichilismo europeo {Lenzer Heide, 10 giu
gno 1887), p. 199.
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la più rigida e razionale «disciplina del cuore e dei nervi,/ del
Lavoratore.
La possibilità che la tecnica moderna si impadronisca del do
minio sulla aristotelica metaboU io quanto causa del divenire
come alterazione - la tecnica si rivela la massima forza di tra
sformazione ilemorfìca del reale da cui resta assente ogni rife
rimento a cause finali - è data dalla comprensione tipicamente
moderna del reale come cristallizzazione del divenire: il reale
diviene il luogo dell'operare tecnico, del suo fare e disfare, in
quanto, secondo la decisiva intuizione nietzscheana, la volontà
di potenza che si manifesta nel divenire proteiforme aspira a
stabilizzarsi come essenza dell'essere. La suprema volontà di
potenza - ,dmprimere al divenire il carattere dell' essere»8 si
-
realizza, dunque, nell'imposizione tecnica - il Gestell heideg
geriano9 - per cui il reale può venire mobilitato in quanto cela
in sé una sotterranea fluidità ontologica e, al tempo stesso,
può essere fissato nelle ferree forme della razionalizzazione e
dell'efficienza produttiva.
In questo contesto la macchina, icona della tecnica e della
civiltà moderne, può essere interpretata come un'autonoma
centrale di operatività metamorfica da cui si sprigiona una stra
ordinaria potenza di trasformazione del reale poiché in essa
avviene, come la macchina a vapore mostra in maniera para
digmatica, la produzione e trasformazione dell'energia, ossia
di ciò che, come la fisica mode1na ha chiaramente compreso,
produce lavoro e cambiamento. Con l'awento delle macchine
7. E. Jilnger, I.:operolo, cit. • p. 101.
8. •Imprimere al divenire il carattere dell'essere-è questa la suprema volon
tà cli pote11::a» (F. Niet-ache. Frammenti postumi 1885-1887, cit., fr. 7 [54),
p. 297).
9. Cfr. M. Heidcggcr, La questione dello tecnica (1953), in Id., Saggi e cll
sco~I, tr. it. dì G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, pp. 5-27.
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moderne si impone anche una progressiva autocomprensione
macchinica dell'uomo che genera, secondo le espressioni an
dersiane, il dislivello e la vergogna prometeiche, ossia lo squi
librio tra l'accelerazione del dominio tecrùco del mondo e la
stentata "formazione tecrùca" dell'uomo: imprigionato nella
sua precarietà e incompiutezza, egli patisce l'umiliazione di
non poter raggiungere la perfezione e l'eternità metalliche
della macchina e dei prodotti finiti della tecnica e tende ad
autocomprendersi come mero componente funzionale, equi
valente e sostituibile, della Megamacchina tecnica.
I..:ottocentesca fede nel progresso, dopo le catastrofì delle so
cietà occidentali della prima metà del Novecento e la crisi epi
stemologica delle scienze, riemerge nel secondo dopoguerra
come logica inarrestabile dell'autopotenziamento del sistema
tecrùco, ma anche nel suo carattere subdolamente distrutti
vo: la pace e il benessere promessi dal progresso tecnico non
sono, in realtà, altro che l'estensione alle società dominate dal
principio della massima efficienza delle logiche della guerra.
Nell'ontologia dei prodotti proposta da Anders, che potrebbe
valere come matrice teorica delle descriziorù elluliane del si
stema tecnico10 la guerra, infatti rappresenta «per parafrasare
,
la celebre definizione di Clausewitz, soltanto un proseguimen
to della distrazione pacifica dei prodDtti con altri mezzi»11
•
La nietzscheana volontà di potenza si afferma nel sistema tec
rùco come predomirùo assoluto della strumentalità dei mezzi
rispetto a ogni prospettiva teleologica. Progresso diviene ora
10. Un punto focale del presente studio è rappresentato dalla diagnosi fi
losofica della tecnica come sistema sviluppata da Ellul negli anni Settanta;
in essa è possibile rinvenire una penetrante attualizzmdone delle interpre
tazioni primonovecentesche della tecnica: J. Ellul, Il sistema tecnico. La
gabbia delle società contemporanee (1977), tr. it. di G. Carbonelli, Jaca Book,
Milano 2009 (d'ora in avanti ST).
11. G. Anders, L'11011U> t 011t1q11ato. II, cit., p. 264.
16
il nome dell'incessante alternanza di produzione e distruzio
ne degli enti che richiede, pertanto, una disponibilità costan
te alla trasformazione metamorfica. La tecnica e i suoi val.ori
assurgono, peraltro, in modo sempre più irreversibile, se pure
per lo più celato da ipocriti proclami morali e politici, a fonte
suprema di legittimazione di ogni altra attività umana, dalla
scienza alla politica, dal!' etica alla religione, e sostituiscono in
tegralmente l'universo valoriale della tradizione umanistica as
sumendo essi stessi caratteri sempre più umanistici: il sistema
tecnico, infatti, si "umanizza" nella misura in cui assorbe in sé
l'umano e lo utilizza come mezzo privilegiato per lo svolgimen
to dei suoi processi di autoaccrescimento e autoaffennazione.
Alla virtualizzazione del mondo e dell'uomo, a cui assistiamo
grazie allo straordinario sviluppo delle tecnologie informati
che, si accompagna un progressivo svani mento della struttura
ontologica del reale fondata sulla contrapposizione tra sog
getto e oggetto caratteristica della modernità. Alla diagnosi di
Baudrillard12 secondo cui il nostro mondo si trasformerebbe
,
sempre di più in un universo di oggetti semioticamente con
notati, si sostituisce, cosl, la comprensione del reale in termini
di equivalenza metamorfica e operatività tecnica.
Diviene, dunque, un compito filosofico decisivo comprende
re la modalità tipicamente tecnica della metamorfosi, che si
contrappone nettamente al concetto di metamorfosi romanti
co, di ascendenza goethiano, per cui essa rappresenta la forma
dinamica dei processi di continua rigenerazione morfologica
della natura secondo la rigorosa tensione teleologica che go
verna la sua mirabile sovrabbondanza morfotipica riconducibi
le, tuttavia, ad archetipi fondamentali (la Urpfianze goethiana
nell'ambito della morfologia botanica).
J.
12. Baudrillard, Il sistema degli oggetti (1968), tr. it. di S. Esposito, Bom
piani, Milano 2018.
17
La metamorfosi tipica del sistema tecnico indica, invece, uno
stato di perenne alterazione e ibridazione di quelle che, in lin
guaggio nietzscheano, potremmo definire "formazioni provvi
sorie del divenire". Intesa a partire dalle dinamiche ibridative
con l'alterità animale e macchinica, la metamorfosi postumana
si rivela, dunque, non soltanto la legge del reale inteso come
risultato di un incessante operare, ma anche la logica stessa
della tecnica moderna responsabile dell'incessante mobilita
zione ibridativa dell'umano.
In questo contesto, il confronto con il pensiero del post-uma
no, espresso negli ultimi due decenni da una molteplicità di
autori attraverso innumerevoli approcci teorici, consente di
verificare l'ipotesi ermeneutica centrale della presente ricer
ca-che, nel lessico heideggeriano, potremmo così formulare:
"la metamorfosi è l'essenza non tecnica della tecnica" - a par
tire dalla tematizzazione del decisivo concetto di ibridazione.
Attraverso tale concetto, e il suo ampio spettro di applicazio
ne, il postumanismo - che noi qui considereremo soprattutto
nella declinazione datane in Italia da Roberto Marchesini-ri
vendica il superamento dall'antropocentrismo umanistico nel
la direzione di una correlazione proiettiva ed eteroriferita con
l'alterità animale e macchinica: la tecnica che infiltra l'uomo
determinerebbe nuovi stili evolutivi e al dominio umanistico
su di essa si sostituirebbe il suo decentramento esposto agli
agenti ibridativi. Alla luce delle analisi di Ellul e di Latouche
del sistema tecnico e della Megamacchina, tuttavia, tali agen
ti ibridativi si rivelano essere non più degli autentici vettori di
differenze, ma piuttosto "attrattori ibridativi" interni al sistema
stesso e funzionali alle sue dinamiche di sviluppo endogeno.
Il presunto sovvertimento delle categorie classiche della tra
dizione umanistica e della soggettività moderna da essa scatu
rita (autonomia, spontaneità, stabilità e univocità identitaria,
capacità emanativa e fondativa rispetto al mondo) si rivela es
sere piuttosto una ripetizione e un potenziamento dei principi
18
ontologici fondamentali dell'umanismo stesso, configurando,
per utilizzare un'espressione di Peter Sloterdijk, una sorta di
"tecno-umanismo". Lo stato di "sovranità limitata" dell'uo
mo causato dall'accrescersi esponenziale della tecnicizzazione
e virtualizzazione delle nostre esistenze non apre, tuttavia, a
un incontro con l'alterità se non in senso del tutto funzionale
alle logiche operative del sistema stesso. La tecnica, piuttosto,
sembra immunizzare l'uomo dall'incontro con l'Altro e dalle
sue conseguenze più destabilizzanti, organizzando l'intrinse
ca tragicità del divenire nei ternùni rassicuranti e narcotici di
una "fantasmagoria metamorfica".
La metamorfosi ibridativa - nettamente distinta sia da quel
la "plastica" tipica dei sistemi biologici e delle loro relazioni
osmotiche con l'esterno, sia da quella "liquida" caratteristi
ca, come ha mostrato Zygmunt Bauman, dei processi di glo
balizzazione economica e finanziaria del nostro tempo13 si
-
rapporta con l'alterità seguendo il paradigma del contagio e
dell'immunizzazione che potenzia la vita soltanto nella misu
ra in cui la espone al rischio della sua negazione14 Il deside
•
rio di proiettarsi nell'alterità e di introiettarla in sé costitui
rebbe, secondo il postumanismo, il motore dei processi di
evoluzione sia filogenetici che ontogenetici e, richiamandosi
alla tradizione antispecista e vitalistica di matrice spinoziana
e nietzscheana che nel Novecento culmina nella filosofia de
leuziana della differenza, determinerebbe la modalità tipica
mente metamorfico-ibridativa del rapporto con l'alterità ani
male e tecnica. Si configura, cosl, una ontologia dell'umano
nei termini di una "archeologia relazionale" in cui l'e vol1.12ione
umana si rivela come una serie infinita di correlazioni dialo-
13. Z. Baumnn, Vita liq11ida (2005), tr. it. di M. Cupellaro, Latera, Roma
Bari 2011.
14. Cfr. R. Esposito, Immunltas. Protezione e negazione della olta, Einaudi,
Torino 2002.