Table Of ContentLOREDANA CAPUIS
I VENETI
SOCIETA' E CULTURA
DI UN POPOLO
DELL'ITALIA PREROMANA
Longanesi & C.
La collana è diretta da
Mario Torelli
I VENETI
SOCIETÀ E CULTURA DI UN POPOLO
DELL'ITALIA PREROMANA
di LOREDANA
CAPUIS
OTTANTASETTE ILLUSTRAZIONI
FUORI TESTO
LO N GANE S I & C.
MILANO
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Longonesi & C., © 1993 - 20122 Milano, corso Italia, /3
ISBN 88-304-1132-9
I Veneti
Alla dolce memoria
di Roberto e Bianca
Introduzione
L'insieme di nozioni e di problemi che costituisce il tormentato paesaggio della
storia delle società e delle civiltà dell'Italia preromana[ ... ] non si riassume con
immediata evidenza in una immagine dai contorni ben definiti, quale è quella
che ci si offre per la Grecia e per la civiltà greca, cioè per una realtà storica
espressa da una sola stirpe[ ... ] L'Italia preromana è un coacervo di esperienze
etnico-linguistiche, sociopolitiche, culturali diversissime, e ai più diversi livelli
di avanzamento [ ... ] Ciò spiega perché ne sia così difficile la comprensione, e
per così dire sfuggente il significato; e perché lo studio dei suoi fenomeni si sia
disperso per mille rivoli epistemologici e metodologici, identificandosi volta a
volta con le ricerche di preistoria, di linguistica, di storia delle religioni, di sto
ria dell'arte classica, di storia greca, di storia romana.
Così, nel 1978, scriveva M. Pallottino in una proposta di sin
tesi storica a conclusione della serie di volumi Popoli e civiltà
dell'Italia antica dedicati all'illustrazione dei vari aspetti etnico
culturali che, a partire dal X-Ix secolo a.C., vengono a prefigu
rare le partizioni regionali dell'Italia storica. Lo stesso concetto
è ribadito nel 1984 nella Storia della prima Italia, « vero e pro
prio libro di storia », primo moderno tentativo di recuperare un
quadro unitario dalla disomogenea documentazione offerta dal-
1' Italia preromana.
È infatti solo nel I secolo a.e. che il volto frammentario e mul
tiforme della penisola raggiunge, ad opera di Roma, unità lingui
stica, culturale, politica, venendo a coincidere con quell 'Italfa
unificata dallo Ionio alle Alpi, concetto per noi familiare e scon
tato, ma ben più travagliato se ne ripercorriamo la storia: storia
trasparente nella suddivisione in undici regiones operata da Au
gusto. Come è ben noto, l'ordinamento augusteo, oltre che da
uno scopo amministrativo-territoriale, fu motivato da un ben
preciso assunto ideologico-propagandistico, volto a rivalutare
l'individualità etnica delle originarie popolazioni italiche, la cui
« memoria storica » veniva mantenuta appunto nei nomi attribui
ti alle singole regiones.
X regio divenne l'ampio territorio dell'Italia nordorientale e,
con nome più completo codificato a partire dall'età di Dioclezia
no, X regio Venetia et Histria. Seppur comprendente anche mi
noranze etniche etrusche, retiche, carniche, istriane, è certo che
il nucleo preponderante era costituito da quei Veneti che, già al
volgere del n millennio a.C. e per tutto il I, qui svilupparono la
loro civiltà cui corrispose tra l'altro, a partire dal VI secolo a.e.,
una specifica tradizione scrittoria, eco di una precisa unità lin
guistica.
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« Paleoveneta » è stata convenzionalmente definita questa ci
viltà, e « Paleoveneti » gli artefici, per non creare equivoci con i
Veneti attuali, ma sembra più giusto recuperare la storicità del
nome. Le fonti classiche offrono infatti indicazioni precise e
compatte per Veneti: un veneto tra l'altro, Tito Livio nativo di
Padova, narrando le vicende di Antenore, dei Troiani e degli
Eneti che con lui giungono nelle terre adriatiche - in intimum
maris Hadriatici sinum - dice espressamente che qui il nuovo
popolo ricevette il nome di Veneti - gens universa Veneti appel
lati - . Restituiamo dunque al « popolo » ed alle sue manifesta
zioni culturali la denominazione storica.
Anche se, al pari di altre popolazioni preromane, manca una
produzione letteraria originale sufficiente a definirli « cultura
storica», è indubbio, come annotato sempre da M. Pallottino,
acuto ed insuperato interprete della protostoria italica, che i Ve
neti costituiscono una delle compagini etnico-culturali meglio
definite dell'Italia preromana proprio per la possibilità di stabili
re, fin dalle origini, una precisa identità tra ethnos e cultura, a
differenza di quanto si verifica in altri ambienti e fatto unico per
l'Italia settentrionale. E non crediamo di cadere in un vuoto cam
panilismo nel dire che, nel coacervo di popoli che caratterizzano
l'Italia del I millennio a.e., i Veneti appaiono secondi solo agli
Etruschi, per l'espansione territoriale ben delineata nei suoi am
pi confini già a partire dall'vm secolo, per la specifica autono
mia ed individualità culturale, per la vastità delle relazioni intes
sute con le popolazioni limitrofe, dal Tirreno ali' Adriatico ai ter
ritori transalpini. In ciò furono certo favoriti da un paesaggio na
turale particolarmente felice, ricco di fiumi e quindi di vie natu
rali di comunicazione, cerniera insostituibile tra penisola ed Eu
ropa centrale, da un ampio fronte marittimo in una delle poche
zone dell'Adriatico occidentale che potevano offrire approdi fa
cili e sicuri, da una terra fertile con vaste distese pianeggianti e
boschive, ma certo anche dall'essere stati in grado di attuare, in
tempi relativamente brevi, una valida organizzazione politico
economica.
Naturalmente protetti dai loro grandi fiumi, ma sicuramente
anche grazie ad una solida struttura territoriale, i Veneti furono
tra l'altro risparmiati da traumatiche penetrazioni di Etruschi,
Greci, Galli, fino a quando, tra il III e il n secolo a.e., entrarono
pacificamente nell'orbita di Roma. L'importanza strategica ed
economica del Venetorum angulus non sfuggì certo ai Romani
che, non a caso, dei Veneti amarono presentarsi come amici
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piuttosto che come nemici, ad essi accomunati da nobili e remote
origini troiane: Antenore, come Enea, esce infatti incolume dalla
notte fatale di Troia; ai due eroi, legati da un fato comune, è con
cesso, dopo lunghe e perigliose peregrinazioni, di dare origine a
nuovi popoli e a nuove città, Veneti e Romani, Padova e Roma.
Dei Veneti e del Veneto vogliamo delineare in queste pagine il
quadro storico e culturale tra il 1x secolo a.C. e la romanizzazio
ne, cercando di coglierne l'unità e la disomogeneità da un punto
all'altro del vasto territorio, i caratteri comuni e i tratti distintivi,
questi ultimi conseguenti appunto ad un assetto territoriale assai
vario ed articolato che favorì aperture differenziate verso le po
polazioni limitrofe e quindi, per certi aspetti, diverse forme di
acculturazione.
Data l'assenza di una diretta tradizione storica scritta (i docu
menti, seppur numerosi, sono infatti per lo più limitati a brevi
iscrizioni funerarie o votive con formule stereotipe di dedica) e
tenuto conto che le fonti indirette sono scarse, frammentarie e
talvolta contraddittorie, è evidente che nel ricostruire questo pa
linsesto nei suoi molteplici aspetti - culturali, sociali, economi
ci, politici, rituali - il nostro discorso dovrà essenzialmente ba
sarsi sull'analisi dei dati archeologici, leggendo quanto possono
svelare, ma non dimenticando anche quanto possono celare.
Se infatti teniamo presente che non tutte le vicende umane la
sciano sul terreno tangibili tracce, che molte tracce vengono di
strutte nel corso del tempo da agenti naturali e dalla successiva
vita dell'uomo, che non tutte le tracce sono venute alla luce men
tre molte di esse (leggi manufatti) giacciono ancora nei musei e
nei magazzini in attesa di essere pubblicate e studiate, se ne de
duce facilmente quali siano i limiti nella ricostruzione di una so
cietà antica. È quindi sostanzialmente un quadro di massima
quello che possiamo ricostruire, soggetto a mutare se non forse
nelle linee fondamentali certo nei particolari: di ciò siamo consci
e lo abbiamo constatato in questi ultimi anni in cui nuove scoper
te e nuovi studi di molto hanno arricchito, e talvolta trasformato,
le nostre conoscenze.
Mentre si rimanda il lettore più specializzato alla ricca produ
zione bibliografica scientifica uscita negli ultimi anni, cerchere
mo qui di usare un linguaggio ed un'esposizione accessibili an
che ai« non addetti ai lavori », nell'intento primario di suscitare
interesse e curiosità per un mondo forse troppo spesso, ed a tor
to, considerato provinciale e periferico.
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Scrivere questo libro non è stato facile, non tanto per l'argo
mento già da molti anni specifico dei miei studi, quanto perché i
mesi della sua gestazione hanno coinciso con un periodo assai
difficile della mia vita, colpita negli affetti e in altro. Anche per
questo desidero ringraziare tutti gli amici e i colleghi che mi han
no incoraggiata e sostenuta nei numerosi momenti in cui avrei
voluto « gettare la spugna ». Tra i molti, un particolare ringra
ziamento a Francesca Ghedini, Stefania Pesavento Mattioli, An
gela Ruta Serafini, per la rilettura del testo e i preziosi consigli;
con Anna Maria Chieco Bianchi e Giovanni Leonardi costante è
stata la discussione secondo una consuetudine ormai instaurata
da lunga data, e molto devo alla loro critica revisione e specifica
competenza; un pensiero assolutamente particolare a Giulia Fo
golari, maestra indiscussa di scienza veneta. A tutti un affettuoso
grazie.