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LA MAFIA IN SARDEGNA
LE RADICI DI UNA ANARCHIA ORDINATA
AM&D
EDIZIONI
Prima edizione
© 2007 AM&D
Cagliari, via Aosta, 3/5
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Coni-commercio, Confesercenti il 18 dicembre 2000.
Coordinamento redazionale: Paola Delogu
In copertina: Ultimi bagliori (vecchia Sardegna) di Giuseppe Magnani,
1959, olio su tela, particolare
ISBN: 978-88-95462-00-4
INDICE
Nota introduttiva P- 11
PARTE PRIMA
RADICI
CAPITOLO I
Società dei ladroni e vendetta barbaricina 19
CAPITOLO II
Mediterraneità 22
CAPITOLO III
Pastoralismo e terre comuni 27
CAPITOLO IV
Ridotta polarizzazione sociale 41
CAPITOLO V
Circuiti di reciprocità 49
CAPITOLO VI
Vendetta come forza della coesione 64
CAPITOLO VII
Onore, vendetta e giustizia 72
“Meglio una casa senza pane
che senza giustizia ”
proverbio sardo
“Credo che senza questo riferimento alla
legge non sia possibile comprendere i Sardi,
la loro religione, il loro spirito ”
Salvatore Satta
NOTA INTRODUTTIVA
Scrivere, diceva Kafka, è una forma di preghiera. Non so se egli
si riferisse alla scrittura povera delle scienze sociali, e non sono mai
stato neanche sicuro, a dire il vero, di che cosa egli volesse significare
con questa espressione. Forse voleva alludere alla condizione di estre
ma vulnerabilità sofferta da chi mette sulla carta parti essenziali di se
stesso. O al fatto che le narrative sono dialoghi con cose più grandi di
noi, che può darsi non ci ascoltino, non esaudiscano le nostre richie
ste, o che non esistano del tutto.
Ma è a questo punto che Salvatore Satta ci avrebbe ricordato
che, in ogni caso, «A Nuoro, come alla Mecca, non si arriva senza una
lunga preparazione di spiriti e cose».
Il fatto è che questo studio è il prodotto di uno sforzo di ri
flessione sulla Sardegna contemporanea che mi ha impegnato negli
ultimi anni e che è partito da una indagine sulla questione crimina
le effettuata dall’Università di Sassari per conto della Regione Sar
degna.
L’analisi della criminalità sarda comporta il confronto con una
corposa tradizione di ricerca sul campo, che ha coinvolto illustri scien
ziati ed ha prodotto concetti importanti, come quello della “sottocul
tura della violenza”. Gli studi di quell’epoca hanno stimolato, venen
done a loro volta influenzati, l’istituzione di una Commissione Parla
mentare sulla Criminalità in Sardegna che ha operato tra il 1969 e il
1972. Questi stessi studi hanno contribuito in qualche modo a pla
smare le principali politiche pubbliche dell’amministrazione regiona
le della Sardegna imperniate intorno ai Piani di Rinascita ed alla mo
dernizzazione urbano-industriale.
12 Pino Arlacchi
A quasi quaranta anni di distanza dalla pubblicazione dei risul
tati più significativi di quella stagione scientifica, poca parte rimane
utilizzabile, purtroppo, di quel patrimonio intellettuale.
I lavori di Wolfgang-Ferracuti sulla violenza in Barbagia e nelle
altre zone delfisola si rivelano oggi troppo angusti, troppo legati alla
tradizione della criminologia ottocentesca, che vedeva delinquenza e
delitti collegati a specifici gruppi sociali e tratti antropologico-cultu-
rali. Il pregiudizio illuministico e modernista contro la pastorizia, i
pastori e la cultura pastorale, poi, ha troppo influenzato quei paradig
mi per poter guidare la ricerca sociale contemporanea.
Nel frattempo, l’enorme sviluppo degli studi mediterranei, della
storia sociale, della geografia economica, dell’antropologia sociale e
giuridica, della sociologia della devianza e perfino della filosofia del
diritto e della politica hanno messo a disposizione degli studiosi una
strumentazione ben più ricca e potente.
Non è possibile oggi affrontare l’antropologia della Sardegna
senza gettare almeno uno sguardo sulla traboccante letteratura sul
pastoralismo, sul Mediterraneo, sull’onore, sulla famiglia e sulla giu
stizia. Tanto per fare qualche esempio, intorno al tema dell’egualita
rismo pastorale è in corso un dibattito internazionale che appassiona
decine di studiosi (Salzman 1999), e sull’argomento della vendetta
come sentimento della giustizia vivo e “moderno” si sono già scritte
varie pregevoli opere di filosofìa politica e morale.
II Mediterraneo, inoltre, con la sua peculiare curvatura di uni-
tà-nella-diversità, è diventato, soprattutto per merito dell’eredità di
Fernand Braudel, un oggetto di riflessione sempre più frequentato ed
interdisciplinare. Si legga al riguardo la monumentale sintesi di due
studiosi inglesi, Horden e Purcell, in cui il “mare che corrompe” viene
scomposto e ricomposto attraverso l’analisi di quasi 3000 lavori sul
commercio, le città, le foreste, le montagne, l’agricoltura, la tecnolo
gia, il clima, il suolo, la storia, le religioni, la cultura.
Qual è la lezione — provvisoria, naturalmente, come ogni risul
tato della conoscenza — che si può trarre da questo tumultuoso svilup-
PERCHÉ NON C’È LA MAFIA IN SARDEGNA... - Nota introduttiva 13
po degli argomenti che ruotano intorno alla Sardegna? La prima che
mi viene in mente è la perdita della sua eccezionalità e separatezza
rispetto al resto dell’Europa meridionale. Anche se questo volume tenta
di spiegare una specificità non del tutto secondaria della Sardegna
rispetto a un suo frequente termine di paragone (fltalia del Sud), non
può non colpire la vastità geografìco-concettuale di alcuni suoi carat
teri costitutivi che stanno venendo in luce.
Per esempio. Sardegna immutabile? Luogo dove la storia si è
fermata, e il passato sembra vivere nel presente?
Ma questo è quanto sostiene Braudel a proposito dell’intero
Mediterraneo. Sparsi di qua e di là in tutta la sua opera si trovano
innumerevoli riferimenti all’idea che la storia mediterranea è fonda
mentalmente una storia senza tempo. I primi accenni al concetto si
trovano addirittura nella prima edizione del suo capolavoro:
Il Mediterraneo è una rassegna di Musei dell’Uomo ... Vi si
trovano un ambiente umano, una concentrazione sociale che
le invasioni più spettacolari e rumorose si sono rivelate incapa
ci di intaccare profondamente (Braudel 1949: 298).
Molti aspetti della vita mediterranea sono stati, per lui, quasi
immuni al cambiamento dall’antichità classica fino ad oggi.
Che si tratti della vendetta barbaricina, dell’impronta egualita
ria delle comunità dell’Atlante marocchino o dell’ecologia dei noma
di Tuareg, ci sono delle costanti che si ripetono regolarmente nella
vicenda del Mare Nostrum.
Sardegna come luogo per eccellenza di una cultura pastorale
onorifica e violenta, incline all’aggressione e all’omicidio? Perché non
dare uno sguardo al magistrale studio di Nisbett e Cohen, pubblicato
nel 1996? Gli autori mettono insieme una matrice pastorale, la debo
lezza dello Stato, una bassa densità demografica, un’esasperata sensi
bilità alle offese personali ed una tendenza alla vendetta che produce
un numero sproporzionato di omicidi per caratterizzare un territorio
molto specifico.
14 Pino Arlacchi
—
Solo che non si tratta della Sardegna, e nemmeno di un conte
sto mediterraneo. Si tratta del Sud degli Stati Uniti.
Sardegna isola della vendetta arcaica? Ma la vendetta è uno dei
sentimenti più universali e più attuali, e per alcuni pensatori america
ni è addirittura l’anima stessa della giustizia, la sua ratio profonda, in
contrapposizione al castello sterile di carte che è la giustizia dei codici.
Secondo Robert Solomon, la giustizia è una virtù comune a tutti
noi, che si radica nel profondo delle nostre emozioni, e che ha origine
proprio nel desiderio di vendetta che nasce in chi ha subito un grave
torto:
La vendetta può essere primitiva, ma è pur sempre il nucleo
concettuale della giustizia. Il senso di giustizia richiede impe
gno, non distacco. Implica una acuta consapevolezza che qual
cosa è stato offeso, non un astratto senso di equità. Implica il
sentimento elementare della protezione del sé (includendo nel
sé la propria famiglia e la propria tribù) c il bisogno di ritorsio
ne (per mettere le cose in pari o per pareggiare le possibilità)
che segna la nostra collocazione nell’universo sociale. Senza
questi sentimenti, senza la capacità di sentirsi offesi o oltrag
giati, potremmo mai possedere davvero il senso della dignità e
della moralità? (Solomon 1995: 42-43).
II bisogno di vendetta, allora, è parte integrante del nostro
impegno nella vita. Esso non giustifica la violenza e la ritorsione senza
freni, ma è uno stimolo positivo verso la ricerca della equanimità. Esso
impegna l’individuo a partecipare alla costruzione dell’ordine sociale.
E il contrario dell’indifferenza, dell’egoismo, del “chi se ne importa”
e dell’omertà.
Questa concezione contiene un nucleo importante di verità, ed
ha influenzato la tesi centrale di questo volume. Il profondo senso di
auto-giustizia dei sardi derivante dalla mentalità della vendetta come
illustrata da Pigliarti ha impedito al potere mafioso di mettere radici
nell’isola. Se la giustizia è qualcosa che ha a che fare con la stima di se
stessi, essa è un fatto personale, che non può essere delegato. Né al