Table Of ContentSilvio Senno
BREVI NOTE
SUL CROLLO
DELL’UNIONE SOVIETICA
Silvio Senno
BREVI NOTE SUL CROLLO
DELL’ UNIONE SOVIETICA
Questo opuscolo, è un omaggio a Silvio, per tutto ciò che egli
coerentemente ha perseguito, l’impegno da intellettuale senza
perdersi quello da militante. Gli faremmo un torto, se non
chiarissimo, la finalità di queste note, che hanno scatenato, nell ’area
dei compagni che ne sono venuti a conoscenza, anche simpatiche
“risse” dialettiche. Uno strumento per iniziare, nelle mani di
compagni di base, con tanto entusiasmo ma con una “cassetta degli
attrezzi” esigua. Stimolati dal compagno, sicuramente più attrezzato
e con un retroterra professionale e politico degno di grande rispetto.
Allarmati allora, (1991) per il momento critico dove si aveva la
sensazione di aver smarrito “la bussola ”. Da qui si doveva ripartire e
da qui siamo ripartiti, con letture e riunioni dal carattere quasi
carbonaro, nota positiva, per i risvolti umani che ne scaturivano.
Silvio aveva ben più profonde, capacità di analisi, su questo, come su
tutto il resto delle vicende del movimento comunista. Allora possiamo,
con lo stesso garbo e con la stessa ironia, che gli appartenevano, dire
che : ’’Silvio lo ha fatto per noi ”.
Rosario e Aldo
Scritto tra il 1990-91
Rieditato nell’aprile 2008
2
PREMESSA
Il crollo dei regimi autodefinitisi e definiti comunisti in Germania Est,
Polonia e Cecoslovacchia; la “Perestroika” in URSS e quella in tono
minore in Romania, Bulgaria e Albania, o quella già avviata prima in
Jugoslavia, Ungheria e Cina, con le solite rivelazioni “clamorose” sui
“milioni” di vittime, sui campi di concentramento e conti in banca in
Svizzera intestati ai dittatori; i “ massacri” di piazza Tienamen e ancor
prima le repressioni del 1956 in Polonia e Ungheria con le non meno
clamorose rivelazioni al XX congresso del PCUS da parte di Kruscev
sui crimini di Stalin, l’invasione della Cecoslovacchia da parte
dell’URSS nel 1968, e -perché no?- la scoperta delle torture nella
felice Cuba di Castro, rappresentano per i partiti, in Italia del tipo
MSI-PLI-PRI-DC-PSI,la prova indiscutibile del fallimento del
comunismo, “eo ipso” del marxismo che lo ha teorizzato.
Gli stessi avvenimenti sono stati interpretati dal PCI -sempre per
restare in Italia- inizialmente nel senso che il comunismo veniva
calunniato e sabotato dagli agenti dell’imperialismo, poi che avrebbe
avuto bisogno della democrazia pluripartitica e parlamentare, poi
ancora di un controllato mercato; infine, sono stati utilizzati come
pretesto per passare con la sua maggioranza nel campo della
socialdemocrazia liberale sotto la denominazione di “Partito
3
Democratico della Sinistra”, con il riconoscimento del fallimento di
cui sopra.
Indubbiamente, con l’uso degli avvenimenti nei paesi dell’Est, nel
1989 rappresentati in modo spettacolare dalla TV, la borghesia ha
marcato un grande successo, provocando, forse per la prima volta
negli ultimi 150 anni, nelle file proletarie lo sconcerto su quello
“immaginario” alternativo, che, se non è stato l’elemento determinante
della lotta, ne è stato comunque un elemento di incoraggiamento.
A superare tale sconcerto non contribuiscono certamente le posizioni
di chi, pur di dimostrare al “concretismo” operaio che il comuniSmo è
già “in fieri”, asserisce che la “perestroika” di Gorbaciov ( e
addirittura quella più audace di Eltsin) traccia finalmente la via per
epurare il comuniSmo dalla soffocante bardatura burocratica, causa di
sprechi, inefficienze, improduttività e arbitrii di potere. Oggi, i
“concreti” operai vedono benissimo che su questa strada si cammina a
suon di capitali occidentali, per cui, se nel passato hanno bevuto la
storiella del mercato targato socialista, oggi è molto difficile che
credano ai licenziamenti socialisti, agli sfratti socialisti e ad altre
amenità di questo genere.
A sinistra, però, resistono ancora forze le quali, per dirla in breve,
ritengono che con il crollo del muro di Berlino non sono crollati
governi comunisti, bensì regimi autoritari su basi più o meno
capitalistiche. Tuttavia, molte di queste forze non fanno seri tentativi
4
per superare una certa genericità, anche perché rischiano di mettere in
discussione troppo di se stesse.
La questione dell’Est e soprattutto delEURSS, alla quale restringiamo
qui la nostra attenzione, è invece troppo importante, per essere
affrontata con genericità, ed è addirittura decisiva almeno sotto due
profili:
a) per reimpostare un minimo di fiducia tra i proletari
sull’alternativa ;
b) per reimpostare le basi (al momento solo le basi)
dell’organizzazione rivoluzionaria o, come oggi si dice, della
“R[FONDAZIONE COMUNISTA”.
Quindi, è una questione che va affrontata con il massimo rigore e
coraggio, abbandonando, dopo quanto è accaduto, metodi “ad
orecchio”, tatticismi politici di corto respiro e soprattutto il timore
che “ le masse non possano capire “
DA DOVE COMINCIARE ? La tentazione è quella solita di sbrigare
gli antecedenti con qualche formuletta politica di facile effetto, per
gareggiare con la stampa “libera” nel dare i numeri di maggiore
effetto.
Tutti quindi sono gettati sul punto d’arrivo, anziché sul punto di
partenza. E’ questo invece il fondamentale; vi è tutta una schiera di
semisciocchi che vuol precipitarsi a “PONZARE IL POI”, e che
bisogna poderosamente arginare e ributtare indietro a “CAPIRE IL
5
PRIMA”, compito più agevole e cui tuttavia non ce la fanno “manco
pè sogno”. Ognuno che non ha capito la pagina che ha davanti non
resiste alla tentazione di voltarla per trovare lumi nella seguente, ed è
così che la bestia diventa più bestia di prima, (anonimo comunista).
Dunque, noi ritorniamo, scontando i soliti insulti sull’odor di muffa,
alle prime pagine, a quelle pagine cioè che, lasciate leggere
abusivamente alla borghesia o agli estensori del “Breve Corso” di
staliniana memoria, portando irresistibilmente alla sentenza
inappellabile di morte del marxismo, a nulla servendo le
giustificazioni sul burocratismo, che somigliano sempre di più, una
volta accettata “la colpa” originaria dell’imputato, alle difese degli
avvocati d’ufficio sintetizzate nel fatidico “mi rimetto al giudizio della
corte”.
Conviene ripetere brevemente, per rendersi conto di questa necessità,
la tesi borghese che va per la maggiore, ovvero, quella che morde
nella carne proletaria senza troppe sottigliezze ( e questa tesi, si che si
prende la libertà di leggere anche nel passato più remoto, divorando
perfino gli eroici antenati della borghesia per presentare quest’ultima,
completamente immacolata di fronte a qualsiasi giudizio storico).
Dopo la Rivoluzione d’Ottobre, (dice il dotto professore) nell’URSS
sarebbero stati espropriati, già vivente Lenin, i capitalisti; sarebbero
state abolite le classi, con l’aspettativa che di lì a poco si sarebbe
estinto lo Stato e, in un generale maggior benessere, si sarebbero
6
realizzati rapporti umani liberi e tra eguali; lo stalinismo avrebbe
continuato l’opera di Lenin, secondo la teoria di Marx,
collettivizzando anche le campagne ed estendendo la statalizzazione
dell’industria. Ma sortì via via, condizioni di vita peggiori di quelle
godute dal proletariato occidentale e favorì uno Stato burocratico e
oppressivo (comunque non in via d’estinzione) che avrebbe toccato
punte di ferocia barbarica, in quanto non più contrastato dalla
presenza delle classi, imponendo nuove ingiustizie e nuove
disuguaglianze. Data l’antistoricità di tale sistema, Kruscev prima, e
Gorbaciov poi, hanno cercato di spingere l’URSS sull’unica strada
realisticamente praticabile, quella della democrazia capitalistica; le
difficoltà di un Gorbaciov, sarebbero oggi da ricercarsi nei profondi
guasti del persistente socialismo.
Ci si rammenterà che la predetta tesi non è del tutto arbitraria, visto
che, se non completamente sulle conseguenze, sui suoi presupposti,
sono d’accordo tutte le maggiori correnti che, dalla Rivoluzione
d’Ottobre ad oggi, si sono richiamate al marxismo: lo stalinismo, il
trotskismo, il togliattismo, e forse anche molti di quelli che continuano
a difendere oggi il marxismo in bella versione libertaria e
autogestionaria.
E’ verissimo che ci sia questo accordo così ampio e da sponde così
diverse. E’ altrettanto vero però, che molte di queste analisi o si
fondano su descrizioni molto approssimative della storia dell’URSS o
7
devono dichiarare esplicitamente che, per ammettere il presupposto
del “realizzato socialismo”, vanno ad operare una serie di modifiche al
concetto marxista di socialismo.
Noi crediamo che un'analisi meno approssimativa (e soprattutto
seguendo lo “schema “marxista:quello che si pretende fallito o da
modificare) di quanto è successo in URSS, a partire da Lenin, ci darà,
se non la chiave dell’enigma, almeno il ferro per costruire questa
chiave.
E, di quanto è successo in URSS, tre sono i punti ESSENZIALI, senza
un’adeguata considerazione dei quali, le cosiddette anomalie
f
sovietiche, quali: la burocrazia in eccesso, lo spreco, E inefficienza, la
scarsa produttività ( fenomeni innegabili ), continueranno a suggerire
inevitabilmente le teorie più bizzarre (nel migliore dei casi), capiti
bene i quali invece, dette “anomalie”, possono, (non devono
certamente) essere ricondotte al loro “secolo”.
1) - le cosiddette CONQUISTE DELL’OTTOBRE con Lenin;
2) - la cosiddetta COLLETTIVIZZAZIONE DELLA CAMPAGNA
con Stalin;
3) - il cosiddetto STATALISMO DELL’INDUSTRIA CON IL
PIANO.
Dopo che è stato detto a riguardo quasi tutto e dopo che si è
pronunciato “tanto rango”, non si pretende di dare qui il “tocco del
genio”. Si propone, soltanto, modestamente, un itinerario
8