Table Of ContentIndice
I. IL CASO KANT E IL CASO HEGEL:
LA DIFFICOLTÀ DI IMPARARE LA NAZIONE 7
1. Il caso di Kant 7
2. Il caso di Hegel 10
Bibliografia 17
II. HEGEL, IL POPOLO E IL POPULISMO 21
1. Il veteropopulismo in Germania 21
2. Il populismo nascosto 24
III. L'EUROCENTRISMO FILOSOFICO-COLONIALE 35
1. Una filosofia di eurocentrismo coloniale 35
2. Il guaio delle costruzioni speculative 42
Bibliografia 50
IV. INTERPRETAZIONI NAZIONALISTE
E NAZIONALSOCIALISTE DI HEGEL 53
1. Le strumentalizzazioni nazionaliste 53
2. Le strumentalizzazioni nazionalsocialiste 57
Bibliografia 65
I
IL CASO KANT E IL CASO HEGEL:
LA DIFFICOLTÀ DI IMPARARE LA NAZIONE
1. Il caso di Kant
In Germania, grazie alla presenza degli eserciti francesi sul
Reno, le ripercussioni della Rivoluzione furono più immediate
e traumatiche che altrove. Inoltre l'apprendimento del nuovo
concetto di nazione da parte di intellettuali non pregiudizial
mente legati alle idee del vecchio regime ebbe, anzitutto, tempi
diversi a seconda ch'essi fossero politicamente impegnati o no.
I giacobini (o i "democratici", come anche si diceva perché
all'epoca i due termini erano sinonimi) impararono il tema
"nazione" subito, cioè sotto il pungolo della militanza come
per esempio a Magonza. Per gli intellettuali politicamente non
militanti, epperò non ostili ai princìpi dell'89, l'assimilazione
della nuova idea fu più lenta, come del resto avviene per ogni
idea importata, non autoctona.
Ne è un esempio il caso del filosofo Immanuel Kant (1724-
1804), che prima del 1789-cioè negli scritti Sulle diverse razze
degli uomini (1775),Sulla determinazione del concetto di razza
umana (1785), e nella recensione (1785) della prima e seconda
parte delle Idee per una filosofia della storia dell'umanità di
Herder - aveva preso in considerazione come corpo comune
7
NICOLAO MERKER
collettivo solamente la stirpe o razza in quanto collettività natu
rale. Dello Stato si era occupato in quanto collettività artificiale,
ma non aveva considerato quella particolare congiunzione di
entrambi i tipi di collettività da cui nasce l'idea moderna di na
zione. Nell'85 egli adoperava ancora il termine "nazione"come
un semplice sinonimo di "gente", "popolazione", quando ad
es. fa ipotesi su che cosa sarebbe successo «se i felici abitanti
di Tahiti non fossero mai stati visitati da popolazioni più civi
lizzate [von gesittetem Nationen]»1
•
Nel '93 dice invece che essere patriottici significa considerare
il «corpo comune» (politico) come il «grembo materno» da
cui si è nati, e il «paese» come il «suolo paterno» sul quale si è
cresciuti e che va tramandato ai discendenti: facendo dunque
una sorta di sintesi tra statualità e territorialità. O insomma,
nel '93, l'idea che Kant ha della "nazione" sta lentamente ac
quistando qualche connotato politico. Che l'acquisto stia sotto
il segno dei princìpi dell'89 risulta da quel che nel testo del '93
viene spiegato subito dopo: ognuno cioè si subordina al corpo
comune e al paese per «difendere i propri diritti mediante leggi
della volontà generale e senza ritenersi autorizzato ad usarne a
suo arbitrio illimitato»2
•
Eppure tutte le volte ch'egli invece nello scritto del 1795
sulla "pace perpetua" parla delle caratteristiche dei "popoli",
emergono i significati che erano propri della "nazione" come
concetto antropologico (stirpe, discendenza, costumi): l'accento,
come già in Montesquieu (1689-1755) e in Herder (1744-1803),
cade cioè sulla "diversità" che separa un popolo (o nazione) da
altri. I mezzi di cui la «natura» si avvale «per impedire la me
scolanza dei popoli e per tenerli distinti» sono soprattutto «la
diversità delle lingue e la diversità delle religioni»3 V'è peraltro
•
1 Kant 1785, 1960, XII, p. 805.
2 Ibidem.
3 lbidem.
8
NAZIONE, POPOLO, EUROPA NELLA FILOSOFIA HEGELIANA
il rifiuto, di eredità illuministico-cosmopolitica, che qualcuno
di questi popoli (o nazioni) sia legittimato, in nome di questa
o quella sua particolare origine, a ritenersi superiore ad altri e
a pretendere quindi una maggiore potenza. Infatti sulla Terra,
che è sferica e dove dunque «gli uomini non possono disperdersi
all'infinito», nessuno ha in origine «maggior diritto di un altro
a una porzione determinata del suolo», sicché in linea teorica
vige un «diritto al possesso comune della superficie della terra»4
•
Eppure, al di là dei termini naturalistici adoperati da Kant
nel parlare di nazione, è in realtà un concetto assai politicizzato
di essa a reggere proprio la tesi centrale del saggio del '95 -
cioè che per una "pace perpetua" tra gli Stati esistano ormai
possibilità storiche ravvicinate. Esse consistono nel fatto che
in uno Stato che abbia una "costituzione repubblicana", dove
cioè per le grandi decisioni politiche sia richiesto l'assenso dei
cittadini, questi «rifletteranno a lungo prima di iniziare un
così cattivo gioco»·1 come lo è una guerra di conquista. Lo
strumento per impedire la guerra è dunque un determinato
assetto politico interno (liberal-democratico) dello Stato. Ma
tale assetto deriva appunto dalla novità storica dell'essersi la
società civile politicizzata a nazione, dall'aver la società civile
cominciato, in forma di nazione, a gestire con gli strumenti
della politica i suoi propri interessi. Da qui poi è secondo Kant
possibile il passo ulteriore, verso una "lega di Stati" che eriga
ostacoli pratici alla guerra.
La posizione finale raggiunta da Kant emerge dalle definizioni,
tra loro collegate, di popolo e di nazione nell:.\ntropologia prag
matica del 1798. Egli scrive: «Con la parola popolo (populus)
s'intende la moltitudine di uomini unita su un territorio, nella
misura in cui essa costituisce un tutto. Quella moltitudine, o parte
di essa, che per comune discendenza di stirpe riconosce se stessa
• Ibidem.
s Ibidem.
9
NICOLAO MERKER
come riunita in un tutto civile, si chiama nazione (gen.s)»6 Dunque
•
il "popolo" -di per sé una massa informe, caratterizzata dal mero
insediamento geografico-diventa "nazione" solamente nella mi
sura in cui possiede la consapevolezza («riconosce») di avere tanto
una comune discendenza, quanto però anche di funzionare grazie
a quelle comuni leggi e istituzioni che ne fanno un «tutto civile».
La tendenziale politicizzazione del concetto di nazione risulta
ancora accentuata da quel che nel passo di Kant subito segue:
ovvero che quella parte del popolo che invece «esclude se stessa
da queste leggi» perché agisce per "assembramenti" e dunque
rifiuta la partecipazione istituzionale alla sfera politica, decade a
"plebe" e perde addirittura «la qualità di cittadino dello Stato,l.
2. Il caso di Hegel
Stranamente sordo agli ingredienti politici moderni del con
cetto di nazione appare invece Georg Wilhelm Friedrich Hegel
(1770-1831). In quei pochi luoghi degli scritti giovanili dov'egli
menziona esplicitamente la "nazione", il connotato primario
di essa è quello, decisamente naturalistico, di gente, popolo,
moltitudine. Nel manoscritto La Costituzione della Germania
(1799-1802) il discorso di Hegel sulla Germania che «non è più
uno Stato»8 non fa che giocare sull'antitesi, senza altri elementi
,
intermedi, tra la nazione come "popolo" pre-politico - ( «la
nazione, senza essere uno Stato, costituiva un popolo,►9, «la
nazione tedesca come popolo»10 e lo Stato che s'identifica
) -
poi immediatamente con il sovrano in quanto monarca.
Ibidem.
&
7 Ibidem.
1 Ibidem.
9 lvi, p. 120.
•• Ibidem.
10
NAZIONE, 1'O1'O1.O, EUROPA NEI.I.A Fll.OSOFIA HEGEI.IANA
C'è chi ha tradotto con "Religione nazionale e cristianesi
mo" il titolo Vo/ksreligion und Christentum attribuito con
venzionalmente a un gruppo di frammenti giovanili di Hegel
del 1793-95. Ma lì, in realtà, di "nazionale" in senso moderno
non c'è proprio nulla. Si tratta di una, appunto, "religione di
popolo", cioè propria di un'indistinta moltitudine di gente,
ovvero una religione i cui concetti fondamentali, «nella misura
in cui costituiscono le convinzioni di un popolo», servono all'«e
levazione e nobilitazione di una nazione»11 Ovvero, usando
•
indifferentemente i termini "popolo" e "nazione", Hegel resta
fermo ai vecchi significati di prima della Rivoluzione, quelli
antropologico-naturalistici per cui la natio viene identificata con
il popu/us, con la moltitudine. Anzi, a ben vedere, resta al di
qua anche di quell'illunùnismoetico-civile di un Montesquieu,
Voltaire (1694-1778) o Herder i quali, sia pure con tentativi
concettuali spesso incerti, intendevano la nazione come quel
tendenziale politicizzarsi della società civile il quale avviene
man mano che in essa si diffondono le idee di dignità e libertà
umana, quelle che poi conducono all'emancipazione politica.
Anche nelloHegel maturo la "nazione" continuerà a esserci
soltanto come un concetto antropologico-naturalistico. I suoi
studenti a Heidelberg,nel 1817-18,impareranno che un popolo
«è una nazione» perché ha un «suo principio antropologico de
terminato, che si sviluppa nella sua storia»12 Ma questo fugace
•
accenno alla nazione che si genera in maniera storica (e dunque,
verrebbe da pensare, anche in virtù di impulsi socio-culturali
ed etico-politici, che sono storici anch'essi) non trova nessuno
sviluppo. Subito dopo, infatti, si dice puramente che ogni indi
viduo «è nato, natus, in modo da appartenere ad una nazione
e ha più o meno in comune con il suo popolo il determinato
11 Ibidem.
12 Ibidem.
11
NICOI.AO MERKER
carattere naturale»13 Circa poi il fatto che questa nazione di
•
carattere antropologico si costituisca a Stato, Hegel si limita
a osservare che «ciò è naturale»; e riguardo all'eventualità che
una nazione possa «frantumarsi in più Stati» (ibidem), o che più
nazioni vengano a formare un unico Stato, si tratta di fenomeni
ch'egli semplicemente menziona senza soffermarvisi.
Come corollario pratico di somma importanza resta che
ognuno di questi popoli-individui è ostile contro tutti gli altri
perché nei confronti di tutti si trova «nel rapporto dello stato di
natura»14 Ridotti i rapporti tra le nazioni a questa naturalistica
•
belluinità, è ovvio che le guerre non già vanno condannate, ma
«devono piuttosto essere considerate necessarie, poiché i popoli
autonomi esistono l'uno accanto aU'altro»15 e dunque, decostru
iti gli Stati a grandi individui, si capisce che le controversie tra
di loro, come dice il§ 162, «sono da comporre solo attraverso
la guerra» 16 e questa, poich'essa tiene gli Stati-individui ben
;
svegli e vitali, è perciò «qualcosa di eticamente necessario»17
•
Non sono espressioni isolate o casuali. Nei Lineamenti di
filosofia del diritto, di poco posteriori, hanno tono analogo
le famose affermazioni sull'impossibilità (contro il progetto
di "pace perpetua" avanzato da Kant) che vi sia un «pretore
fra gli Stati»18 cioè un'autorità sovranazionale che ne appiani
,
le discordie; sul potersi perciò i conflitti tra gli Stati dirimere
«soltanto mediante la guerra»19 e sull'esser però quest'ultima
;
un evento che conserva «la salute morale dei popoli» così come
«il movimento dei venti preserva i laghi dalla putredine»20
•
13 lvi, p. 277 (S 159).
14 lvi, p. 276 (S 159).
"Ibidem.
16 lvi, p. 281.
17 lvi, p. 283.
18 Hcgcl 1821: S 333.
"lvi: S3 34.
20 lvi: S 324.
12
NAZIONE, l'Ol'OLO, EUROPA NELLA FILOSOFIA HEGELIANA
Quest'identico paragone tra la guerra e un vento benefico egli
l'aveva del resto già formulato nel 1802-3, in un articolo di
critica del diritto naturale21
•
Si tratta - dalla definizione di nazione con parametri anti
quati, soltanto naturalistici, sino al rifiuto filosofico che lena
zioni possano coesistere senza guerra - di posizioni le quali, di
fatto, prescindono totalmente dal concetto di nazione moderno,
post-1789. Tanto da indurre a un'ipotesi: ovvero che una non
piccola parte delle contraddizioni e dei limiti che da sempre gli
studi su Hegel hanno variamente rilevato nella sua teoria dello
Stato, possa derivare anche dal palese disinteresse del filosofo
per il problema "nazione". È certamente vero che il predomi
nio (così spesso lamentato) che lo Stato esercita in Hegel sulla
società civile, emana in primo luogo dall'impianto speculativo
per cui lo Stato (come d'altronde ogni terzo momento di ogni
triade della dialettica) è nell'ambito dello "spirito oggettivo" la
superiore Idea che crea essa stessa le due sfere a lei sottoposte,
delle quali la società civile è la seconda e la famiglia la prima.
Ma la sovraordinazione dello Stato trova poi automatico so
stegno nel fatto che, mancando a Hegel la "nazione" nel senso
moderno ratificato dal 1789, restano fuori dal suo orizzonte
le spinte specifiche grazie alle quali, storicamente, è la nazio
ne-società civile ad aver prodotto dal proprio seno la nazione
giuspolitica ovvero lo Stato moderno dei diritti istituzionali di
cittadinanza, e a esser dunque lei quell'autorità primaria che,
eventualmente, può anche decidere che questa o quella forma
di Stato le stia stretta.
Dopo la riduzione delle nazioni a entità semplicemente na
turali, e in quanto tali in necessario reciproco contrasto perché
sono soltanto dei particolari in rapporto ad altri particolari,
non sorprende che, al termine dei Lineamenti di filosofia del
diritto, Hegel confini a un assai basso livello i «princìpi degli
21 Hcgcl 1802, 1832, I, p. 372.
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