Table Of ContentS. TOMMASO O' AQUINO
LA SOMMA
TEOLOGICA
TRADUZIONE E COMMENTO
A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI
TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA
XI
VIZI E PECCATI
n -n,
qq. 71, 89)
CASA EDITRICE ADRIANO SALANI
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Fr. Ludovicus Marlini O. P.
Doct. S. Theologiae
l'r. Albertus Boccanegra O. P.
Lic. S. Theol.
Jmpr1mi potest
Fr. lnnocentius Colosio O. P.
Prior Provincia.lis S. Marci et Sardiniae
Florenti.:1.e die XIV Iulii MCMLXIV
IMPRIMATUR
1:~esulis die ">'.V lulìi MCMLXIV
i' ,.\ ntonius Episcopus Faesulanus
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() ,11cJnx1 V . Oisa Editrice Adriano Balani 8. p. A.
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VIZI E PECCATI
(I~ li, qq. 71~89)
VIZI E PECCATI
(I-Iii qq. 71, 89)
TRADUZIONE, INTRODUZIONE E NOTE
del P. Tito S. Centi O. P.
INTRODUZIONE
1 - Per quel senso di amoralità che la vita facile dell'èra
industriale ha diffuso nel mondo, capita spesso di trovare ai
nostri giorni degli studiosi pronti a dichiarare che il concetto
di peccato è una sovrastruttura religiosa, o magari un con
cetto o un termine tipicamente ecclesiastico. :E innegabile che
nell tuso attuale della lingua, peccato è ormai un termine pro
prio della catechesi cristiana, con la sua brava definizione,
che i più hanno imparato solo per dimenticarla. Ma non si
dica che il termine viene dal latino ecclesiastico. S. Tom
maso, riferendosi a Cicerone e ad Aristotele, mostra di cono
scere l'etimologia del termine assai meglio di tanti filologi
improvvisati dell'èra atomica.
Il greco &.µcx.p-rdv(J), come il latino pecco, non aveva origina
riamente altro significato all'infuori di questo: io compio
e<
un'azione sbagliata», in qualsiasi campo dell'agire umano.
Nell'ordine morale codesta azione acquista immediatamente
il valore di colpa imputabile. Perciò non si vede proprio la
necessità di ricorrere a lenti processi storici, per giungere
all'idea volgare di colpa, o di peccato. La mitologia, o mi
tomania, ha solo complicato un'idea che è tra le più elemen
tari dello spirito umano.
I
Natura e definizione del peccato.
2 - Non è però ugualmente facile determinare con esattezza
la natura della colpa morale, che denominiamo peccato. Il
D?ttore Angelico ha adottato una delle definizioni di S. Ago
stino, che a prima vista non sembra quella più caratteristica e
profonda : Dictum, factum vel concupitum contra legem Dei
«
aeternam » (!l!l Contra Faustum, c. 27).
Le critiche più infondate a questa scelta, e quindi a detta
8 VIZI E PECCA TI
definizione, sono quelle di coloro i quali nella legge di Dio
vedono le sole nor1ne positive. Cosicchè la definizione ago
stiniana si limiterebbe a indicare i peccati in rapporto ai
dieci Comandamenti. Per chi conosce il pensiero di S. Ago
stino e di S. Tornmaso tale critica non ha senso, perchè la
« legge eterna i> di cui si [ìaria s'identifica con Dio stesso, in
quanto oi·dinutorc di ogni sinµ:ola. crealura e di ogni sua con
creta operazione nell'universo (cfr. I - Il, q. 91, a. i).
Perciò non può mai capitare che un uomo, date le circo
stanze particolarissime dell'atto da compiere, agisca contro il
volere espresso o prcsumi\Jile di Dio, senza commettere una
colpa. Qualsiasi atto o sentirnento non virtuoso ricade così
sotto la vaga denominazione di peccato; poichè Dio non è solo il
pron1ulgatore della legge nwsaica, ma è l'autore della nostra leg
ge naturale. Per rendere con esattezza la definizione, secondo
l'uso corrente, cho vuole maiuscoli tutti gli appellativi e gli
aggettivì sostantivai.i che si riferiscono alla Divinità, si do
vrebbe scrivere Legge Eterna con la lettera maiuscola. Così
la definizione del peccato apparirebbe in tutta la sua portata:
Parola, azione o desiderio contrari alla Legge Eterna che
«
si identifica con Dio stesso )) .
Por essere n1aterialrnente fedele al suo programma di lavoro,
S. Tonunaso qui avrebbe do"-uto parlare non dei peccati, ma
dei vizi; poichè il trattato che riproduciamo non è che una
suddivisione del grande trattato De habitibus. Ma l'Autore
giustifica hnplicitamente il suo comportamento, ricordando
che i -vizi hanno la lm·o perfezione e il loro fine nelle azioni
peccarninose (q. 71) a. :::t per totum). Notiamo poi che nella
Somma Teologica il trattato non si esaurisce nello questioni ge
nerali: I1 Aquinate si 1:iserva di parlare dei peccati e dei vizi
specifici nell'esposizione delle virtù corrispettive (Secunda Se
cundae). Natu:ralmente questi quadri marginali non daranno
molto risalto alla colpa corrle tale. E in questo modo si rag
giunge uno scopo didattico, che dà alla Somma Teologica una
superiorità assoluta su ogni altra esposizione della morale
cristiana. Il lettore si trova di fronte a una morale essenzial-
1nente positiva. Il peccato è relegato ai margini della morale
e della vita.
Qualcuno potrebbe trovare più aderenti alla realtà della vita
quotidiana certi manuali di casistica, in cui si parla quasi
esclusivamente di peccati; rna c.' è il pericolo in questi casi di
presentare deformato il pensie:ro c:ristiano, con una tinta di
pessirnismo davvero poco incoraggiante.
3 - Ci sen1bra che non sia necessario dimostrare che il tema
svolto nel trattato è di grande attualità in un mondo così tor
rn.entato dalla cattive:ria umana. Per quanto i moderni filosofi e
letterati insistano nel negare la colpa, l'amoralismo non potrà
INTRODUZIONE 9
mai eliminare in un uomo normale il senso di responsabilità
dei propri atti, che si afferma con la difesa sempre più co
scente della libertà individuale e sociale. Lo stesso materia
lismo dialettico, il quale pretende dì cancellare radicalmente
il concetto di peccato, negando l'esistenza di un supremo legi
slatore e di una sanzione suprema, per poter far presa sullo
spirito umano ha bisogno di esasperare Ia responsabilità per
sonale dci rappresentanti veri o presunti dello classi abbienti.
Le feroci requisitorie dei demagoghi dimostrano la loro con
vinzione che le masse credono alla responsabilità umana con
una tenacia, che nessun indottrinamento potrà cancellare.
Del resto l'esperienza insegna che ruomo è stato sempre in
gegnoso nell'attenuare, o nol negare la responsabilità propria
sulle azioni riprovevoli commesse. Ma tale bravura si perde
all'istante quando le azioni disoneste del prossimo ci colpi
scono personalmente. Allora le attenuanti più oggettive non
riescono a toglierci la convinzione che quel Tizio aveva la
possibilità e il dovere di agire diversamente. La colpa può
anche non apparire più tale in certi individui, in determinati
ambienti. Ma non si tratta di una amoralità universale, bensì
di parziali deformazioni del senso dell'onestà naturale. S.
Tommaso stesso ricorda fatti dol genere. Presso gli antichi
Germani, p. es., il furto non era considerato riprovevole in
certi casi (cfr. I - Il. q. 94, a. ~).
Perciò, senza essere nè profeti, nè figli di profeti, possiamo
predire con sicurezza che tutti i sistemi filosofici moderni, i
quali hanno tentato di giustificare il conclamato e deprecato
amoralismo contemporaneo, non potranno mai distruggere
queste convinzioni che nascono spontanee dalla constatazione
empirica dol libero arbitrio. Questa facoltà eccelsa dello spirito
umano è stata negata in questi ultimi centocinquant'anni
con tanta leggerezza, da far dubitare della serietà di non po
chi filosofi. Essi hanno analizzato spesso solo aspetti parziali
della realtà, ma l'insopprimibile coscienza del peccato, che
affiora a dispetto di qualsiasi deformazione, dimostra l'assurdità
dei loro postulati. l/uomo sarà sempre considerato respon
sabile dei propri atti.
L'attualità poi del peccato nel pensiero cattolico è di evi
denza immediata, per la necessità in cui ci troviamo di com
battere l'amoralismo di cui abbiamo parlato. Le pubblicazioni,
anche monografiche, abbondano. In Italia si è avuto di re
cente il tentativo di creare una specie di enciclopedia sul pec
cato (cfr. Il Peccato~ a cura di P. Paiazzini, Roma, 1959). Ma
per quanto interessante possa essere questo grosso volume di
013 pagine, un moralista cristiano~ g-uardando al di là della
rcorza, vi troverà assai mono di quanto è racchiuso nel breve
rattato della Somma Teologica. Manca in esso~ p. es., un'ana-
10 VIZI E PECCATI
lisi accui·ata dellP cause dcl peccato; mentre la distinzione tra
colpa mortale e veniale, che implica teoricamente tante dif
ficoltà, ò ricordata appena in due righe.
Questo rilievo bibliografico è solo un'esemplificazione di
quanto stiamo per dire: tutti i manuali moderni e tutte le
n1onografte ci fanno rimpiangere il testo genuino della Somma,
che non basta r.itare per rendere in tutta la sua profondità,
bellezza e coerenza, Anche percbò, se vogliamo difendere il
patrimonio di verità della nostra santa religione, oggi tanto
insidiato, non ci possiamo contentare di visioni parziali, o di
scorci interessanti. Il concetto di peccato è uno dei punti più
de1jcati della nostra dottrjna cattolica - il cristianesimo in
fatti è essenzialmente reden':.ione dal peccato - e quindi non
possiamo fare a meno delle considerazioni più sagge che un
credente abbia potuto fare in proposito. La concezione esatta
del peccato ci prepara a comprendere l'idea esatta di reden
zione.
II
Le fon ti del trattato ..
4 -- Le citazioni più nun1erose che incontriamo in queste
pagine son quelle tratte dalla sacra Scrittura. Non c'è un testo
biblico importante sul nostro argomento che il Santo non ab
bia utilizzato. I\1a quelli che hanno attratto maggiormente il
suo intere.sse sono i testi di S. Paolo, sia a proposito del pec
cato originale, che a proposito di quello attuale. La sola Epi
stola ai Rornani è citata circa quaranta volte.
Ma la Sci·ittura non è giunta a Tommaso nella sua cruda
r
materialità. Egli ne ò venuto in possesso attraverso inter
pretazione viva e tradjzionale della Chiesa, che si esprimo con
la voce dei SS. Padri. Il primo posto spetta qui a S. Agostino.
I grandi maestri della Scolastica si riallacciavano tutti con
sommo rispetto alle parole del Dottore affricano. Nessun teo
logo medioevale pensò mai di espungere dalla parenesi cri
stiana Ie sue frasi più paradossali. La saggezza dei maestri e
dei discepoli era sufficiente a impedire quelle interpretazioni
fanatiche ed che in seguito servirono come prete
c~strerniste,
sto per imbastire Ia triste storia della pseudo-riforma prote
stante e dei suoi strascichi. Le opere del Vescovo di Ippona
sono citate in grande abbondanza nel trattato tomistico, o le
citazioni son tali da far trasparire lo studio diretto dei libri
da cui furono attinte. I testi più celebri erano già stati rac
colti e discussi dai teolog;i precedenti, e in particolare dal
Maestro delle Sentr)n:.e. Ma l'Aquinate non poteva contentarsi
INTRODUZIONE 11
di brani cuciti alla buona, quando si trattava di precisare
i concetti fondamentali del pensiero teologico.
Egli ha avuto il merito di chiarire, se non di approfondire, la
dottrina di S. Paolo e di S. Agostino, e di ridurne tutti gli
elementi a un sistema coerente e solido, in cui è ben difficile
scorgere la più piccola crepa.
5 - Gli altri autori citati son tutti secondari, senza eccet
tuare neppur·e Aristotele. È vero infatti che le citazioni del
Filosofo abbondano, ma esaminandole con cura ci accorgiamo
che esse descrivono soltanto la carnico etico-metafisica entro
la quale si muove l'Autore della Somma. Lo stesso si dica dello
Pseudo-Dionigi, che S. Tommaso non dimentica mai, neppure
in questo trattato.
Più importanti in questo campo sono le citazioni di S. Gre
gorio Magno e di S. Anselmo; ma le loro autorità)) sono prese
<<
in considerazione e utilizzate, in quanto interpretano e preci
sano il pensiero di Agostino.
Gli studi sui testi medioevali intrapresi da O. Lottin e da
altri dimostrano che l'Aquinate ha potuto servirsi delle ela
borazioni dei maestri che lo precedettero di pochi decenni
sulla cattedra di Parigi. E questo è vero speciaimonte per i
problemi caratteristici del nostro trattato. La sua indipendenza
di fronte ad ossi è tale da non potersi esigere la citazione degli
interessati, anche quando materialmente egli ne ripete le pa
role. E neppure si può esigere una segnalazione personale
0uando prende a confutarne le opinioni. Lo stesso suo maestro,
S. Alberto Magno, nello stile impersonalo del Santo rientra
nella nebulosa, per noi spesso indecifrabile, dei quidam
e< ».
III
Il « problematico» peccato veniale.
6 - La distinzione tra peccato veniale e mortale risale alle
origini del cristianesimo. Ma pare che in origine la venia
«
lità o perdonabilità, fosse concepita su un piano piutto
»,
sto giuridico. Nella prassi di molte antiche comunità cri
stiane vigeva questo criterio: alcuni peccati erano conside
rati perdonabili, e quindi non escludevano dalla comunione
· dei fedeli; altri invece erano ritenuti imperdonabili, e im
plicavano la excommunicatio. Ma in seguito la terminologia
suddetta prese altri punti di riferimento, specialmente quando
tutti ebbero ben chiara l'idea che la gerarchia ecclesiastica
~a ~a piena autorità di rimettere qualsiasi colpa, compreso
il rinnegamento scandaloso della fede, purché il colpevole