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Economica Laterza
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Dello stesso autore
in altre nostre collane:
Il capitalismo italiano del Novecento
«Biblioteca Universale Laterza»
Notturno italiano.
L’esordio inquieto del Novecento
«i Robinson/Letture»
La rivoluzione francese raccontata da Lucio Villari
«i Robinson/Letture»
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Lucio Villari
Bella e perduta
L’Italia del Risorgimento
Editori Laterza
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© 2009, Gius. Laterza & Figli
Nella «Economica Laterza»
Prima edizione 2012
Edizioni precedenti:
«i Robinson/Letture» 2009
www.laterza.it
Progetto grafico di Raffaella Ottaviani
Proprietà letteraria riservata
Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari
Questo libro è stampato
su carta amica delle foreste, certificata Finito di stampare nel gennaio 2012
dal Forest Stewardship Council SEDIT - Bari (Italy)
per conto della
Gius. Laterza & Figli Spa
ISBN 978-88-420-9869-0
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Indice
Premessa VII
I. La primavera dell’Italia 3
II. Italia romantica e ribelle 43
III. La penombra della Restaurazione 85
IV. Il risveglio 129
V. La primavera dell’Europa.
L’Italia risorge 179
VI. I dieci anni decisivi 226
VII. Dai Mille a Roma 276
VIII. «Addio, del passato...» 325
Indice dei nomi 335
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Premessa
Non una voce stanca e nostalgica, ma quella di un giovane,
allegro e lievemente incantato, dovrebbe raccontare le av-
venture e gli avvenimenti che hanno portato al risorgimento
dell’Italia. La favola bella di un tempo non lontano, quando
i protagonisti erano quasi tutti giovani, come i personaggi ap-
passionati e avventurosi di Ariosto, di Tasso, delle fiabe di La
Fontaine e Perrault o i narratori e attori del Decamerone, acco-
munati da vicende drammatiche e tragiche, ma con il deside-
rio della vita, della rinascita, della difesa della loro giovinez-
za. Una voce incantata che ricrei l’atmosfera di quegli anni
dell’Ottocento dove pare che il risorgimento dell’Italia sia av-
venuto nel pieno sole delle armi, delle barricate, delle rivolte,
dei gesti eroici, mentre ha avuto anche i suoi notturni, le pie-
ghe nascoste, i segreti dei sentimenti politici, le penombre e i
misteri delle idee e dei pensieri irriverenti e rivoluzionari.
Questa voce narrante dovrebbe dire che il Risorgimento, co-
me lo fu la rivoluzione francese, è stata opera di giovani e che
a loro si deve se l’Italia, dopo secoli di servitù, di speranze inu-
tili, di indifferenza e di disillusioni, ha cominciato a non aver
paura della libertà. Dovrebbe raccontare dei fratelli Attilio ed
Emilio Bandiera che scendendo il vallone di Rovito per esse-
re fucilati cantano un brano della DonnaCariteadi Mercadan-
te, ascoltata diverse volte alla Fenice di Venezia, o del «bari-
tono» Garibaldi (il mito era anche nella sua voce, intensa e
dolce) che nella lunga notte che precede l’imbarco dei Mille
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VIII Premessa
canta arie di Verdi, Mercadante e Donizetti per poi descrive-
re quella notte «bella, tranquilla, solenne, di quella solennità
che fa palpitare l’anime generose che si lanciano all’emanci-
pazione degli schiavi!». E nella notte di Quarto «Davanti, lar-
ga, nitida, candida / splende la luna»; versi carducciani che
fanno ricordare le poesie di Goffredo Mameli, le pagine
struggenti di Ippolito Nievo e le storie straordinarie di giova-
nissimi caduti come loro in nome di una patria da liberare e
di una nazione nascente.
Attraverso queste vibrazioni romantiche e con l’e-
mozione di un’epopea contemporanea deve essere riletto il
Risorgimento. Che non può essere più lasciato ai depositi
antiquari della nostra storia nazionale. I suoi giovani prota-
gonisti alimentarono una volontà di futuro per gli italiani e
seppero come fare per lanciarsi «all’emancipazione degli
schiavi»; dunque basta socchiudere gli occhi e farsi coinvol-
gere nelle loro speranze. E ascoltarli anche, tra le volute di
musiche indimenticabili che hanno accompagnato la loro
educazione politica e il loro patriottismo. E meditando an-
che sull’«ilarità del pericolo» che, insieme alla «coscienza di
servire la causa santa della patria», Garibaldi vedeva «im-
pronta sulla fronte dei Mille»; e dei tanti altri mille che cen-
tocinquanta anni or sono hanno fatto l’Italia unita.
Il Risorgimento è stato infatti il primo tentativo di mo-
dernizzazione politica dell’Italia, ed è stata la prima esperien-
za del machiavelliano «vivere civile» degli italiani, finalmente
sottratti a governi e a istituzioni fondati sulle separazioni giu-
ridiche e sociali e sulla negazione dei diritti dei cittadini. Gae-
tano Salvemini –ma non fu il solo –aveva una certa avversio-
ne per il termine «Risorgimento», gli preferiva quello di «Ita-
lia moderna». E veramente la modernità dell’Italia del Risor-
gimento risiede nelle sue ascendenze culturali più che nel pa-
triottismo armato, nella controversa idea di nazione e nei pro-
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Premessa IX
grammi politici e costituzionali dei suoi sostenitori. È la mo-
dernità dell’Illuminismo europeo, del razionalismo filosofico e
della scoperta della libertà come strumento di opposizione e
come «mezzo» del cambiamento, delle innovazioni, delle ri-
voluzioni, di conquista di un valore essenziale, la giustizia.
In assoluto, l’ansia di giustizia è stata la forza morale
sommersa e il tormento intellettuale del Risorgimento (si
pensi, ad esempio, al senso profondo dell’opera letteraria,
poetica e alla drammaturgia di Manzoni). Tradotta nello
scontro ideologico l’idea di giustizia è stata la componente
«religiosa» del liberalismo, oltre che la maggior fonte di ener-
gia politica nell’azione democratica e nei primi percorsi del
socialismo. Almeno fino a quando la borghesia liberale dife-
se questa idea dai condizionamenti classisti dovuti agli inte-
ressi economici che essa rappresentava. Se si rivendicano
queste ascendenze è possibile dare un giudizio equilibrato
delle vicende italiane dal 1796 al 1870.
«Un popol diviso per sette destini / In sette spezzato
da sette confini...», l’Italia era politicamente malata e la sua
cura, l’unificazione, non è stata, lo si sente talvolta ripetere,
una nuova malattia. L’unità nazionale fu realizzata in un tem-
po molto breve: dopo la guerra del 1859 e dopo un atto rivo-
luzionario decisivo, la spedizione dei Mille del 1860. La nasci-
ta dello Stato è avvenuta pochi mesi dopo l’epopea garibaldi-
na, in Parlamento. Singolare questa ellisse di rivoluzione e di
votazione parlamentare con all’ordine del giorno uno Stato.
È un caso unico nella storia dell’Europa liberale, comparabi-
le apparentemente alla contemporanea unificazione tedesca
del 1871, la cui origine però è nella vittoria militare sulla Fran-
cia; e comunque gli Stati della Confederazione tedesca non
erano in conflitto tra loro come lo erano gli Stati italiani. Inol-
tre, nella cultura tedesca, il concetto unificante e antico di
Volkstümlich, di pathos delle radici, confluiva naturalmente nel
concetto di Stato. L’idea di nazione fu invece un’idea armata