Table Of ContentAntoinette Fouque
I sessi sono due
ascita della jemminologia
lntroduzion di Lia igarini
I? ·
PRATI H DJTRT E
8 Marzo 1989, Parigi
Il nostro movimento è irreversibile
Oggi, 8 marzo 1989, siamo riunite nel grande anfiteatro
della Sorbona, per celebrare due avvenimenti molto im
portanti:
-1'8 marzo, Giornata internazionale delle donne, che si
festeggia ormai in tutto il mondo;
- il 1989, bicentenario della Riveluzione francese e della
Dichiarazione dei diritti dell'uomo.
L'8 marzo 1857, a New York, le sarte scendevano in piaz
za per denunciare lo sfruttamento di cui erano vittime. Esi
gevano la riduzione dell'orario di lavoro (da sedici a dieci
ore al giorno t) e salari uguali a quelli degli uomini.
Nel 1910, Clara Zetkin proponeva che 1'8 marzo dive
nisse Giornata internazionale delle donne, in omaggio alle
donne americane, ma anche perché ogni anno una giornata
fosse consacrata alle loro rivendicazioni. L'anno seguente, il
congresso della Seconda internazionale socialista approva
va la proposta. D'allora, 1'8 marzo è la Giornata internazio
nale delle donne.
L'8 marzo 1982 abbiamo tenuto qui i primi Stati genera
li ddle donne contro la misoginia. Venute dall'Egitto, dalla
Bolivia, dagli Stati Uniti, dall'Austria, dall'Algeria, dalriran,
dalla Corsica, dalruRSs, dall'Irlanda, donne di ogni condi
zione sociale e convinzione politica hanno testimoniato con
tro l'oppressione misogina e affem1ato la necessità di una
lotta indipendente delle donne.
Abbiamo scelto la Sorbona, istituzione decisamente sov
versiva, affinché, coniugando queste due date, si avvii, qui e
ora, il rilancio cli una dinamica di liberazione e democratiz
zazione feconda per il più gran numero di donne.
Infat~i, è nella dinamica cominciata in Francia ventun an
ni fa da due o tre donne, seguite da decine di migliaia, che
s'iscrive l'iniziativa dell'Alleanza delle donne nei riguardi di
tutte e tutti coloro che, oggi, dalla sala o dalla tribuna, si
esprimeranno in questo convegno. . , . .
Alcuni dicono che sono necessari trent anm a un sistema
di pensiero per affermarsi. Non mi sembra indebito ritene
re che ci vorrà almeno altrettanto tempo a un movimento,
come quello delle donne, per vincere, se non definitivamente,
almeno in modo duraturo, la più antica delle oppressioni,
quella delle donne, da parte di ciò che si è convenuto chia
mare il patriarcato, ma che, nei nostri tempi moderni, desi
gnerei più volentieri come il filiarcato o il fratriarcato; per
ché è anche grazie a nuove fratrie che le leghe monoteiste,
politiche e simboliche, continuano a escluderci dal Diritto,
dalla Polis e dalla Lingua.
Ci restano dunque ancora dieci anni, l'ultimo rettilineo
prima del terzo millennio, per compiere una parte del no
stro compito storico, compiere, cioè trasformare in obietti
vi definitivi, le prove affrontate, ma anche, e soprattutto, pas
sare la mano alle nostre figlie.
Se tutti, oggi, storici e politologi, biologi e filosofi, sono
concordi nel pensare che il cambiamento più importante del
la nostra civiltà, alla vigilia del terzo millenio, è la trasfor
mazione irreversibile delle relazioni tra uomini e donne, più
rari sono coloro che hanno la lealtà di attribuire tale muta
mento, il più radicale dopo la decolonizzazione e la caduta
dell'impero europeo, al Movimento delle donne.
Abbiamo infa_tti saputo utilizzare i progressi tecnologici
d~lla ~ontraccez1,one come_ leva della nostra indipendenza
b1ol~g1ca, perche s~no s~au accompagnati da una presa di
cos~1en~a, da_ una nfless1one e da un'azione politica, sono
stati art1colat1 con una vera maturazione psichica affettiva
fisiologica, sessuale, culturale, in una parola: uman~. Le don~
ne hanno trasformato un semplice progresso tecnologico in
un movimento di civiltà; hanno trasformato una rivoluzio
ne .. caotica" in uno slancio evoluzionario permanente e in
finito. Ancora, non sono solo i rapporti tra uomini e donne
che non saranno più gli stessi, ma quelli della triade umana,
donna-uomo-bambino.
Ciò che resta dunque ancora mascherato, al giorno d'og
gi, per non dire diniegato, è la funzione iniziale, il ruolo di
namico del Movimento delle donne in questa trasformazio
ne. Questo MLF,1 tanto denigrato, sfigurato, snaturato, mal
giudicato, diffamato, è tuttavia stato l'origine, il motore, il
responsabile degli avvenimenti più positivi che hanno tra
sformato la condizione umana della nostra società da ven
tun anni a questa parte.
L'onestà degli storici risulterà ormai dal riconoscimento
che il Movimento delle donne non solo ha rinvigorito le isti
tuzioni esistenti, per esempio il "Planning familial", impe
gnato, ben prima dd 1968, nella battaglia per la contracce
zione, ma ha anche alimentato e influenzato l'orientamento
del pensiero contemporaneo, dalla psicanalisi alla letteratu
ra, passando per la filosofia, e infine ha generato altri movi
menti: il MLAC,2 movimento di uomini e donne che ha con
tinuato l'opera del MLF nella lotta per la depenalizzazione
dell'aborto, senza abbandonare l'informazione sulla con
traccezione; l'associazione "Choisir" che, riprendendo uno
dei nostri primi temi di riflessione, ha costretto la legge ari
conoscere lo stupro come crimine.
I partiti e lo Stato, volendo superare questo movimento
in velocità, fermarlo o sviarlo a loro vantaggio, di fatto l'han
no legittimato. creando e ricreando, da quindici anni, un
femminismo istituzionale: dal segretariato di Stato alla Con
dizione femminile, inaugurato da Valéry Giscard d'Estaing
nel 1974 e attribuito a Françoise Giroud, una mitterrandia
na, al vero e proprio ministero dei Diritti delle donne, attri
buito nel 1981 da François Mitterrand alla molto femmini
sta Yvette Roudy. È anche uno degli effetti del Movimento
delle donne il fatto che molte hanno potuto accedere, spes
so, è vero, grazie al Prin~ipe, al Ca~~ dd ~a_rtito,_ al ~adre,
al Fratello e all'amico, a tstanze politiche d1r1gent1. È mfine
uno degli effetti di questo Movimento, e della sua vigilanza
nd mantenere il diritto, recentemente ottenuto, delle don
ne di disporre di se stesse, dopo il voto della legge Veil, nel
1974, che un dettorato tradizionalmente conservatore si sia
mobilitato per la prima volta, nel 1981, dalla parte del par
tito del progresso sociale.
L'onestà, dai sindacalisti agli psicanalisti, consisterebbe
nel riconoscere il vento di libertà e d'indipendenza, sia libi
dinali, sessuali, affettive, sia economiche, professionali e po
litiche, che questo movimento ha fatto soffiare sui costumi
e le mentalità. Questa famosa "solitudine crescente" che la
destra, in particolare, ha ribadito senza tregua negli ultimi
anni, potrebbe ben essere un'attitudine più positiva di quan
to essa voglia far credere. Molte donne pensano ormai sia
meglio vivere da sole piuttosto che in compagnia violenta.
Il
moltiplicarsi delle solitudini è una risposta efficace al mol
tiplicarsi dei narcisismi. Una solitudine volontaria ha di fat
to sostituito una servitù millenaria. Dopo Virginia Woolf,
ciascuna ha cercato di affermare il proprio diritto non solo
a una "stanza per sé", ma a una "libido-per sé", un'"identità
· per sé", una "lingua per sé", affinché la storia finisca per te
ner conto che ci sono due sessi,3 e che questa eterosessua
lità, questa eterogeneità, è la condizione della ricchezza, del
la fertilità dell'umanità.
Nato nell'impeto di ciò che continuo a chiamare la Rivo
luzione del '68-perché si trattava proprio di entrare in una
nuova era - il MLF ha sempre dovuto lottare controcorren
te, oppure in avanti rispetto alle correnti reazionarie o fran
camente fascisteggianti di questa rivoluzione.Quest'era che
h~ scop~rto ~-Maggi~ la nozio~e di fraternità, dopo q~ella
di liberta e d1 uguaglianza, ha instaurato di fatto il tempo
delle fratrie f~atricide quanto fraterne, dalle quali le donne
sono tanto p1u escluse in quanto, essendo differenti, non era-
no ancora, e forse non saranno mai, uguali. Dal priapismo
ai graffiti del Maggio '68, al narcisismo delle star-maschie te
levisive, l'era che si preparava rischiava di essere peggiore,
per le donne, dd capitalismo per gli operai.
Andando controcorrente rispetto alle nuove direzioni an
nunciate nel 1968, almeno per tutto il XXI secolo, il MLF por
tava dunque un colpo fatale a Narciso, il quarto dopo i tre
colpi enunciati da Freud, cioè la rivoluzione copernicana,
darwiniana e psicanalitica. È quella che un tempo chiama
vo la "rivoluzione del simbolico", la destituzione degli equi
valenti generali che diniegano che i sessi sono due, che la
produzione del vivente è tripartita, e che proibiscono I' ac
cesso a una parità eterosessuata nella storia.
Il MLF, fin dalle sue prime riunioni, mettendo la madre in
movimento, la nozione di madre al lavoro, tentando, come
dicevamo già dal 1968-70, di .. liberare la donna nella ma
dre", affermando che non era "tutta del figlio n, o che "il pa
dre non esiste", intaccava l'onnipotenza narcisista infantile,
sulla quale si fonda il primato del fallo. È in questo attenta
to all'onnipotenza narcisista del figlio che consisteva "una
difficoltà del MLF", così come Freud parlava di "una diffi
coltà della psicanalisi'', a proposito dell'attentato all'Io co
stituito dalla scoperta dell'inconscio. Non soltanto in teoria,
ma anche nella pratica, noi attaccavamo il Padre e il Figlio,
rifiutando di continuare a costituirci come supporti della lo
ro castrazione, cioè a essere delle isteriche. Nel momento in
cui credevano di confinarci in quel ruolo, avevamo cessato
di starci.
Le difficoltà interne non erano minori. Noi, le donne,
escluse-internate in questa civiltà (secondo il concetto ela
borato da Jacques Derrida). dovevamo ndlo stesso tempo
capire la relazione con la nostra origine e avanzare, pensa
re, agire, produrre. a ogni istante, molteplici gesti contrad
dittori, dirigerci in parecchie direzioni e su parecchi piani
complessi, per non dire paradossali. Era il tempo, lo è forse
ancora, delle lotte per l'uguaglianza e/o la differenza. Que-
ste lotte erano veramente dei rompi-capo, dei veri
crepa-cuori. Eravamo un certo numero a pensare che la dif
ferenza senza l'uguaglianza non potesse produrre altro che
regressione psichica e reazione politica; ma che l'uguaglian
za senza la differenza non avrebbe prodotto che un' assimi
lazione sterilizzante, un'amputazione psicosessuale.
Mano a mano che il Movimento si accelerava, si amplifi
cava o, al contrario, perdeva fiato e s'insabbiava, si accen
tuava la tendenza alla forclusione della sua origine, piutto
sto che alla sua integrazione. Non ci lasciavano il tempo di
capire, di costruire, eravamo intimidite o scoraggiate, ci ob
bligavano a rispondere, ci mettevano in un ghetto, riduce
vano un movimento di civiltà a una volgare moda, ci asse
gnavano il limite dell'uguaglianza come vicolo cieco del no
stro destino, così come domani ci imporranno l'uniformità
del narcisismo come sola via di (sotto-) sviluppo.
Quando mai le donne hanno fatto spargere sangue in un
mondo in continua lacerazione? Cosa sono le loro pretese
violenze verbali paragonate a quelle che si esprimono ogni
giorno in un qualsiasi giornale, e in particolare contro le don
ne? Perché una tale intolleranza per le lotte sororicide quan
do ogni giorno le lotte fratricide, all'interno di un gran par
tito, sono considerate come un segno di salute democrati
ca? Sembrava che nessuno strappo alla regola fosse permesso.
Dovevamo essere perfettissime. Avevamo "sbagliato tutto".
Non c'è da stupirsi che il Movimento delle donne, nel suo
insieme, abbia resistito male a una tale strategia, concenata,
di marginalizzazione, al punto da sembrare talvolta antipar
lamentare. Spogliato di tutte le sue vittorie, era ogni giorno
ridotto all'immagine di un ghetto di isteriche. Per le donne
in movimento, l'indegnità, il ridicolo, gli eccessi, gli abusi,
le ~olenz~;. p~r le m~t3:°ti legittime, sposate a un partito, o
figli~ nob~ d1 un prmape, la dignità, il prestigio, il potere.
Oggi poss1~0 m1s~rare -~uanto tali privilegi fossero ingan
nevoli, e quei poten fragili, e quanto, sia per scrivere la sto
ria di un passato prossimo sia per tracciare nuove avanzate,
bisognerebbe, secondo una preoccupazione epistemologica
e politica, riconoscere al Movimento delle donne, nella sua
diversità proliferante, nella sua massa nello stesso tempo di
visa e capace di riunire, la sua forza ispiratrice, il suo dina
mismo vitale e la sua indipendenza innovatrice.
Oggigiorno, ali' oppressione e alla misoginia millenarie, si
aggiunge la repressione innestata dalle nostre prime con
quiste. In Francia, ogni giorno, si umiliano, si sfruttano, si
escludono, si stuprano, si picchiano, spesso a morte, si uc
cidono, per passione dicono, le donne.
L'evoluzione destabilizzante. nel Sud, nell'Est, dei paesi
senza passato democratico, le rivendicazioni selvagge di iden
tità culturali e cultuali, la concorrenza di tutte le differenze
a titolo d'identità sovrane, a eccezione di quella che le infor
ma tutte, la differenza dei sessi, l'esclusione ddle donne dal
le aree di potere, dunque di visibilità, che le rinvia a un sot
tosviluppo della rappresentazione, lo scarto che si accentua
ogni giorno di più tra il fare e il parere, a profitto di que
st'ultimo, sono freni, minacce all'avanzata delle donne.
Uno dei sintomi della rivoluzione del '68, l'entrata nel
l'era "fallista", appare ora in piena luce. Agli estremi, l'on
nipotenza narcisista si esprime con un formidabile aumen
to dell'intolleranza, che si può presagire non si limiterà, in
questa lotta a morte per il potere, di puro prestigio, alle in
tolleranze religiose. Dopo l'era della libertà. e quella dell'u
guaglianza, si parla dell'era della fraternità, della solidarietà
e della tolleranza. "Non toccare il mio compagno" s'inten
de del resto. in eco e in conflitto, nel '-non toccare il mio ro
manzo'', "non toccare il mio Corano". A proposito della re
ligione, nell'anno Primo dei Diritti dell'uomo, tviirabeau giu
dicava già utile fare una messa a punto: .. Non vengo qui per
predicare la tolleranza. La libertà più illimitata di religione
è ai miei occhi un diritto tanto sacro, che la parola tolleran
za, che cerca di esprimerlo, mi pare in qualche modo tiran
nica essa stessa, poiché l'esistenza dell'autorità che ha il po
tere di tollerare, porta pregiudizio alla libertà di pensare per
il fatto stesso di tollerare, perché potrebbe quindi non tol
lerare". Cento anni dopo, nel 1882, Renan, a proposito del
la laicità, non temeva di affermare, perentorio: "La laicità è
lo Stato neutro tra le religioni, che tollera tutti i culti e co
stringe la Chiesa a obbedirgli su questo punto capitale". Dal
l'integralismo alla "fallaicità", tolleranza e intolleranza fan
no venire i capogiri alla legge.
Dappertutto, nel mondo intero, la situazione delle don-
ne si è aggravata; le regressioni sono inquietanti, al punto
che alcune leggi votate in loro favore sono abolite. Ma dap
pertutto, nel mondo, le donne sono coscienti, vigili e com-
battive.
Vogliamo che cessi questa barbarie ordinaria e quotidia-
na. In Thailandia, contro la vendita e la prostituzione di bam
bine, alcune donne costruiscono una fon dazione per acco
glierle e dare loro una formazione. In India, esse lottano con
tro le leggi relative alla persona, che riducono le libertà del
le musulmane. In Cina, si costituiscono in associazione di
donne democratiche, per fare avanzare i diritti umani. In Al
geria, in cui infierisce il Codice della Famiglia, si mobilitano
contro l'obbligo del velo. Negli Stati Uniti, centinaia di mi
gliaia di donne si riuniranno a Washington per riaffermare il
diritto di scegliere liberamente la loro maternità, dunque di
abortire. Altrove, alcune hanno pure conquistato il potere
politico. In Francia donne creano, donne accedono a re
sponsabilità, donne lottano: negli ospedali, le infermiere, le
levatrici, nei nidi per l'infanzia, le puericultrici si sono mo
bilitate, non solo per il loro salario, ma per il riconoscimen
to del loro sapere e per la loro dignità.
Dappertutto continuiamo a batterci. È un movimento ir
reversibile.
La Convenzione dell'ONU del 1979, sull'"eliminazione di
ogni forma di discriminazione nei riguardi delle donne" le
gittima le nostre lotte e le nostre azioni. Nelle associazi~ni
com~ nei partiti, valorizza la presa di coscienza come la pre~
sa d1 potere quando proclama che "la discriminazione nei
riguardi delle donne viola il principio cli uguaglianza dei di
ritti e del rispetto della dignità umana, ostacola la parteci
pazione delle donne, nelle stesse condizioni degli uomini, al
la vita politica, sociale, economica e culturale del loro pae
se, fa ostacolo alla crescita del benessere della società e del
la famiglia e impedisce alle donne di servire il loro paese nel
la piena misura delle loro possibilità
n.
Ratificata dalla Francia nel 1983, essa deve essere uno
strumento per la conquista di nuo\i diritti, di nuove libertà.
Per farla finita con una "libido derivata'\ un "diritto deri
vato", un "'identità derivata'', dobbiamo ormai operare af
finché il legislatore della Lingua, del Simbolico e del Dirit
to, tenga conto delle nostre esigenze vitali. È necessario:
1) iscrivere nella Costituzione che "ogni essere umano,
qualunque sia il suo sesso, e senza distinzione di razza, di re
ligione, di credo, possiede diritti inalienabili e sacri" ;4
2) elaborare una legge-quadro, a partire da una "Dichia
razione universale dei diritti delle donne";
3) a nuovi diritti, nuovi doveri: liberare parte del tempo
privato per assicurare una presenza e una responsabilità po
litiche;
4) tutto ciò è possibile solo a condizione che sia ricono
sciuta la produzione specifica delle donne. Esse assun1ono
praticamente il 100% della procreazione umana, e sono pe
nalizzate dal fatto che questa produzione deve restare igno
rata, forclusa. Produzione simbolica, perché le donne par
lano, e creano esseri parlanti: si può ritenere si tratti di una
''antropocultura". Escluso da ogni iscrizione sociale, eco
nomica, professionale, politica, culturale, questo lavoro è
l'ultima delle schia\~tù, l'ultimo dispendio di una forza la
voro dovuta in assoluto al Padrone, senza retribuzione né à
conoscimento, quando invece è il più considerevole appor
to di ricchezza dell'umano all'umanità: proprio la creazione
pensante. Penalizzate da questa forclusione della procrea
zione in quanto produzione-creazione, le donne lo sono dop-