Table Of ContentOsvaldo Anzivino
Si dice a Foggia
Motti, modi di dire, proverbi
del dialetto foggiano
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Radici
Raccolta di testi della Provincia di Foggia
curata da Franco Mercurio
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Osvaldo Anzivino
Si dice a Foggia
Motti, modi di dire, proverbi
del dialetto foggiano
Claudio Grenzi Editore
In copertina,
particolari di un’opera
di Michele Saggese
I disegni che illustrano
il volume sono dell’autore
ISBN 88-8431-043-1
© 2000 Claudio Grenzi sas
Printed in Italy
Tutti i diritti riservati.
Nessuna parte di questa pubblicazione
può essere tradotta, ristampata o riprodotta,
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senza autorizzazione della Claudio Grenzi sas.
Claudio Grenzi sas
Piazzale Italia, 6
Via Le Maestre, 71
71100 Foggia
5
Presentazione
Bisogna ammetterlo: libri come “Si dice a Foggia” di Osvaldo Anzivino hanno
un certo tasso di pericolosità. Nella raccolta dei modi di dire, dei proverbi, dei detti
tipici della nostra gente, della città capoluogo e di quelle vicine, c’è infatti un tale
concentrato di sapida allegria, ma anche di saggezza, da renderci persuasi del prima-
to civile e morale dei Foggiani, della superiore attitudine della nostra stirpe a coniu-
gare umorismo e sapienza, acume ed arguzia. Divenuti così novelli Gioberti, tendia-
mo a insuperbire e ad indulgere alla supponenza, dimenticando che in realtà a
renderci così proclivi a cogliere l’intima bellezza di queste frasi contribuisce l’impa-
reggiabile condimento della nostalgia, la circostanza che quelle voci, belle o brutte che
fossero, sono quelle della nostra infanzia, del tempo dei ricordi.
Intendiamoci, in alcune circostanze qualche motivo di orgoglio è oggettivamente
giustificato: qualcuno vede competizione tra l’insipido e tristanzuolo “le disgrazie
non vengono mai sole” e il rutilante “’a disgrazije nun face sparagne” (“la disgrazia
non fa risparmio”, mi si perdoni la zoppicante grafia del vernacolo, mistero inacces-
sibile ai non addetti ai lavori)? O tra il subdolo “ride bene chi ride ultimo” e il
fatidico “’a prucessione se vede quanne s’arritira” (“la riuscita della processione si
giudica alla fine”)? Un repertorio di frasi del genere, con il loro sapore rustico ed
appagante, vale da solo la contenuta spesa necessaria per l’acquisto di questo volume.
Ma questo non è solo l’esercizio di un valente poeta e commediografo vernacolare, di
un uomo che un’allegria non fatua ha reso sempreverde e gentile: è anche la testimo-
nianza di un fervore di ricerca, di una passione di studioso. Si legga questo volume
alla ricerca di una fulminante agudeza, di un ricordo perduto, di un’indicazione di
studio: lo si abbia come livre de cachet o come piccola enciclopedia di settore, sarà
sempre uno di quei libri dei quali si diventa amici. E chi trova un amico, come si sa,
trova un tesoro.
Antonio Pellegrino
Presidente Provincia di Foggia
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Sommario
5 Presentazione
Antonio Pellegrino
9 Prefazione
Giuseppe De Matteis
11 Premessa
Osvaldo Anzivino
13 Avvertenze
15 Notizie sulla pronunzia
19 A
53 B
61 C
113 D
121 E
123 F
145 G
155 I
157 J
159 K
161 L
171 M
199 N
213 O
215 P
243 Q
247 R
255 S
287 T
297 U
301 V
313 Z
315 Indice analitico
9
Prefazione
Osvaldo Anzivino, dopo averci offerto, per lunghi anni, il meglio di sé come
poeta in lingua e in vernacolo foggiano, oltre che come autore di testi teatrali e
musicali, si ripresenta ora ai suoi lettori con questo corposo, bel volume (realizzato
davvero con gran cura dall’editore Claudio Grenzi) di “motti, modi di dire e pro-
verbi” del dialetto foggiano, testimoniandoci così, ancora una volta, ad ottant’anni
suonati, la sua antica e sincera passione per la nostra terra, per i suoi usi e costumi,
per tutti i segni palesi della civiltà dauna e pugliese. Dobbiamo, io credo, esser grati
a lui per l’impegno profuso a piene mani in questo non agevole, pazientissimo
lavoro di ricerca e di recupero di un così cospicuo patrimonio di saggezza popolare,
destinato sicuramente a disperdersi, ad essere dimenticato e ad annullarsi nel coa-
cervo della frenetica e convulsa società contemporanea, che sembra affidarsi costan-
temente a tutto ciò che è provvisorio, superficiale, diremmo “disumano” modo di
vivere e di agire, che è lo specchio deleterio della cosiddetta civiltà del benessere e
del consumismo.
Osvaldo Anzivino è qui a dimostrarci, invece, con questa sua raccolta di prover-
bi e modi di dire che, al di là degli angusti, a volte, confini municipalistici e provin-
ciali, esiste una indiscutibile e genuina cultura popolare pugliese che dev’essere
finalmente collocata nel contesto di una cultura nazionale, se non europea, pur
senza compromettere la specificità e la differenziazione di ogni eredità letteraria
locale.
Il messaggio, pertanto, che Anzivino affida a questa summa di consolidata espe-
rienza popolare può, a nostro avviso, essere chiaramente decifrato da quanti hanno
assimilato la nuova concezione scientifica e antidogmatica della cultura come insie-
me di tutte le manifestazioni della vita concreta di un popolo, di un gruppo etnico,
di un’intera comunità.
Il folclore, in nome del quale vivono oggi questi proverbi, è sicuramente l’espres-
sione più vivida e più nobile di tutte le manifestazioni a cui facevamo cenno prima.
Dello stesso parere sono, del resto, gli esperti di demologia (e a maggior ragione
10 Si dice a Foggia O. Anzivino
quelli di paremiologia o paremiografia, della materia specifica cioè di cui stiamo
parlando), i quali confermano che il folclore non va inteso come bizzarria, strava-
ganza o come elemento pittoresco, ma come qualcosa di estremamente serio e
importante, perché costituisce un accumulo e una trasmissione, per le generazioni
future, di testimonianza del vissuto, dell’usuale e del giornaliero.
Questi proverbi non sono solo accompagnati, di volta in volta, da una fedele
traduzione che esplicita, in forma semplice e chiara, il significato metaforico ed
allusivo (a volte ironico, a volte sarcastico) della saggezza popolare.
Essi, in fondo, rispecchiano le abitudini di vita di un tempo: le tradizioni, gli
usi, i costumi, la mentalità, la filosofia della popolazione di Foggia e dell’intera
Capitanata; il tutto in forma piana, scarna, essenziale, oseremmo dire quasi “rudi-
mentale”, per esprimere meglio la potenza creativa, la sagacia e l’arguto modo di
pensare e di esprimersi della gente dauna.
Importante è osservare che queste sentenze e questi proverbi foggiani, come del
resto quelli di altri paesi e regioni d’Italia, sono decisivi per la formulazione del
corredo paremiologico popolare dell’intero nostro territorio.
A questa ricca tastiera di saggezza popolare, Anzivino affianca anche una note-
vole - ripetiamo - raccolta di motti e detti, in gran parte scherzosi e spesso forte-
mente caustici, con cui vengono efficacemente qualificati i caratteri degli abitanti
di Foggia, ma anche quelli, per riflesso, delle città e dei paesi vicini al capoluogo
dauno: una sorta di “blasonatura” popolare - come soleva ripetere il grande studio-
so di tradizioni popolari Paolo Toschi - che è giusto strappare, insieme ai proverbi,
alla furia del tempo.
Nell’immediatezza e freschezza dell’idioma vernacolo pare che le popolazioni
daune identifichino se stesse e le proprie tradizioni, riconoscendo la loro attitudine
a partecipare al dialogo civile, antico e moderno, con le popolazioni di altre regioni
e con la cultura nazionale.
Anzivino, con quest’opera, ha saputo testimoniare il suo pieno convincimento
che c’è un forte legame individuale e collettivo quando si vanno a scandagliare le
radici del dialetto e della sapienza popolare.
Con il carico dei suoi anni, portati per la verità assai bene, e con l’esperienza
accumulata, egli ha saputo disegnare un itinerario oggettivo della vita, degli usi e
costumi e dell’eterno processo di ciclicità del suo popolo.
23 ottobre 2000 Prof. Giuseppe De Matteis
Università di Pescara
11
Premessa
Quando si discute di dialetto, nella gran parte dei casi, si usa accostare tale
parola al termine: “lingua popolare” con un evidente e non benevolo distinguo
quasi a significare che trattasi di materia di secondaria importanza che non interessa
minimamente chi parla.
Non intendo, per lo meno in questa occasione, prendere le difese del dialetto,
per motivi di opportunità. Desidero soltanto ricordare che anche se l’italiano, in
questi ultimi anni, risulta più largamente usato, i dialetti continuano ad essere
tuttora vivi e vegeti.
Mi sia concesso, però, di spendere qualche parola circa la loro importanza e i
loro meriti per quanto hanno a che fare con l’argomento di questo libro e cioè dei
modi di dire dialettali.
È bene tener presente che non è detto che i dialetti siano destinati a scomparire:
tutto lascia supporre, invece, che la loro vitalità darà ancora molto da fare ai loro
denigratori.
Come la lingua, il vernacolo è in continua evoluzione, e, come essa cattura e si
impossessa di voci nuove, italiane e straniere, i dialetti acquistano lentamente, ma
in continuità, altre espressioni, altri modi di dire senza abbandonare la maggior
parte dei termini della lingua nativa delle precedenti generazioni.
Il sorgere di nuove province, di nuove regioni, forse di macroregioni, obbligherà
molti, non esclusa la scuola, a tenersi aggiornati per far fronte ad un probabile
riaffacciarsi di usi e costumi del passato.
E, circa i meriti di cui dicevo prima, sarà bene persuadersi che comunque vada-
no le cose, il dialetto rimarrà sempre un vasto e prezioso contenitore nel quale, al
pari della lingua, durante gli anni si sono accumulati locuzioni caratteristiche, afo-
rismi, proverbi sorti e affinati dalla quotidiana esperienza di vita di una popolazione
e lasciati in eredità al libero e normale uso di tutti: quasi un codice da cui trarre
sentenze, indicazioni, spunti, riflessioni utili ad un più accorto e civile comporta-
mento della gente nei suoi rapporti con il prossimo.
12 Si dice a Foggia O. Anzivino
Trattasi di espressioni, frasi quasi sempre semplici e contenute, a volte buffe,
caricaturali (ma sempre indirizzi di vita), messaggi.
E sono andato a cercarli questi messaggi, in anni di lavoro non sempre agevole,
e non si può dire che la mia ricerca li abbia raccolti tutti. Questo è bene dirlo
particolarmente per quel lettore esigente al quale, durante la consultazione, capitas-
se di non trovare qualche motto.
Ho voluto comprendere numerosi esempi di locuzioni che di per sé non sono
da ritenere sicuramente dei modi di dire, ma più idiomi, frasi, direi d’uso corrente,
anche incomplete, destinate ad esprimere un concetto particolare, affidate per il
resto, senza proposito, all’intelligenza ed alla comprensione dell’ascoltatore.
Di massima ho evitato di raccogliere espressioni troppo volgari. Di tutto quanto
ritengo di aver raggruppato la maggior parte, cresciuta nei decenni, forse nei secoli
di esistenza di intere generazioni radicate nella nostra terra, che a mano a mano,
istintivamente, hanno fissato nella memoria più che sulla carta, il condensato frutto
di esperienze maturate nel tempo per poterlo distribuire alla spicciolata nel mo-
mento giusto e nella maniera più breve ed eloquente ma sempre efficacemente
azzeccata.
Osvaldo Anzivino
Description:concentrato di sapida allegria, ma anche di saggezza, da renderci persuasi del prima- to civile .. oppure: “Ma guarda che cosa mi doveva capitare”.