Table Of ContentLaura Formenti
Formazione
trasformazione
e
Un modello complesso
Copertina
illustrazione: PierluigiLongo
ISBN 978-88-6030-919-8
© 2017 Raffaello Cortina Editore
Milano, via Rossini 4
Prima edizione: 2017
Stampatoda
Geca SRL,San Giuliano Milanese (MI)
per conto di Raffaello Cortina Editore
Ristampe
6 35 4 3 2 1
2025 2024 2023 2022 2021
Indice
Introduzione. Infinite composizioni
Dal disciplinareal trans-disciplinare XVIII
Il libro: una composizione di esperienze, riflessionie parole
Riconoscimenti, riconoscenza
1
Preparare il cantiere.
La ricerca-formazione come pratica
composizionale e cooperativa
Indossare l’habitus
Narrazione, esperienza, relazione
Trasformazioniautobiografiche
Storie
La ricerca narrativa e ilpotere sovversivo delle storie
Non è oro tutto ciò che luccica
Composizioni
Livelli di composizione
L'opera
La danza delle relazioni
Le complementarità cibernetiche
Pensare insieme: la Mente collettiva
Vita (la mia)
Lavorare in équipe: una cangiante ecologia di idee
Metodo
Un metodo a-metodico: la spirale della conoscenza
Le fasi della ricerca-formazione
2
Raccogliere il materiale.
L'esperienza autentica, ovvero far parlare il corpo 61
Danza (studio di caso) 65
Partire dal corpo
VI INDICE
Dalla danza alla costruzione di senso 72
Vivere la danza 72
Dare parole all'esperienza 74
Conversare per dare senso 74
Un bilancio provvisorio 77
Sensi 77
Lo sguardo ritrovato (studio di caso) 80
Apprendere o stare bene? 83
Propiziare l'apprendimento incarnato 88
Respirare, nutrirsi, abbracciare, vedere...
biologia della formazione 92
3
Mettere in opera.
La rappresentazione estetica, ovvero
pensare in storie trasforma 97
Sguardi (studio di caso) 102
Metafore tecniche 110
Uno sguardo innamorato 111
Uno sguardo lucido 113
Uno sguardo contagioso 116
Uno sguardo pensoso 120
Si può fare! 121
Bellezza 122
Ogni donna è un'artista 124
Icapolavori: posizionamenti riflessivi 126
La formazione estetica, tra esperienza e pensiero critico 136
4
Costruire e consolidare.
La comprensione intelligente, ovvero
produrre senso e significato 143
Epistemologia 144
L'epistemologia dell'altro: tradurre tradire imparare 151
La formazione auto/biografica: una lettura epistemologica 155
Il sapere personale: verso un'ermeneutica pratica 159
Teorie 163
Teoria e pratica 165
Che cosa è e a che cosa serve una teoria? 168
Come si formano le teorie? 171
Come e perché proprio questa teoria? 182
Apprendere/insegnare (studio di caso) 185
INDICE
5
Coronare l'opera.
L'azione deliberata, ovvero
prendersi cura della formazione 205
Cura 209
La nascosta trama delle parole 216
Formare e formarsi alla cura 220
Aver cura della relazione: accoppiamenti strutturali 224
Conflitto (studio di caso) 228
Un incidente di percorso 229
Ricostruendo gli inizi... 230
L'emergere delle teorie implicite 234
Conflitto tra culture: quando la cooperazione salta 244
Identità 249
Complessità dell'insiderness: donne che ricercano con altre donne 253
Inventare e divenire: una teoria sistemica dell'identità 258
Verso la trasformazione 262
Avvertenza finale 268
Epilogo. Saggezza 271
Le pratichefilosofiche 272
Laboratori in erba 274
Verso la saggezza sistemica? 277
Bibliografia 283
Introduzione
Infinite composizioni
Solo la conoscenza che prende vita merita questo nome.
MARÎA ZAMBRANO
Dove posso metterla questa? Accidenti, ma quanto pesa?!? Perché la
composizione finale sia solida, e la prima tempesta (opiù probabilmente
Rosita, l'asina del vicino) non la distrugga, ogni pietra deve combinarsi
nel modo giusto con le altre. È come un puzzle, solo che la forma finale
non è determinata a priori. Quella che ho in mano è grande (sento i bi-
cipiti tesi per lo sforzo). È proprio bella. Andrebbe bene sul fronte, ma
non trovo una collocazione adatta. Provo e riprovo. Niente, non si in-
castra con nessuna delle pietre sottostanti. Inutile incaponirsi. Quando
abbiamo deciso, io e mio marito, di riparare i muretti seguendo le anti-
che regole della costruzione “a secco”, il vicino di uliveto ci ha guardato
dapprima con aria scettica, poi ha raccomandato nel suo ligure stretto:
“I muretti non bisogna farli da cattivi”. Cioè: prendila con filosofia e la-
scia perdere la fretta.
Va be', la lascio cadere (pericolosamente vicina al piede destro) e ne
cerco un'altra. Il terreno intorno a me è disseminato di sassi bianchi,
grigi, gialli (ipeggiori, friabilissimi — ma ci sono e bisogna usare anche
quelli). Di quelli enormi, che ci vogliono due persone a sollevazrli (e l'un-
ghia dell'anulare destro ne porta i segni), e di quelli minuscoli, che fai
fatica ad afferrarli tra indice e pollice, con questi guanti a impacciare
i movimenti.
Per coordinarci, Roberto e io abbiamo inventato una specie di clas-
sificazione. Ma chissà come, va sempre a finire che mi porta secchi di
pietre medio-piccole quando gli avevo chiesto le medie-tendenti-al-
grande. Ora però sto lavorando da sola: mi piace stare qui con i miei
pensieri — in silenzio finalmente! — mentre le mani operano. Alla fine di
X INTRODUZIONE
questo tratto (è bello lungo, mi ci vorrà tutta la settimana), si vedrà un
bel muro là dove c’era la voragine e tutta la “fascia” (qui si chiamano
così i terrazzamenti) sarà ripulita e profumata di origano e timo, come
dev'essere. Prendermi cura di questo pezzetto di mondo mi procura
una gioia immensa.
E intanto io mi trasformo: la pelle diventa più scura, le braccia e le
mani si rinforzano, il respiro si fa più profondo e regolare, i sensi si al-
lertano. Ogni gesto diventa consapevole. L'arte dei muretti a secco ri-
chiede attenzione, cura, creatività e immaginazione. Proprio come la
formazione. Quello che tre anni fa mi sembrava impossibile è diventato
possibile, poi facile, ora spero anche elegante. Possibile, facile, elegante:
sono le tre fasi di ogni pratica come le ha enunciate Moshe Feldenkrais,
che sto imparando a conoscere grazie a Silvia Luraschi.
C'è anche molta sapienza, in questa tecnica inventata secoli prima
del cemento: ogni pietra deve avere almeno tre punti d'appoggio, le pie-
tre del fronte non sarebbero nulla senza gli “scheggioni” che le tengono
ferme da dietro e le pietruzze più piccole che, incastrandosi in ogni bu-
co, bloccano tutta la struttura in un unico insieme di forze interdipen-
denti. Proprio come la vita.
Oggi fa molto caldo, ma un po' di brezza aiuta a sopportare le goc-
ce di sudore che colano giù per la schiena e le gambe. L'unico suono è
quello delle cicale, rotto ogni tanto da un elicottero della guardia fore-
stale o dal suono di campane portato dal vento. Faccio un bel respiro e
continuo a lavorare. In silenzio.
Siamo fatti di storie. Oggi sembra scontato — nelle scienze sociali, nella
formazione, nelle pratiche di cura — mettere al centro il narrare, un pro-
cesso costitutivo, costruttivo, assolutamente necessario alla vita umana,
organizzativa, sociale. Il tema non è inedito: ci si potrebbe chiedere, in
effetti, se la formazione narrativa meriti un nuovo libro, che va ad ag-
giungersi a una bibliografiatrasversale a tutte le disciplinedell'umano,
in crescita esponenzialefin daglianni Ottanta, dopola cosiddetta “svol-
ta narrativa” (solo per citare alcuni testi, vedi Alastra, Batini, 2015; Ba-
tini, Giusti, 2010; Castiglioni,2014; De Carlo, 2012; Demetrio, 2012;
Jedlowski,2000; Kaneklin, Scaratti, 1998; Scaratti, 2014).
Eppure sappiamo ancora così poco di come opera la narrazione nel-
la formazione, e perché abbia questo grande potere di “toccarci nel
corpo”, di curarci talvolta in assenza di ogni altro intervento, fisico,
chimico o materiale. Quando raccontiamo una storia mettiamo in mo-
INTRODUZIONE XI
to processi intricati, imprevedibili, dentro e fuori di noi. Processi che
formano e trasformano gliindividui, le comunità, le organizzazioni, le
società. Le storie hanno dunque il potere di trasformarci, di cambiare
le nostre vite. Di questo tratta, infatti, la mia proposta: non del raccon-
tare fine a se stesso, per puro godimento estetico (che lasciamo agliar-
tisti e ai letterati), ma del provare a comprendere il potenzialeformati-
vo del narrare. Che cosa avviene, accanto e oltre il godimento estetico,
che ci rende diversi, forse migliori,più felici, più consapevoli,quando
raccontiamo storie? E a quali condizioni questo avviene, in modo ta-
le che la formazione narrativa non sia scontata, banalizzata, ma possa
poggiare su basi solide, critiche, problematizzanti? Risponderea queste
domande è cruciale per ogni formatore, educatore, pedagogista,inse-
gnante, consulente e per qualsiasi operatore che intenda usare le sto-
rie per generare qualcosa che ancora non c'è, una possibilità,un’idea
di futuro. La pratica è la chiave: che cosa facciamo con e attraverso le
storie? Come operiamo?
Ho voluto aprire il testo con il racconto di una pratica apparente-
mente inusuale, in generale e in particolare per una persona come me.
In effetti, costruire muri a secco non sembra “femminile”, certamente
non è “da intellettuale” e nemmeno “funzionale” a qualchescopo. Ri-
chiede tanto tempo per un risultato forse insignificante.Perfino i miei
vicini, loro che in queste terre ci sono nati, scrollano il capo quando mi
vedono intenta a sbucciarmi ginocchiae rompermi unghienel tentativo
di completare una fila troppo in alto per me, appesa alle pietre come un
improbabileclirzber. Le praticheche ci portano fuori dalla quotidianità,
dal mondo così come lo conosciamo, sono una parte importante di que-
sto testo. Fare qualcosadi inusuale. Tentare un’opera inedita. Quando
si pensa alle pratiche nella formazione (e sempre più, oggi, anche nella
ricerca), l'accento cade troppo spesso sull’utilità, sulla ricaduta imme-
diata, sull’impatto,quasi mai sull’immaginazione.La ricomposizione di
questo dualismo è una delle chiavi di lettura del libro.
Quello che facciamo ci racconta. Quello che raccontiamo ci costrui-
sce. Fare muri a secco dice qualcosadi me, della persona che sono, che
sto diventando. La nostra vita è un’opera nella qualeognuno di noi si
modella, giorno per giorno, attraverso l’azione e l'interazione con ilmon-
do. Storie, pratiche e identità sono inestricabilmente legate.In ingle-
se: entangled.Significaingarbugliato,aggrovigliato.In fisica quantisti-
ca, l’entanglementè una correlazione complessatra fenomeni, per cui lo
stato di un sistema fisico entangledpuò essere descritto solamente come