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Camera dei deputati
Archivio storico
Alfredo Covelli
Camera dei deputati
Archivio storico
I fascicoli di documentazione dell’Archivio storico sono destinati alle esigenze di
documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari.
La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o
riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
In copertina: comizio elettorale dell’on. Alfredo Covelli (particolare)
(Fondo archivistico “Alfredo Covelli”)
Indice
Presentazione del Presidente della Camera dei deputati,
on. Gianfranco Fini ................................................................................III
Francesco Perfetti, Alfredo Covelli: la coerenza di un progetto politico ..........1
Beniamino Caravita di Toritto, Alfredo Covelli e la modernizzazione
della destra italiana ..................................................................................9
Profilo biografico di Alfredo Covelli .......................................................17
Scritti e discorsi
Nota redazionale ....................................................................................23
La Costituente e la prospettiva monarchica (1948) .................................31
Il ruolo alternativo al Comunismo ed alla Democrazia Cristiana
del “Partito Nazionale Monarchico” (1948) ............................................39
Nell’anniversario dello Statuto Albertino (1950) ....................................57
Pacificazione nazionale, pacificazione sociale (1950) ...............................67
In difesa della libertà. Relazione al II Congresso nazionale
del PNM (1954) ....................................................................................85
Centro-sinistra e Unione delle Destre (1962) .......................................155
Contro la nazionalizzazione delle fonti di energia (1962) ......................163
Il Re, i monarchici e i socialisti al governo (1963) ................................179
La funzione del Partito Democratico di Unità Monarchica
nel Parlamento e nel Paese (Tribuna Politica, 10 novembre 1966) ........189
I
Indice
Lettera all’on. Giovanni Malagodi, Segretario Generale del Partito
Liberale Italiano e all’on. Arturo Michelini, Segretario Nazionale
del Movimento Sociale Italiano (13 gennaio 1967) ...............................221
Una Costituente democratica e nazionale di fronte
alla crisi del centro-sinistra (1967) ........................................................231
La Costituzione vent’anni dopo (1969) ................................................255
Per una moderna politica di una grande Destra nazionale.
Intervento al X Congresso MSI-DN (1973) .........................................263
Il progetto di pacificazione nazionale del MSI-DN
(Tribuna elettorale, 23 maggio 1975) ...................................................275
La destra moderna e l’accettazione degli ordinamenti
della democrazia parlamentare. Lettera di dimissioni indirizzata
al Segretario Nazionale MSI-DN on. Almirante (1976) ........................311
Suffragio universale diretto per l’elezione del Parlamento
Europeo (1976) ....................................................................................317
Lettera al Presidente del Parlamento Europeo da parte dei
monarchici italiani in relazione all’“Esilio discendenti maschi
del Re Umberto II di Savoia” (1988) ......................................................323
Lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite (1988) ....................327
II
Presentazione
Il ruolo svolto da Alfredo Covelli nella storia politica del nostro
Paese può essere adeguatamente compreso solo ricomponendo in un
quadro unitario i molteplici ambiti del suo impegno politico ed i diversi
profili della sua personalità.
Una ricostruzione attenta della complessità della sua figura come
della sua cultura politica è possibile solo attraverso le studio delle carte
d’archivio e grazie all’esperienza, alla lealtà ed alla professionalità di
studiosi consapevoli del valore collettivo di un racconto della storia
affrancato da pregiudizi ideologici.
Saranno pertanto imprescindibili a tal fine le carte del prezioso
archivio politico privato di Alfredo Covelli che, per onorarne la
memoria a dieci anni dalla scomparsa, la famiglia ha deciso di donare
all’Archivio storico della Camera dei deputati e di cui questo volume
presenta, in ordine cronologico, una accurata selezione di inediti.
La diligenza e lo scrupolo minuzioso con cui queste carte sono state
finora conservate secondo l’organizzazione originariamente stabilita
dallo stesso Covelli sono da portare ad esempio, come espressioni della
profonda consapevolezza del valore politico ed istituzionale di quanto
esse testimoniano ed al tempo stesso dell’alta concezione che uomini
come Covelli avevano della politica.
Nondimeno è da portare ad esempio – e vorrei che si interpretassero
queste parole del Presidente della Camera come un’esortazione a
tutti i parlamentari - l’atto di generosità e senso civico che la famiglia
Covelli ha voluto compiere donando queste carte ad un’istituzione
aperta al servizio pubblico, come l’Archivio storico della Camera dei
deputati, che ne garantisca, a termini di legge, la conservazione e la
consultabilità.
L’archivio Covelli è peraltro corredato da una cospicua serie di
fotografie d’epoca che, con l’immediatezza propria delle immagini, ci
restituiscono il clima del tempo.
E’ un mondo in bianco e nero, dove il confronto pubblico e la
comunicazione politica avevano a disposizione scenari e strumenti
ben diversi da quelli odierni; un mondo soprattutto in cui i contenuti
di una proposta politica e la faticosa conquista del consenso intorno
III
ad essa erano affidati - specie nel periodo iniziale e più critico della
ricostruzione della democrazia - ai fogli di partito, spesso artigianalmente
confezionati, ma ancor più di frequente all’immediatezza dei comizi di
piazza.
Alfredo Covelli era profondamente legato al Sud, da cui proveniva.
Di quelle terre conosceva le potenzialità e le risorse ma anche le
tragiche contraddizioni sociali, soprattutto nel dopoguerra, quando si
imponevano la ricostruzione e la pacificazione del Paese.
La sua azione si svolgeva in particolare presso quegli italiani che,
anche dopo il 2 giugno 1946, erano rimasti legati ai valori ed alle
istituzioni della monarchia costituzionale.
La comunicazione di Covelli si svolgeva prevalentemente nelle
piazze o nelle prime esperienze che oggi chiameremmo “mediatiche” e
che allora erano le “Tribune elettorali” televisive. In quelle occasioni si
fece apprezzare per la passione politica, per la veemenza oratoria e per
la fermezza nei momenti di pur aspro confronto dialettico, criticando
se necessario le idee ma rispettando sempre le persone. Così l’uomo
politico, nelle diverse fasi di sviluppo della politica italiana nel periodo
repubblicano, ribadiva l’importanza della continuità dei valori e dei
sentimenti nazionali che avevano fatto parte integrante del patrimonio
della monarchia costituzionale.
Aveva ben assimilato la grande lezione dell’esperienza inglese e la
lettura che ne avevano tramandato Edmund Burke e Walter Bagehot.
Da quella grande tradizione culturale aveva appreso che, al
pari dei “due corpi”, materiale ed istituzionale, del Sovrano, la vera
Costituzione, la “Costituzione vivente”, si compone di due parti
inscindibili; una “parte affettiva”, da cui deriva un sentimento di
reverenza verso le istituzioni, patrimonio identitario della Nazione; ed
una “parte efficiente”, che deriva dall’azione di governo, dal raccordo
operativo fra gli organi costituzionali, dal prestigio del Parlamento e
dalla capacità decisionale del Primo Ministro e del governo.
Dalla cultura monarchico-costituzionale inglese Covelli aveva
appreso, inoltre, che l’efficienza ed il buon funzionamento di un sistema
politico e costituzionale sono il prodotto del sedimentarsi di tradizioni
e di prassi, di leggi del Parlamento, di decisioni dei giudici; un prodotto,
insomma, di sperimentazione nel tempo più che il risultato di un atto
di volontà.
IV
La mozione degli affetti e l’imperativo della lealtà, che avevano
ispirato l’atteggiamento dei liberali e dei monarchici nei confronti dello
Statuto Albertino e della Casa Reale, costituivano un patrimonio che la
Repubblica non poteva permettersi di dissipare.
L’attaccamento ideale ed affettivo alle istituzioni, l’ideale coesivo
ed inclusivo – come si direbbe oggi - di un patriottismo costituzionale
da interpretare anche in chiave repubblicana, doveva gradualmente
trarre origine dal libero consenso dei cittadini verso le istituzioni della
Repubblica e dalla capacità di queste di guadagnarsi quel consenso,
garantendo effettivamente i diritti e le libertà individuali e le condizioni
che consentono al potere esecutivo di operare efficacemente in un
sistema parlamentare.
In un simile contesto, il Parlamento, lungi dal configurarsi come
mera istanza di ratifica della decisione governativa, ne diviene fonte
imprescindibile di legittimazione democratica.
In linea con le indicazioni dottrinali del costituzionalismo inglese,
gli uomini come Covelli attribuivano peraltro al Parlamento ed alla
classe politica la responsabilità di esercitare una delicata funzione
pedagogica; la funzione, cioè, di “educare la Nazione”, attraverso
l’esempio, l’autorevolezza e la sobrietà, ad assolvere i doveri civili e a
prendersi cura della comune libertà.
A fronte delle pulsioni antisistema di qualunque matrice politica,
occorreva reagire positivamente, con la ragione ed il sentimento,
superando l’amarezza per la presunta morte della Patria e la sfiducia o
la diffidenza per l’invadenza omologante della modernità.
La Patria doveva essere fatta risorgere anzitutto attraverso la
pacificazione nazionale, che i monarchici avrebbero inizialmente
preferito veder affidata all’influenza coesiva ed unificante di un potere
neutro super partes piuttosto che alla dialettica partitica. Un potere neutro
la cui capacità di persuasione morale e d’intervento nella dialettica
politica non avrebbero mai dovuto travalicare, secondo il modello
inglese, la soglia critica dell’ “ammonire, indirizzare e consigliare”.
Ma la Patria doveva risorgere sopratutto attraverso la capacità
decisionale del governo, legittimata e controllata attraverso il
Parlamento.
Un Parlamento che Covelli concepiva come una grande, libera
ed intangibile assemblea di uomini eminenti, collocata al centro della
V
Alfredo Covelli
società e capace di influenzarne il progresso.
Garanzia e strumento di evoluzione dovevano in particolar modo
essere le scuole, le Università e le altre sedi di formazione culturale
e professionale in cui l’azione dello Stato deve garantire a tutti la
possibilità di elevarsi moralmente e materialmente.
Erano sicuramente ben presenti nella memoria di Covelli, mentre
osservava i propri cinque figli e quelli delle belle e numerose famiglie
del suo tempo, le parole di Edmund Burke sull’importanza di “essere
allevati in un ambiente rispettabile, di non veder nulla di volgare e
sordido fin dall’infanzia; di venire educati al rispetto di sé stessi; di
abituarsi ad essere esposti al giudizio della gente; di avere una mentalità
aperta in una società di larghe vedute; di aver tempo di leggere, di
riflettere, di conversare; di essere abituati a comandare e ad obbedire;
di essere portati a mantenere un comportamento misurato e regolato,
nella convinzione di essere considerati una guida per i concittadini
nei loro interessi più alti”. Di avere, insomma, la possibilità, grazie
a quanto si apprende nella famiglia e nella società, di maturare una
coscienza civica e di entrare a far parte di una aristocrazia naturale,
“senza la quale non c’è Nazione”.
Erano questi, in estrema sintesi, i contenuti salienti della cultura
personale e politica di Covelli e di molti della sua generazione, al di là
dell’orientamento politico e ideologico.
A questi uomini e a queste donne si deve la ricostruzione ed il
consolidamento della democrazia in Italia.
Spetta a noi conservarne e meditarne l’eredità culturale e politica,
che ritroviamo espressa nei discorsi e nei documenti che ci hanno
lasciato e che tuttavia continua principalmente ad esprimersi attraverso
il nostro personale impegno nel trasmetterne il valore umano ed
istituzionale, facendo tesoro dell’esempio e dell’insegnamento che
dalle loro figure ci proviene.
Gianfranco Fini
Presidente della Camera dei deputati
VI
Francesco Perfetti
(Professore Ordinario di Storia contemporanea nella Facoltà di Scienze Politiche
dell’Università “Luiss - Guido Carli” di Roma)
Alfredo Covelli: la coerenza di un progetto politico
Nei diari di Falcone Lucifero, il nome Alfredo Covelli appare per
la prima volta sotto la data di domenica 9 luglio 1944. Quel giorno
il giovanissimo Covelli (aveva appena trent’anni) si presentò dal
Ministro della Real Casa per parlare di un progetto di fusione di tutte
le forze democratiche e liberali dal quale sarebbe dovuto nascere un
partito liberale riformista di orientamento monarchico. In seguito, gli
incontri si moltiplicarono e, più volte, nelle annotazioni di Falcone
Lucifero, si dà conto degli sforzi di Covelli per cercare di porre fine al
frazionamento delle forze liberali. La testimonianza del Ministro della
Real Casa è importante perché fa comprendere come, fin dagli esordi
della sua attività politica, Covelli avesse manifestato quei sentimenti
– che non sarebbero mai venuti meno durante tutta la sua vita – non
solo monarchici, ma anche democratici e liberali, che furono alla base
dei suoi ripetuti sforzi di dare vita a una formazione politica di destra
moderna e moderata.
All’epoca dell’incontro con Lucifero, egli, uomo di profonda
cultura umanistica e giuridica (era laureato in lettere classiche, in
giurisprudenza e in scienze politiche) aveva, dunque, già precisato le
sue idee. La fede monarchica era, per così dire, esplosa mentre faceva
il servizio militare quando, nell’ottobre del 1943, aiutante del generale
di squadra aerea Ferruccio Ranza, aveva avuto l’opportunità di essere
presentato a Vittorio Emanuele III, con il quale si era intrattenuto in
un breve colloquio e dalla cui personalità era rimasto colpito.
Il suo primo incarico di rilievo fu quello di capo di gabinetto del
liberale Raffaele De Caro, al quale era stato affidato dall’11 febbraio
1944 il dicastero dei Lavori Pubblici nel governo Badoglio. La sua
competenza e il suo equilibrio furono tanto apprezzati che, quando
venne costituito, il 22 aprile 1944 il secondo ministero Badoglio
destinato a rimanere in carica fino alla liberazione di Roma, e a quel
dicastero venne chiamato un esponente azionista, Alberto Tarchiani,
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