Table Of ContentLuciano Galassi
Salœtame a s(cid:243)reta
La dissacrazione di mamme e sorelle
nelle espressioni napoletane
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Breve premessa
A partire dal ventaglio tematico che ci Ł quasi venuto spontaneo dise-
gnare allorchØ nel 2008, con i Wellerismi napoletani, abbiamo cominciato a
tracciare un percorso critico-antologico del linguaggio dialettale parteno-
peo, avevamo programmato che sarebbe giunto il momento di occupar-
ci anche del turpiloquio,di questo (cid:147)inferno lessicale(cid:148)che fino a oggi ave-
vamo quasi inconsciamente rimosso per la sua carica aggressiva, dirom-
pente, scorretta, fastidiosa, contraria al bon ton e all(cid:146)etichetta. Tanto che
ci Ł venuto il dubbio se affrontare un simile assunto o ignorarlo, come
se il vastissimo giacimento in materia della nostra parlata locale non ci
fosse. Abbiamo allora condiviso queste perplessit(cid:224) con l(cid:146)editore, il quale
ci ha confortati con una osservazione piana e valida: «Non credo ti deb-
ba preoccupare della scurrilit(cid:224) del contenuto del testo concepito: tu sei
solo il cronista di un(cid:146)umanit(cid:224) degradata ma innegabilmente esistente...
Quindi perchØ nascondere una realt(cid:224) vissuta, da tutti noi, tutti i giorni?
Quelle parole e quelle frasi sono parte della nostra vita e hanno spesso
una forte valenza evocativa».
Ragioni ineccepibili, che ci hanno spronato a completare quest(cid:146)opera
nella quale, come nelle precedenti, si riflette a pieno l(cid:146)animo, la fantasia,
la genialit(cid:224),la concisione e la fulmineit(cid:224) del pensiero napoletano.Al cor-
tese lettore chiediamo di vincere l(cid:146)istintiva e immediata avversione pro-
curata dalle parole e dalle frasi che proporremo e di considerarle invece
come un altro specchio di ci(cid:242) che siamo, di come siamo: in breve, della
nostra (cid:147)napoletanit(cid:224)(cid:148).
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Non a caso all(cid:146)ombra del Vesuvio le parolacce sono dette, s(cid:236), male pa-
role,ma anche,sinteticamente e con assolutismo semantico,(cid:146)e parole,qua-
si fossero le parole per eccellenza, quelle che, per dirla con Aldo Di
Mauro, oltre a contenere (cid:147)una ricchezza di sfumature contenutistiche(cid:148),
«sono un(cid:146)esplosione concettuale; sprigionano tutta la loro carica emoti-
va;imprimono bonariamente maggior forza al pensiero;sono un assem-
blaggio di considerazioni, di riflessioni che le portano a essere esempli-
ficative,evidenti(cid:133) Non nascono dal nulla,ma sono la conclusione di un
pregresso discorso mentale» e appaiono (cid:147)particolarmente efficaci per
chiarire un concetto(cid:148).
Un(cid:146)altra osservazione: in questo libro, come in quelli che l(cid:146)hanno pre-
ceduto, manca ovviamente il suono delle parole, che nell(cid:146)attimo in cui
sono pronunciate assumono risonanze, toni e scansioni che le fanno vi-
vere e palpitare come lucertole saettanti giø da un muricciolo di tufo;
manca,oseremmo dire,il meglio,ci(cid:242) che innerva il lemma di vita,di iro-
nia,di sentimento,di spettacolarit(cid:224),rendendolo personalizzato e dinami-
co,significante e assertivo,necessario e irrevocabile.Gi(cid:224) nel 1853 Enrico
Cossovich rilev(cid:242) che Ł difficile trovare un dialetto, come quello napole-
tano, che, all(cid:146)ascoltarlo, «piø al vivo ne faccia sentire nell(cid:146)animo tutto
quello che esprime»;potremmo dire in altri termini che il suono della pa-
rola Ł dinamicamente significante rispetto alla stessa parola scritta e stati-
camente significata.
Voglio dire, paziente lettore, che mai come nelle male parole si avverte
la mancanza di un(cid:146)intermediazione orale che faccia apprezzare la creati-
vit(cid:224), il sostrato, il contenuto, il fondo basilare dell(cid:146)ideazione linguistica:
colta nella muta fissit(cid:224) del testo, essa, specie per la materia del presente
elaborato, Ł una creatura che non vibra immediatamente e spesso non
riesce a trasmette il meglio di sØ. In proposito ci sovviene quanto scritto
nel 1892 da David Silvagni,che giudic(cid:242) la (cid:147)lingua parlata(cid:148)dal popolo na-
poletano ricca (cid:147)di sali attici e di epigrammi assai pungenti(cid:148). Una recen-
te testimonianza del giornalista Roberto Panetta (marzo del 2014) ci ri-
corda che nella trattoria (cid:147)Nennella(cid:148), nei Quartieri Spagnoli, i gestori
hanno un particolare stile,quello del «turpiloquio di classe,una raffica di
insulti detti talmente con simpatia che Ł impossibile prendersela e non ri-
derci su, con il fascino del dialetto napoletano a fare da contorno al tut-
to». Piø che mai a Napoli poteva nascere (cid:147)questa geniale idea di creare
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un posto ad hoc dove regna l(cid:146)insulto(cid:148), articolato in tonalit(cid:224), inflessioni,
pause, ipervocalizzazioni tutte partenopee, tutte intrise di quello spirito
che solo noi sembriamo possedere.
Non va taciuto un altro aspetto: quello della trasgressivit(cid:224) insita nella
parolaccia, che Ł un forte catalizzatore delle energie interiori; Ł volgarit(cid:224)
v(cid:237)ndice, liberatoria, compensatoria; e anche insolenza provocatoria,
come uno sberleffo o - vesuvianamente - come un pernacchio. Non vo-
gliamo proprio dire, come propone il sito Pulcinella291, che «nel dialetto
napoletano la parolaccia Ł parte integrante del normale dizionario, ed
esiste quindi sempre e comunque», ma Ł certo che, da noi, come Ł stato
ben detto,«spesso l(cid:146)espressione apparentemente scurrile diventa un friz-
zo, una battuta con un linguaggio spontaneo e colorito che manifesta
quella praticit(cid:224) espressiva di utilizzo verbale che Ł caratteristica principa-
le del bagaglio culturale popolare. Tale spontaneit(cid:224) Ł quindi priva di ini-
bizioni ed affida la ricchezza dell(cid:146)espressione non tanto alla scelta del vo-
cabolo quanto piuttosto alla sonorit(cid:224), al significato convenzionale e,
spesso, al contesto. In questo senso, nel nostro dialetto, la parolaccia, la
sconcezza(cid:133) nella maggior parte dei casi prescinde assolutamente dal
suo significato letterale o comunque offensivo e - caratteristica frequen-
te tra gli appartenenti al medesimo gruppo linguistico-dialettale - assume
un senso simbolico comunemente accettato e riconosciuto».Parole scul-
toree, da tenere sempre presenti nella lettura di questo testo.
Dopo di ci(cid:242), e passando ad altro assunto, precisiamo che l(cid:146)ingiuria,
come da corretta definizione, Ł l(cid:146)offesa all(cid:146)onore altrui con atti o parole
che arrechino un grave danno morale.Pertanto non possono definirsi in-
giurie in senso stretto gli epiteti di scherno e derisione su fattezze o di-
fetti fisici,sulla poca disponibilit(cid:224) economica,sul discutibile gusto nel ve-
stire, sulla smodata maniera di mangiare, sulle ore eccessive dedicate al
sonno o all(cid:146)ozio e cos(cid:236) via, in un(cid:146)infinita variet(cid:224) di denigrazioni che at-
tengono a modalit(cid:224) dell(cid:146)esistenza quotidiana e a stili di vita non implican-
ti comunque una censura morale.
Il vero e proprio oltraggio perci(cid:242) si struttura con parole spregiative
che si riferiscono a modelli di comportamento, connotati da un forte di-
svalore etico, che minano alla radice la reputazione di una persona: ale-
viento(traditore),ammagagnato(sleale),cacasotto(vigliacco),f(cid:224)vuzo(ipocrita),
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mariuolo (ladro), perucchiuso (sordidamente avaro), recuttaro (ruffiano, leno-
ne), scurrutto (corrotto), trellØgno (tipo da forca, delinquente) ecc.
A Napoli tuttavia si Ł giunti alla sottigliezza di colpire l(cid:146)offeso anche
in maniera indiretta, attribuendogli un disonore (reale o immaginario,
non importa) attinente alla sfera sessuale delle donne di famiglia a lui piø
vicine: la mamma e la sorella. Dire «Tua sorella/tua madre Ł una prosti-
tuta», specie in epoche in cui la (cid:147)virtø(cid:148) delle donne era ritenuto un vero
e proprio (cid:147)bene(cid:148) sociale, integrava (e costituisce ancor(cid:146)oggi) un(cid:146)offesa
ellittica molto piø sanguinosa e pesante di una contumelia diretta: puoi
essere, o credi di essere, la persona migliore del mondo, ma tua
madre/tua sorella Ł una poco di buono, si macchia di una colpa che per
una donna non pu(cid:242) essere peggiore.
¨ stato poi compiuto un passo ulteriore:l(cid:146)utilizzo delle figure di ma-
dre e sorella per richiamarne - nelle interiezioni e imprecazioni - le
zone erogene come terminali e sigilli di rivalse verbali che tengono l(cid:146)uf-
ficio di mortali pugnalate. Come dice Francesco Durante, Ł il fenome-
no (cid:147)della grande, misteriosa, accogliente sfera femminile(cid:148) nel (cid:147)robusto
orizzonte delle maleparole napoletane(cid:133) Un mondo di sorelle invaria-
bilmente da salutare, di mamme da insaponare, e soprattutto di organi
sessuali da evocare(cid:148).
Si faccia caso alla circostanza che in tali contesti difficilmente viene
coinvolta la figura della moglie, che, pur essendo connessa all(cid:146)offeso da
un legame strettissimo, non ha con lui alcuna continuatio sanguinis. Pu(cid:242)
certamente distruggere l(cid:146)onorabilit(cid:224) del marito con il suo comportamen-
to,tanto da fargli piovere addosso espressioni come (cid:147)tiene (cid:146)e corna(cid:148)o (cid:147)mu-
gliØreta Ł (cid:146)na z(cid:242)ccola(cid:148),ma difficilmente le zone erogene della donna-moglie
sono coinvolte in frasi a dispetto o espressioni ritorsive: questo pare un
campo rigorosamente riservato alla madre e alla sorella, perchØ donne
dello stesso sangue; talvolta, ma raramente, anche alle zie o alle nonne.
Sostanzialmente, le donne appena nominate danno spunto a un am-
pio ventaglio di utilizzazioni:
a) - con un semplice e secco richiamo,con un rinvio diretto e imme-
diato, lapidario: a s(cid:242)reta!, o a m(cid:224)mmeta!, dove la gamma di sottintesi Ł va-
sta: accidenti a tua sorella/madre, che Ł una sgualdrinaccia; vallo a dire a
tua sorella/madre, che Ł una prostituta; a tua sorella/madre e al suo or-
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gano sessuale;a tua sorella/madre e al suo deretano;ma vai a fare in c(cid:133)
a tua sorella/madre, e cos(cid:236) via;
b) - con il richiamo diretto a parti anatomiche ((cid:147)(cid:145)A carci(cid:242)ffola (cid:146)e s(cid:242)re-
ta(cid:148), (cid:147)(cid:145)O mazzo e m(cid:224)mmeta(cid:148)), come dire: ci(cid:242) che affermi o ci(cid:242) che fai fini-
sce nella vagina di tua sorella/deretano di tua madre, ch(cid:146)Ł una donna
pubblica; oppure maledetto il deretano di tua sorella/madre, che Ł lo
strumento comportamentale di una donna immonda o prezzolata; c(cid:146)Ł
sempre la vagina di tua sorella/madre, ch(cid:146)Ł il ricettacolo di ogni negati-
vit(cid:224) e sudiciume morale;
c) - con un epiteto che qualifica la stretta congiunta del destinatario
((cid:147)A chillu rinale (cid:146)e s(cid:242)reta(cid:148): a quell(cid:146)orinale di tua sorella; (cid:147)A chella cessa (cid:146)e
m(cid:224)mmeta(cid:148): a quel gabinetto di tua madre), come a dire: accidenti a quel-
l(cid:146)orinale di tua sorella;la tua azione si deve rivolgere contro quel gabinet-
to di tua madre;
d) - invitando l(cid:146)interlocutore a consumare, con la consanguinea, un
rapporto incestuoso (Dint(cid:146) (cid:146)a fessa (cid:146)e s(cid:242)reta/m(cid:224)mmeta), spesso con l(cid:146)aggra-
vante, se cos(cid:236) si pu(cid:242) dire, della sodomia (Va(cid:146) a fa(cid:146) (cid:146)nculo a m(cid:224)mmeta/s(cid:242)re-
ta) o della pratica irrumativa (Va a fa(cid:146) (cid:146)mmocca a s(cid:242)reta/m(cid:224)mmeta);
e) - enunciando, in maniera esplicita, che la donna di famiglia del de-
stinatario Ł dedita a disonorevoli attivit(cid:224) sessuali con terzi (si sottintende
per lucro o per dissolutezza di costumi): M(cid:224)mmeta fa dint(cid:146) (cid:146)e pacche (Tua
madre pratica il sesso con le natiche), S(cid:242)reta se sciacqua (cid:146)a vocca (Tua sorel-
la si sciacqua la bocca: con che cosa, Ł facile immaginare);
f) - coinvolgendole a vario titolo nella sfera esistenziale e di interessi
del destinatario: a m(cid:224)mmeta,(cid:146)e s(cid:242)reta, tu e m(cid:224)mmeta, cu(cid:146) s(cid:242)reta e cos(cid:236) via.
C(cid:146)Ł da notare che, cos(cid:236) come in altri campi, anche nei confronti delle
mamme e sorelle altrui,il napoletano,quando vuole offendere,adotta un
linguaggio estremistico e barocco,feroce e iperbolico,corrosivo e irrive-
rente, come a voler essere certo di compiere senza remissione l(cid:146)opera di
distruzione verbale della figura presa di mira.Ci(cid:242) potr(cid:224) sembrare strano,
specie per la mamma, se si considera l(cid:146)indole secolarmente riconosciuta
ai figli di Partenope: tolleranti, pazienti, fatalisti, tutto sommato genero-
si e comprensivi. E allora come si spiega la furia iconoclastica cui spes-
so, in materia, si abbandonano con impegno e ingegno? Noi ci siamo
data la seguente risposta: nel fondo, il napoletano ha grande, grandissi-
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mo rispetto per la figura della mamma, e anche della sorella, sentendone
con l(cid:146)istinto,prima che con la ragione,il ruolo sociale e affettivo che esse
rivestono nella famiglia.S(cid:236),ma ci(cid:242) vale per la propriamadre,per la propria
sorella(cid:133) Per cui si abbonda in offese e immagini terribili,triviali,demo-
litrici, da lanciare in un fuoco di fila devastante e spietato: piø la mam-
ma/sorella dell(cid:146)altro viene annullata nell(cid:146)identit(cid:224) e nella dignit(cid:224), piø la
mia rifulge a contrario in tutta la sua virtø e integrit(cid:224); piø Ł z(cid:242)ccola, in tutte
le sue declinazioni, la mamma/sorella del destinatario, piø santa e inat-
taccabile Ł la mia.
Peraltro sorelle e mamme, nelle imprecazioni partenopee, sono spes-
so legate da un riflesso intimo e connaturato, forte e impulsivo, quasi
ineliminabile: si colpisce con una mamma e si replica con una sorella o
viceversa; sorelle e mamme, in un ritmo incalzante, vengono avvicenda-
te in una spirale di volgarit(cid:224) da togliere il respiro, come fossero l(cid:146)una la
faccia dell(cid:146)altra, in un interscambio che di solito si esaurisce solo per
stanchezza dei contendenti. Ci(cid:242) ha creato in noi qualche difficolt(cid:224) nella
sistematica del presente libro,che non pu(cid:242) ovviamente prescindere da fi-
loni tematici di svolgimento, e alla fine abbiamo deciso di separare il la-
voro in due ampi capitoli,uno dedicato alla mamma e uno alla sorella:le
espressioni in cui compaiono entrambe le abbiamo inserite nell(cid:146)uno o
nell(cid:146)altro nella logica dell(cid:146)equilibrio quantitativo fra le due figure.
Va inoltre considerato che il piø delle volte,in un solo sintagma,si sus-
seguono numerose ingiurie nell(cid:146)intento di arrecare il maggior disdoro
possibile alla/e destinataria/e:in tali casi,nella catalogazione delle invet-
tive,abbiamo scelto di mettere in maggiore evidenza quella sulla quale si
Ł titolato il relativo paragrafo,pur riportando ovviamente tutte le altre in-
vettive facenti parte dell(cid:146)espressione richiamata. Ci(cid:242) pu(cid:242) ingenerare, a
tratti, qualche leggera disomogeneit(cid:224), che speriamo il cortese lettore vo-
glia perdonarci.
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