Table Of ContentUna Commissione parlamentare che
inquisisce le stelle del cinema sulla base
di sospetti. Processi politici senza diritto
alla difesa. Incarceramenti senza prove.
L’accusa: aver cercato di insinuare
elementi di «antiamericanismo» nei
film.
Questo, e molto altro, racconta Fuori i
Rossi da Hollywood!, attraverso i verbali
– in gran parte inediti in Italia – delle
udienze tenute dalla Commissione per
le attività antiamericane, davanti a cui
sfilarono personaggi come Ronald
Reagan, John Wayne, Walt Disney, Gary
Cooper, Bertolt Brecht, Edward Dmytryk
e molti altri.
Scrive Oliviero Diliberto nella
prefazione: «Ci fu, come sempre
avviene in questi casi, chi apertamente
si schierò con la Commissione, chi
affrontò il carcere, chi rimase
disoccupato, chi si uccise. Erano passati
pochissimi anni dal periodo della
cinematografia statunitense impegnata
contro il nazismo, esaltatrice delle
libertà e della democrazia, ma
sembravano secoli. Il sonno della
ragione generava i suoi mostri».
Sciltian Gastaldi è nato a Roma nel
1974. Scrittore, giornalista, docente
universitario, è autore dei romanzi Tutta
colpa di Miguel Bosé (Fazi) e Angeli da
un’ala soltanto (Leaf River Publishing).
Collabora con «Internazionale», «D-La
Repubblica delle donne» e con «Il Fatto
Quotidiano».
I Quarzi
In copertina: Roy Cohn, Joseph McCarthy e Don Surine durante
un interrogatorio (26 aprile 1954) © AP Archives
© 2004 Lindau s. r. l.
corso Re Umberto 37 - 10128 Torino
ISBN 978-88-6708-191-2
Sciltian Gastaldi
FUORI I ROSSI
DA HOLLYWOOD!
Il maccartismo e il cinema americano
Prefazione di
Oliviero Diliberto
Introduzione
Presentazione e ringraziamenti
Il lungo periodo della cosiddetta «caccia alle streghe» contro
i comunisti d’America è passato alla storia sotto il termine di
maccartismo, sebbene sia iniziato prima dell’avvento sulla
scena pubblica del senatore Joseph Raymond McCarthy, da cui
ha preso il nome, e sia finito ben dopo la sua morte. Questo
saggio nasce dalla constatazione che, nell’ampio panorama
della storiografia italiana, la questione maccartista è un tema
curiosamente quasi del tutto trascurato. In tempi di postuma
riscoperta di un’ideologia anticomunista in Italia1, e di una
nuova ondata di paura e repressione irrazionale nei confronti di
un’intera comunità – quella araba – dopo l’11 settembre 2001
in America2, mi è parso interessante andare a ripercorrere i
fatti che segnarono l’inizio del maccartismo, guardando alle
conseguenze che si abbatterono sull’industria cinematografica
statunitense all’indomani del secondo dopoguerra. Ricos‐
truendo cosa accadde nella colonia di Hollywood allo scadere
degli anni ’40, inoltre, penso sia possibile capire come nacque
l’idea di condizionare il sistema dei media da parte di uomini
politici estremisti e senza scrupoli.
Nelle pagine che seguono illustrerò la nascita e lo sviluppo
del meccanismo della lista nera a Hollywood, delle reazioni al
blacklisting da parte degli artisti e dei produttori e dei fatti che
portarono alla sua fine. In particolare ho voluto dedicare un
ampio spazio alla riproduzione dei verbali di alcune delle
udienze tenute dalla Commissione per le attività antiamericane
(documenti in gran parte inediti in Italia) e analizzare i motivi
principali che alimentarono la volontà d’epurazione politica in
questo settore. Uno sguardo è poi rivolto al ritorno alla
normalità che si sviluppò lungo gli anni ’60, mentre l’ultimo
capitolo analizza la situazione attuale, che alcuni definiscono di
neo-maccartismo.
Come vedremo, ciò che fu istituito con la Commissione per le
attività antiamericane fu un attacco in piena regola ai principi
cardine dell’ordinamento liberal-democratico statunitense. Un
lungo momento di vero e proprio terrore di stato contro chi fu
arbitrariamente giudicato colpevole di reati d’opinione politica,
che portò perfino all’istituzione di campi di concentramento per
i sospetti di simpatie comuniste. Sebbene solo pochissimi
cittadini conobbero la galera, segnando comunque un grave
vulnus per la tradizione democratica degli Usa, moltissimi furo‐
no indotti con i mezzi più subdoli a «pentirsi» e a trasformarsi
in delatori, come è sempre avvenuto nelle dittature d’ogni
colore.
Con la concreta minaccia della perdita del posto di lavoro,
della discriminazione sociale e di una pressione psicologica
pesantissima, uomini stipendiati pubblicamente e
rappresentanti la democrazia americana costrinsero inermi
concittadini ad abiurare alle loro idee giudicate sbagliate. Il
tutto, sulla base di sospetti più che di prove, con processi
condotti al di fuori del sistema giudiziario americano,
sfruttando i poteri d’indagine e di giudizio senza limiti né – de
facto – i vincoli costituzionali di una Commissione
parlamentare. E come in ogni «caccia alle streghe», non furono
poche le vittime casuali, coloro che nemmeno condividevano
quelle idee considerate all’epoca sovversive. Questo stesso
metodo di terrore e ricatto sarebbe stato poi usato contro i
lavoratori dell’informazione giornalistico-televisiva, divenendo
per diversi anni un tornaconto indispensabile per alimentare il
consenso elettorale dei cacciatori di streghe.
Cercherò quindi di dimostrare come il principale
intendimento della Commissione per le attività antiamericane,
dunque il prodotto più caratteristico di tutto il periodo
maccartista, sia stato essenzialmente punitivo nei confronti di
determinate categorie di persone, anziché rispondente a una
logica di effettiva legalità.
Nella bibliografia si potrà vedere come l’unica fonte italiana
interamente incentrata sul tema suddetto sia l’opera della
professoressa Giuliana Muscio3: Lista nera a Hollywood. La
caccia alle streghe negli anni ’50, del 1979. Per il resto,
esistono saggi che trattano del periodo maccartista all’interno
o di un panorama generale della storia degli Usa di questo
secolo, o come sfondo di argomenti differenti4, ma niente di
più.
Immagino che questa mancanza della nostra storiografia sia
il semplice frutto del caso. Devo tuttavia sottolineare come nei
tre anni di ricerche compiute per preparare questo lavoro, mi
sia dovuto confrontare con un atteggiamento non esattamente
di collaborazione da parte della maggioranza delle istituzioni
culturali americane delle quali ho chiesto la consulenza.
A questa imprevista chiusura corrisponde una significativa
carenza di testi e altri documenti sull’argomento presso gli
archivi di importanti istituti a stelle e strisce presenti sul
territorio italiano5. Felice eccezione, sia in quanto a dispo‐
nibilità umana che a completezza del proprio catalogo
bibliotecario, la sede bolognese della Johns Hopkins University,
già presieduta da quell’Owen Lattimore che fu egli stesso
testimone e vittima dell’inquisizione maccartista.
Last but not least, ho piacere di ringraziare chi mi ha aiutato a
coltivare la passione per la storia e la ricerca: la professoressa
Antonella Dente, il professor Umberto Gentiloni per la
disponibilità e le indicazioni materiali su come strutturare la
tesi di laurea da cui questo libro si sviluppa; il professor Angelo
Ventrone e infine il relatore Pietro Scoppola. Un
ringraziamento speciale anche al redattore delle Edizioni
Lindau Gabriele Giuliano, che rileggendo il testo con cura,
pazienza e attenzione ha contribuito a migliorare la qualitá
globale di questo volume.
Infine, il ringraziamento più grande va ai miei genitori per
l’aiuto mai venuto meno. Ringrazio mio padre anche per il
prezioso contributo nella traduzione di alcuni verbali delle
udienze.
La terminologia, i contenuti e l’organizzazione dello
La terminologia, i contenuti e l’organizzazione dello
studio
Prima di cominciare la mia analisi, è utile spiegare
l’accezione entro la quale s’intendono alcuni termini, poi usati
frequentemente in tutto il saggio.
Lista nera: il concetto stesso di «lista nera» ha diviso per
decenni la società dello spettacolo americano. Un elenco
pubblico e ufficiale degli artisti da escludere a causa delle loro
idee politiche stilato dalle major non è mai esistito, poiché
sarebbe stato contro la legge. Gli artisti che ritenevano di
essere stati iscritti nella lista nera anticomunista, hanno mosso
diverse cause contro le compagnie cinematografiche di
Hollywood per un totale di più di 150 milioni di dollari.
Nessuna casa citata ha mai ammesso l’esistenza di un qualche
tipo di discriminazione sulla base delle idee dei propri
lavoratori, tantomeno ha ammesso la creazione di una «lista
nera». Nessun tribunale ha dunque riconosciuto l’esistenza di
liste di proscrizione nell’industria dello spettacolo. Il motivo di
questa mancanza sta nel fatto che dimostrare in tribunale
l’esistenza di un meccanismo di blacklisting è tutt’altro che
semplice. Oltre a provare che un lavoratore o un gruppo di
lavoratori siano esclusi dalle loro attività in modo sistematico, è
necessario dimostrare che tale situazione sia originata da una
volontà di cospirazione da parte del o dei datori di lavoro.
Nel nostro caso, se una casa cinematografica dichiarava di
non voler assumere un singolo individuo, era chiaramente una
scelta legittima e legale. Ma se più compagnie stabilivano con
un atto concertato di non voler far lavorare una persona o un
gruppo di persone per qualunque motivo, questo era (ed è)
riconosciuto dal tribunale come un atto di blacklisting, e
dunque illegale.
Nelle cause intentate da coloro che ritennero d’essere stati
danneggiati economicamente tramite il meccanismo della lista
nera, i tribunali non hanno mai riconosciuto questo preciso
elemento di collusione tra le diverse case, bensì hanno ritenuto