Table Of ContentBIBLIOTECA DEL GIORNALE DI METAFISICA
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Rosa Maria Lupo
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1 Aristotele dopo Heidegger
4.
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0 Per una riabilitazione dell’onto-teologia
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TILGHER-GENOVA
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TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Printed in Italy
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a [I Università degli Studi di Palermo
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g Dipartimento di Filosofia, Storia e Critica dei Saperi (FIERI)
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ol Pubblicazione assistita da un contributo PRIN 2007
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o ISBN 978-88-7903-177-6
C
© 2010, Casa Editrice Tilgher-Genova s.a.s.
Via Assarotti 31 - 16122 Genova
www.tilgher.it
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Stare al discorso 5
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8/ Con gratitudine ed amore a mio padre
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4. Qumö, q⁄m'¢mhc£noisi kªdesin kukËmene,
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2 ¢n£du, dusmenÓn d'¢löxeu prosbalÎn ônantÖon
7.
3 störnon, ôn dokoãsin ôcqrÓn plhsÖon katastaqeÖj
1
s ¢sflöwj: kaà mªte nikÓn ¢mf£dhn ¢g£lleo,
s
e mªte nikhqeàj ôn oákJ katapesÎn –d⁄reo:
dr
d ¢ll¶ cartoãsÖn te caãre kaà kakoãsin ¢sc£la
a
P mæ lÖhn: gÖgnwske d'oåoj r`usm’j ¢nqrËpouj úcei.
a [I
n Archiloco (fr. Diehl, 67 a)
g
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ol
B Cuore, cuore mio travolto da sventure irreparabili,
v. di rinfrancati, difenditi opponendo agli avversari
ni il petto, piantato nel luogo dove si attende il nemico
U
m - saldamente; e vincendo non insuperbire apertamente,
vinto non lamentarti buttandoti giù in casa.
u
or Ma sii lieto delle gioie e dei mali affliggiti
di
u non troppo: impara quale regola domina sugli uomini.
St
er (trad. P. Lupo)
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6 Giorgio Palumbo
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Introduzione 7
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8/
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3/ INTRODUZIONE
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1
4.
4.2 Questo libro è il modo con cui spero di riconoscere il mio debito
0
2 nei confronti di un maestro per me fra i più cari, il professore Nun-
7.
3 zio Incardona. Solo con il tempo, quando era ormai tardi per ringra-
1
ss ziarlo anche di questo, ho compreso che la criticità del pensiero, che
e
dr egli esigeva ogni studente esercitasse per discutere con lui, è soprat-
d
a
P tutto il tentativo di battere un proprio percorso, affrontando anche
a [I il rischio di incappare in un vicolo cieco e di dovere tornare indietro
n
g per guadagnare la via d’uscita. Per coloro che lo hanno frequentato
o
ol
B è sempre stata chiara, credo, la ragione per la quale questo rischio,
di connaturato all’esercizio della filosofia, lo abbia portato a vivere
v.
ni l’esperienza del pensare come la navigazione di un nocchiero intrepi-
U
m - do. Pensare criticamente era per lui il tenere saldo in mezzo al mare
u in tempesta il timone del Pequod come Achab, era un “viaggio corsa-
or
di ro”, sebbene a me che l’ho conosciuto alla fine della sua vita accade-
u
St mica, come ad altri della mia generazione, egli sia in effetti apparso
er
at molto più come un grande galeone spagnolo che procede sicuro at-
M
a traverso l’oceano verso le nuove terre per ritornare ad approdare poi
m
Al sempre ai vecchi ed amati lidi – Aristotele, Hegel. In questo volume
by ho in un certo senso proceduto come se potessi ancora una volta
d
e riallacciare con lui un dialogo interrotto anni fa, raccontandogli a
s
s
e posteriori, in un colloquio immaginario, ma non per questo meno
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a vissuto, l’esito della ricerca che egli ha avuto solo il tempo di vedere
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e appena tracciata. In questi anni la memoria della sua lezione, carica
nt
o della sua ironica ed intelligente vis polemica, ha spesso messo sotto
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accusa l’impianto che ho provato a costruire, ma proprio questo è
stato per me il segno di quanto io gli sia debitrice più di quanto
questo lavoro forse dimostri.
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8 Aristotele dopo Heidegger
Probabilmente Incardona avrebbe trovato temerario il percorso
che in questo testo ho cercato di tracciare, tentando di leggere Ari-
stotele nell’appropriarmi della chiave interpretativa heideggeriana per
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1 mostrare in che misura la forma logica – la cosiddetta struttura onto-
0
8/2 teologica – della filosofia prima, a dispetto delle obiezioni heideggeria-
0
3/ ne, costituisca un’efficace possibilità – o forse più esattamente un
2
n inevitabile modo – di praticare la metafisica in corrispondenza con il
o
0] suo aprirsi nello spazio investigativo filosofico come indagine di tipo
8
1 protologico, come metafisica del principio. Sicuramente, però, la mia
4.
4.2 ricerca nella sua genesi si lega profondamente alla figura di Incardo-
0
2 na ed alla sua maniera di leggere la Metafisica. Soprattutto si nutre
7.
3 della sua lezione – alternativa a quella di Heidegger – di decostruire
1
ss la metafisica e la struttura che la sottende per comprenderne l’essen-
e
dr za. Della possibilità di un “uso” diverso della decostruzione heideg-
d
a
P geriana, di un esito differente della sua operazione, mi sono resa
a [I conto durante uno degli ultimi corsi di filosofia teoretica da lui te-
n
g nuti.
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ol
B Lo smarrimento al cospetto della questione su cosa sia la metafi-
di sica nella sua origine con Aristotele vuole tradursi in questo libro
v.
ni non tanto in una soluzione quanto nel suggerimento di un’interpre-
U
m - tazione: vi è una domanda che, posta a monte, autorizza l’apertura
u della stessa interrogazione in sé duplice sull’“ente in quanto tale” e
or
di sull’“ente divino”. L’intero significato del mio percorso si lascia, in
u
St altri termini, raccogliere nello sforzo di capire in che senso per “colui
er
at che è al di sopra del fisico”, per il filosofo primo, l’oñn Œ ‘n ed il
M
a timiËtaton gönoj, pur nominando certamente due “cose” diverse, due
m
Al “oggetti” differenti, sono la cifra di una sola ricerca che propriamen-
by te ha a cuore la comprensione di ciò che è un principio primo. Ciò
d
e che ho provato a mettere in luce è il senso della domanda che la
s
s
e metafisica in Aristotele prospetta in quanto scienza delle cause e dei
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a principi primi nel suo costituirsi dopo, al di sopra, oltre la ricerca
nt
e portata avanti dal fisico per restare in un certo senso prima della
nt
o scienza fisica.
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Nonostante la determinazione della filosofia prima come scienza
protologica sia esplicita nella Metafisica, la reale caratura dell’interro-
gazione sul principio primo, o piuttosto sui principi primi, resta di
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Introduzione 9
contro latente, sfuggendo all’acribia della storia esegetica della Meta-
fisica che è insieme la storia stessa della tradizione metafisica presa di
mira nella sua interezza dal paradigma heideggeriano. Ho quindi
8
1 cercato a più riprese, lungo il corso del volume, di chiarire in che
0
8/2 modo la filosofia prima si strutturi come un’interrogazione sulla for-
0
3/ ma della causa prima, ossia sulle condizioni in base alle quali è pos-
2
n sibile pensare che in qualcosa si sprigioni improvvisamente, senza
o
0] ulteriore mediazione, il potere di dare vita ad una nuova serie di
8
1 eventi che prima non era assolutamente pensabile. La questione che
4.
4.2 istituisce la metafisica come scienza – e si badi bene come scienza
0
2 cercata nel cercare le condizioni di possibilità per porre la questione
7.
3 protologica – non domanda sul processo grazie al quale qualcosa di
1
ss nuovo viene all’essere, considerando il campo della natura o del-
e
dr l’operare umano o del conoscere, ma sulle condizioni in base alle
d
a
P quali un tale processo prende di colpo avvio. La domanda protologi-
a [I ca è la domanda sul principio, sull’¢rcª e la metafisica si apre come
n
g scienza del principio (come protologia radicale), nella misura in cui
o
ol
B chiede come si dia una causa prima (cioè una causa che non rinvia
di ad un’altra causa), come si costituisca un “principio”, in forza di cosa
v.
ni o sulla base di quale regola sia possibile asserire che qualcosa è o la-
U
m - vora come una prËth ¢rcª. Porre, però, a monte questa domanda
u significa invertire i termini della sequenza interrogativa che la tradi-
or
di zione esegetica, e con essa anche Heidegger che se ne appropria per
u
St superarla, ci ha abituato a considerare: posto l’ente in quanto tale, si
er
at tratta di rintracciarne cause e principi primi, cercando ciò che al
M
a modo del fondamento sostiene e regge l’intero dell’ente, dando ra-
m
Al gione del suo essere. La domanda protologica batte di contro un al-
by tro ritmo, registra, per così dire, un altro modo in base a cui l’essere
d
e dell’ente è preso in considerazione in ordine alla questione della cau-
s
s
e sa prima. La domanda protologica non chiede come – per quale
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a causa – qualcosa di nuovo viene all’essere. Essa domanda come – e
nt
e dunque per quale causa – viene all’essere la causa per cui qualcosa di
nt
o nuovo si genera, sorge, giunge ad essere. Ciò non vuol dire che il fi-
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losofo primo cerchi un’ulteriore causa che sta alle spalle delle cause
prime e dalla quale esse possano essere fatte derivare. Se così fosse,
nessuno dei principi primi sarebbe anapodittico. Il filosofo primo
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10 Aristotele dopo Heidegger
non cerca in questo senso una forma “archetipa” di causa prima da
cui dedurre tutte le altre cause prime che, a questo punto, sarebbero
solo cause intermedie.
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1 Nondimeno, nell’immagine che ho provato a tratteggiare del me-
0
8/2 tafisico aristotelico, resta qualcosa che richiama alla memoria l’“alte
0
3/ Grille”, il “vecchio grillo” di Goethe che, cercando l’Urpflanze, la
2
n pianta originaria che permettesse di riconoscere che una certa forma
o
0] è una pianta perché corrisponde ad un unico modello, credeva di
8
1 averla trovata nell’Orto Botanico di Palermo. Il metafisico di Aristo-
4.
4.2 tele si nutre in un certo senso dello stesso sogno, nella misura in cui
0
2 ciò di cui egli va in cerca è una forma o un modo d’essere che è ar-
7.
3 chetipo, perché è originario, perché non rinvia ad altro alle sue spal-
1
ss le, e che è proprio di ogni causa prima. Questo modo d’essere, que-
e
dr sta struttura della causalità prima, non è mai altro da ciascuna causa
d
a
P prima con cui fa corpo unico, pur potendosi nello spazio della rifles-
a [I sione sdoppiare o scindere da essa per apparire ingannevolmente
n
g come altro da essa, come causa della causa, come principio del prin-
o
ol
B cipio. È la cesura fra il piano della cosa e quello della riflessione sulla
di cosa che porta il pensiero a raddoppiare in un certo senso l’oggetto,
v.
ni così da imporre al filosofo primo di riannodare la sua interrogazione
U
m - dal punto in cui si ferma quella del fisico, che è racchiusa dentro lo
u specifico ambito d’indagine costituito dall’ente in movimento. Nel
or
di reale la forma del principio non è altro dal principio stesso ed al
u
St tempo stesso non appartiene ad un unico principio, bensì attiene ad
er
at una molteplicità di principi primi, stando quanto meno al modo
M
a con cui Aristotele tende ad esprimersi. Per questo il metafisico ab-
m
Al braccia la totalità dell’ente, senza frammentarlo in ambiti, perché in
by ogni ambito dell’ente un principio primo è tale in conformità alla
d
e regola, alla condizione della causalità prima: il qe“j aristotelico non è
s
s
e la causa prima della natura, la causa ulteriore a cui la natura rinvia;
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a occupa semmai un posto opaco come la causa che fa sì che la natura,
nt
e la f⁄sij, resti in se stessa una causa prima, ossia una causa che non
nt
o rinvia a nessun’altra causa che non sia se stessa. Non vi è nel proces-
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so di ricerca delle cause prime una causa ulteriore a cui risalire, che
stia alle spalle di quei principi primi del venire all’essere dell’ente che
Aristotele ha indicato come f⁄sij e töcnh e, potremmo aggiungere,
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