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Magdi Allam, Roberto Gritti, Islam, Italia. Chi sono e cosa pensano i musulmani che
vivono tra di noi
Giulietto Chiesa, Roulette russa. Cosa succede nel mondo se la Russia va in pezzi
Giulietto Chiesa, Vauro, Afghanistan anno zero, in collaborazione con Emergency,
introduzione di Gino Strada
Comitato Cecenia, Cecenia. Nella morsa dell’Impero, presentazione di Olivier Dupuis
Comité Vietnam pour la Défense des Droits de l’Homme, Vietnam libero? Le voci
della dissidenza vietnamita(in preparazione)
Guillaume Dasquié, Jean Guisnel, Il complotto. Verità e menzogne sugli attentati dell’11
settembre, introduzione di Lucia Annunziata
Marta Dassù (a cura di), Oriente in rosso. La Cina e la crisi asiatica
Mario Deaglio, Pier Giuseppe Monateri, Anna Caffarena, La globalizzazione di-
mezzata
Ileana de la Guardia, Nel nome di mio padre. Ideali e tradimenti, privilegi e disonori, ric-
chezze e miseria: storia privata della repressione castrista, prefazione di Pierluigi
Battista
Jean-Dominique Durand, Storia della Democrazia cristiana in Europa. Dalla Rivoluzione
francese al postcomunismo, prefazione di Oscar Luigi Scalfaro
Emergency, Medici di guerra, inviati di pace. Un altro Afganistan, prefazione di Ennio
Remondino
Marcella Emiliani, Leggenda nera. Biografia non autorizzata di Saddam Hussein
Renzo Guolo, Avanguardie della fede. Ideologia e politica del fondamentalismo islamico
Renzo Guolo, Il partito di Dio. L’Islam radicale contro l’Occidente
Renzo Guolo, Terra e redenzione. Il fondamentalismo nazional-religioso in Israele
Ong Thong Hœung, Ho creduto nei khmer rossi. Ripensamento di un’illusione, presen-
tazione di Renzo Foa
Marco Impagliazzo, La nazione cattolica. Chiesa e società in Italia dal 1958 a oggi
Roberto Morozzo Della Rocca, Albania. Le radici della crisi
Roberto Morozzo Della Rocca, Kosovo: la guerra in Europa. Origini e realtà di un con-
flitto etnico
Reporter senza frontiere (a cura di), Il libro nero della Cina, presentazione di Piero
Ostellino
Reporter senza frontiere (a cura di), Il libro nero di Cuba, presentazione di Michele
Farina
Andrea Riccardi, Mediterraneo. Cristianesimo e islam tra coabitazione e conflitto
Pierre Rigoulot, Corea del Nord. Fame e atomica, presentazione di Emma Bonino
Souvannavong V., La giovane prigioniera. Diario di una vittima del Laos comunista(in
preparazione)
Roberto Toscano, Il volto del nemico. La sfida dell’etica nelle relazioni internazionali
Vauro, Principessa di Baghdad, prefazione di Gino Strada
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SGUARDI SULMONDO ATTUALE
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© 2005 Edizioni Angelo Guerini e Associati SpA
viale Filippetti, 28 – 20122 Milano
http://www.guerini.it
e-mail: [email protected]
Prima edizione: aprile 2005
Ristampa: V IVIII II I 2005 2006 2007 2008 2009
Printed in Italy
ISBN 88-8335-632-2
Le immagini di copertina sono riprodotte per gentile concessione di
www.theodora.com/maps e www.theodora.com/flags
Le riproduzioni a uso differente da quello personale potranno avvenire, per
un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume, solo a seguito
di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe, 2 – 20121 Milano,
tel. e fax 02809506, e-mail: [email protected].
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David Polansky
L’IMPERO CHE NON C’È
Geopolitica degli Stati Uniti d’America
prefazione di Lucio Caracciolo
traduzione di
Mario Baccianini e Elisabetta Rispoli
GUERINI
E ASSOCIATI
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INDICE
9 PREFAZIONE
Un altro mondo è possibile?
di Lucio Caracciolo
17 INTRODUZIONE
La superpotenza non geopolitica
PARTE PRIMA
IL RAPIDO APPRENDISTATO AMERICANO
24 CAPITOLOPRIMO
Una tradizione fondata sull’antimachiavellismo
37 CAPITOLOSECONDO
Le prime lezioni
37 Il monito di Washington
47 L’educazione di Thomas Jefferson
61 CAPITOLOTERZO
Il continente senza ostacoli
61 La grande strategia di John Quincy Adams
64 Le lezioni della frontiera
77 La casa divisa
80 CAPITOLOQUARTO
Orizzonti di gloria
80 Il miraggio dell’impero
85 Theodore Roosevelt e l’ascesa del prestigio americano
95 CAPITOLOQUINTO
L’età dell’idealismo
95 La riforma di Woodrow Wilson
105 L’ascesa: l’era di Franklin Delano Roosevelt
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PARTE SECONDA
IL RUOLO GLOBALE
112 CAPITOLOSESTO
L’alba della Guerra Fredda
132 CAPITOLOSETTIMO
Il tallone di Achille
132 La lezione del Vietnam
138 L’establishment s’incrina
144 CAPITOLOOTTAVO
Henry Kissinger e l’emergere della geopolitica
154 CAPITOLONONO
La risposta idealistica
159 Carter
163 Reagan
168 CAPITOLODECIMO
L’egemonia
174 Gli anni della locusta
PARTE TERZA
L’AMERICA OGGI
186 CAPITOLOUNDICESIMO
La scena politica americana dopo l’11 settembre
190 Beghe interne
196 CAPITOLODODICESIMO
L’America e il mondo
205 CAPITOLOTREDICESIMO
La guerra sulla guerra
216 CAPITOLOQUATTORDICESIMO
E poi?
223 CONCLUSIONI
Le nostre virtù e il nostro difetto
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PREFAZIONE
UNALTROMONDOÈPOSSI BILE?
di Lucio Caracciolo
1.Oggi le élite europee sono conservatrici, quelle americane rivo-
luzionarie. Noi siamo saturi di sconvolgimenti, loro alla ricerca di
un mondo migliore – più americano. Eppure il XXsecolo è stato il
secolo dell’America. Forse solo il primo di una serie, a dar retta ai
cantori dell’«impero» a stelle e strisce. Perché allora rovesciare il ta-
volo quando si sta vincendo? Nella storia, le potenze perdenti in-
clinano di norma al revisionismo, i vincitori organizzano lo status
quo.Non l’America.
Si può attribuire questo paradosso all’11 settembre? In parte è così.
Quel trauma ha spinto gli Stati Uniti a pensare fuori dagli schemi –
out of the box– e a concepire l’impensabile: una guerra potenzialmente
infinita contro il terrorismo e per la democratizzazione del Grande
Medio Oriente, impresa piuttosto improbabile, se non nefanda agli
occhi di molti europei. Per i più febbrili fra gli attuali leader ameri-
cani, come il vicepresidente Dick Cheney, quella che nel Vecchio
Continente passa per «iperpotenza» (Hubert Védrine) sarebbe mi-
nacciata nella sua stessa esistenza dai terroristi islamici e dai loro spon-
sor dell’«asse del Male»: Corea del Nord, Iran e – fino a ieri – Iraq.
Se fosse vero, dovremmo accettare un altro paradosso: quanto mag-
giore la potenza di uno Stato, tanto più minacciata la sua sopravvi-
venza. Dunque, chi tiene alla vita non deve essere superpotente.
Sta forse qui la chiave del conservatorismo veterocontinentale.
Paesi come Francia, Italia, Germania, Spagna, Austria, Olanda e
Gran Bretagna hanno variamente occupato nella storia i gradi alti
della gerarchia mondiale. Sempre in competizione tra loro – anche
quando erano alleati. Dopo le guerre suicide del Novecento euro-
peo, nessuna di quelle potenze può aspirare all’egemonia globale.
Quanto al dominio continentale, dopo il 1945 vi abbiamo tutti ri-
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nunciato di comune accordo. E su impulso americano abbiamo co-
struito la casa di questo compromesso, l’Unione Europea. Che poi
essa appaia piuttosto barocca – quando non incomprensibile – agli
americani e ad alcuni europei, è perché le nostre élite ne hanno sem-
pre gelosamente custodito il progetto. Al punto da legittimare il so-
spetto che non esista.
Rispetto alla potenza, noi europei abbiamo aderito al motto di
Lenin: meglio meno ma meglio. L’abbiamo fatto guardando alle le-
zioni del passato. Il futuro è quasi scomparso dal nostro orizzonte,
perché si presume che potrebbe risultare solo peggiore del presente.
Come ammoniva Adenauer: «Niente esperimenti». A torto o a ra-
gione, molti europei sono convinti che il nostro sia il miglior con-
tinente possibile. Quanto al resto del mondo, esaurita la stagione
delle colonie, oggi conviene guardarsene. Tenerlo il più lontano
possibile dall’Europa.
Se George W. Bush è da noi uno dei presidenti americani più
impopolari della storia, oggetto di scherno e insieme di paura, è
perché appare come un pericoloso rivoluzionario. Afflitto dal «cieco
egotismo della democrazia in guerra», per citare un vecchio saggio,
George F. Kennan, superstite della generazione degli wise men che
attorno a Truman disegnarono gli equilibri del secondo dopoguerra.
L’avversione europea per il modo in cui il leader americano ha
reagito all’aggressione del terrorismo islamico ha sconfinato talvolta
nella paranoia. Sono stati evocati il Mossad o la stessa Casa Bianca
come autori di un complotto culminato nell’attacco alle Torri Gemelle.
Obiettivo: espandere l’impero americano. Un impero senza limes, per-
ché votato a dominare il mondo.
2. Ma il fossato che divide oggi le due coste dell’Atlantico – molto
più, l’America da quasi tutto il resto del pianeta – non è solo frutto
dell’11 settembre. Quella tragedia ha portato a galla profonde dif-
ferenze culturali, di mentalità, destinate a produrre conseguenze
geopolitiche tuttora imprevedibili. Nei quarant’anni della guerra
fredda noi occidentali, uniti dal nemico sovietico, le avevamo na-
scoste per comune interesse strategico. Le avevamo seppellite tal-
mente bene da averle quasi dimenticate.
Durante la guerra fredda la comunità atlantica ha prodotto una
retorica ufficiale che prospettava lo scontro con l’Unione Sovietica
in termini ideologici: democrazia liberale contro dittatura comuni-
sta, economia di mercato contro socialismo di Stato. Ma l’ideolo-