Table Of ContentItalia, anni Settanta. Mentre piombo e tritolo infiammano il
Paese, si combatte una guerra più sotterranea e silenziosa tra le
cosiddette fonti ufficiali dell’informazione e i molti rivoli della
militanza democratica.
Di fronte alle azioni di depistaggio dei servizi segreti
"deviati", nascono gruppi di controinformazione impegnati a
costruire, svelare e diffondere le notizie attraverso strumenti
nuovi e alternativi: non più solo i giornali, ma anche il cinema,
la radio, il teatro, i fumetti, la canzone, la satira. Per la prima
volta, una generazione attenta e politicizzata tenta di
smascherare le menzogne del potere. Grazie a numerosi
documenti inediti, Aldo Giannuli ricostruisce con il rigore dello
storico una stagione tormentata, dal Sessantotto al sequestro
Moro, che ha contribuito in modo fondamentale alla
costruzione dell’identità italiana.
ALDO GIANNULI, laureato in Scienze politiche, è
ricercatore di Storia contemporanea presso l’Università di Bari
e redattore della rivista "Libertaria". Consulente delle Procure
di Bari, Milano (strage di piazza Fontana), Pavia e Brescia
(strage di piazza della Loggia), dal 1994 al 2001 ha collaborato
con la Commissione Stragi.
ALDO GIANNULI
BOMBE A INCHIOSTRO
Luci e ombre della Controinformazione tra il ’68 e gli anni di
piombo.
Da piazza Fontana al rogo di Primavalle, dalla Comune di
Dario Fo al processo 7 aprile, i depistaggi dello Stato e i servizi
segreti del Movimento.
BUR 2008
La conoscenza è potere.
Francesco Bacone
"Si trattava di difendere lo Stato contro coloro che lo
rappresentavano, che lo detenevano. Lo Stato era detenuto. E
bisognava liberarlo. "
Leonardo Sciascia
Avvertenza
Oltre che sulla stampa d’epoca, questa ricerca si basa
essenzialmente sulla documentazione proveniente dagli:
Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla
loggia massonica P2 (CPI P2);
Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla
strage di via Fani, sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro
(CPT);
Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul
terrorismo in Italia e sulla mancata individuazione dei
responsabili delle Stragi (CPS);
Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta
"Mitrokhin" (CPM);
Atti del Procedimento penale contro Azzi Nico + 25,
2643/84 RGPM; n. 721/88F Rggi (Salvini, l’eventuale lettera
a si riferisce alla sentenza ordinanza del medesimo giudice
istruttore del 18 marzo 1995);
Atti del Procedimento penale n. 1/94 DDA Perugia relativo
all’omicidio di Carmine Pecorelli (Pecorelli);
Atti del Procedimento penale n. 349/95 mod. 21, Procura
della Repubblica di Pavia dott. Vincenzo Calia (caso Mattei)
contro Mario Ronchi (Calia);
Atti del Procedimento penale n. 2566/98 Rgnr DDA
Palermo contro Gelli Licio + 13 detta "Sistemi Criminali"
(Scarpinato).
Introduzione
Tutti pensano che la controinformazione sia nata negli USA. Se
cercassimo su internet il termine "counterinformation",
troveremmo molte centinaia di documenti sull’11 settembre, le
prigioni segrete Cia, lo scandalo Enron, gli Ogm, l’Aids e
persino gli Ufo. Tutti avranno in comune la contestazione di
qualche verità ufficiale, perché il termine, nel linguaggio
corrente, è impiegato nel senso di "informazione alternativa a
quella del potere". Ma cercando nei dizionari di francese,
tedesco, spagnolo, portoghese o greco, si trova ben altra
definizione, in genere: "Termine di origine militare, che indica
attività di controspionaggio o, più in generale, di contrasto alle
attività di propaganda e disinformazione avversaria". Solo i
dizionari della lingua italiana definiscono la
controinformazione come:
Informazione che alcuni movimenti di opinione propongono come
alternativa rispetto a quella fornita dai mezzi di comunicazione
ufficiali, ritenuti faziosi e non obiettivi. Insieme dei mezzi di cui essa
si avvale1.
Ma sino a vent’anni fa, anche i dizionari d’italiano avrebbero
riportato il termine nel suo senso militare: è solo negli anni
Settanta che, nel nostro paese, si produce lo slittamento
semantico che porta all’accezione attuale, come riflesso di una
delle modalità della lotta politica di quegli anni. Ora questo
slittamento è passato anche nelle altre lingue, ma non ancora
nei loro dizionari. In altre parole, la controinformazione non è
stata una particolare forma di giornalismo, ma l’intreccio fra un
nuovo tipo di militanza politica, la pratica delle avanguardie
culturali e una certa forma di intelligence.
Quella italiana degli anni Settanta fu innanzitutto un tipo di
militanza basato sulla pratica politica nel posto di lavoro. Fino
agli anni Sessanta, infatti, la politica era intesa essenzialmente
come attività di discussione e di propaganda svolta in luoghi
deputati, come le sezioni di partito o anche la strada, ma non i
luoghi di lavoro dove, quando possibile, si cercava di svolgere
attività sindacale. Unica relativa eccezione quella delle
fabbriche dove i partiti di sinistra avevano cellule semi-
clandestine. Con il Sessantotto la politica irruppe nelle scuole e
negli uffici, nelle caserme e negli ospedali, non più come
saltuaria attività di propaganda, ma come contestazione dei
ruoli fissati dall’organizzazione del lavoro: si tentò di realizzare
una profonda trasformazione sociale dal basso, una
democratizzazione del lavoro che, negando all’autorità
l’esclusivo potere di decidere, associasse tutti i lavoratori con
spirito egualitario. L’assemblea, il collettivo, il consiglio dei
delegati, il comitato di base furono le forme organizzative di
questo tentativo di autogestione, che avrebbe dovuto collegarsi
a un più generale processo di rifondazione della società e delle
istituzioni. Di qui la dimensione non solo sindacale, ma
propriamente politica di quelle lotte, che cercavano di
collegare l’azione sul posto di lavoro a quella di indirizzo
politico generale. Da questa ispirazione nacquero i movimenti
sociali spontanei, trasversali alle appartenenze sindacali e
partitiche, con organismi di base poco formalizzati (assemblee,
collettivi, comitati di base, ecc.) spesso in concorrenza o aperto
conflitto anche con gli apparati di partiti e sindacati.
Una mobilitazione politica cui presero parte studenti,
operai, impiegati, avvocati, medici, intellettuali, attori, tecnici,
magistrati e, in forme para-clandestine, soldati di leva e
ufficiali subalterni.
Questa aspirazione – forse utopica – a una democrazia
integrale, caratteristica della "stagione dei movimenti", si
fondava sullo "svelamento dei rapporti di potere". La necessità
di questo svelamento si fece più urgente dopo la strage di
piazza Fontana. Improvvisamente, si scoprì che la politica
poteva avere un altro livello, occulto e criminale, che bisognava
neutralizzare portandolo alla luce. Ma questo significava
accettare quel terreno di scontro e calarsi in quella realtà
sotterranea. Fu la "perdita dell’innocenza": anche i movimenti
del Sessantotto dovettero darsi i propri servizi segreti. Può fare
un certo effetto pensare in questi termini alla
controinformazione: cosa può esserci di più distante fra un
servizio segreto e il chiassoso e variopinto mondo dei
movimenti? L’autoritarismo insito in un apparato di sicurezza
contrapposto allo spirito di rivolta del Sessantotto, il culto del
segreto dei servizi contro l’utopia della società trasparente
come vetro, la rigidità di un apparato burocratico contro la
spontaneità della rivolta. Ma, per combattere le trame dei
servizi, era necessario confrontarsi sul terreno della raccolta di
informazioni riservate, portare avanti, a tutti gli effetti,
un’attività di intelligence.
Certo, i servizi lavoravano per accumulare conoscenze da
tenere riservate e utilizzare per i propri disegni
antidemocratici, la controinformazione allo scopo di
conoscere, svelare e così neutralizzare quei disegni: dal punto
di vista delle finalità, l’antitesi non potrebbe essere più netta,
ma ciò non toglie che, mutatis mutandis, si trattasse pur
sempre di due diverse forme di intelligence, le cui pratiche si
assomigliavano molto più di quanto si immagini.
Anche la controinformazione aveva il problema di
proteggere le sue fonti e i suoi operatori dalle rappresaglie dei
fascisti e dagli apparati dello stato, e questo comportava
l’adozione di misure cautelari tipiche di un’organizzazione
spionistica. Ovviamente si trattò di un’attività di intelligence
rapportata agli strumenti e alla cultura politica di chi la
promosse, dunque con sue forti peculiarità: i movimenti non
avevano i mezzi finanziari, tecnologici e legali a disposizione
dei servizi, cui dovettero supplire con quanto loro avevano e
che, invece, mancava ai servizi segreti.
La controinformazione ebbe una sponda fuori dal comune
nelle avanguardie culturali e artistiche del tempo: la nuova
sociologia (l’"inchiesta operaia"), la storiografia militante, la
"guerriglia semiologica" e il nuovo pensiero giuridico
consentirono di affinare un metodo specifico; d’altra parte il
cinema e la canzone politica, il nuovo teatro e il fumetto
assicurarono una pluralità di forme espressive senza la quale la
controinformazione sarebbe stata infinitamente meno efficace.
Fu grazie alle avanguardie artistiche di quegli anni che i
risultati di quelle inchieste divennero molto di più che semplici
notizie: la controinformazione fu lo specchio in cui le classi
subalterne videro riflesso il volto demoniaco del potere,
immaginario rovesciato della sua sacralità. Un’idea durevole
che riaffiorerà, come un fiume carsico, nei decenni successivi,
fino alla polemica sui "poteri forti". La controinformazione
costruì un pezzo dell’identità italiana. E se c’è dell’esagerato e
del non vero in tutto questo, c’è anche molto, moltissimo di
vero.
Ancora oggi molti gruppi si definiscono di
"controinformazione", ma si tratta di qualcosa di molto diverso
dall’originale: ha canali di raccolta informativa diversi, ha altre
forme di comunicazione, soprattutto non ha a disposizione
quel tipo di mobilitazione politica che si traduceva anche in un
continuo feedback tra il movimento e i suoi "servizi segreti".
Tutto questo fu possibile negli anni Settanta, in quella
particolare temperie che agitava e fondeva idee ed emozioni,
dubbi e furori, speranze e deliri, qualcosa di irripetibile e
concluso.
E quando un fenomeno è compiuto se ne può scrivere la
storia con distacco critico, lontano dalle celebrazioni
agiografiche e dalle malevole denigrazioni. Forse una nuova
stagione di movimenti verrà, ma sarà inevitabilmente diversa:
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