Table Of ContentAUGUSTO GUARINO
Istituto Universitario Orientale di Napoli
L'imminente catastrofe: distruzione, disfacimento,
destrutturazione nella narrativa messicana di fine millennio
1. Premessa: esperienze e fenomeni "terminali" nella recente narrativa messicana
Con la presente relazione mi limiterò a gettare uno sguardo su una serie
di opere narrative messicane degli ultimi anni, apparse grosso modo tra il
1985 e il 1997, cercando di rispondere a una domanda, e cioè se l'approssi-
marsi del nuovo millennio venga percepito e rappresentato in questi testi in
maniera neutra o al contrario come un evento epocale caricato di connotazio-
ni simboliche. Naturalmente l'ampiezza e la complessità del panorama lettera-
rio messicano, sia pure limitato a un solo genere e a poco più di un decennio,
sottrarranno a questa breve rassegna ogni velleità di completezza. Un gran nu-
mero di romanzi e di racconti del Messico contemporaneo, d'altronde, non
reca tracce significative di una particolare sensibilità all'avvicinarsi del ventu-
nesimo secolol. D'altro canto vale anche la pena di sgombrare preliminar-
mente il campo da un possibile equivoco: nessun testo tra quelli esaminati
commette l'ingenuità di assumere direttamente la scadenza del millennio
come appuntamento decisivo, come un confine che una volta varcato possa
portare - fosse anche solo simbolicamente - il Messico o l'intera umanità in
una nuova era. Al contrario, la disinvolta collocazione delle vicende narrate in
un futuro più o meno prossimo e verosimile, oppure in un passato recente sa-
1 Per motivi esclusivamente materiali, e con la consapevolezza di rinunciare a una parte
cospicua del panorama letterario preso in esame, ho inoltre scelto di escludere dal discorso quei
romanzi in cui l'attenzione per le dinamiche storiche del presente e del futuro si esprime me-
diante una rappresentazione del passato del Messico. Cfr. Seymour Mentón, La nueva novela
histórica de la América Latina, 1979-1992, México, Fondo de Cultura Económica, 1993, in
cui vengono tra l'altro considerati alcuni testi di Fernando del Paso, Hornero Aridjis, Carlos
Fuentes.
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pientemente ricostruito o volutamente trasfigurato, serve quasi sempre a sot-
tolineare la profonda continuità di alcune dinamiche all'interno dell'intera
storia messicana. Più che il 2000, sono piuttosto altre le date chiamate dai nar-
ratori messicani a una funzione simbolica, come il 1968 del massacro di Tlate-
lolco, il 1985 del terremoto che devastò la Capitale, il 1992 del Quinto Cen-
tenario della Scoperta.
Non può non essere significativo, tuttavia, il fatto che in quest'ultimo
scorcio di secolo una serie consistente di opere narrative messicane siano in-
centrate su esperienze e fenomeni terminali, che in esse siano sempre più fre-
quenti e rilevanti immagini di distruzione, di disfacimento, di agonia. "Re-
cientemente solo las tragedias naturales y sociales -señaladamente el terremoto
de 1985 - parecen estimular a los escritores de la ciudad, como si la carroña
fuera el único alimento apetecible para la prosa", scriveva Christopher Do-
mínguez Michael nella sua importante antologia della narrativa messicana de-
gli ultimi anni2. E di certo il riscontrare in questi testi il ricorso costante a pro-
cedure di deformazione ironica o più spesso grottesca della realtà non serve a
ridimensionare il fenomeno, perché quasi sempre quelle che potrebbero essere
misure di distanziamento della realtà si dimostrano invece meccanismi di am-
plificazione polemica o iperrealistica. Il fatto è che questa fine di secolo, forse
in maniera occasionale ma non del tutto casuale, coincide in Messico con una
diffusa consapevolezza dell'imminente fine di un epoca, anzitutto la fine di un
sistema politico 3, ma che coinvolge la sfera delle relazioni personali, dei con-
flitti sociali, dei rapporti economici, degli assetti urbani, degli equilibri am-
bientali. Si tratta di un cambiamento che minaccia di configurarsi come una
catastrofe, come una serie di sussulti di proporzioni non controllabili, ma an-
cor più catastrofica appare la prosecuzione della via intrapresa dal Messico in
questo secolo, che in tutti i testi analizzati anticipa scenari di guerra, di deva-
stazione, di interminabile agonia biologica e culturale. In questo senso, non è
2 Antologia de la narrativa mexicana del sigio XX, II, México, Fondo de Cultura Econó-
mica, 1991, p. 520.
3 Mi sono occupato del versante più propriamente politico della rappresentazione nar-
rativa del Messico contemporaneo (concretamente in tre romanzi di Juan Villoro, Héctor
Aguilar Camin e Carlos Montemayor), in Augusto Guarino, El laberinto de ¡apolítica: ideolo-
gía y escritura en la narrativa mexicana de la primera mitad de los años 90, in Literatura y Políti-
ca. Ideologia y ficción en el siglo XX (atti del convegno di Caracas, 19-22 giugno 1996), Caracas,
La Casa de Bello, 1998, pp. 197-209.
Distruzione, disfacimento, destrutturazione nella narrativa messicana di fine millennio 523
tanto rilevante in sé la constatazione nella narrativa messicana dell'ultimo de-
cennio di tematiche millenaristiche e apocalittiche, ma piuttosto la loro stupe-
facente modulazione in una molteplicità di tonalità, talvolta contigue e diffì-
cilmente districabili, spesso compresenti nelle opere e negli autori considerati.
Si tratta peraltro di tendenze almeno in parte prevedibili, in una tradizione
culturale che fonda l'identità nazionale sulla continua reinterpretazione di
eventi traumatici (la Conquista europea, le guerre di indipendenza, la Rivolu-
zione messicana), oltre che preannunciate in opere dei decenni immediata-
mente precedenti, ad esempio di Juan Rulfo4, Salvador Elizondo5, José Emi-
lio Pacheco6, Luisa Josefina Hernández7, Guillermo Samperio8 e soprattutto
di Carlos Fuentes (uno scrittore peraltro protagonista della scena letteraria
anche nell'ultimo decennio).
Proverò quindi a passare in rassegna alcune di queste opere apparse negli
ultimi dodici anni, seguendo la tematica che in esse appare prevalente, sottoli-
neando anche la forte tensione bipolare che caratterizza l'articolazione nel te-
sto di ogni tema: Agonia (con le alternative Morte venus Rinascita), Guerra
(vs. Pacificazione), Invasione (Assimilazione vs. Liberazione), Devastazione
(Distruzione vs. Costruzione), Apocalisse (Fine vs. Inizio di una nuova era).
2. L'agonia: viaggio su un incerto confine
Una delle tendenze più evidenti della narrativa messicana degli ultimi
anni è una marcata insistenza nella rappresentazione della morte, che coinvol-
ge naturalmente anche tutti gli altri ambiti tematici che tratteremo. Si tratta
soprattutto di un costante riapparire della morte come processo, come transito
difficile, sfuggente e talvolta perfino ripercorribile a ritroso. C'è in questa serie
4 Pedro Páramo, México, Fondo de Cultura Económica, 1955.
5 Farabeuf, México, Joaquín Mortiz, 1965.
6 José Emilio Pacheco, Morirás lejos, México, Joaquín Mortiz, 1967. Nel romanzo di
Pacheco all'ambientazione nel Messico contemporaneo si sovrappongono immagini della di-
struzione del tempio di Gerusalemme (attraverso il resoconto dello storico latino) Flavio Giu-
seppe e dello sterminio degli ebrei nel XX secolo.
7 Luisa Josefina Hernández, Apocalipsis cumfiguris, Un. Veracruzana, 1982.
8 Guillermo Samperio, Miedo Ambienté, La Habana, Casa de las Américas, 1977. La
raccolta di Samperio anticipa il tema del disastro ecologico, che nei testi degli anni 80-90 viene
dato non più come "miedo" ma come fatto compiuto.
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di manifestazioni recenti un'evidente eredità di testi ormai classici della narra-
tiva messicana sull'indefinibile realtà del morire, almeno Pedro Páramo di
Juan Rulfo, Farabeuf di Salvador Elizondo, La región más transparente'3 e La
muerte de Artemio Cruz10 di Carlos Fuentes, decisivi - questi ultimi - soprat-
tutto per l'esplicita saldatura tra l'esperienza agonica e la storia recente del
Messico.
Ci sono ovviamente immagini di morte in tutti i testi considerati, ma al-
cuni sembrano ritornarvi in modo ossessivo o esclusivo. Ad esempio nel sur-
reale racconto di Gerardo Deniz, Necroforia, contenuto nella sua raccolta Ale-
brijes (1992)n, in cui il giovane e poverissimo Fulgencio, improvvisamente
morto "de asco", viene portato in metropolitana dalla vedova e dai suoi amici
alla stazione di Mictlan, nel luogo in cui gli aztechi individuavano la dimora
sotterranea dei defunti. Durante il tragitto, significativamente, Fulgencio
chiede improvvisamente ai suoi accompagnatori: "-¿Adónde vamos?" 12.
Questa angosciosa incertezza del morire, simbolo della dolorosa incertez-
za della società messicana, ritorna anche nei romanzi più "politici" tra quelli
presi in esame, A imagen y semejanza di Guillermo Fárber (1992), La leyenda
de los soles, di Hornero Aridjis (1993), El dedo de Oro, di Guillermo Sheridan
(1996)13. È ad esempio significativo che i tre romanzi citati, ambientati nei
primi decenni del secolo XXI, si aprano con l'agonia o la morte di uno dei ver-
tici dello stato (presidente o capo della polizia), soprattutto considerando che
due di essi sono anteriori all'omicidio del candidato del PRI alla presidenza
Luis Donaldo Colosio avvenuto nel 1994, di cui possono quindi apparire una
visionaria ma comunque inquietante prefigurazione. In particolare, nei testi di
Aridjis e di Sheridan, il capo della polizia Carlos Tezcatlipoca e il presidente
del Messico Fierro Ferráez, sono esseri capaci di morire e di ritornare in vita,
9 México, Fondo de Cultura Económica, 1958.
10 México, Fondo de Cultura Económica, 1962.
11 Gerardo Deniz, AUbrijes, México, Ediciones del Equilibrista, 1992.
12 È una domanda che percorre un po' tutta la raccolta di Deniz, in cui si registra la pre-
senza di esseri indefinibili (appunto gli Alebrijes del titolo) e soprattutto si avverte l'incomben-
za di eventi inquietanti e catastrofici. Si veda ad esempio il racconto 6:17' A.M. Homenaje al
realismo socialista, in cui l'incontro di una coppia di amanti si svolge sullo sfondo di un'esplo-
sione nucleare.
13 Cfr. Guillermo Fárber, A imagen y semejanza, México, Siglo XX editores, 1992; Ho-
rnero Aridjis, La leyenda de los soles, México, Fondo de Cultura Económica, 1993; Guillermo
Sheridan, El dedo de Oro, México, Alfaguara, 1996.
Distruzione, disfacimento, destrutturazione nella narrativa messicana di fine millennio 525
anche perché non si sa più quanto in essi ci sia di umano e quanto di sovran-
naturale (nel caso del generale) o di artificiale (nel caso del quasi androide Fer-
ráez). Il protagonista del romanzo di Aridjis, ambientato nel Messico del
2027, è un'incarnazione grottescamente deformata della divinità precolom-
biana di cui porta il nome14, di cui svolge il ruolo in una sorta di ciclo trans-
storico. Il presidente del Messico nel 2029, Fierro Ferráez, è invece una figura
ipertrofica di quasi duecento chili e di oltre 130 anni, tenuto in vita dai fre-
quenti trapianti e innesti di organi sintetici, simbolo fin troppo evidente del
carattere ormai artificiale e innaturale del potere. La morte, la degradazione, il
disfacimento sono comunque in tutti questi romanzi realtà presenti e oscena-
mente esibite anche nell'agire quotidiano dei protagonisti.
3. La guerra silenziosa: disfacimento del sistema politico e accettazione della
violenza
II tema dell'agonia sfuma fatalmente in quello della degradazione del si-
stema politico e della vita sociale, della morte di quel mito della modernità che
è stata la Rivoluzione messicana15. La tendenza più frequente, anche in testi
dalle modalità più realistiche e maggiormente ancorati alla rappresentazione
del presente o alla ricostruzione di un passato immediato - ad esempio dei
movimenti operai e contadini degli anni 50 e 60, o di quelli studenteschi dei
decenni successivi - è quella di identificare nella dialettica politica e sociale de-
gli ultimi decenni un vero e proprio stato di guerra, un conflitto non dichiara-
to ma che investe con terribile potenza distruttiva ogni tentativo di cambia-
mento democratico. Ovviamente in testi di scrittura creativa sarebbe ingenuo
ricercare una raffigurazione diretta delle dinamiche socio-politiche, anche in
opere che si richiamano esplicitamente a eventi della storia recente. Va però ri-
levata nei romanzi e nei racconti messicani degli ultimi anni una volontà di
rappresentare, fin dai titoli, la storia recente del paese in termini di Morte
{Morir en el Golfo, di Héctor Aguilar Camín, raffigurazione delle lotte sindaca-
14 Tezcatlipoca, "specchio fumante", istigatore di guerre e di discordie, era signore del-
l'inverno, dei freddi del nord e della morte, degli schiavi e dei loro padroni.
15 Cfr. per alcuni spunti suggestivi il breve intervento di Margo Glanz, Fin del milenio,
fin de la Revolución Mexicana, in "INTI - Revista de Literatura Ispanica", n. 42, otoño 1995,
pp. 80-86.
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li nella zona petrolifera di Veracruz)16 o di Guerra {Guerra en el Paraíso, di
Carlos Montemayor17, racconto delle imprese e dell'uccisione del leader guer-
rillero Lucio Cabanas nello stato di Guerrero nel periodo 1971-1974; La guer-
ra de Galio, di Aguilar Camín, trasfigurazione letteraria del caso del quotidia-
no Excelsior18).
Forse un generico confine può essere tracciato tra opere più "realistiche"
in cui, come negli ultimi tre romanzi citati o ad esempio in Arráncame la vida,
di Angeles Mastretta19, la morte di uno dei protagonisti viene narrata in toni
epici e di alta partecipazione emotiva, in quanto simbolo della fine di una spe-
ranza radicata nella storia, e altri romanzi che si collocano deliberatamente (e
spesso provocatoriamente) in una prospettiva astratta e trans-storica, in cui si
da per scontato il processo di disfacimento che coinvolge il Messico. In questi
ultimi, ad esempio nei romanzi di Fárber, Aridjis, Sheridan già citati, la trasfi-
gurazione grottesca operata dalla scrittura tende piuttosto a sottolineare, collo-
candola in un futuro che somiglia già molto all'oggi, l'irrimediabile confusio-
ne tra la vita e la morte, tra l'organico e l'inorganico, tra il naturale e l'artificia-
le (ad esempio in tutti gli scenari futuri viene data per scontata una catastrofe
ecologica), tra il reale e il virtuale. In questi romanzi, ambientati nei primi de-
cenni del nuovo secolo, la violenza derivante dalla repressione statale e dalla
stessa vita nelle metropoli viene vissuta come un fenomeno naturale, tragico
semmai per l'autore implicito e il suo lettore ideale ma del tutto normale per i
protagonisti della finzione.
In realtà tra questi due gruppi di romanzi c'è una sorta di contiguità e di
complementarità: la deformazione esperpéntica (e non uso a caso questo termi-
ne valle-inclaniano) è in realtà una ribellione dello scrittore contro la pretesa
"normalizzazione" della violenza praticata qui ed ora da ampi settori del pote-
re messicano. Di questa difesa della violenza, in quanto elemento costante e
necessario della storia del Messico, c'è significativamente ampia traccia (in ter-
16 Héctor Aguilar Camín, Morir en el Golfo, México, Ediciones Océano, 1985.
17 México, Diana, 1991.
18 Héctor Aguilar Camín, La guerra de Galio, México, Alfaguara, 1991. Il cosiddetto
"caso Excelsior", il cui direttore e fondatore, Julio Scherer, in seguito a pressioni politiche fu
espulso nel 1976 dal giornale con i suoi collaboratori, era già stato narrato da Vicente Leñero
nel suo romanzo-cronaca Los periodistas (México, Joaquín Mortiz, 1978).
19 Angeles Mastretta, Arráncame la vida, México, Ediciones Oceano, 1986.
Distruzione, disfacimento, destrutturazione nella narrativa messicana di fine millennio 527
mini di denuncia) nei romanzi di Aguilar Camin, Montemayor, Mastretta20.
In altri termini, la recente narrativa messicana - con modalità maggiormente
realistiche o attraverso la lente deformante di procedimenti espressionistici -
manifesta una reazione contro quei settori della cultura e del potere messicani
che individuano nella "catastrofe" della vita nazionale una realtà inevitabile e
perfino giustificabile21.
4. L'invasione: il dominio dell'alieno
Un nucleo tematico contiguo a quelli della agonia e del disfacimento è
quello della invasione, che si distingue per la messa a fuoco della problematica
e per la sua centralità nella storia del Messico e nella sua memoria collettiva.
Non solo infatti il Messico ha costruito progressivamente la propria identità in
seguito a una serie di invasioni di popoli stranieri -l'insediamento degli aztechi
nell'Anáhuac, la conquista degli spagnoli, l'irruzione degli eserciti di Napoleo-
ne III, la soggezione militare e politica agli Stati Uniti -, ma ognuna di queste
fasi ha portato con sé una concezione apocalittica della storia che continua ad
avere una sua influenza nella cultura messicana: la teoria dei "Soli" azteca, il
millenarismo cristiano, l'ideologia imperiale europea, l'utopia democratica
statunitense. Nei romanzi recenti che ritornano su questo tema la realtà del-
l'invasione, anche quando è proiettata nel futuro, ritorna con il doppio segno
che l'ha caratterizzata nella storia del Messico, con il potere seduttivo esercita-
to sulla cultura "invasa" dalle proposte dell'alieno, sotto le quali si annida la
sua volontà di dominio.
20 Cito, come esempio, la lettura data da uno dei protagonisti del romanzo di Aguilar
Camin, tra l'altro ricalcato su di un personaggio reale, al fenomeno della guerrilla e della sua
spietata repressione governativa: "Hablamos de la doma sangrienta y centralizadora que ha
constituido el país desde principios del siglo XDÍ. Antes, quizá: desde la conquista y la evange-
lización españolas [...] México debe pagar su cuota de violencia para domar su propia barbarie
y abrirse una efectiva posibilidad de civilización, de historia realizada. Es la guerra de la historia
del mundo. Nuestra guerra", Héctor Aguilar Camín, La guerra de Galio, cit., p. 197-98.
21 Lascio aperto, per questioni di spazio, il problema di valutare quanto di questa ideo-
logia fatalista non si insinui, in forme più o meno inconsapevoli, in tutti i romanzi che stiamo
prendendo in esame, quanto ad esempio vi sia di cinismo o di autocompiacimento nella rap-
presentazione dei mali del Messico, limitandomi a un accenno in questo senso relativo a Car-
los Fuentes.
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II testo con cui comincia nell'ultimo decennio il discorso sull'invasione,
quello di maggiore qualità letteraria ed impatto, è senza dubbio Cristóbal No-
nato di Carlos Fuentes22, un romanzo che dall'oggi della scrittura (1986) si
colloca nel futuro immediato del 1992 del Quinto Centenario della scoperta
dell'America, con evidenti e dirette intenzioni polemiche23. Lo scenario deli-
neato da Fuentes per il 1992 è già abbastanza catastrofico: il Partido de Acción
Nacional governa il paese, con forti vincoli da parte del PRI; il debito estero
ha obbligato a cedere il Golfo alle "Sette Sorelle" e lo Yucatán al Club Medi-
terrané. Il nord del Messico e il sud degli USA decidono di fondersi in un
nuovo stato, il Mexamerica. È significativo che una parte rilevante della critica
messicana abbia da un lato letto in chiave limitativa la rappresentazione utópi-
ca proposta da Fuentes," accusato di prolungare in maniera acritica la parabola
dei luoghi comuni sul paese e sul suo sistema politico24, ma riconoscendogli al
tempo stesso di stare seguendo una tendenza comune nella narrativa di fine se-
colo. Come ha scritto Domínguez Michael: "Por primera vez en su historia li-
teraria, el novelista coincide con un estado de ánimo propio de la prosa mexi-
cana [...] La excentricidad apocalíptica en Cristóbal nonato es una resurrección
de la risa menípea ante la decadencia, alarde de cinismo y profanación de lo
sagrado que intenta golpear la integridad trágica del mundo" 25.
Segue questa linea, con un'ulteriore intensificazione dei procedimenti di
deformazione parodica ma anche con qualche concessione a toni didascalici, il
romanzo di Hugo Hiriart La destrucción de todas las cosas, apparso nel 199226,
22 Carlos Fuentes, Cristóbal Nonato, México, Fondo de Cultura Económica, 1987.
23 Al di là delle stesse intenzioni espresse abbastanza chiaramente nel testo, Carlos Fuen-
tes ha dichiarato significativamente: "Yo confío en que Cristóbal nonato sea leído como un
exorcismo más que como una profecía", in M". Victoria Reyzábal, Mantener un lenguaje o so-
cumbir al silencio. Entrevista con Carlos Fuentes, in Carlos Fuentes, Barcelona, Anthropos,
1988.
24 Cfr. ad esempio il giudizio dato da Evodio Escalante: "Uno siente que Cristóbal No-
nato es la gran novela que había estado esperando. Que Fuentes ha encontrado por fin el tono
y el tema adecuado a la naturaleza de su talento, un talento al mismo tiempo imaginativo y pa-
ródico. Pero las cosas luego comienzan a fallar. Las situaciones se tornan inverosímiles, incluso
un tanto burdas. Decae la inventiva en el lenguaje; la estructura misma se vuelve poco convin-
cente", in La intervención literaria, México, Universidad Autónoma de Zacatecas-Universidad
Autónoma de Sinaloa, 1988, p. 18.
25 Antología de la narrativa mexicana del siglo XX, II, op. cit, p. 29-30.
26 Hugo Hiriart, La destrucción de todas las cosas, México, Ediciones Era, 1992.
Distruzione, disfacimento, destrutturazione nella narrativa messicana di fine millennio 529
che narra dell'invasione del Messico da parte degli extraterrestri cabezones nel-
l'anno 2010. Le tappe del processo di conquista appaiono ricalcate su quelle
della conquista spagnola dell'impero azteco (ad esempio vengono evocati l'in-
contro tra Montezuma e Cortés e l'episodio della "noche triste"), ma facendo
costantemente riferimento alle dinamiche di penetrazione in Messico dell'i-
deologia tecnocratica e neo-liberale di derivazione nordamericane, proposta
come panacea per i mali della nazione:
"Los otros se presentaron ante nosotros nada menos que como nuestros salvado-
res. La destrucción de todas las cosas se presentaba como salvación" (p. 119)
"acerca de la ciencia los legos tenemos muchas supersticiones. Una de ellas es
que saber más, y poder hacer más cosas, va a hacernos automáticamente más ap-
tos para vivir o más dichosos. Yo creo que los Cabezones nos probaron todos los
días, de todas las maneras posibles, que eso no es cierto. La tecnología de los
Otro hacía pasar a la sociedad de un modo de lío o enredo o embrollo, a otro
modo diferente de lío o enredo, también inmanejable" (pp. 209-210).
E d'altronde, secondo il narratore della vicenda, rifugiatosi in luogo iso-
lato per sfuggire alla distruzione e all'assoggettamento da parte degli alieni,
l'invasione era stata preparata nei decenni precedenti da un lungo processo di
erosione dei punti di riferimento sociale:
"La injusticia básica de la sociedad no se percibía porque cada uno intentaba es-
capar por su cuenta y sacar partido de la situación reinante [...] Todo culminó
en la evaporación de las ideas políticas, a fines de los ochenta, y la supeditación
de todo a razones económicas. El sentimiento de tránsito social, perenne, insa-
tisfecho y obseso por el dinero, se convalidaba desde arriba y se hacía, por decir-
lo así, estatal, oficial" (p. 201)
Per Hiriart, come precedentemente per Fuentes, il futuro prossimo non
è che un prolungamento deformato di un presente che appare già privo di so-
luzioni alternative. Ancora più disperato e senza vie d'uscita appare il Messico
dei primi decenni del Duemila nel già citato romanzo di Guillermo Sheridan
El dedo de Oro. Nel testo sono assenti - se non per cenni parodici - i riferi-
menti al passato preispanico e coloniale che sono frequenti nel romanzo di Hi-
riart, ma è invece accentuata la rappresentazione in chiave grottesca di tutte le
mitologie recenti dell'identità messicana. Nel Messico dell'anno 2029 l'intero
territorio di frontiera con gli Stati uniti e la penisola dello Yucatán sono stati
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confiscati da potenze straniere per riscattare il debito estero. Il governo messi-
cano, di fronte alla sottrazione di circa la metà del territorio nazionale, decide
di adattarsi alla situazione:
"Para que nadie se extrañara y funcionara el 'Típico Plan' de que no había pasa-
do nada, el proyecto contemplaba que en el nuevo mapa la divisón federal se
conservara igual y las capitales en los mismos sitios. Se trataba, en pocas pala-
bras, de encoger el país; pero que aparte de eso quedara igualito"27
Al Messico, in questo nuovo contesto internazionale, viene affidata l'e-
terna rappresentazione de "lo tipico", dei suoi supposti tratti eterni. In Sheri-
dan è evidente l'ulteriore accentuazione di una prospettiva deformante, più
che iperrealistica di un grottesco deliberato e perfino compiaciuto, con ampio
spazio dato ad elementi comici e scatologici, quasi che il rafforzamento dei
procedimenti parodici fosse l'unica reazione possibile a una sorta di "lessicaliz-
zazione" dell'uso dell'utopia futuristica nella rappresentazione della società
messicana .
5. // crollo: la chance di una ricostruzione
Un altro tema decisamente ricorrente nella narrativa dell'ultimo decen-
nio e caricato di forti implicazioni simboliche è quello del disfacimento del
tessuto urbano, riferito soprattutto alla capitale.
"Lo decisivo en la actitud frente a la destrucción de la Ciudad de México seño-
rial que conmovía a Pitol y García Ponce parece radicar en el tiempo sobre el
que se escribe: de los años cinquenta en adelante se asume la transformación del
paisaje como inevitable. Es tanto el caos que más vale volver a empezar: olvidar-
se de que una vez existió una tradición y suponer al desastre frente a nosotros
como un caldo primigenio. La Historia no ha terminado: está por comezar; de
27 Guillermo Sheridan, El dedo de oro, op. cit., p. 38.
28 Anche di questo vi sono tuttavia dei precedenti nella recente narrativa messicana,
come ad esempio Los relámpagos de Agosto di Jorge Ibargüengoitia (México, Joaquín Mortiz,
1965), rappresentazione altrettanto grottesca e deformata di alcuni episodi della Rivoluzione
Messicana.
Description:questo secolo, che in tutti i testi analizzati anticipa scenari di guerra, di deva-
stazione . 18 Héctor Aguilar Camín, La guerra de Galio, México, Alfaguara,
1991.