Table Of ContentEpigrafia romana in Sardegna
Atti del IConvegno di studio
Sant’Antioco, -luglio
(= Incontri insulari, )
A cura di Francesca Cenerini e Paola Ruggeri
Con la collaborazione di Alberto Gavini
Carocci editore
In copertina: Iscrizione bilingue punico-latina, Sant’Antioco, Museo archeologico comunale
“Ferruccio Barreca”.
Convegno organizzato con il contributo finanziario di
Regione autonoma della Sardegna Scuola di dottorato di ricerca Comune di Sant’Antioco
Assessorato agli Affari generali Storia, letterature e culture
del Mediterraneo
I lavori congressuali si sono svolti in collaborazione
con l’Amministrazione comunale di Sant’Antioco
e la Società Cooperativa Archeotur
La redazione è stata curata da Alberto Gavini e Maria Bastiana Cocco
aedizione,
© copyright by
Carocci editore S.p.A., Roma
Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari
Finito di stampare nel
dalla Litografia Varo (Pisa)
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(art. della legge aprile, n.)
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o didattico.
EPIGRAFIA ROMANA IN SARDEGNA
IConvegno di studio
Sant’Antioco, -luglio
Sala consiliare del Palazzo comunale, Corso Vittorio Emanuele
(= Incontri insulari, )
Sotto il patronato dell’Association Internationale d’Épigraphie
Grecque et Latine (AIEGL),
del Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Sassari,
del Dipartimento di Storia Antica dell’Alma Mater Studiorum di Bologna
Saluto del sindaco Mario Corongiu
A tutti i presenti porgo un caloroso benvenuto.
È per me motivo di estrema soddisfazione salutare il pubblico presente e gli
studiosi che animeranno questa iniziativa di così alto livello scientifico e cultu-
rale: un convegno internazionale di epigrafia latina qui a Sant’Antioco presso la
sala del Consiglio comunale e con studiosi di così acclarata reputazione.
Ancora più felice perché questo avviene appena due mesi dopo l’insedia-
mento dell’amministrazione che ho l’onore di guidare. Sembra essere questo un
auspicio, anche perché il nostro programma amministrativo individua proprio
nella cultura quel settore strategico capace di innestare le condizioni necessarie
per uno sviluppo sociale ed economico di tutta intera la nostra comunità, e dun-
que parte del nostro impegno sarà appunto rivolto alla valorizzazione di quel va-
sto e significativo patrimonio di storia, di cultura, di tradizioni e delle altre spe-
cificità che contraddistinguono questa nostra isola, dove diverse civiltà si sono
avvicendate lasciando importanti e significative testimonianze che oggi rivivran-
no nei contributi dei relatori.
La nostra isola ha bisogno di iniziative come questa, non solo perché con-
tribuiscono a estendere la conoscenza del nostro territorio e della nostra comu-
nità in Italia e nel mondo, ma altresì perché eventi come questo ci restituiscono
l’importante ruolo svolto dai nostri antichi predecessori nella costruzione delle
civiltà del Mediterraneo. Contribuiscono, ancora, a consolidare la consapevo-
lezza presso i nostri concittadini del vasto patrimonio di cultura che caratteriz-
za la nostra cittadina, e questo ritengo sia un elemento importante e decisivo af-
finché sia riconquistato l’orgoglio di appartenere alla nostra comunità, per rico-
noscersi in essa e operare attivamente per il suo sviluppo.
La cultura, la conoscenza, il possesso dei giusti strumenti e delle giuste com-
petenze per fruire adeguatamente dei prodotti della cultura, come il convegno
di questi giorni consente, sono oggi indubitabili risorse per lo sviluppo delle eco-
nomie locali.
Per tali motivi ho accolto con immediato entusiasmo e interesse la proposta
che ci è stata rivolta di ospitare nella Sala consiliare questo importante conve-
gno. Saluto quindi con senso di riconoscenza le professoresse Francesca Cene-
rini e Paola Ruggeri, rispettivamente dell’Università di Bologna e dell’Università
di Sassari, che hanno organizzato il presente convegno, con altrettanta ricono-
scenza il professor Piero Bartoloni, dell’Università di Sassari e direttore del no-
stro Museo, e ancora saluto e ringrazio tutti gli illustri studiosi che oggi ci
MARIOCORONGIU
rano della loro presenza. Un ringraziamento ancora a quanti hanno contribuito
alla buona riuscita di questa iniziativa, in particolare l’Archeotur e l’amico dot-
tor Roberto Serra per il suo infaticabile impegno.
Auspico che questo convegno possa avere ancora uno sviluppo e un ulte-
riore proseguimento negli anni successivi, proprio qui nell’isola di Sant’Antio-
co, sì da farne un appuntamento annuale.
Grazie e a tutti un augurio di buon lavoro.
Dott. ing. MARIOCORONGIU
Ricordo di Robert J. Rowland
diAttilio Mastino
Si sono svolti pochi mesi fa in una chiesa cattolica di Philadelphia in Pennsylva-
nia i funerali di Robert Joseph Rowland, studioso della Sardegna romana, che a
65anni d’età ha perso la sua guerra contro il cancro.
Qualche tempo fa mi aveva scritto per raccontare di esser riuscito a recu-
perare la sua casa di New Orleans devastata dopo l’uragano Katrina del 2005:
lo voglio ricordare però oggi in uno dei suoi tanti viaggi in Sardegna, magari in
barca, alla ricerca del santuario di Mercurio nel mare del Capo Marrargiu tra
Bosa e Alghero, l’antico Hermaion akrondi Tolomeo; oppure a Tharros, a Nea-
polis, a Forum Traiani, pieno di curiosità e di attenzioni per i suoi studenti e per
tutti noi.
Già preside per dieci anni del College of Arts and Sciences della Loyola Uni-
versity di New Orleans, Rowland ha diretto il Dipartimento di Studi classici e
ha avuto esperienze di lavoro in una decina di università statunitensi. Autore di
sedici volumi e oltre cento articoli, è riconosciuto come uno tra i pionieri della
ricerca onomastica sulla Sardegna romana, e continuamente utilizzate ancora
oggi sono le sue lunghe liste dei Sardi vissuti in età romana.
Il capolavoro di Rowland è l’ultimo volume, The Periphery in the Center:
Sardinia in the Ancient and Medieval Worlds, pubblicato cinque anni fa nella se-
rie dell’Università di Oxford, dove il discorso si allarga dall’età preistorica all’età
medievale, anche se il cuore dell’opera rimane la fase romana: troppo semplici-
stico gli pare il concetto di “isolamento” per la Sardegna interna, il luogo co-
mune che vuole le popolazioni locali ribelli ai Romani e resistenti grazie all’in-
sularità e all’asprezza del rilevo geografico della Barbagia, tema che dovrebbe
essere verificato da un punto di vista territoriale e valutato nelle diverse epoche
storiche. Questo clichésarebbe per gran parte determinato dall’unilateralità del-
la documentazione e in particolare dal fatto che la letteratura antica si è occu-
pata della Sardegna quasi esclusivamente in occasione della conquista e delle di-
verse ribellioni. La ricostruzione storica non può partire da formule, ma deve te-
ner conto della complessità delle situazioni: le influenze esterne incrociate sulla
Sardegna non possono essere definite sbrigativamente come “interferenze” su
una cultura di sostrato solida e immutabile. Quella sarda fu una società tradi-
zionale e fortemente conservatrice, certo, ma costantemente trasformata e rin-
novata dall’esterno. Gli indici di romanizzazione della provincia (che sarebbe
meglio considerare indici di prosperità), se attestano attardamenti e resistenze e
se testimoniano una vasta povertà rurale in alcune aree, confermano però che i
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ATTILIOMASTINO
Romani non furono soltanto degli esploratori e dei rapaci sfruttatori delle risor-
se locali, ma contribuirono a trasformare l’intera società sarda. L’esperienza ro-
mana fu dunque più vasta e più profonda di quanto non sia stato fin qui suppo-
sto: in questo senso la Sardegna, periferica da un punto di vista culturale ma col-
locata geograficamente al centro dell’impero, fu in età romana il grande ponte
attraverso il quale passarono innovazioni e rivoluzioni culturali originatesi nelle
diverse rive del Mediterraneo. Da questi scambi, più intensi e vivaci di quanto
non si pensi, alimentati dagli spostamenti degli isolani in altre province e dai tra-
dizionali legami con l’Africa, la Sardegna fu arricchita immensamente, parteci-
pando essa stessa alla costruzione di una nuova cultura unitaria, ma mantenen-
do anche nei secoli una sua specificità. Esplorare il confine tra romanizzazione
e continuità culturale (tra changeecontinuity) è compito che lo storico deve an-
cora affrontare, al di là della facile tentazione di impossibili soluzioni unitarie.
È prodigioso che tali concetti siano stati definiti già 25anni fa, nel momen-
to in cui l’opera fu progettata e concepita, come testimonia il mio giudizio di re-
visore anonimo del progetto, poi pubblicato per i “Quaderni sardi di Storia” di
Manlio Brigaglia (A proposito di continuità culturale nella Sardegna romana,III,
1981-8, pp. 189-218): le recenti scoperte di Sant’Efisio di Orune, in piena Barba-
gia, hanno dimostrato la profondità della penetrazione romana nella Sardegna
interna.
Ora che una finestra sugli Stati Uniti per noi si è chiusa, rimane il rimpian-
to per lo studioso e per l’amico che da tanto lontano ha saputo mettersi in sin-
tonia con il nostro mondo.
Da Sulky a Sulci
di Piero Bartoloni
L’antica storia della Sardegna, e quindi anche quella della città di Sulky, è stretta-
mente legata ai vecchi racconti e alle antiche leggende, come del resto lo è quella di
tutte le altre regioni del mondo e soprattutto dell’antico Mediterraneo. Purtroppo,
per quanto riguarda in modo specifico l’isola, le opere degli antichi scrittori greci e
latini risultano particolarmente povere di notizie e queste ultime nella maggior par-
te dei casi sono legate ad avvenimenti mitici, nei quali il sostrato fenicio è appena
percepibile o, addirittura, assente, e quindi sono da considerare per lo più fanta-
siose e quanto meno imprecise1. Ciò perché con ogni probabilità gran parte del
mondo greco non aveva una diretta conoscenza della Sardegna e quindi vedeva l’i-
sola come una lontana terra misteriosa e felice2, mentre il mondo romano, acerri-
mo nemico di Cartagine, aveva una visione distorta dalla propaganda politica.
Altrettanto misere e generiche sono le fonti dirette, derivanti dalla tradizione
fenicia e punica, poiché rare sono le iscrizioni rimaste e le poche sopravvissute so-
no prevalentemente di argomento religioso o votivo. Si consideri ad esempio che
le scarse iscrizioni con più parole di senso compiuto rinvenute fino ad oggi a Sulky
riguardano la dedica di un tempio da parte di un privato cittadino a una divinità
femminile4o la dedica di una coppa da parte di alcuni magistrati a un’altra divi-
nità maschile5. Pertanto, la ricostruzione dell’antica storia dell’isola risulta parti-
colarmente difficoltosa e ancor più lo è quella dell’agglomerato urbano di Sulky.
Comunque, un indispensabile aiuto è dato dalle indagini archeologiche effettuate
in Sardegna6e in particolare a Sulkye nel suo circondario nel corso dell’ultimo se-
colo, che almeno in parte sopperiscono al desolante quadro7.
1. M. PERRA,SARDV,Sardinia, Sardegna,voll., Oristano 1997.
2. S. F. BONDÌ,Osservazioni sulle fonti classiche per la colonizzazione della Sardegna, Roma 1975,
pp.49-66.
. M. G. GUZZOAMADASI,Le iscrizioni fenicie e puniche delle colonie in Occidente, Roma 1967,
pp.129-1.
4. F. CENERINI,L’epigrafia di frontiera: il caso di Sulci punica in età romana, in M. G. ANGELI
BERTINELLI,A. DONATI(a cura di), Epigrafia di confine, confine dell’epigrafia. Atti del Colloquio
AIEGL-Borghesi003, Faenza 2004, pp. 22-7.
5. P. BARTOLONI, G. GARBINI,Una coppa d’argento con iscrizione punica da Sulcis, «RStudFen»,
XXVII,1999, pp. 79-91.
6. P. BARTOLONI, S. F. BONDÌ, S. MOSCATI,La penetrazione fenicia e punica in Sardegna. Trent’an-
ni dopo, Roma 1997.
7. P. BARTOLONI,Sulcis, Roma 1989, pp. 27-59;ID.,Fenici e Cartaginesi nel Sulcis, Cagliari 200;
P. BARTOLONI, P. BERNARDINI,I Fenici, i Cartaginesi e il mondo indigeno di Sardegna tra l’VIIIe il III
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PIEROBARTOLONI
Le prime tracce di vita a Sant’Antioco sono da collocare in epoca neolitica,
anche se la morfologia e la struttura dell’isola ne fanno da sempre un’ovvia for-
tezza naturale e quindi consentono di ritenere che abbia costituito un rifugio ec-
cellente per l’uomo fin dalle epoche più remote. Del resto, evidenti tracce di po-
polazioni stanziate nella regione fin dal Paleolitico medio o superiore sono sta-
te rinvenute da Egidio Capuzzi nella non lontana località di Porto Pinetto, ubi-
cata sulla costa della Sardegna davanti all’insenatura di Maladroxia, e sono co-
stituite da due officine litiche a cielo aperto nelle quali fanno spicco alcuni ra-
schiatoi trapezoidali in granito di origine non locale.
Comunque, le prime tracce di stanziamenti umani nell’isola di Sant’Antio-
co sono rappresentate da due menhir, cioè da due stele monolitiche erette lun-
go l’istmo che collega la Sardegna all’isola. La lingua di terra è certamente mol-
to antica, come dimostrato dalle due perdas fittase da alcuni resti di capanne di
raccoglitori di molluschi di età neolitica. L’istmo si è formato nel corso dei mil-
lenni a causa delle alluvioni del Rio Palmas che sbocca nel golfo omonimo. I due
menhir sono chiamati Su Para e Sa Mongia, cioè il frate e la monaca, poiché la
fantasia popolare ha immaginato che fossero i corpi pietrificati di due religiosi
innamorati, colti dalla maledizione divina durante la loro fuga lungo l’istmo.
Più consistenti testimonianze di vita nell’isola di Sant’Antioco sono da col-
locare sempre in epoca neolitica, in questo caso attorno al 2500a.C. I resti più
concreti sono rappresentati da alcune Domus de Janas, del tipo costituito da non
più di due celle successive. Si tratta di alcune camere ipogee scavate nel tufo,
praticate in un rilievo retrostante la spiaggia di Is Pruinis.
In ogni caso, vestigia di vita riferibili al Neolitico recente sono state rinve-
nute in pieno abitato e sono attribuibili con certezza alla cultura di Ozieri, che
si colloca tra il 2500e il 2000a.C. Si tratta di fondi di capanna che occupavano
l’area in leggera pendenza rivolta a est della collina del castello, nella quale in se-
guito fu insediata l’antica città fenicia. Una considerevole quantità di ceramica
di questo periodo illustra le fasi della vita quotidiana dell’epoca.
Come accennato in precedenza, anche in epoca protostorica e quindi fin
dalla prima metà del IImillennio a.C. Sulkyfu frequentata in modo consistente
e stabile dalle popolazioni nuragiche che abitavano la zona centrale del Sulcis-
Iglesiente (FIG.1). Il nuraghe più imponente e di maggior interesse del circon-
dario era quello situato sul culmine della collina del castello sabaudo che domi-
na la città. Si trattava di un nuraghe di tipo complesso, formato cioè da una tor-
re centrale – forse, ma non necessariamente, la più antica dell’edificio – circon-
data da almeno altre due torri collegate tra loro. Ciò è quanto emerge dalle fon-
dazioni dell’edificio di età fenicia e dalla torre di età punica che sono stati eret-
ti sul nuraghe e che attualmente sono in parte inseriti nelle strutture del suddet-
to castello, eretto nel XVIIIsecolo. Il nuraghe, probabilmente attivo nella sua fun-
zione primaria tra il 1400e il 1200a.C., fu certamente abitato fino ai primi anni
dell’VIIIsecolo a.C. e sussistono tracce della presenza di un villaggio di capanne
circolari nel pendio che si apre a nord della torre8.
secolo a.C., «Sardinia, Corsica et Baleares Antiquae», II,2004, pp. 57-64; P. BARTOLONI(a cura di),
Il museo archeologico comunale “Ferruccio Barreca” di Sant’Antioco, Sassari 2007, pp. 12-6.
8.V. SANTONI,La preistoria e la protostoria, in BARTOLONI,Sulcis, cit., pp. 6-78.
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DASULKYASULCI
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FIGURA
Il Sulcis.
Le prime testimonianze di una presenza stabile dei Fenici, ultimi a giungere in
Sardegna dopo i naviganti micenei, nord-siriani e ciprioti, sono databili attor-
no al 780/770a.C. e anche a Sulkyse ne notano chiari indizi, attribuibili a que-