Costruire cattedrali. Il popolo del Duomo di Milano

104 Pages·2011·3.76 MB·Italian

by  Martina Saltamacchia

Collana di Saggistica
130
Martina Saltamacchia
COSTRUIRE
CATTEDRALI
IL POPOLO DEL DUOMO DI MILANO
1820
MARIETTI
A Maurizio
Realizzazione editoriale: Arta snc, Genova
Stampa e confezione: Rilegatoria Varzi, Città di Castello (PG)
I edizione 2011
II ristampa 2014
© 2011 Casa Editrice Marietti S.p.A. - Genova-Milano
ISBN 978-88-211-8832-9
www.mariettieditore.it
Finito di stampare nel mese di marzo 2014
Indice
Introduzione 11
I. L’inizio della costruzione 13
Milano medievale: il dominio dei Visconti 14
Bernabò e Gian Galeazzo Visconti 16
L’organizzazione comunale sotto i Visconti 18
All’inizio della costruzione 19
IL La raccolta delle oblazioni 25
Il vecchio altare di Santa Maria Maggiore 26
Cassette, ceppi e bussole 28
Le questue 31
I Trionfi 34
Indulgenze e giubilei 36
Le oblazioni obbligatorie per paratici, comuni
e officiali ducali 39
I doni in natura 40
II processo di monetizzazione 45
I tre anelli della principessa 47
Tabelle 56
III. I donatori 59
Marta, la prostituta pentita 59
Alessio, il capitano delle armi 62
Caterina, la vecchina della pelliccetta 67
Umili e grandi offerte 69
IV. Marco, il mercante che da ricco si fece povero 77 VII. Non nobis, Domine, sed nomini tuo da glonam 160
Gli inizi 79 La ricerca 162
Lana, spezie, perle e schiave 80 La scelta dell’anno 1400 162
Il sale e Venezia 82 La trascrizione 165
Veneziano per grazia 83 Numero e valore monetario delle oblazioni 167
La nostra benedeta scuola de lombardi 84 Il tempo delle donazioni 172
Tra i Dodici di Provvisione e la Fabbrica del Duomo 88 La domenica, il giorno del Signore 173
Milia Nam Plusquam Triginta Quinque Ducatum 89 Lungo il corso dei mesi 171
Gli ultimi anni 90 Oblazioni in natura: cere 180
Morte a Venezia 91 Oblazioni in natura: vini 182
Il Liber dati et receptv. entrate e uscite della Fabbrica 184
Un trionfale suffragio 91
Un Duomo costruito dal popolo? 185
Un corteo funebre da Venezia a Milano 93
Tabelle 190
In perpetua memoria 94
Una messa usque imperpetuum 97
Conclusione 194
V II Principe e la Fabbrica del Duomo 113
Ringraziamenti 197
Munifica carità o progetti interessati? 115
La raza e il Sol )ustitiae 116 Archivi consultati 198
Ad libitum civium Mediolani 117 Bibliografia essenziale 199
Il Consiglio della Fabbrica 119
VI. Il lavoro nel cantiere 123
Assunzioni e... raccomandazioni 124
Favori di duchi? 129
Al servizio della Fabbrica 131
Dall’inizio alla fine del lavoro 135
Festività e assenze 138
Malattie e infortuni 139
Pensioni e sussidi 141
Licenziamenti 142
Remunerazioni in natura 144
Remunerazioni in denaro 146
Aumenti e diminuzioni 147
Salari e senso del lavoro 150
Storia di un’opera: il tondo di Dio Padre 151
Introduzione
«La nostra vita è fatta per fare cose grandi, come gli uomi­
ni del Medioevo che vivevano nelle catapecchie e costruivano
le cattedrali». L’entusiasmo e la curiosità suscitati in me all’u­
dire questa frase mi hanno portato a intraprendere un lungo la­
voro di ricerca tra i polverosi registri della Fabbrica del Duo­
mo di Milano.
Spinta dal desiderio di capire chi davvero aveva finanziato la
costruzione del Duomo, mi sono imbattuta in un inedito ma­
noscritto quattrocentesco, il Registro delle Oblazioni. In esso,
anno per anno, giorno dopo giorno, i deputati della Fabbrica
annotavano minuziosamente ogni donazione, umile o cospicua
che fosse: qui trovava posto l’esorbitante legato del ricco mer­
cante come la formaggetta del contadino. Accanto alla descri­
zione del dono, spesso veniva menzionato il donatore, con qual­
che cenno sulla sua vita e il motivo di quella sua elargizione.
Trascrivendo e analizzando le infinite colonne di questi re­
gistri, uomini e donne di ogni estrazione e mestiere hanno in­
cominciato a far capolino tra i lunghi elenchi di cifre, svelan­
domi le loro piccole e grandi storie. Seguendo e rintracciando
brandelli di episodi disseminati tra registri e annali dei primi
centocinquant’anni dall’inizio della costruzione, il cantiere e la
piazza della cattedrale si sono popolati di personaggi: scultori,
architetti, principi, mercanti, prostitute, predicatori, vecchiet­
te e soldati.
Alcune di queste storie, che avevo abbozzato in Milano: Un
popolo e il suo Duomo (2007), negli ultimi anni hanno recla­
mato sempre più la mia attenzione. E così mi sono messa a se­
guire le orme del mercante Marco Carelli, ripercorrendo le rot­
te dei suoi viaggi tra Milano, Venezia, Genova e Bruges, per
12 COSTRUIRE CATTEDRALI
cercare di capire di più chi era quest’uomo e cosa lo avesse I. L’inizio della costruzione
spinto a spogliarsi di tutto per la costruzione della cattedrale.
Mi sono ritrovata ad osservare più da vicino l’ambivalente rap­
porto tra il principe Gian Galeazzo Visconti e la Fabbrica del
Duomo, sfociato poi in una completa rottura tra i due. E a
guardare chi fossero i personaggi che settimanalmente si in­
contravano nelle riunioni del Consiglio, per scoprire cosa si­
gnificasse per il popolo milanese la costruzione di una catte­
drale al tempo del dispotico ducato visconteo.
Man mano che traccia rimandava a traccia, e i tasselli di Il Duomo di Milano non è solamente un maestoso monu­
queste vicende si componevano insieme, gli eventi della co­ mento di rara perfezione architettonica: agli occhi del visitato­
struzione della cattedrale si sono arricchiti, di fronte ai miei oc­ re attento, che si pone di fronte a queste pietre con atteggia­
chi, di volti, colori, voci. E tutto questo che ho voluto tratteg­ mento di umana simpatia, esso appare anche come testimo­
giare nelle pagine che seguono - una storia che ogni giorno per nianza di una devozione spettacolare, segno tangibile di una
me è sempre più nuova e avvincente. mentalità religiosa che nel Medioevo permeava profondamen­
te la vita degli uomini.
Martina Saltamacchia Ma come e chi lo costruì? Di chi fu la paternità dell’idea?
New York, 10 maggio 2011 Chi la finanziò? Quali motivazioni spinsero chi viveva in pove­
re case di legno a innalzare una cattedrale di marmo?
Quello che è più facile dimenticare oggi, mentre dalla piaz­
za ammiriamo guglie e gugliotti, è che furono uomini a impa­
stare calce e sabbia col loro sudore, a estrarre il marmo, bloc­
co per blocco, dalla cava sul lago, a levigare ogni statua, ogni
angolo nascosto e a farlo risplendere della luce del suo crea­
tore, ad accorrere al cantiere nei giorni di festa per scavare le
fondamenta, a donare le loro immense fortune o le loro pic­
cole monetine di rame per rendere possibile la costruzione di
quest’opera.
Di alcuni di questi uomini si conserva la memoria, come
vuoto nome custodito nell’angolo di un vecchio museo o inci­
so nel marmo di una lapide annerita dal tempo. Ma di quel-
l’innumerevole schiera che con silenzioso lavoro innalzò il
Duomo si è perso il ricordo. Protagonisti di queste pagine so­
no loro, uomini che costruirono la cattedrale, con le loro vi­
cende e le loro piccole grandi storie.
14 COSTRUIRE CATTEDRALI L’INIZIO DELLA COSTRUZIONE 15
Milano medievale: il dominio dei Visconti del Comune. I Visconti celebrano sì la vittoriosa sconfitta del­
la fazione nemica, proclamando da lì in avanti la data della bat­
L’inizio della grande impresa di costruzione del Duomo di taglia festività cittadina, con tanto di messa solenne in Duomo
Milano coincide con il consolidamento di tutti i territori della e dispiegamento di campane a festa. Ma scaltramente sono ben
signoria viscontea sotto il governo di Gian Galeazzo Visconti. attenti a mostrare agli occhi dei cittadini una sostanziale conti­
Per comprendere l’importanza del momento storico e il ruolo nuità istituzionale nelle strutture e negli uffici di chi li aveva
giocato nella storia lombarda da questo potente personaggio, preceduti. E così, mentre i milanesi ignari salutano festosi l’ar­
occorre fare un passo indietro, oltre un secolo prima, agli inizi rivo del salvatore dalla tirannia torriana e plaudono la fine del­
del dominio dei Visconti. le turbolente guerre civili, i Visconti sanciscono la fine definiti­
«La guerra è un giuoco dove, ancor meno che negli altri, è va dell’esperienza comunale di Milano e danno inizio alla si­
permesso il dormire»: così Cesare Cantù commenta la solenne gnoria. La signoria viscontea rimane al governo di Milano per
sconfitta inflitta al partito di Napo Torriani, signore di Milano, 170 anni, fino all’estinzione della casata per mancanza di eredi
colto nel sonno con il proprio esercito, e quindi sbaragliato dal­ nel 1447; ad essa subentra, dopo la breve parentesi della Re­
l’avversa famiglia dei Visconti nella battaglia di Desio (1277) pubblica Ambrosiana, la famiglia degli Sforza5.
per il controllo del capoluogo lombardo e dei territori circo­ Fin dal principio della dinastia, le gravi azioni politiche e
stanti1. Napo Torriani viene quindi catturato, imprigionato nel­ militari attraverso cui i Visconti tentano di rafforzare il loro po­
la torre del Castel Baradello e lì avvelenato a morte. Per Mila­ tere provocano le violente reazioni degli avversari. I pontefici
no non si tratta solamente di una delle numerose battaglie com­ che si susseguono in quel periodo, preoccupati che la discesa
battute nel XIII secolo sul suolo italiano tra fazioni sostenitrici dei signori di Milano verso l’Italia centrale vanifichi le loro lot­
del papato e dell’imperatore. Né il vero risultato della battaglia te per la libertà della Chiesa e il predominio di questa sull’Ita­
è semplicemente uno dei tanti passaggi di potere nella sangui­ lia, scagliano contro i Visconti scomuniche e interdizioni. Ai
nosa guerra civile tra le famiglie Torriani e Visconti, a cui i cit­ papi si uniscono i fiorentini, che combattono per la libertà del­
tadini sono ormai da tempo abituati. La battaglia di Desio se­ la penisola da forti dominazioni politiche, condizione necessa­
gna il tramonto dell’epoca comunale milanese e l’inizio del do­ ria perché la comunità di Firenze riesca a imporre il suo pri­
minio visconteo2. Il popolo milanese, «seguendo la mutazione mato economico e politico nell’Italia centrale e nelle regioni vi­
cine. Papi e fiorentini non solo cercano di raccogliere tutte le
della fortuna», all’indomani della battaglia corre incontro al
vittorioso condottiero Ottone Visconti, implorando pace, salu­ forze politiche italiane in questa sollevazione, ma si rivolgono
all’intera Europa, evidenziando alle monarchie europee i rischi
tandolo come signore della città e riconoscendolo arcivescovo3.
connessi alla formazione di una potente organizzazione politi­
I superstiti della fazione dei Della Torre, in un ultimo dispera­
to tentativo, rientrano a Milano per cercare alleati con cui op­ ca nell’Italia del Nord. I Visconti si trovano in breve circonda­
ti da così tanti nemici che non rimane loro altra via che conti­
porsi al nemico e ristabilire i signori di Milano al potere. Ma di
alleati, «sebbene nella torriana felicità fossero molti, nella di­ nuare a combattere.
sgrazia se ne trovarono pochi; manifesto esempio a qualunque Il fermo dominio dei Visconti - definito tirannico da molti -
posteriore», come amaramente conclude il Corio volgendosi coincide con un periodo di grande espansione territoriale, eco­
indietro a guardare quegli eventi4. Senza incontrare resistenza nomica e demografica per la capitale lombarda. Alla fine del
alcuna, dopo qualche anno, Matteo Visconti, pronipote di Ot­ XIII secolo, Milano con i suoi 90.000 abitanti era uno dei po­
tone, viene installato come nuovo Capo del Popolo e la fami­ chissimi centri europei con popolazione superiore alle 50.000
glia, in breve, inserisce alleati di fiducia nelle principali cariche unità. Nel secolo successivo, la capitale lombarda raggiunse
16 COSTRUIRE CATTEDRALI L’INIZIO DELLA COSTRUZIONE 17
una popolazione di 150.000 abitanti: insieme a Parigi e Grana- telli e cugini, in una divisione fonte di conflitti e continua in­
da, anch’esse con 150.000 abitanti, e Venezia e Firenze, con stabilità. L’opera di accentramento, unificazione e consolida­
110.000 abitanti, rappresentava una delle cinque città europee mento dei possedimenti lombardi era stata parzialmente inco­
con popolazione maggiore di 100.000 unità6. minciata già sotto i Torriani, ed era proseguita con successo ad
opera di Azzone Visconti - signore di Milano nel periodo
1302-1339 - e dai suoi successori, in un crescendo di nuovi ter­
Bernabò e Gian Galeazzo Visconti ritori conquistati e annessi. Ma solo con Gian Galeazzo nella
seconda metà del XIV secolo il piano giunge alla sua piena at­
La seconda metà del XIV secolo è dominata a Milano da tuazione: con una serie di guerre culminate in altrettante vitto­
due figure passate alla storia per la loro tirannia e spregiudica­ rie, egli diviene il Signore più potente dell’Italia settentrionale,
tezza: quella di Bernabò Visconti, signore di Milano dal 1354 al temuto non solo dai confinanti stati, ma anche dai re stranieri8.
1385, e di suo nipote Gian Galeazzo Visconti, che gli succede Suggello dell’eccezionaiità delle proprie conquiste, nel 1395
e regna sulla capitale lombarda fino al 1402. Bernabò intra­ Gian Galeazzo ottiene con grande sfarzo l’investitura imperia­
prende una politica di guerre e offensive, che porta ad un con­ le a duca ad opera di un messo dell’imperatore Venceslao, con
siderevole rafforzamento dei territori viscontei, senza che nulla giuramento solenne dei cittadini di Milano di fedeltà a lui.
- neppure una dichiarazione di eresia da parte del papa - lo All’inizio dell’anno 1400 era caduta nelle mani del duca
possa fermare. Sarà proprio la sua ambizione a sancirne la fine: lombardo la città di Perugia, invano difesa da Firenze che ave­
dopo aver dato in moglie una delle figlie al nipote Gian Ga­ va visto così fallire definitivamente il suo programma di tutela
leazzo, Bernabò mette in atto un elaborato piano di strategie delle libertà comunali italiane dalla tirannide milanese. Dopo
matrimoniali volte ad assicurargli il controllo o l’alleanza dei Perugia, infatti, cadono a ruota le città di Assisi, Spoleto e No-
maggiori sovrani europei. Quando notizia di imminenti nozze cera. E queste non sono che le ultime di una serie di vittorie ri­
tra una delle sue figlie e il re di Francia giunge alle orecchie di portate dal signore di Milano negli anni precedenti: Verona e
Gian Galeazzo, questi decide di intervenire prima che il pote­ Vicenza (1387), Padova (1388, ripresa poi dai carraresi nel
re dello zio minacci irrimediabilmente le sue mire e aspirazio­ 1390), tutti nuovi satelliti di un’orbita in cui già gravitano i ter­
ni. E così, nel 1385 finge di compiere un pellegrinaggio alla Ma­ ritori di Pisa, Pavia, Carrara, Lunigiana, Saluzzo e Monferrato.
donna del Monte sopra Varese e si presenta alla Posteria di Alla strategia viscontea di accerchiamento di Firenze manca
Sant’Ambrogio a Milano in abiti da viandante, annunciando dunque solo un ultimo tassello costituito da Lucca, in cui la fa­
l’arrivo allo zio (e suocero), che gli viene incontro festoso ac­ miglia dei Guinigi tenta di bilanciarsi tra i fiorentini, preoccu­
compagnato da due suoi figli. Ma si tratta, in realtà, di un’im­ pati che anch’essi si possano schierare con la signoria di Mila­
boscata. E prima che possa realizzare l’accaduto, Bernabò si ri­ no, e il duca, con cui continuano a conservare buoni rapporti9.
trova catturato insieme ai figli e rinchiuso a morire di stenti nel­ Da parte sua, Firenze, visto fallire il suo progetto egemoni­
la torre di quel castello di Trezzo sull’Adda, punto strategico di co sulla penisola, e ormai circondata da stati nemici, cerca di
passaggio che - ironia della sorte - egli stesso aveva rinforzato, ribaltare la situazione levando proteste contro il duca di Mila­
reso inespugnabile, ed eletto a propria stabile dimora7. no e il suo comportamento «occulto e malizioso»10. Di ciò ven­
Gian Galeazzo Visconti, insediatosi come nuovo signore di gono incaricati gli ambasciatori inviati a Venezia per dimostra­
Milano, porta avanti con spregiudicatezza e temerarietà l’am­ re come Gian Galeazzo Visconti sia riuscito ad acquistare
bizioso piano di riunificare in maniera definitiva sotto il suo «chon segreto modo e pacto tanto e di terreno e di potenzia
dominio tutti i territori viscontei - all’epoca suddivisi tra fra­ quanta è quella degli Ubertini e di quelli conti li quali sono tut­
18 COSTRUIRE CATTEDRALI L’INIZIO DELLA COSTRUZIONE 19
ti nostri cittadini e raccomandati»11. Ma l’ambasciata non sor­ L’assenza di un’autorità suprema del Comune, anche nel set­
tisce l’effetto sperato, né fa preoccupare i veneziani, se questi tore politico e militare, che rappresenti un corrispettivo alla po­
ultimi il 21 marzo 1400 proclamano la fine delle belligeranze sizione del Signore, conferma il nuovo assetto autocratico della
sul territorio mantovano, che rimane ai Gonzaga, tra Gian città. Il potere del Podestà, la principale autorità giudiziaria, di­
Galeazzo Visconti e la lega antiviscontea esclusa Firenze. viene gradualmente più fittizio, e finisce per diventare un fun­
Quest'ultima, uscendo vinta dalla guerra e accerchiata dal du­ zionario al servizio del Signore, che ne regolava l’elezione15. Se­
ca di Milano, si trova obbligata a ratificare la pace. Venezia, da condo le antiche consuetudini cittadine, la scelta del Podestà
parte sua, ha una visione più ristretta di quella fiorentina, nel­ doveva ricadere su un forestiero, per evitare collusioni e favori­
l’idea che contro Milano le sia sufficiente la protezione strate­ tismi nello svolgimento del proprio incarico. I Visconti ovviano
gica dei tre stati clienti di Mantova, Padova e Ferrara. Ma a questo caveat eleggendo sempre forestieri provenienti dalle
Gian Galeazzo Visconti, al riparo della tregua di Pavia, attira città alleate, e quindi loro dipendenti. Anche l’organo più nu­
nella sua cerchia i principi a capo di questi stati, promettendo meroso del Comune, il Consiglio Generale, con compiti politi­
aiuto e assistenza contro eventuali nemici e ottenendo in cam­ ci e amministrativi, viene ridimensionato di alcune centinaia di
bio giuramento di fedeltà12. unità rispetto al periodo podestarile, e l’elezione dei suoi nove­
La lega antiviscontea sembra dunque disgregarsi, e Firenze, cento membri diviene fortemente condizionata dal Signore16.
perduta intanto l’amicizia dei sovrani francesi e abbandonata Ciò assume i suoi risvolti più stringenti proprio negli anni
da Bologna impegnata nelle sue guerre civili, appare isolata13. che seguono l’investitura imperiale di Gian Galeazzo Visconti
Alla morte di Gian Galeazzo (1402), i domini viscontei si esten­ (1395): con essa svanisce l’ultima traccia del libero Comune. I
dono, oltre che nei territori dell’attuale Lombardia, a ovest, membri del Consiglio Generale, che formalmente figuravano
con i possessi di Novara, Vercelli, Asti, Mondovì, Alessandria ancora come democratica rappresentanza del popolo, al termi­
e Tortona; a nord, con i possessi di Bellinzona, Valtellina, Bor­ ne dell’investitura vengono chiamati davanti a lui a pronuncia­
mio e Val Camonica; a est, includendo Riva, Verona, Vicenza, re un giuramento solenne di fedeltà alla sua persona. Da quel
Feltre, Belluno, e per un breve periodo anche Padova; e a sud, momento, i milanesi devono obbedire al duca di Milano, prin­
con i territori di Piacenza, Parma, Reggio, Bologna, Lucca, Pi­ cipe assoluto. Gian Galeazzo Visconti trova nella dignità duca­
sa, Elba, Siena, Perugia e Assisi, arrivando direttamente alle le il modo di ribadire, rispetto ai suoi predecessori, la suprema­
porte degli Stati della Chiesa. zia sulle popolazioni lombarde, e in questa direzione si pone l’i­
stituzione del nuovo restrittivo cerimoniale di corte. Ma queste
modalità di esercizio del potere lo conducono inevitabilmente a
Il organizzazione comunale sotto i Visconti un progressivo allontanamento dai suoi sudditi17.
In quest’epoca, l’organizzazione comunale di Milano appare
immutata rispetto all’ordinamento podestarile precedente. In All’inizio della costruzione
realtà, le strutture e istituzioni preesistenti vengono svuotate di
effettivo potere autonomo e divengono strumento amministra­ È questo lo scenario che fa da sfondo all’inizio della costru­
tivo nelle mani dei Visconti, che controllano l’operato e deci­ zione del Duomo di Milano. L’idea dell’edificazione di una
dono le elezioni delle cariche principali. Milano è una città del­ nuova, imponente cattedrale per la città si fa strada fin dalla
lo stato visconteo, completamente sottomessa al Principe, e i metà del XIV secolo per il concorso di alcune circostanze con­
milanesi non sono più considerati cittadini, ma sudditi14. tingenti - sociali, politiche e religiose.