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DICEMBRE 1978
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DI MASSIMO GHIRELLI ina,
IL_CASTORO CINEMA
MENSILE DIRETTO DA FERNALDO DI GIAMMATTEO
LA NUOVA ITALIA
L’abbonamento annuale costa L. 15.000
Per l'estero L. 16.000
Tutti i diritti riservati
Va er“sLaam enNtuio va sul Itcaelpi a” 5/E6d2i6t1r icei,n tesFtiarteon ze ete e
Responsabile Fernaldo di Giammatteo c
Aulorizzazione del tribunale di Firenze
n. 2328 del 2.2.1974
22-
‘CILLO PONTECORVO
DI
MASSIMO
GHIRELLI
LA
NUOVA
ITALIA
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22
:| 2 g IL CINEMA DI GILLO PONTECORVO
F243
1LA FORMAZIONE — Avevo gia voglia di cinema.da prima della guerra,
Fwia non ci speravo-molto.. Andavo spesso al cinema, facevo parecchie foto-
wrafie, ma era ancora una voglia vaga; poco chiara; divenne qualcosa di pit
BPreciso; una vera e propria decisione, quando vidi il Paisa di Rossellini. Lo
vidi a Parigi, alla Salle Pleyel; e mi entusiasmo talmente che dissi no, io de-
iio piantare tutto, il giornale,, le foto e tutto il resto... Avevo qualche soldo
Ha parte,-mi comprai una Paillard, una 16 mm, é cominciai a girare docu-
Hnentari per conto mio.
xt
Ml iconsidero un figlio tardivo del neorealismo: sono stato influenzato non
mento dai suot.prodotti, ma dalla sensazione che questo tipo di approccio
a realta poteva dare. Mi entusiasmava Rossellini per la sua capacita di
Bendere vero, piu vero del reale, quello che toccava. Qualcosa di simile l’ho
ito nel cinema sovietico, Ejzen3tejn, Pudovkin, e soprattutto Dovien-
per la sua straordinaria umanita e dolcezza. Pensavo che il perfetto re-
a, il regista ideale, avrebbe dovuto avere tre quarti di Rossellini e un
rto di Ejzenstejn.
asta i in mente la marcia del protagonista, un ragazzo ex-cotrigendo, che
immina sulle rotaie del treno, verso la speranza...
inema americano non mi é mat piactuto molto — anche se é un mio limt-
lo riconosco; é proprio il tipo di immagini che non mi interessa: le facce
eli attori, le star, mi danno un senso di finto, forse proprio perché sono
uce note. E io fin dall'inizio avevo la mania di utilizzare attori non-
Egfessionisti, facce vere.
Non che io non vedesst, gia da allora, i limiti del neorealismo: una'vistone
non totalmente realistica della vita, il bozzettismo, la tendenza a zucchera-
re le cose, la mancanza di crudelta, di coraggio nell’andare fino in fondo;
pero la materia, il colore di realta umana, il tipo di linguaggio del neoreali-
smo mi sembrava unico che avrei voluto adottare per i miei film. Figurati-
vamente, i primi documentari che facevo avevano parecchi punti in comu-
ne con il neorealismo.
IL CINEMA — Il cinema mi interessa per la stessa ragione per cui mi inte-
ressava il giornalismo: una maniera di avvicinarsi alle cose, alla gente, di
grattare oltre la superficie — di scoprire quello che normalmente uno non
incontra altro che in occasioni eccezionali. Ogni volta che fai un film su un
ambiente nuovo, sei portato, quasi obbligato ad approfondire, ad entrare
in contatto con cose che non avresti mai conosciuto. lo sono grato al cine-
ma per avermi fatto conoscere ambienti e personaggi diversi; sono grato
anche per film che non ho fatto, la cui preparazione mi ha pero permesso di
affrontare esperienze che altrimenti avrei perduto. Normalmente, non ci é
dato di conoscere che la superficie delle cose, che non é molto variata: ma
appena vai oltre, ti accorgi di quale profondita, dt quali radict hanno le co-
sé.
Certo, avrei voluto fare pit film — ma non smodatamente. Uno deve fare
un film quando ne ha voglia, quando lo sente veramente. Penso di essere
abbastanza professionista da girare decentemente qualsiasi film, se fosse
necessario: ma posso lavorare soltanto a quello che mi implica veramente.
Per fortuna non mi interessa arricchirmt a tutti { costi; e non sono nemme-
no di quelli che tengono ad essere “presenti”.
Sono convinto che un film debba essere lo specchio dei difetti e delle qualita
di una persona sola, tl regista.
LA MUSICA — Sarei voluto essere un musicista: sono quasi pit attratto
4 dalla musica che dal cinema. La metrica det miei piani é molto influenzata
' dalVidea musicale del contrappunto immagine sonora-immagine visiva.
(Intervista a Gerard Langlois, «Les Lettres Frangaises», giugno 1970)
Penso che cinema e composizione musicale abbiano piu di un punto in co-
mune. Per me-in particolare, la musica non é soltanto uno stimolo, ma mi
da un ritmo interiore. Cerchero di essere piu chiaro. Io non ho grande espe-
_rienza nel cinema, avendo diretto solo quattro film: percid ho ancora un
. po’ di paura quando giro. Al mattino, quando arrivo sul set, non sono pro-
priamente tranquillo: e se non l'ho gia fatto prima di arrivare, cerco disp¢-
ratamente di comporre mentalmente un tema musicale — un brano che si
' avvicini a quello che poi dovrebbe essere usato nel film. Certo, il tema non
\ viene sempre, dal momento che non sono un compositore professionista:
; ma quando viene, tutte le paure svaniscono d’incanto e improvvisamente
‘mi sento pieno di fiducia in me stesso. So esattamente quello che voglio, i
tempi di cui ho btsogno, il posto dove va messa la macchina da presa, il
tmodo in cui gli attori devono recitare. Di pitt: quando preparo un film e
ufa certa scena mi suggerisce un tema musicale, so che questo vuol dire che
la scena verra bene, almeno per me. [...] Il silenzio é proprio come la mtusi-
cd; io parlerei di musica e silenzio piuttosto che di musica e di assenza di
musica, [...] Nel cinema, forse anche pitt che nella musica, st impara a-valu-
‘tare Vimportanza del silenzio in contrasto col suono; per me, lalternanza di
| silenzio e suono fa da contrappunto all’immagine visiva. Il cinema, che é
nato come immagine visiva, diventera sempre di piu immagine anche sono-
‘ra, a dispetto di coloro che teorizzano un effetto negativo della musica nel
+ cinema. [...] .
Penso che dietro ogni storia raccontata da un film ci sia quella che io
chiamo la “vera storia”, la storia che ha importanza; che dura, che rimane
‘al di la del genere, dell'apparenza. [...] E quando riesco ad esprimere que-
, Sta storta “nastosta” to lo debbo soprattutto all’aiuto della musica. Natu-
‘ralmente non mi sognerei mai di farne una teoria generale, perché mi rendo
- benissimo conto che per alcuni la musica nel cinema é un di pin ingiustifica-
‘to e scorretto. Tuttavia qualche volta, mentre stai girando una scena, capi-
} ta di sentirti lontano dalla storia “nascosta” — ancora in superficie, incapa-
_ft ‘\ 7
ce di fare progressi. L’esperienza magari ti dice che quello che stai facendo
tecnicamente funziona, c’é azione e c’é la famosa, dovrei anzi dire “famige-
rata” suspense. Ma in realta sai che la tua immaginazione non é li, che la
camera che hai puntato su una faccia, per esempio, non riesce a trovare il
calore necessario per andare oltre all'anonimita di quel volto, per trovare
dietro di esso quello che é veramente reale, fragile. Quello di cui hai biso-
gno — proprio come nella vita — é di sentirti coinvolto con pitt passione,
coraggio, entusiasmo; di sentirti trasportato; di fermarti su quella faccta o
su quella situazione un po’ pitta lungo di quanto permettano in senso stret-
to le leggi del ritmo e dello spettacolo. In questi momenti la musica puo in-
tervenire magicamente, dandoti la forza, il coraggio e l’entusiasmo necessa-
rt per rompere la crosta di indifferenza attraverso la quale di solito guardia-
mo agli altri; e in questo modo puoi arrivare alla storia “nascosta”, alla “ve-
ra” storia. Vedi, io non prendo droghe: ma in un certo senso la musica per
me é€ come una droga. Quando ho in mente un tema musicale trovo le corde
giuste per esprimermi; quando “viaggio” con la musica sono capace di cose
che non mi sogno nemmeno quando sono “sobrio”. (Intervista a Piernico
Solinas, The Battle of Algiers, 1973)
LA SCENEGGIATURA — Sono perfezionista al massimo e estremamente
lento nelle decisioni; per cui la sceneggiatura é una fase dolorosa, nella qua-
le ogni decisione mi costa una pena enorme; ogni scelta vuol dire l’esclusio-
ne delle altre possibilita, e. questo ha il potere di bloccarmi.
Quando finisco un film, se c’é una nuova idea, ne parlo con parecchia gen-
te, ma soprattutto ne parlo con Franco Solinas, che é quello col quale ho la-
vorato fino ad ora. Lo stimo molto non solo per la sua capacita di giudizio,
ma anche per le sue qualita di intuizione per la scelta di un tema. [...] Una
volta deciso il tema, il gradino seguente, almeno nei'film che ho fatto fino-
ra, @ la documentazione. [...] Quando la documentazione é completata, co-
minciamo a discutere la struttura del films il risultato di questa discussione
é un primo approssimativo abbozzo seguito da un secondo trattamento pit
6 elaborato. [...] Continuiamo la discussione e lo scambio di idee anche ri-
guardo al dialogo; quando qualcosa non mi funziona io chiedg di cambiar-
la o la cambio io stesso al momento di girare. (Intervista a Piernico Solinas,
| The Battle of Algiers, 1973)
In realta, pero, cambio raramente la sceneggiatura durante le riprese; qual-
che volta occorre cambiare ritmo, oppure capisco che una parte del dialogo
puo essere sostituita dal commento musicale, e diventa percio superflua.
D’altra parte, anche nelle sceneggiature scritte da me ci sono scene che non
mi ispirano: magari sono necessarie, per fare da collegamento tra due altre
scene importanti. Ma quando devo girarle, spesso finisco per inventare un
pretesto per lasciarle alle cure di uno dei miei assistenti.
Il momento piu piacevole non é dunque la sceneggiatura, ma la documenta-
zione, la ricerca che immediatamente la precede; io addirittura esagero cer-
te volte nella preparazione, perché la considero uno dei piaceri piu grandi
che ti da questo mestiere.
LA FOTOGRAFIA — Avevo cominciato a lavorare per quella che ddesso si
chiama «France Presse»: scrivendo, e poi facendo anche qualche fotografia.
Piano piano, i miei servizi divennero prevalentemente fotografici, sempre
| pit immagini e il testo sempre pit ridotto, praticamente didascalte per le
t foto. Cost era accontentata la mia pigrizia, e anche il mio gusto formalisti-
f. CO, che & componente non minore del mio lavoro attuale.
Credo di essere uno dei registi pit interessati all’'aspetto fotografico del
film; [...] e non riesco a credere che ci siano registi che lasciano tutto il la-
voro delle immagini all’operatore. [...] Un regista che ama l'immagine ed é
convinto che sia questo il linguaggio attraverso il quale si realizzano le sue
idee, sacrifica volentieri altri elementi del film per poter girare ad una certa
ord del giorno, se sa che soltanto,a quell’ora trovera un rosa che colora un
albero in un modo particolare o una macchia di grigio o una sfumatura
particolare di verde. [...] Quando i risultati sono buoni, sai, quando i critici
(che di solito riguardo alla fotografia sono ignoranti quasi quanto i registi)
§ esclamano «Che magnifica fotografia!», il tutto sembra opera dell’abilita 7
miracolosa dell’operatore. In realta questi “quasi miracoli” sono spesso do-
vuti, negli esternt, alla scelta del regista per una certa luce naturale, 0 un
determinato momento per girare, 0 un angolo particolare della macchina
da presa, un certo colore, la direzione della luce. [...] Dove il cinema é solo
agli inizi, dove ha bisogno di fare grandi passi avanti, é nello sfruttare la fo-
tografia con pit creativita. Penso che ci sia un’enorme sproporzione fra le
innovazioni compiute in campo fotografico e quelle nel campo piu ristretto
della fotografia per il cinema. Se si scorre un catalogo con le foto di parec-
chi autori o si va a vedere una mostra fotografica, si notano esperimenti piu
o meno riusciti, nelle direzioni pitt diverse; al cinema, invece, capita.rara-
mente di trovare innovazioni radicali nella fotografia. Puo essere brutta o
bella, ma non é mai veramente creativa, perché tutte le variazioni sono
sempre all’interno di una rappresentazione “obiettiva” della realta, piutto-
sto che di una “trasposizione” del réale. [...] Non si fanno molti esperimen-
tt, prima di tutto perché se si sceglie uno stile che non é quello solito,
“obiettivo”, diventa estremamente difficile mantenere la continuita foto-
grafica attraverso tutto il film, In secondo luogo, gli esperimenti prendono
un sacco di tempo quando Sst gira; e puo anche darsi che i registi non vada-
no in cerca di innovazioni perché hanno un atteggiamento trascurato, pi-
gro, nei confronti del linguaggio del loro lavoro. E la fotografia cinemato-
grafica non si presta factlmente alla sperimentazione, perché i limiti piu for-
ti non li pongono le banche, i produttori o l’auto-censura, ma, paradossal-
mente, la dittatura dell’obbiettivo. La possibilita di “trasposizione” nel
campo dell’immagine é fortemente limitata proprio, per il fatto che dobbia-
mo lavorare con un obbiettivo che ct costringe ad aderire alla realta e rende
estremamente difficile trascenderla. (Intervista a Piernico Solinas, The Bat-
tle of Algiers, 1973) . /
Quando preparavamo La battaglia di Algeri, subito ci apparve che il film
avrebbe avuto una sua validita se fosse stato sotto il segno della dittatura
della verita — se proprio ogni nostra scelta fosse stata dettata dal desiderio
di creare questo odore di verita. Di qui la mia maniacale rjcerca di una fo-
8 tografia che assomigliasse alla fotografia dell’attualita. Col mio operatore,