Table Of Content“C’è un sogno che mi accompagna da molti anni: scrivere un manuale che, anziché indirizzarsi ai medici, agli
psichiatri o agli psicologi clinici, parli a tutti. Oggi, in queste pagine, il mio sogno trova finalmente
concretezza.” In questa nuova opera, Vittorino Andreoli ci insegna con chiarezza e serenità ad affrontare i
primi segni di disagio o disturbo mentale a partire dai progressi scientifici raggiunti in questo campo. Se in
passato infatti si tendeva ad attribuire le malattie della mente a un determinismo genetico o familiare, oggi
sappiamo che è possibile risolverle, o per lo meno attenuare le loro manifestazioni, intervenendo subito. “Nei
miei cinquant’anni di psichiatria” scrive Andreoli “sono rimasto talora persino sconvolto dall’osservare che
persone vicine a un adolescente con comportamenti devastanti, o a un anziano che ha precorso la morte
naturale con un suicidio, hanno minimizzato segnali che invece erano chiari.”
Grazie alla sua esperienza di una vita trascorsa a fianco dei pazienti, Andreoli riesce a parlare sia a chi sta male
mentalmente sia a chi deve vivere vicino alla sofferenza degli altri: adulti, adolescenti, anziani. Il risultato è un
percorso mirabile fra le emozioni e tutte le loro manifestazioni, da quelle più comuni come la paura o l’ansia, a
quelle più complesse come la tristezza, aiutandoci a individuare i segnali d’allarme prima che sia troppo tardi.
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VITTORINO ANDREOLI è uno dei maggiori psichiatri italiani. Le sue ultime opere saggistiche uscite per
Rizzoli sono La fatica di crescere (2009), Le nostre paure (2010), Il denaro in testa (2011) e L’uomo di superficie
(2012). Tra i suoi romanzi ricordiamo Requiem (2010), Dialogo tra uno psichiatra e il suo paziente (2011) e
Nessuno (2012). Ha recentemente diretto, per il “Corriere della Sera”, la collana Biblioteca della mente.
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Vittorino Andreoli
I segreti della mente
Capire, riconoscere, affrontare
i segnali della psiche
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Proprietà letteraria riservata
© 2013 RCS Libri S.p.A., Milano
ISBN 978-88-58-64132-3
Prima edizione digitale 2013 da edizione Rizzoli gennaio 2013
In copertina:
fotografia © Cesare Cicardini
Art Director: Francesca Leoneschi
Graphic Designer: Mauro De Toffol / the Worldof DOT
www.rizzoli.eu
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Prefazione
C’è un sogno che mi accompagna da molti anni: scrivere un manuale
che, anziché indirizzarsi ai medici, agli psichiatri o agli psicologi
clinici, parli a tutti. Oggi, in queste pagine, il mio sogno trova
finalmente concretezza.
È costante nella mia mente, ogni qualvolta incontro un adolescente,
un adulto, un vecchio che abbia bisogno di cure psichiatriche, la
domanda se sarebbe stato possibile impedire che quel disturbo della
mente si manifestasse o che almeno non arrivasse allo stato di gravità
che purtroppo osservo.
Una domanda non solo lecita oggi, ma doverosa. È passato quel
periodo storico in cui i disturbi mentali erano ritenuti fatali, legati a
un determinismo verso cui non c’era nulla da fare. La malattia
mentale legata alla familiarità, alla genetica.
Sappiamo che certamente la biologia ha un ruolo, ma che non è
mai tale da provocare meccanicamente un disturbo psichiatrico,
poiché vi contribuiscono anche le esperienze esistenziali, a partire
dall’infanzia, e poi vi gioca un ruolo importante l’ambiente in cui si
vive: inteso come ambiente fisico, ma soprattutto relazionale.
Insomma, oggi è possibile impedire il disturbo della mente, o almeno
è possibile attenuarne le manifestazioni.
La vita di ogni persona malata si sarebbe potuta svolgere in
maniera più serena e con minor sofferenza: ecco la risposta a
quell’interrogativo.
A questo scopo non servono tanto gli psichiatri e gli strumenti
(limitati) che hanno a disposizione, bensì una consapevolezza e una
conoscenza dei disturbi della mente, in modo che le persone che
attorniano chi vive la condizione di disagio e mostra comportamenti
inusuali e strani, possano accorgersi che si tratta di un inizio di
qualcosa che va affrontato subito e seriamente.
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Nei miei cinquant’anni di psichiatria sono rimasto talora persino
sconvolto dall’osservare che persone vicine a un adolescente con
comportamenti devastanti, o a un anziano che ha precorso la morte
naturale con un suicidio, hanno minimizzato segnali che invece erano
chiari, se solo avessero avuto una conoscenza più precisa di ciò che
non può essere considerata una «normalità», sia pure confusa e
difficilmente definibile.
E non sostengo che avrebbero potuto fare qualcosa di risolutivo, ma
certamente si sarebbero potute attivare per usare i presidi disponibili,
quelli della psichiatria che sono tanto più efficaci quanto più si
mettono in atto tempestivamente sulle «stranezze», sui disagi, sui
momenti di difficoltà esistenziale.
Insomma mi sono convinto che la psichiatria vera è quella che lotta
affinché i disturbi mentali non insorgano e non, come si crede, quella
che si ritiene possa guarire le manifestazioni gravi.
Una tale psichiatria preventiva si attiva solo se c’è una conoscenza,
dentro le famiglie, le scuole, le comunità, dei segni iniziali con i quali
i disturbi si manifestano. Al loro insorgere, alle prime avvisaglie.
La psichiatria, questa disciplina complessa ed enormemente
imperfetta, ha bisogno delle persone comuni, dei familiari, persino dei
vicini di casa di chi mostra idee assurde e comportamenti deviati; ha
bisogno che la società nel suo complesso riconosca i primi segni dei
disturbi della mente poiché è questa l’unica maniera per poter operare
impedendone lo sviluppo, fino a raggiungere i quadri eclatanti che
rendono difficili gli interventi terapeutici e talora danno il via a storie
di incomprensione, e addirittura di violenza.
Il mio sogno è che questo libro possa dare un messaggio pratico su
cosa guardare, su come interpretare quei comportamenti che
consideriamo occasionali, passeggeri, capricci, legati magari all’età o
a un banale stato di stanchezza e di crisi.
La tendenza a minimizzare serve a negare un problema, e così
quell’inizio «ignorato» o sottovalutato può trasformarsi in un
disturbo. E se la mente si ammala, ne soffre tutto il corpo, le relazioni
sociali saltano e dunque la vita si fa difficile se non impossibile.
In psichiatria sempre maggiore importanza ha preso il concetto di
quantità, la considerazione cioè che esiste una continuità, da leggero a
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grave, di segni iniziali che possono diventare sintomi, e formare
sindromi, malattie mentali.
La paura è un meccanismo di difesa poiché permette di prevenire
dei rischi. Senza paura del buio un bambino correrebbe e potrebbe
sbattere la testa da qualche parte. La paura del traffico, che si attiva
quando si deve attraversare una strada, aiuta a stare attenti alla
possibilità, e dunque al rischio, di esser investiti da un’auto.
Ma quantitativamente la paura può crescere e assumere
progressivamente una dimensione che impedisce a una persona di fare
qualsiasi cosa, poiché giunge a percepire un rischio, un pericolo, in
ogni azione. La paura da difensiva diventa offensiva e disturba la vita
rendendola difficile.
L’ansia è una percezione di mal d’essere che scatta quando si
devono affrontare situazioni nuove, non abituali: un esame, un
incontro affettivo. L’ansia attiva l’attenzione e le capacità mentali. Il
battito del cuore accelera per fornire più energia ai tessuti per
prepararsi ad affrontare una prova nuova che immaginiamo difficile.
Si tratta di un’ansia buona, ma se aumenta quantitativamente può
raggiungere la dimensione dell’angoscia e allora è come se ci si
trovasse in un tunnel di cui non si vede la fine ed è come se mancasse
il respiro.
A questo punto la funzione che aveva, diventa disturbo poiché non
solo non facilita una prova mai esperimentata prima, ma la
impedisce. La mente si blocca, e si rimane immobili come se si fosse
incapaci di qualsiasi pensiero e azione, incluse quelle abituali e più
comuni.
E così accade per la tristezza: un sentimento stupendo poiché
permette di cogliere le difficoltà di vivere, il dolore delle persone care,
ma se aumenta quantitativamente diventa depressione e la
depressione giunge a una incapacità totale, poiché ci si sente del tutto
inadatti, e persino si avverte la colpa di esistere e di non sapere
aiutare l’altro. E allora si desidera uscire dal mondo.
Queste osservazioni si spostano anche su comportamenti che si è
portati a considerare «banali», come stare davanti a un computer e
navigare in Internet. C’è un limite oltre il quale da un uso utile, si passa
alla dipendenza e allora Internet diventa il mondo che sostituisce
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quello reale. E quel giovane o quell’adulto rifiuta la vita umana per
quella virtuale.
Ecco, occorre fare in modo che il principio della quantità guidi la
nostra osservazione, quella su noi stessi e sugli altri, e che dunque la
paura sia e rimanga difensiva, che l’ansia aiuti a vivere per affrontare
le difficoltà senza trasformarsi mai in angoscia, che la tristezza non
diventi malinconia, ma mantenga quel carattere di sentimento umano
capace di espressioni straordinarie, come saper consolare e magari far
sorridere chi in quel momento ha subìto una perdita o una delusione.
E analogamente bisogna essere critici verso l’attrazione del computer
e saperne limitare il fascino con la consapevolezza dei rischi per la
salute della mente.
Insomma, le caratteristiche tipicamente umane, come la
commozione, la sensibilità, la tristezza oppure la gioia devono
rimanere tali e non perdere la dimensione della normalità, e diventare
sintomi e poi disturbo della mente.
Per mantenere la mente sana occorre accorgersi dei disturbi fin
dall’inizio, averne un sospetto motivato per poter mettere in atto
interventi che possono essere semplici e svolgersi dentro i legami
umani ordinari, ma possono anche aver bisogno di consigli di qualche
professionista psicologo o psichiatra, per poter intervenire subito.
E quanto prima accade, tanto più è facile ottenere un risultato, e
talora basta solo la terapia della parola; al contrario, se non si è
tempestivi si impone il ricorso agli psicofarmaci, ai ricoveri in
ambienti psichiatrici.
E in questo caso a me si continuerà a porre la domanda del perché
non si sia potuto impedire al paziente che ho davanti di diventare un
malato di mente.
Quel sogno che si realizza con questo libro, si lega a un bisogno
medico, quello di far conoscere a tutti i segni critici iniziali, allo
scopo di fermare una progressione quantitativa che si fa malattia
della mente.
Verona, novembre 2012
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I segreti della mente
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