Table Of ContentVIA JERVIS/6
GENO PAMPALON!I
POESIA, POLITICA
E
FIO~RI
Sc:ritti su Adriano Olivetti
"Per Olivetti la giustizia sociale era runica
forma di progresso ammissibile e impl' cava
la possibili à per tutti di fruire della bellezza.
Mai eredità ideale eosì ricca fu
abbandona~a
in modo altrettanto totale"
IWI:zJONtl DI COMUNITA
Ognuno puo suonare ~enz.a timore e senz.a esi taz.ione la nostra
cJmpana. E\ a ha voce soltanto per un mondo libero, materialmente
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più f:1.scin oso e spiritualmente più elev:tto. Suona sol t an to per b parte
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migliore di noi :s.tc,,.si, vi bril ogni qu.:J.Ivol t a in gioco i l diritto contro
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11 c:orJggio contro b. r:J.sse-gnJ.zione, la povertil. <.:o n tro l'egoismo, h
:saggezz.a t' b. silple-nzil contro la frt'tt:l e l'i m provv l!>azion e-, h veri t ii
co n tro l'error.c) l-amore contro l 'i nd i rf.crrn za.
"
VIA JERVIS
l contributi fondamentali per conoscere da vicino il cuore
dell'impresa di Adriano Olivetti. Via Jervis, secondo Le
Corbusier "la strada più bella del mondo".
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Gena Pampaloni
GENO PAMPALONI (1918-2001)
Considerato tra i maggiori intellettuali e critici letterari
del dopoguerra, Geno Pampaloni fu per dodici anni
responsabile dei servizi culturali alla Olivetti e segretario
personale di Adriano. Alla sua vastissima produzione di
saggistica letteraria affiancò la collaborazione con i
principali quotidiani e riviste italiane.
GENO PAMPALONI
POESIA, POLITICA E
FIORI
SCRITTI SU ADRIANO OLIVETTI
Edizioni di Comunità
PREMESSA
Sono qui raccolti gli articoli che in un ventennio mi è
occorso di scrivere su Adriano Olivetti: il primo risale
alle ultime settimane della sua vita ed era stato da lui
accolto come prefazione al suo volume Città dell'uomo,
l'ultimo è un capitoletto delle "Memorie inattuali" che
scrivo di tanto in tanto nei ritagli di tempo con
l'illusione di farne un libro. Sono articoli occasionali nel
senso più modesto del termine; vale a dire occasionati da
ricorrenze, stimoli di cronaca, curiosità di direttori di
giornali. Sono articoli giornalistici, caratterizzati quindi
dalla fretta, dalle limitazioni di spazio, dalla ripetitività e
in generale dall'accantonamento del rigore che sono
propri del lavoro giornalistico.
Perché dunque non mi sono sottratto all'iniziativa di
questa ripubblicazione, se sono pienamente consapevole
dell'esiguità culturale del mio contributo?
Per alcune ragioni soggettive e una, forse, oggettiva.
Tra le prime porrei il desiderio di non opporre un rifiuto
agli amici della Fondazione Olivetti e delle Edizioni di
Comunità, e di adempiere a un dovere di presenza tra di
loro, nel momento in cui si apprestano a ricordare il
ventesimo anniversario della morte di Adriano Olivetti.
E vi porrei anche il piacere di dare un'ultima e generale
testimonianza. Gli scritti qui raccolti, riletti oggi,
mostrano qualche oscillazione di giudizio, abbastanza
comprensibile dati gli eventi che dalla seconda metà
degli anni Cinquanta (dall'incubazione del centro
sinistra e della distensione internazionale) si sono
succeduti in Italia e nel mondo. L 'interpretazione del
mio stesso passato può essere stata via via influenzata
dall'interpretazione che ero indotto a dare di ciò che via
via accadeva. Così come pecca in organicità e 1n
approfondimento, questo libretto può essere qua e là
colto in peccato di incoerenza. Ma verso il pensiero,
l'opera e la figura di Adriano Olivetti conferma in ogni
pagina la fedeltà e il senso di un'esperienza né tradita né
dimenticata.
La ragione che spero oggettiva è che, con tutte le
possibili lacune, si tratta di un documento di innegabile
autenticità, di un documento di "prima generazione", se
è lecito usare qui questo termine apostolico; e potrà
essere utile in quanto tale, fatta la giusta tara alle mie
inadeguatezze, agli studiosi e ai politici che vorranno
ripercorrere la storia e il significato, non valutati sinora
nel giusto merito, del Movimento Comunità.
È mia ferma opinione che il disegno olivettiano di un
nuovo rapporto tra società e politica abbia tutt'altro che
esaurito la sua razionale forza di indicazione e la sua
carica di futuro. In questo caso anche una pur modesta
memoria di vita, qual è quella che qui si offre, può
illuminare il cammino nel tempo di "un'idea di vita".
Agosto 1980
Felici coloro che costruiranno la città dell'uomo.
Charles Péguy
UN'IDEA DI VITA
Via Jervis a Ivrea è una v1a che, per molte ore del
giorno, conserva un aspetto quieto, di appartato angolo
di provincia. Percorre i duri selci grigi, per attraversarla,
qualche operaio o qualche impiegata, affacciandosi di tra
le macchine silenziose ai parcheggi, o una fila di giovani
allievi della scuola di fabbrica, con la vivace macchia
blu delle tute, trasferendosi da un'aula a un esercizio di
officina. Il cielo che si rispecchia sulle ininterrotte mura
di vetro della fabbrica sembra darle una dimensione più
chiara e senza limiti, in uno spazio in cui il battere sordo
delle macchine che vibrano nei grandi saloni riverbera
sulla via un ronzio familiare e senza mistero, come di
una calma navigazione: e l'uomo della pesa conversa
con il guardiano, davanti a un cancello secondario,
aspettando l'arrivo degli autocarri. Dall'altro lato, lungo
l'opposto marciapiede, un portico leggero e una distesa
teoria di bianche terrazze si contrappongono ai precisi
volumi della fabbrica: è l'edificio dei Servizi sociali. In