Table Of Contento
hi
c
s
ri
a
à
t
e
ci
o
s
e
zi
a
p
s
a
t
t
ai
Una storia locale? Non esattamente. Gela, la Pietro Saitta S Pietro Saitta
o
città siciliana che fa da sfondo a questa Insegna Politiche sociali r
t
ricerca, incarna questioni più ampie, connesse alla Facoltà di Scienze Pie spazi e società a rischio
politiche dell’Università
alla relazione tra grande capitale e territori
di Messina. Si occupa di ecologia, petrolio e mutamento a Gela
periferici. Parlare di Gela significa discutere
multiculturalismo,
degli esiti dell’industrializzazione diretta devianza, metodi
centralmente, del sottosviluppo, del ricatto qualitativi, percezione
occupazionale, dell’incertezza, del rischio del rischio. È autore di
Economie del sospetto
sanitario e della resistenza che esso genera.
(Rubbettino 2007) e, per
Spazi e società a rischiopresenta una severa
i nostri tipi, di Sex
analisi della relazione tra capitale e consenso, Industry (2009).
tra industria e paura, tra impresa e politica,
tra salari industriali e consumi. Uno studio di
comunità che non lascia molto spazio alla
speranza, ma che non rinuncia a individuare
percorsi di cambiamento e liberazione.
www.thinkthanks.it 18,00
CASE&RESEARCH 1
Pietro Saitta
spazi e società a rischio
ecologia, petrolio e mutamento a Gela
con interventi di Pierpaolo Mudu e Luigi Pellizzoni
Think Thanks edizioni
proprietà letteraria pietro saitta
riservata a spazi e società a rischio
think thanks
progetto grafico
sede operativa www.nascar.it
via acate 68
napoli editing
stefano fedele
sede legale
via d. morelli 7 in copertina foto di pietro saitta
napoli
caratteri utilizzati
1a edizione: simoncini garamond
dicembre 2009
stampato in digitale
dalla tipografia leonardo
ISBN 978-88-96367-02-5
think thanks edizioni
www.thinkthanks.it
Indice
Prefazione 93 Bonifiche, risarcimenti 175Il rischio ambientale e
Pierpaolo Mudu e una nuova economia sanitario
182Il problema occupazionale e
9 L’evasione del rischio: 93 Per una teoria del campo dello sviluppo economico
la produzione della 95 L’ambiente di Gela: fatti e 187Il problema dell’assetto
percezioni
dipendenza sociale e del contesto
99 1. La questione idrica
urbanistico-territoriale
24 Note 103 2. Una rivolta per il pet-coke
192Continuità e cambiamento
110 3. I resistenti: argomenti e
tra locale e globale
Spazi e società a rischio metodi della lotta ambientalista
193Il caso di Gela: sorte comune
Pietro Saitta 115Quali risarcimenti? o specificità?
120Bonifiche e scenari economici
27 Una introduzione al 194Conclusioni
121 1. Lo stato delle bonifiche
campo 197Note
126Quali scenari per l’economia
27 Gela locale? 199Bibliografia
33 Metodologia 130 1. Le prospettive degli
38 Note attori istituzionali
155Note
41 Storia del Petrolchimico
161Conclusioni
41 Costruzione e mutamento
sociale 166Riconoscimenti
54 Dall’avviamento al presente
Postfazione
61 Note
Luigi Pellizzoni
65 La città che cambia:
degrado o sviluppo? 171Il futuro di un’area a
rischio: ambiente,
65 Città o paese?
68 Politiche ed economie dello economia e società a
spazio Gela
77 Il degrado, l’industria
171Introduzione
88 Note
173I nodi critici della ricerca
Prefazione
Pierpaolo Mudu
L’evasione del rischio: la
produzione della dipendenza
Nella Piana del Signore, a sud dell’abitato di Gela, nel 1960, dopo 9
alcuni anni di trivellazioni, si costruì una raffineria divenuta
l’ottava in Italia in termini di capacità, ma una delle prime in
termini di contaminazione. Da quasi quindici anni il sito di Gela è
stato compreso nel “Piano di disinquinamento per il risanamento
del territorio della Provincia di Caltanissetta”, approvato con Dpr
del 17 gennaio 1995. Il territorio da disinquinare comprende
un’area privata (quella industriale) di estensione complessiva di
circa 4,7 km2e superfici a mare pari a circa 46 km2. Per la bonifica
dell’area di Gela i finanziamenti totali assegnati risultavano
ammontare a quasi 20 milioni di euro (Ministero Ambiente 2004).
È ovvio che dopo quarant’anni di questo tipo di sviluppo un
bilancio critico vada svolto.
La presenza dei petrolchimici in diversi luoghi del pianeta da tempo
costituisce un fattore di alterazione molto forte dell’ambiente e, in
alcuni casi, della salute di intere popolazioni. A livello scientifico
non è stato però finora tracciato, se non in rari casi, un percorso di
analisi critica e di discussione politica che, indipendentemente dagli
interessi economici, riuscisse a porre in modo autorevole il problema
dell’attività di questi impianti. Esiste un’innegabile incognita che
riguarda, in generale, tutti i grandi impianti industriali e che consiste
nell’indirizzo monofunzionale che viene dato a territori molto vasti,
escludendo la possibilità di altri usi. Questo indirizzo si presenta
sotto forma di occupazione e consumo di un territorio e delle sue
risorse, in molti casi e per molti aspetti irreversibile per diverse
generazioni. Il caso dei petrolchimici, nel momento in cui operano
senza controlli, lasciando letteralmente evadere il rischio che
dovrebbero circoscrivere, rappresenta nondimeno un caso estremo,
in cui al consumo delle risorse di un territorio si affianca anche la
loro distruzione attraverso un processo di inquinamento1che può
essere lento e continuo – come nel caso delle emissioni nocive dei
camini industriali – o rapidissimo – per esempio nel caso di un
incidente con rilascio di nube tossica. La contaminazione si svolge
come una sequenza di eventi, in cui gli inquinamenti si dipanano
usualmente con una saturazione differenziata delle varie matrici
ambientali, producendo una realtà non “normale”, ma a rischio. Ma
cosa significa a rischio? Proprio per rispondere a questa domanda è
utile sporcarsi le mani, calarsi in un territorio come quello di Gela,
che dal 1990 è ufficialmente, con delibera del Consiglio dei Ministri
del 30 novembre, un’“Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale”,
10 ossia uno di quei territori «caratterizzati da gravi alterazioni degli
equilibri ecologici nei corpi idrici, nell’atmosfera o nel suolo» (art. 7
della legge 349/1986). Attualmente si utilizza anche la definizione di
sito inquinato, ovvero «sito che presenta livelli di contaminazione o
alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o
delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare
un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o
costruito» (art. 2 del DM 471/99). Come rileva il responsabile
dell’Ufficio Aree a Rischio della Regione Siciliana, «il problema delle
aree a rischio è un problema non solo di inquinamento, ma anche di
concentrazione di insediamenti pericolosi» (Camera dei Deputati
2006, 6). I territori gravemente alterati rappresenterebbero quindi
un rischio, perché inquinati in modo concentrato ed esclusivo. Che
cosa si concentra, o si disperde, e che cosa rende questo
inquinamento esclusivo?
Sono stati descritti casi analoghi a Gela, su tutti quello di Porto
Rico2(Chapman 1982); similitudini presentano anche il caso del
Texas (Cutchin 2007) e, con modalità parzialmente differenti, quelli
di Lousiana, Taiwan, Tarragona, Oakville, Skikda, Aliag˘a, Porto
Marghera, Manfredonia e così via. A Gela, tuttavia, si rinvengono
delle condizioni estreme che la rendono un caso a sé. Cominciamo
analizzando nel dettaglio alcune statistiche che riguardano il
territorio intorno alla raffineria di Gela. Nell’acqua di falda
l’arsenico, il mercurio, il benzene, il cloruro di vinile, l’1,2-
dicloroetano si trovano in concentrazioni massime che non hanno, in
alcuni casi (cloruro di vinile e 1,2-dicloroetano in particolare), eguali
nella letteratura scientifica. Per l’arsenico sono state recentemente
riscontrate concentrazioni fino a 70.000 μg/L, quando il limite per le
acque destinate a consumo umano è di 10 μg/L (Paris 2007). In
precedenza si erano misurati valori fino a 250.000 μg/L (Paris 2006).
Per il mercurio sono state rilevate concentrazioni fino a 6.600 μg/L,
a fronte di un limite di legge pari a 1 μg/L (Paris 2007). A titolo di
paragone si consideri che a Porto Marghera si trovarono valori pari
a 450 μg/L per l’arsenico e 14 μg/L per il mercurio (Rabitti 1998). A
Gela, per il benzene sono stati rilevati valori di concentrazione fino a
34.000 μg/L, 160.000 nel passato (Paris 2006), contro un valore di
legge pari a 1 μg/L (Paris, 2007). Il cloruro di vinile ha raggiunto
livelli pari a 285.000 μg/L contro un limite di legge pari a 0,5 μg/L
(ibidem). Per l’1,2-dicloroetano sono state riscontrate concentrazioni
fino a 3.252.000 μg/L contro un valore limite di 3 μg/L (ibidem).
Tutte le sostanze menzionate hanno effetti sulla salute umana sia per 11
patologie tumorali che non tumorali; per esempio l’arsenico è un
cancerogeno di classe 1 per lo Iarc (International Agency for
Research on Cancer), ovvero un cancerogeno certo per cute, vescica,
prostata, polmone, fegato, rene e colon. Se facciamo oggetto della
nostra attenzione la situazione delle emissioni in atmosfera, un paio
di lavori pubblicati di recente offrono alcune indicazioni. Uno
studio sulla composizione chimica delle polveri a Gela ha rilevato
che l’attività del Petrolchimico sembrerebbe associata all’aumento
dei livelli di arsenico, molibdeno, nichel, zolfo, selenio, vanadio e
zinco (Bosco et al.2005). Un altro studio sulle deposizioni di polveri
ha mostrato alte concentrazioni di nichel, vanadio, e in parte di
bario e cromo, associabili alle emissioni dell’industria petrolchimica
(Manno et al.2006). Per quanto riguarda i suoli, le concentrazioni di
diverse sostanze carcinogene, come metalli pesanti, idrocarburi,
solventi aromatici, composti alifatici clorurati, composti alifatici
alogenati e idrocarburi policiclici aromatici, hanno tutte superato i
limiti di legge (Paris 2007). L’evasione del rischio, come testimoniato
dall’American Appraisal, società specializzata in auditingambientale,
è avvenuta in assenza di monitoraggio:
Per gli scarichi a mare delle aste di fogna non è stata possibile la verifica
dei dati analitici completi […]. I rifiuti solidi del polo di Gela vengono in
parte stoccati provvisoriamente all’interno dello stabilimento (si è assunto
che ciò avvenga in conformità e apposita autorizzazione regionale), ma per
la maggior parte depositati in discariche interne non caratterizzate ai sensi
del DPR 915/82 (citato da Rabitti 1998, 183).
Nell’area di Gela, per completare il quadro, i dati epidemiologici
registrano un eccesso di mortalità generale e per tutti i tumori
significativamente più elevata, sia negli uomini che nelle donne.
Aumenti statisticamente significativi per uomini e donne si
riscontrano per i tumori della trachea, bronchi e polmoni
(Cernigliaro et al.2008). Per gli uomini eccessi di mortalità anche
per tumore dello stomaco, della laringe e della pleura, mentre solo
nelle donne per tumori del colon e del retto (ibidem). L’analisi dei
ricoveri evidenzia altresì numerosi eccessi statisticamente significativi
(ibidem). Infine, le malformazioni congenite registrano un
significativo eccesso per: microcefalie, difetti del tubo neurale, difetti
dei setti cardiaci e dei grossi vasi, riduzione degli arti superiori, e in
particolare per le ipospadie (Bianchi et al.2006).
12 Di fronte a un quadro di alterazioni tanto forte3ci troviamo di fronte
alla necessità di articolare una serie difficile di domande che
riguardano sinteticamente tre grandi temi: quanto l’uso del territorio,
da intendersi come spazio soggetto a un controllo, promuova la
salute dei suoi abitanti; in che misura ciò che è accaduto possa
compromettere il futuro; e quanto le relazioni che costituiscono la
Gela contemporanea possano cambiare la realtà ereditata.
Sul primo tema si può aggiungere che questo territorio pone
integralmente, non in modo nascosto, i termini di maturazione
attuali dell’esercizio del bio-potere (Foucault 1976). Questi termini
possono essere meglio esplicitati dal fatto che vi sono traiettorie
drammatiche letteralmente incarnate nei corpi dei soggetti “più
deboli” e dal fatto che il territorio viene percorso in modo
incessante da studi, ricerche, perizie, accertamenti e classificazioni
delle caratteristiche della popolazione. Ci troviamo di fronte a
un’area, come poche altre in Italia, attraversata da tante inchieste,
investigata dalla procura, dalle commissioni parlamentari, dalle
università, dalle agenzie ambientali e sanitarie, dagli esperti dell’Eni
e da quelli internazionali. Un’area in cui la medicina svolge
innegabilmente un grosso ruolo politico, che si incastra
opportunamente dentro una gestione del rischio come dipendenza
da questa territorialità, in cui la sorveglianza medica è sia effetto che
strumento. È un’area che comunque si inserisce nelle pratiche e nei
discorsi che hanno sagomato le strutture peculiari della Sicilia
contemporanea. Strutture di relazioni politiche, locali e regionali, in
numerosi casi controllate da medici, i quali dirigono e sorvegliano
enormi strutture socio-economiche che, letteralmente, alla fine dei